Il Caso Khelif: tra strumentalizzazione politica e odio social

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Il caso che ha visto coinvolte le pugili Angela Carini e Imane Kheilf ha riportato al centro del dibattito social e pubblico la presenza di atlete “di genere diverso” all’interno delle discipline olimpiche. Alimentata dalle parole della politica italiana ed internazionale, la questione è divampata portando tutti a fari un’idea precisa sulla vicenda. Analizziamo gradualmente ciò che è successo.

«È troppo forte, non ce la faccio» e l’attacco della destra conservatrice

Quaranta secondi, solo quaranta secondi la durata dell’incontro di boxe tra Angela Carini e Imane Khelif. L’atleta italiana abbandonerà il ring dopo essere stata colpita due volte dalla pugile algerina. «Non me la sono più sentita di combattere. Ho preso un colpo al naso e ho perso l’equilibrio, non respiravo e quindi ho detto basta». Angela Carini spiega così nelle interviste il motivo del suo ritiro. Nell’incontro, ammette, non ci sono state irregolarità. E nega il ritiro programmato.

Da lì, da quelle parole, il caso spopola sul web e inizia una vera e propria caccia alle streghe. Dove l’unica strega però è Imane Kheilf. Diversi politici italiani hanno approfittato della vicenda per fare propaganda. “Pugile trans” è stato il termine più gentile impiegato sui social per descrive l’atleta di origine algerina. L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e l’odierno presidente argentino Javer Milei hanno definito la Kheilf un «uomo che non poteva stare lì a picchiare delle donne».

Dopo lo scoppio della vicenda, il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha fin da subito ribadito che Khelif rispetta i criteri stabiliti per l’ammissione alle competizioni femminili delle Olimpiadi, criticando duramente l’aggressione in corso contro di lei e il modo in cui fu esclusa improvvisamente poco prima della fine dei Mondiali, ai quali era arrivata in finale.

L’odio contro Kheilf e la “propaganda di genere”

A spingere molte persone a identificare Khelif come atleta trans è una dichiarazione che diede ai tempi Umar Kremlev, presidente dell’IBA, secondo cui sulla base dei risultati di test del DNA i cromosomi sessuali di Khelif non corrispondessero a quelli femminili. Questa dichiarazione, oltre a non essere mai stata documentata, non implicherebbe comunque che Khelif sia una donna trans. Difatti esistono condizioni nello spettro dell’intersessualità per cui un individuo potrebbe avere cromosomi maschili pur presentando dalla nascita caratteristiche fisiche prevalentemente femminili.

Khelif, tuttavia, non ha mai detto di essere intersessuale. La supposizione che lo sia si basa essenzialmente sulla sola dichiarazione di Kremlev.

Questa vicenda ha dimostrato ancora una volta come l’odio verso ciò che non si capisce è ormai radicato all’interno di ogni società civile. Fino a quando ci saranno figure istituzionali che alimenteranno l’odio piuttosto che combattetelo la vicenda didi Imane Kheilf sarà sempre la norma. A riprova di ciò ci sono le parole della ministra della Famiglia Eugenia Roccella, che ha definito Carini come «una vittima di un’ideologia che colpisce lei e tutte le donne».

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