L’Italia è stata differita dalla Corte europea: “troppi professori precari”

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La Commissione Europea ha deferito l’Italia alla Corte UE perché non ha vietato l’utilizzo abusivo di contratti a termine e condizioni di lavoro discriminatorie

Ue: Condizioni troppe precarie per gli insegnanti precari

La Commissione dell’Unione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia Ue per non aver posto fine all’uso abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie.
Il tema è la legislazione sullo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche che “non prevede una progressione salariale” basata sui precedenti periodi di servizio” ed è “una discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato”.

In una nota rilasciata dalla Commissione si apprende quanto segue: l’Italia «non ha adottato le norme necessarie per vietare la discriminazione in merito alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di successivi contratti a tempo determinato».
La commissione ritiene inoltre che non solo gli sforzi delle autorità siano stati «insufficienti», ma che questa inadempienza comporti una grave discriminazione nei confronti degli insegnanti assunti a tempo indeterminato, ai quali viene impedita la progressione salariale.

Governo e opposizione allo scontro

Non si è fatta attendere la risposta dell’Italia: il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha commentato la decisione della Commissione affermando che già da tempo il governo Meloni ha sottoposto alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani. Secondo il Ministro bisogna porre rimedio ai problemi irrisolti da precedenti governi in cui Pd e M5S hanno avuto ruoli decisivi. «Il precariato non è nato oggi» ha infine aggiunto il Ministro con superiorità giolittiana.

Non è dello stesso avviso l’opposizione. Irene Manzi, responsabile scuola del Pd ha affermato che «dal 2017, grazie al lavoro del Pd , avevamo predisposto delle norme che avrebbero garantito di ridurre progressivamente il numero dei docenti precari, attraverso un sistema di formazione e reclutamento ben strutturato, contestuale a una serie di concorsi. Purtroppo, per ragioni ideologiche e di bandiera, quel sistema è stato abolito».

Due voci distinte che si accusano a vicenda, tuttavia c’è un’unica certezza. Il deferimento dell’Italia non è di certo la prima questione a proposito del quale l’Unione europea pone critiche alle mancanze del governo Meloni e di certo non sarà l’ultima. A pagare le conseguenze sono le centinaia di migliaia di futuri insegnati che si trovano ancora in un limbo salariale chiamato precariato.

I dati: il numero di precari aumenta anno dopo anno

Il numero di docenti con contratto a tempo determinato è esploso negli ultimi anni.
Erano 100 mila nel 2015-16, 135 mila nel 2017-18, 212 mila nel 2020-21, fino ai 235 mila del 2022-23, secondo i dati Tuttoscuola. Quest’anno i sindacati calcolano 250mila precari.
Il fenomeno non è omogeneo sul territorio: a fronte di un tasso di precarietà del 25% a livello nazionale, a Milano è del 37%, a Lodi addirittura del 43%. Più bassa l’incidenza al sud: a Napoli del 20%, ad Agrigento del 10%.

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