Docenti e ATA: i nuovi schiavi del millennio

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Con le prospettive delineate per il sistema pensionistico, il personale scolastico in Italia si avvia verso una condizione sempre più precaria e insostenibile. Dal 2029, l’età pensionabile salirà a 67 anni e 5 mesi, con un ulteriore incremento che potrebbe sfondare il tetto dei 70 anni negli anni successivi. Una situazione che somiglia sempre più a una moderna forma di schiavitù per docenti e personale ATA, e che rischia di compromettere gravemente il funzionamento della scuola e il benessere degli studenti.

Un sistema che ignora il burnout

La realtà nelle scuole italiane è già oggi problematica: insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) raggiungono i 60 anni spesso già provati da burnout, stress cronico e problemi di salute derivanti da anni di lavoro in condizioni difficili. Eppure, anziché riconoscere queste criticità, il sistema pensionistico prospetta un ulteriore inasprimento, ignorando completamente l’usura fisica e psicologica che accompagna queste professioni.

Le aule scolastiche non sono ambienti statici. Gestire alunni, aggiornarsi costantemente, rispondere a esigenze burocratiche crescenti e affrontare le difficoltà di un sistema educativo che fatica a rimanere al passo con i tempi richiedono energia, lucidità e resistenza. Arrivare a svolgere queste attività oltre i 65 anni significa mettere a rischio non solo la salute degli operatori, ma anche la qualità della formazione per gli studenti.

Gli effetti su scuola, famiglie e cultura

Un sistema che spinge gli insegnanti e il personale ATA a lavorare fino a un’età così avanzata non è solo un problema per i lavoratori, ma anche per gli studenti e le loro famiglie. La capacità di trasmettere conoscenze, gestire una classe e mantenere un ambiente stimolante dipende direttamente dalle condizioni psicofisiche dei docenti. Se il personale è stanco, demotivato o fisicamente non più in grado di svolgere il proprio ruolo, l’intero sistema scolastico ne risente.

Il rischio è che la scuola italiana diventi sempre più un luogo di sofferenza e inefficienza, penalizzando la cultura e il futuro delle nuove generazioni.

Una chiamata alla politica

La politica deve interrogarsi su queste prospettive. È indispensabile introdurre una deroga per il personale scolastico, riconoscendo lo stress da lavoro correlato come causa di usura professionale. Serve una riforma che garantisca flessibilità in uscita, permettendo a chi lavora nel settore educativo di andare in pensione prima che le condizioni di salute e l’efficienza siano gravemente compromesse.

Non si può continuare a ignorare una realtà evidente: la scuola non può funzionare con personale logorato. È tempo che la politica ascolti gli operatori della scuola e si impegni a garantire un sistema pensionistico più equo e sostenibile, che tuteli non solo i lavoratori ma anche il futuro della cultura e dell’educazione in Italia.

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