Inammissibile il referendum sull’autonomia differenziata

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Oggi il lapidario pronunciamento della Corte costituzionale che ha dichiarato l’inammissibilità del referendum sull’autonomia differenziata.
Ricordiamo che l’Ufficio Centrale per il Referendum presso la Corte di Cassazione, con un’unica ordinanza, depositata il 12 dicembre 2024, aveva dichiarato conformi a legge le richieste di referendum relative all’abrogazione totale della legge n. 86 del 2024 sull’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, mentre aveva dichiarato non conforme a legge la richiesta di referendum relativa all’abrogazione parziale della stessa legge n. 86 del 2024.
Nella giornata di oggi la Corte costituzionale ha finalmente deciso in camera di consiglio il giudizio sull’ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo denominata “Legge 26 giugno 2024, n. 86, Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione: abrogazione totale”.
In attesa del deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa fa sapere che la Corte ha ritenuto inammissibile il quesito referendario sulla legge n. 86 del 2024, come risultante dalla sua sentenza n. 192 del 2024.
La Corte oggi ha rilevato che “ l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell’elettore. Il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale”.

La pronuncia della Corte sembra, peraltro, riprendere le stesse argomentazioni che, solo qualche settimana fa (il 22 dicembre scorso), la costituzionalista Daniela Mone, in un’intervista rilasciata al nostro giornale, aveva suggerito, evidenziando come i cittadini avessero “firmato non per abrogare l’autonomia differenziata (che è prevista in Costituzione) ma una sua specifica attuazione (quella dell’originaria legge Calderoli, del tutto differente da quella prevista dalla legge emendata dal Giudice costituzionale)”.
La sentenza sarà, comunque, depositata nei prossimi giorni.

La parola torna, quindi, al Parlamento sulla scorta di quanto aveva in precedenza statuito la stessa Corte costituzionale che, con la sentenza n.192 del 3/12/2024, aveva di fatto demolito la legge Calderoli sull’autonomia differenziata, individuando numerosi profili di illegittimità costituzionale, salvando unicamente alcune previsioni della legge n. 86 del 2024, interpretandole in modo costituzionalmente orientato.
Ricordiamo che la legge n.86/2024 del 26/06/2024, entrata in vigore il 13/07/2024, un provvedimento “bandiera” fortemente voluto dalla Lega e dal Ministro Roberto Calderoli, con i suoi 11 articoli definisce i principi generali per l’attribuzione alle regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, e per la modifica e la revoca delle stesse, nonché delle modalità procedurali di approvazione delle “intese” fra lo Stato e una regione.
Il Parlamento sarà così richiamato a riscrivere i principali presupposti e principi sui quali essa si fonda, che, invero, sin dal primo momento, erano stati oggetto di un vivace confronto politico, che dal Parlamento si è allargato all’intero Paese, con discussioni serrate e manifestazioni pubbliche di aperta contestazione della riforma, che hanno rischiato e rischiano, tuttora, di mettere a repentaglio l’Unità e la tenuta dell’intero sistema.
Sul punto, ci piace ricordare come l’Intergruppo Parlamentare “Sviluppo Sud, Aree fragili e Isole minori“, presieduto dall’On.le Alessandro Caramiello, si fosse fortemente speso in quest’ultimo anno per aprire il dibattito sulla contestata riforma e tenere alta l’attenzione, proponendo soluzioni diverse da quelle della Lega di Calderoli nel riorganizzare i rapporti tra Stato e regioni, pur muovendosi nel rispetto del Titolo V° della Costituzione, maldestramente riformato nel 2001.
Se usiamo un approccio competitivo, come quello proposto finora dalla Legge Calderoli, l’autonomia differenziata produrrà, ovviamente, meccanismi di sperequazione, come già ricordato dalla stessa Corte; se, invece, scegliamo un approccio di coesione sociale e la norma viene migliorata per accrescere il meccanismo di coesione, potrebbe fungere da volano di sviluppo economico, dove la crescita inizia a diventare anche fattore di sviluppo e, quindi, di miglioramento della condizione di vita dei cittadini.
In definitiva, adesso che ritorna in Parlamento, l’intento che la legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata, a nostro sommesso parere, dovrebbe avere è quello di evitare di procedere generando ulteriori meccanismi di sperequazione; quindi, il suggerimento al legislatore è di mutare approccio, mirando ad accrescere la coesione sociale, piuttosto che la competitività fra le aree, come invece la riforma Calderoli con la legge n.86/2024 del 26/06/2024 ha cercato finora di fare.

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