REA: una battaglia per libertà di informazione

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La REA (Radiotelevisioni Europee Associate) combatte da molti anni una battaglia per la libertà di informazione.

di Fabrizio Abbate

Sono ormai anni che la REA (Radiotelevisioni Europee Associatewww.reasat.eu) combatte per la libertà di antenna, per la libertà di comunicazione. Praticamente dalle origini della libertà di emissioni radiotelevisive cioè dalla storica sentenza della Corte Costituzionale del 1976.

Potremmo dividere in due fasi questa lotta: una prima fase espansiva e libertaria, quando ancora in Italia e nel mondo si respirava aria di diritti e di libero pensiero. Poi è cominciata una involuzione sempre più rapida, sempre più accelerata, anche se mascherata da legacci burocratici volti a soffocare i piccoli e favorire solo i grandi circuiti

REA: una battaglia per libertà di informazione

Cioè a tornare ad un duopolio che poi con omologazione forzata rischia di
divenire monopolio mascherato.

Chiariamo subito che il ruolo delle emittenti nazionali e quello delle
locali è distinto, e in teoria non confliggente, perché svolgono due funzioni
separate. Alcuni, però, hanno sfruttato cavilli per volgere l’attività
regolatoria (utile) in attività censoria e di lento soffocamento, cosi nessuno
si accorge di nulla, e il pluralismo formalmente sussiste. Ma le risse stile grande fratello vip prendono il posto del pluralismo di idee e tutti credono di vivere in un’area libera. Purtroppo, non è così.

Le proposte concrete al tavolo del governo per difendere le liberta costituzionali

Negli ultimi dieci anni le oltre 1500 emittenti italiane libere (vera
ricchezza del tessuto culturale e locale) sono state pian piano soffocate per poi essere
assorbite da grandi emittenti o imprigionate in contratti capestro, e si sono quindi ridotte
drasticamente.

Proprio Confindustria,  forse troppo appesantita dai monopoli
stranieri, mentre invoca liberta in certi  campi ha fissato l’obbiettivo
di ridurre a 100 le voci radiotelevisive, in modo che siano facilmente controllabili
dal potere censorio e fidelizzabili  dai superricchi divenendone il
semplice paravento locale, un finto pluralismo. 

Ha ammantato questa operazione con nobili concetti e piccoli trucchi abbate (REA) difende le emittenti localiradio Roma Tv – YouTube. Per giustificare gli aiuti di stato
invece di considerare che appunto vanno aiutate le emittenti piu piccole e
genuine, ha sostenuto che per ricevere fondi occorre avere la dignità di
impresa. Cosa significa? Che solo chi è impresa ha diritto ad esprimere
comunicazione, confondendo cosi un diritto costituzionale riconosciuto dalla
corte costituzionale nella sua sentenza storica, con altro e diverso diritto (libertà di impresa che non va confuso.)  

 Chi fa questa confusione evidentemente non si accorge che sta facendo
molti passi indietro nelle libertà. Sta cioè riportando l’orologio all’XIXesimo secolo quando le giovani democrazie liberali  riconoscevano il diritto al voto in base al censo. Cioè solo i ricchi erano ammessi, via le donne, via i poveri, etc.

Quelle democrazie di classe (borghese) poi generarono via via due guerre mondiali e la storia finì come finì e al termine della seconda guerra mondiale e di cento anni di lotte
sociali si cambiò registro . Voto e diritti vennero riconosciuti a prescindere
dalla classe sociale e dalla ricchezza, che certo continuavano ad avere il loro
grande peso ma non sancivano diritti o dignità. Nuovo Giornale Nazionale – LA
GIORNATA DELLE RADIO LIBERE
ora si certifica un cammino
inverso molto grave che non a caso si unisce a venti di guerra ed emergenze che
sembravano svanite nei decenni scorsi.

 Ecco perché la battaglia della REA e delle piccole emittenti è una
battaglia di libertà, una battaglia epocale di democrazia, uno snodo centrale
non una richiesta di piccoli gruppi.

 

Il problema cioè e di riconoscere che vi è democrazia , pluralismo solo
 quando i piccoli possono parlare e comunicare, perché i potenti lo
possono fare sempre, anche nelle autocrazie hanno sempre avuto liberta di
proporre le loro idee.

Questo si è visto subito in queste settimane appena avviato dal governo il tavolo di confronto sull’emittenza. La REA e le emittenti libere (libere perché non legate ai potenti gruppi oligopolistici) si sono presentati con proposte concrete e di ampio respiro, non solo quindi con temi tecnici (il DAB) che nascondono il rischio di soffocare i più deboli e le libertà. 

Importante sottolineare che il tema della libertà di informazione e
del pluralismo non interessa solo le emittenti radiotelevisive ma in generale
tutta la comunicazione locale, la piccola stampa la piccola editoria, la
piccola impresa, perché tutti soffrono di un metodo che applica ai piccoli
regole e norme studiate e calibrate per i grandi (grandi imprese, grandi
emittenti. Ecco perché è interessante per tutti seguire cosa potrà succedere
nel campo della comunicazione.

Ecco sinteticamente le proposte di avvio presentate in cui la riforma del
DPR significa una profonda riforma per assicurare la liberta di informazione.
Quindi lo snodo cruciale: https://www.orticaweb.it/le-proposte-concrete-al-governo-della-rea-per-le-emittenti-locali/

La REA chiede:

“La riforma del DPR 146/17 tenendo conto che dal 1 al 28 febbraio è
aperta la Piattaforma SICEM che se non diversamente regolamentata produrrà
un’altra mostruosa violazione alle regole dello Stato di Diritto nei confronti
delle oltre mille imprese medie piccole discriminate dalle leggi dei passati
governi di centro sinistra. Pertanto, si chiede giustizia al Governo di centro
destra con un immediato intervento del Decreto Legislativo Milleproroghe in
esame al Senato;

 

    • Immediato ripristino delle provvidenze
      editoria per superare la crisi del caro energia;

    • Redistribuzione della capacità trasmissiva
      al fine di non escludere nessuno dal diritto alla libertà del pensiero e
      d’impresa per lo sviluppo del pluralismo;

    • Ristoro fino al 50% dei costi di affitto
      della capacità trasmissiva, senza ulteriore spesa a carico dello Stato,
      utilizzando il fondo in dotazione al Ministero per il pluralismo
      informativo.
    • Ristoro economico per incentivare l’uso
      della banda streaming per una politica di aggregazione delle emittenti su
      piattaforme multimediali della rete internet. A nostro avviso tali
      provvedimenti non dovranno essere a carico del fondo del pluralismo, cioè
      una ulteriore spesa a carico del  Bilancio dello Stato. Infatti,
      pensiamo che a tale scopo si potrebbe utilizzare l’extra gettito RAI che
      mediamente si aggira sui 50 milioni di euro/anno. I rimanenti 70 milioni
      annualmente disponibili nel fondo saranno redistribuiti con equi criteri
      di riforma del DPR 146/17 considerato il male di tutti i mali del settore.
      Tali criteri sono stati ampiamente e motivatamente indicati dall’Autorità
      della Concorrenza e del Mercato su nostre istanze e portati a conoscenza
      dei precedenti Governi e ai Presidenti di Camera e Senato della precedente
      legislatura”.

L’auspicio è che non solo il governo colga il
significato strategico ed urgente delle richieste ma anche tutte le forze
politiche di maggioranza o di opposizione appoggino, perché la liberta di
comunicazione è essenziale per tutti e chi oggi è maggioranza domani potrà essere opposizione ed accorgersi che non è tutelata.

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