Dietro l’autonomia differenziata c’è la P2? Urge istituire la Commissione Federalismo

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Autonomia differenziata
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L’autonomia differenziata galoppa come un cavallo di razza dritta verso il traguardo e la grande assente è Lei: la “Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale”.

A distanza di 6 mesi dall’avvio della legislatura, è aberrante constatare il mancato insediamento di un luogo dove si sarebbe dovuto sviscerare un sano dibattito politico su un provvedimento che dispiegherà effetti sulla tenuta del Paese. Per carità, questa Commissione non ha un reale potere “legislativo”, fungendo – nella pratica – solo da organo consultivo.

Eppure, può lavorare a delle Relazioni, così come audire attori importanti, sollecitati sui temi all’ordine del giorno. La scorsa legislatura, memorabili furono alcune audizioni di fuoco che videro, ad esempio, la Corte dei Conti o l’Ufficio Parlamentare di Bilancio stroncare ogni pretesa autonomista spacca-Italia.

Probabilmente il motivo per cui non si è ancora riunita questa Commissione è proprio perché si teme il dibattito, il confronto in un luogo istituzionale: la paura è che si possa lasciare agli atti parlamentari delle memorie scomode al disegno della Lega, preferendo relegare nelle impermeabili mura del Consiglio dei Ministri ogni confronto-scontro sul tema. Dunque, l’auspicio (e lo dico anche da legislativo parlamentare, che per 5 anni s’è occupato dei lavori di questa Commissione) è che si possa chiedere a gran voce l’istituzione della Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, quale organo fondamentale per indirizzare le scelte delle altre Commissioni parlamentari chiamate ad esprimersi (si spera) sul progetto autonomista.

Dietro l’autonomia differenziata c’è la P2? Urge istituire la Commissione Federalismo

Non c’è un secondo da perdere, perché dopo numerose bozze e contro-bozze, ciascuna peggiore dell’altra, il testo ha incassato il doppio disco verde dal Consiglio dei Ministri che ora passerà la palla al Parlamento. Una palla sgonfia e poco giocabile, dato che ci si aspetta poco più di una ratifica sotto il profilo sostanziale: i rappresentanti del popolo italiano difficilmente potranno dire la loro, e cioè emendare il testo partorito dal Ministro Calderoli che, di fatto, sta lavorando senza sosta per portare a casa un risultato attesissimo dalla Lega ma che vede l’assist del PD.

Fa specie, infatti, vedere dai banchi d’opposizione la strenua lotta contro il provvedimento spacca-Italia del Segretario Elly Schlein e del Presidente Stefano Bonaccini. Fa specie perché ci si dimentica che la riforma del titolo V, che ha gettato le basi per introdurre in seno alla Costituzione la possibilità di chiedere maggiori forme di autonomia, vide lo zampino politico proprio del Centrosinistra. Analogamente, il 28 febbraio del 2018, a soli 4 giorni dalle elezioni, il Governo Gentiloni (con la Lega all’opposizione) approvò tre accordi preliminari con il Veneto, la Lombardia e l’Emilia-Romagna, attraverso cui le 3 regioni chiesero l’autonomia differenziata.

C’è da chiedersi come mai un Governo ‘scaduto’, che avrebbe dovuto occuparsi solo di ordinaria amministrazione, abbia approvato degli accordi di tale rilevanza. E, guarda caso, nel 2018 il Presidente della Regione Emilia Romagna era proprio Stefano Bonaccini, all’epoca strenuo sostenitore dell’autonomia differenziata.

Da Forza Italia e Fratelli d’Italia solo silenzio sull’autonomia differenziata

Fa riflettere anche un altro aspetto: il silenzio di Forza Italia e Fratelli d’Italia (da ora in poi “Fratelli d’Italia meno Veneto, Emilia e Lombardia”), condannate a perdere voti, che verranno drenati dalla Lega, soprattutto nelle aree più profonde del Settentrione: ovviamente ci si aspetta una “posta alta” dietro l’ok congiunto in Consiglio dei Ministri (tipo il presidenzialismo o quelle robe lì).

In ogni caso, se la Lega ha segnato il gol della vita (o meglio, sta per segnare, perché chi detiene le redini del Paese è comunque il Presidente Mattarella, che terrà conto delle ripercussioni geopolitiche del provvedimento spacca-Italia) lo si deve al PD (e alle sue vecchie emanazioni), che ora intende guidare la rivolta degli smemorati.

In ogni caso, se da un lato è importante ricordare la genesi dell’autonomia differenziata, dall’altro il Sud non disdegnerà che le barricate provengano anche da Politici folgorati sulla via di Damasco.

L’auspicio è che tutte le forze politiche (e, nel loro interesse, anche Forza Italia e Fratelli d’Italia) attacchino quanto prima la spina alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, così da spostare il dibattito dai giornali verso l’unico luogo istituzionale chiamato ad esprimersi sul tema.

Ipotesi P2: le mani di

In conclusione, l’idea è che si stia continuando a portare avanti il Piano di Rinascita Democratica disegnato da Licio Gelli, i cui punti essenziali continuano ad essere approvati, Governo dopo Governo.

E il macro-regionalismo/secessione è proprio uno dei pilastri essenziali del Gelli-pensiero. Sul tema se n’è occupato proprio il Senatore Roberto Scarpinato (M5S) che, in veste di PM, negli anni ‘90 lavorò all’inchiesta denominata “sistemi criminali”, indagando sul tentativo di spaccare in 2 l’Italia: in cabina di regia ci sarebbero stati (secondo le indagini, poi archiviate) proprio l’ideologo della Lega, Gianfranco Miglio, Licio Gelli, un colonnello gobbuto della DC, una grande potenza straniera nostra alleata e alcune realtà legate alla rete Stay-behind (come Gladio).

L’obiettivo era di creare una mega Zona Economica Speciale, un’area offshore non più illegale e attrattrice di capitali stranieri ma co-gestita dalle mafie. Ma di questo, ne parleremo in un prossimo articolo.

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