A Cutro la silenziosa protesta degli artisti sta facendo rumore. La “Chiamata alle arti” promossa da Cauteruccio ha visto una grande partecipazione.
di Rosella Cerra
“Chiamate alle arti – Arithmos – kr46m0, kr14f9” promossa da Cauteruccio. Molti gli artisti che hanno aderito.
Quando l’arte interviene come espressione e descrizione di una tragedia assume la valenza della testimonianza. La definizione “Arithmos-KR46M0, KR14F9” contiene in sé la tristissima immagine delle bianche bare dei bambini al PalaMilone. I codici vengono utilizzati per identificare i corpi senza nome.
Spiega il regista: «“Arithmòs” sta per “Numero noumenico immobile”. È un termine che appartiene alla nostra civiltà e il suo significato ci si sta rivoltando contro. A esso si aggiungono due numeri di serie: sono gli agghiaccianti riconoscimenti di due vittime:
KR46M0: KR = krotone, 46 = n. vittima, M = maschio, 0 = n. anni o pochi mesi.
KR14F9: KR = krotone, 14 = n. vittima, F = femmina, 9 = n. anni.
Pitagora ha insegnato all’umanità il valore del numero. … oggi un numero è tragico. Il Numero da protagonista che codifica le vittime».
Una giornata iniziata presto e finita al tramonto. Il filo conduttore è stato il silenzio, e poi l’omaggio alle vittime, il sentire la sabbia, la rina, ed il mare.
Ci spiega il maestro Cauteruccio: «l’arte è sempre stata parte dell’esistenza umana. Come tale io ho sempre considerato l’artista, se tale vuole essere, deve farsi straniero. Essere stranieri significa saper guardare il mondo nella sua realtà. Quando succede una tragedia del genere, c’è una grande movimentazione sociale e politica. Però qui c’è stata una grande mobilitazione umana. Le persone di questo luogo, come i tempi antichi, si sono resi fortemente disponibile. E questa loro disponibilità mi ha fatto pensare che non sarebbe stato possibile che questa vicenda passasse senza una testimonianza degli artisti calabresi. E per forza di cose devono farsi parte di questo racconto. Da qui è nata l’idea. E poi è nato questo titolo Arithmòs. A pochi chilometri da qui, Pitagora ha fondato la sua scuola. Ed è lì che è partita proprio l’idea di analizzare la spiritualità e il segreto del numero. E oggi noi abbiamo assistito al fatto che persone umane, in questo mare, che è incolpevole, e questi bambini, hanno perso il loro nome, oltre che la loro vita e sono diventati numeri. Ed ecco quindi dalla sacralità del numero pitagorico che appartiene a queste acque a queste rocce. Siamo passati alla tragicità del numero che ci dimostra come la qualità si stia prostrando alla logica numerica. E questa cosa non è accettabile. Questa cosa non è più accettabile. Allora l’arte, che è fatta di intuizione, è fatta di interiorità, di sentimento ma anche, potremmo dire, di rivoluzione, deve in qualche agire. L’azione poetica di oggi vuole dimostrare che anche la poesia, che forse soprattutto la poesia, può aiutarci a capire meglio i fenomeni ai quali per forza di cose siamo sotto veniamo sottoposti».
Nella tarda mattinata vi è stata la rappresentazione della compagnia teatrale Rossosimona sulla spiaggia.
A Cutro «il teatro di fatti è soprattutto rito, è uno strumento di denuncia, di memoria, di riscatto sociale»
Tonia Mingrone ci spiega: «Abbiamo accolto il messaggio del regista Cauteruccio per questa azione poetica e il teatro di fatti è soprattutto rito, è soprattutto uno strumento di denuncia, di memoria, di riscatto sociale per elaborare le emozioni e gli avvenimenti della vita quotidiana. Abbiamo riproposto un estratto dallo spettacolo “Le troiane” con la regia e adattamento di Lindo Muto del teatro RossoSimona e in particolare due momenti. Il primo nel quale si ripercorre la guerra decennale tra greci e troiani costellata di morti anche ingiustificate. Una guerra che si è combattuta per mare. Il mare simbolo sia di salvezza, di speranza ma anche soprattutto di morte. Infatti lo spettacolo termina con le troiane che vengono rapite e portate via dalla loro terra. In seguito abbiamo inscenato il funerale di Astianatte, vittima sacrificale innocente di una guerra ingiustificata e che rappresenta tutti i bambini vittime di questi naufragi. La gente che scappa dalla guerra e trova la morte nel mare. Questo è il collegamento.»
Gli artisti uniti a Cutro: «siamo qui per prendere emozioni, ascoltare il silenzio e sentire questa “rina”»
Sono stati tanti gli artisti calabresi che sono intervenuti. La stessa “croce” fatta coi resti della barca naufragata, divenuta ormai simbolo della strage, è un’opera d’arte. È stata realizzata dall’artista di Le Castella Maurizio Giglio. «Cristo è stilizzato, c’è solo un braccio. È come se ci tendesse una mano dall’alto della Croce. Un invito a ravvederci, un messaggio di salvezza. Non ho realizzato questa opera con gioia, tutt’altro. Toccando la Croce si sentono davvero tutto il dolore e le urla di quella povera gente».
«L’arte sublima il dolore». Con questa espressione dà la sua definizione Dora Ricca del Teatrodell’Acquario di Cosenza.
Per Luca Mazzei, regista lirico, «L’arte può dare tenerezza e poesia. In questo momento però devi creare scandalo per fare emergere una verità. L’arte ha questa funzione. Dopo di che si viene qui si sta in ascolto e si cerca di rispettare in modo spirituale “c’è poco da dire”».
Dario de Luca, regista teatrale e attore, di “Scena Verticale”: «Questi tipi di tragedie ce le raccontavano già i greci e noi nasciamo con quel l’imprinting. loro portavano queste tragedie in teatro per far sì che un popolo avesse quello che viene definito “catarsi”. Avevo bisogno di venire su questa spiaggia. Sono venuto molto presto questa mattina da Castrovillari. Non c’era ancora nessuno. Sono stato sulla spiaggia almeno un’ora da solo. Avevo bisogno di allacciare un legame con questa sabbia finora vista da lontano. La nostra presenza è un atto di testimonianza; se dovesse esserci qualcuno dei superstiti o le famiglie e sono ancora qui proveremo a dargli una carezza. Questo è un momento di raccoglimento».
Portano il loro contributo le poetesse Anna Laura e Maria Ceraldo. Reduci dalla Giornata Mondiale della Poesia”. Celebrata nella loro città di Corigliano-Rossano con il titolo “Poeti del Sud la voce degli esuli”.
Massimo Ferrante, esecutore di canti sociali e delle tradizioni. «Un fatto del genere non doveva succedere. Ho visto pure la lapide. L’arte è questo. Noi diciamo, col nostro modo da artisti, che questo non doveva succedere. Noi veniamo dall’esperienza dei cantastorie che raccontavano i fatti che succedevano».
Giuliano Compagno, saggista, scrittore e filosofo:«Sono quiPerché mi lega un’amicizia da quasi quarant’anni con Giancarlo. Lui riesce a mobilitarsi e fa sì che la mobilitazione e l’impegno diventino arte. La sua è un’arte attiva. Questa sua idea mi è sembrata importantissima e sono venuto apposta da Roma. Ho scritto un pezzo brevissimo. E mi sono domandato se avesse, se vi fosse senso, o se vi fosse la possibilità di dire qualche parola che fosse meglio del silenzio.
Faccio un esempio: dopo il terremoto dell’Irpinia nel 1980 fu organizzata una enorme mostra alla Reggia di Caserta. Vennero coinvolti artisti di tutto il mondo. Ci fu una grande ripresa e una grande riscossa di Napoli e della Campania rispetto a una situazione di disastro completo quindi l’arte può essere anche rivoluzionaria in questo senso. La rinascita di Napoli dopo il terremoto dell’Irpinia: il grande teatro napoletano, il grande cinema napoletano e campano hanno origine proprio da questa riscossa incredibile imprevista che nasce da una grande idea di una mostra d’arte sul terremoto. La mostra si intitolava proprio Terrae Motus».
Cutro, il rumoroso silenzio degli artisti
Marco Ciconte, scrittore e giornalista ci precisa che qui si è qui per condividere gli stessi sentimenti con comunione di intenti. Ci spiega che tutto il materiale raccolto nella giornata verrà poi messo insieme in un unico documento collettivo.
Massimo Barilla, direttore della compagnia teatrale Manachumateatro, da Reggio Calabria
«Sono qui perché ho sentito come una voce che non era solo quella di Giancarlo che è sempre una voce convincente. Credo lui sia stato un mezzo in questo caso. Il richiamo sia più profondo. Il luogo non racconta solo la tragedia. Racconta di più. Racconta di vite che comunque, anche se per noi sono tragicamente andate, continuano a parlarci, continuano a richiamarci e continuano a chiedere da noi a chi noi atti di resistenza e di testimonianza. Noi crediamo in un ruolo del teatro che non è semplicemente condividere un intrattenimento. Ma qualcosa di più complessa e profonda. La relazione che abbiamo con la parola e con il corpo in scena ha una necessità di dire delle cose importanti. E qui oggi è successa una cosa importante. Ho fatto una lunga passeggiata di due ore in silenzio. Credo che questo faccia parte della giornata. È forse la cosa più importante della giornata. Non è solo il momento di condivisione».
Dario Natale con il TipTeatro di Lamezia Terme, hanno rappresentato una tristissima vicenda che ha commosso il mondo intero. Il bambino proveniente dal Mali, trovato senza vita con la sua pagella con «tutti nove e dieci» cucita all’interno della sua giacca.
Claudio Parentela: «Il nostro cuore e l’arte nello specifico, ha questo potere magico di unire, di abolire tutte le differenze ed esprimere sentimenti che nella vita comune non abbiamo modo per condizionamenti di ogni genere. Oggi invece abbiamo questa possibilità ed è un momento bellissimo e siamo qui tutti insieme.
Il silenzio interrotto nel pomeriggio. Alle 17.30 Cauteruccio inizia la performance artistica. “Frammenti letterali”.
Si ricordano i cittadini che da primi, soli in spiaggia si sono adoperati per fare il possibile per salvar le persone. È presente anche uno dei due pescatori che da soli e per primi hanno soccorso i naufraghi che affioravano dal mare. Sono stati anche omaggiati dal sindaco di Catanzaro “per coraggio e umanità dimostrati durante il naufragio”.
E si riparte dal silenzio. Un lungo silenzio per questa tragedia. Per portare dentro di noi ricordi ad un mese esatto dalla tragedia mentre ci sono ancora corpi in mare.
Appello al cuore. Ed agli artisti a guardarsi negli occhi e fare comunità vera, incontrarsi, dialogare.
Il teatro ha bisogno delle persone e l’attore diventa specchio umano del suo interlocutore.
Pitagora è anche il Maestro del silenzio. Più che il dire è l’ascolto che porta alla conoscenza perché è dolore e sacrificio.
Silenzio interrotto dal canto che è alla base della poesia. Antica ninnananna calabrese dedicata ai bambini morti.
Si intrecciano le varie espressioni dell’arte. Dal teatro alla musica, alla poesia. Parole parole e suoni discreti, canti di dolore, che tentano di sostituire il silenzio.
E poi l’ “Opera Diffusa” di Maurizio Orrico, che distribuisce banconote rosso-sangue ai presenti, e la rievocazione della “Profezia” di Pasolini del 1962. Si chiude al tramonto. E ritorna il silenzio.
Il monumento in memoria delle vittime del naufragio
Il giorno prima, ci spiega Donato Mingrone, presente in duplice veste di consigliere comunale del comune di Crucoli ed artista, autore della “Ninnananna in fondo al mare”:
«Qui a Steccato di Cutro è stato inaugurato un monumento per ricordare il tragico evento che è avvenuto poco distante da qua. Sono intervenuti tutti gli amministratori locali e tutte le altre istituzioni della Regione Calabria. Ci siamo poi spostati nel borgo dove l’orchestra sinfonica della Calabria, diretta dal maestro Veronesi, ha eseguito alcuni pezzi di musica classica. Erano presenti anche i parenti e i superstiti di questo tragico evento. Qui o oggi invece qui c’è una “chiamata alle arti” per ricordare questo evento da parte degli artisti qua riuniti».
Il resoconto più completo e dettagliato della giornata che abbia letto in questi giorni. Complimenti all’autrice del pezzo.