Giappone: non si arretra dall’importazione di carbone e gas dalla Russia

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Il Giappone, uno dei Paesi più avanzati al mondo, non arretra dall’importazione di carbone dalla Russia. Il Paese nipponico sembra uno dei pochi totalmente insensibile alla guerra ed ai cambiamenti climatici.

Giappone: non si arretra dall’importazione di carbone e gas dalla Russia

Il governo del Giappone non intende bloccare le importazioni di carbone dalla Russia in risposta ai pur drammatici sviluppi del conflitto in Ucraina. Lo scrive il quotidiano “Mainichi”, che cita fonti governative anonime. Secondo il quotidiano, il governo giapponese teme ulteriori bruschi aumenti dei prezzi dell’energia. Questi deriverebbero dall’esclusione del carbone russo dai mercati internazionali. Si tratta di un provvedimento che i Paesi europei stanno contemplando dopo le immagini relative all’uccisione di civili a Bucha, alla periferia di Kiev. Anche Tokyo ha definito i fatti di Bucha un “crimine di guerra”. Secondo il quotidiano “Mainichi”, circa il 15 per cento del carbone attualmente importato dal Giappone proviene dalla Russia.

Proprio il 31 marzo il governo del Giappone ha presentato sette voci dell’import nazionale prioritarie nel senso dell’emancipazione dalle forniture della Russia. In cima alla lista spiccano come prevedibile il petrolio greggio e il gas naturale liquefatto. Il governo giapponese intende adottare misure emergenziali tese a spronare altri Paesi produttori ad aumentare l’output.

Tokyo vuole garantire che quest’ultimo venga indirizzato prioritariamente verso il Giappone. Le altre risorse strategiche per le quali il Giappone sconta un’eccessiva dipendenza da Russia e Ucraina sono il carbone termico e quello siderurgico, il neon e altri gas utilizzati nella produzione di semiconduttori. Ci sono anche il palladio e le ferroleghe utilizzate per la produzione di catalizzatori e la purificazione dei gas di scarico delle autovetture. Il ricorso a misure straordinarie di diversificazione delle forniture è stato deciso nel corso di una riunione della task force del governo giapponese per le risorse strategiche. Le catene di fornitura energetiche, istituita dal ministero dell’Economia, del commercio e dell’industria su mandato del primo ministro Kishida.

Sakhalin-2 continuerà

Il Giappone non abbandonerà il progetto Sakhalin-2, giacimento di gas sviluppato congiuntamente con la Russia al largo dell’omonima isola. Lo ha annunciato il 31 marzo il primo ministro Fumio Kishida nel corso di una riunione alla Camera dei rappresentanti. Il ritiro dal progetto era stato chiesto dal leader dell’opposizione Yuichiro Tamaki, del Partito democratico per il popolo, in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Secondo Tamaki, continuare a partecipare all’iniziativa “danneggerebbe l’unità dei Paesi membri del G7”, impegnati in una campagna sanzionatoria contro Mosca. Kishida, tuttavia, ha replicato che lo sviluppo del progetto rientra negli interessi nazionali del Giappone ed è “estremamente importante” nel garantire la sicurezza energetica del Paese con forniture stabili e a basso costo di gas naturale liquefatto. Il primo ministro si è anche detto fiducioso del fatto che i partner del G7 comprenderanno la posizione di Tokyo, e ha sottolineato che il gruppo “rispetta le particolari circostanze di ogni Paese e ha dato ai suoi membri il tempo necessario ad assicurarsi fonti alternative e sostenibili” di energia.


Il costo annuo delle importazioni di gas naturale liquefatto (gnl) del Giappone sarebbe aumentato di un terzo, nel caso Tokyo avesse deciso di abbandonare il progetto Sakhalin-2 nell’Estremo oriente russo, come scrive il quotidiano “Nikkei”, ricordando che Sakhalin-2 produce 10 milioni di tonnellate di Gnl ogni anno, e il 60 per cento dell’output e’ destinato proprio al Giappone. Si tratta, evidenzia “Nikkei”, della quasi totalita’ delle importazioni giapponesi di gas naturale liquefatto dalla Russia. Il progetto Sakhalin-2 include il primo stabilimento di Gnl della Russia, ed è detenuto al 50 per cento dal gruppo energetico statale Gazprom. La major petrolifera Shell, titolare di un interesse del 27,5 per cento, ha gia’ annunciato l’intenzione di abbandonare il progetto a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina.

Per gli investitori giapponesi, invece, una decisione analoga sarebbe stata assai più problematica.

Le compagnie commerciali giapponesi Mitsui & Co. e Mitsubishi Corp partecipano a Sakhalin 2 con quote del 12,5 e del 10 per cento, e una loro uscita avrebbe avuto conseguenze pesanti per la sicurezza energetica della terza economia globale. Secondo “Nikkei”, il Gnl importato dall’Estremo oriente russo costa al Giappone circa 10 dollari per unità termica britannica (Btu). Di contro, i prezzi spot sui mercati asiatici sono arrivati a toccare i 60 dollari a Btu a causa della guerra in Ucraina.

“Nikkei” ricorda che nel 2021 Tokyo ha acquistato gas naturale liquefatto per 4.300 miliardi di yen (35,7 miliardi di dollari); il Gnl prodotto da Sakhalin-2 e’ costato al Giappone appena 300 miliardi di yen, ma rimpiazzarlo interamente con gas acquistato sul mercato spot avrebbe comportato per il Giappone un esborso aggiuntivo pari a 1.800 miliardi di yen (15 miliardi di dollari), e avrebbe portato il costo totale delle importazioni di gas giapponesi a 5.800 miliardi annui (43 miliardi di dollari). Tale rincaro – sottolinea il quotidiano giapponese – sarebbe stato ancora maggiore se, come pare probabile, i prezzi globali dell’energia continueranno ad aumentare nei prossimi mesi. Tokyo Electric Power e quattro altre utility energetiche giapponesi hanno gia’ annunciato un aumento delle tariffe energetiche al consumo per il nono mese consecutivo a partire dal prossimo maggio.

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