Disastri ambientali: in Italia serve un centro integrato di competenze politiche e tecniche

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L’ennesimo gravissimo disastro idrogeologico e ambientale che ha colpito la Romagna, dopo quello di Ischia, spinge inevitabilmente a considerazioni concernenti la cosiddetta manutenzione del territorio. Va sollecitata una cura più attenta destinata al suo necessario mantenimento e sviluppo, obbligando quindi ad una riflessione sistemica concernente la sicurezza idrogeologica e degli insediamenti antropici.  Non è superfluo ricordare che le reti (materiali e immateriali) e le diverse funzioni espresse dal territorio e la sua “tenuta” geomorfologica debbono essere interconnesse per essere utili ed efficienti.

di Domenico Alessandro De Rossi

Disastri ambientali: in Italia serve un centro integrato di competenze politiche e tecniche

Nella logica del recupero del territorio e quindi della sua non più rinviabile manutenzione, anche l’intermodalità, se vuole essere “sistema” a tutti i livelli, ha bisogno di un alto e qualificato grado di pianificazione iniziale, di un potente Centro-propulsivo, motore primo del coordinamento: dal nazionale al regionale e soprattutto locale. In tal senso, importante è stata la presentazione del 22 maggio avvenuta presso la sala Stampa della Camera dei Deputati dove è stata ufficializzata la costituzione dell’Intergruppo parlamentare “Risorsa Sud, aree interne e isole minori.

L’encomiabile iniziativa bipartisan assunta dall’On. Alessandro Caramiello (M5S), ha coinvolto circa 40 parlamentari tra Deputati e Senatori degli opposti schieramenti. Dal punto di vista tecnico l’intergruppo intende avvalersi di un Comitato scientifico, a cui parteciperanno rappresentanti di categorie professionali ed imprenditoriali, di istituzioni locali ed associazionistiche, esperti di sviluppo locale e docenti universitari. In questo caso l’Intergruppo si propone di fatto come referente dell’Esecutivo, orientando riflessioni e scelte a carattere nazionale ed internazionale per il necessario riequilibrio tra Nord e Sud.

La rinnovata consapevolezza del ruolo strategico del Mezzogiorno passa attraverso un effettivo programma di interventi più urgenti sul territorio e di maggiore gittata temporale mediante linee di finanziamenti delle grandi infrastrutture, prime fra tutte le reti ferroviarie e stradali, i nodi portuali marittimi e aeroportuali, aree di scambio ed efficienti interporti. In una parola, attivando le diverse “interconnessioni” delle reti materiali e immateriali. In misura contemporanea mettendo in sicurezza il territorio.

Strategie nazionali e sintesi macroregionali

Alle stesse Regioni, in una logica non più competitiva ma concordata sulla base di scelte strategiche nazionali, il compito di attuare piani congruenti con le effettive caratteristiche e potenzialità territoriali, in stretta coerenza con le decisioni assunte dallo Stato unitario, operando risoluzioni certe e condivise, anche se talvolta difficili da assumere più sul piano politico locale che sul piano tecnico.

Tanto che non sarebbe da escludere l’ipotesi di modificare, laddove necessario, il rapporto di scala politico-amministrativo degli enti territoriali organizzando talune competenze su più vaste sintesi macroregionali. Scelte in taluni casi più corrispondenti alle coerenze culturali, economiche, infrastrutturali e geomorfologiche, dettate da una visione unitaria del sistema-paese.

Il Governo è in grado di guidare sempre più verso una pianificazione strategica centralizzata indirizzando quelle parti del territorio dov’è giusto investire per l’integrazione delle reti, dei nodi di interconnessione infrastrutturale e sui quali no, superando altresì miopi assetti localistici rispondenti a interessi spesso “eterodossi”.  

Rendite di posizione e concorrenze locali

A fronte di una così alta presenza di fattori critici, monomodalità contrapposta alla plurimodalità, sistemi logistici già specializzati ed operanti contro sistemi logistici in corso di formazione e/o di creazione, si scontrano spesso, come purtroppo sappiamo, interessi locali di mantenimento di mercati già acquisiti e di rendite di posizione, di fatto, monopolistiche.

Lo stesso ritardo dello sviluppo del Meridione trae spesso la sua ragione dall’interesse che il Nord ha nel mantenere in perenne stato disfunzionale ed inefficiente una parte del territorio italiano.

Realtà che se adeguatamente sviluppate rappresenterebbero, almeno a livello infrastrutturale, intermodale e trasportistico, quindi economico, un benefico fattore di concorrenza. Sospette risultano infatti alcune posizioni “green”, messe troppo spesso in campo in modo ideologico e totalitario quando non addirittura violento, che sembrano essere sempre più paraventi atti a nascondere interessi reali consolidati, mantenendo a vantaggio di protezionistiche posizioni l’inamovibile “stutu quo”.

Le isole minori non servite da un integrato sistema trasportistico

Esempio di queste diverse disfunzionalità è rappresentato dalla situazione insulare. Salvo le isole maggiori in parte meglio servite, le quali oltre al collegamento marittimo sono provvisti di efficienti aeroporti (meno di strade e ferrovie interne), chi soffre in particolare di questo ritardo funzionale sono le realtà delle piccole isole (ben 35 Comuni) che dispongono in massima parte, della sola modalità marittima.

Nella necessità di risolvere gli annosi problemi delle isole minori, servite da un solo mezzo di comunicazione (nave/traghetto) con la terra ferma per il trasporto di persone e merci, occorre osservare che come il Mezzogiorno vive la sua situazione di sofferenza causata dall’arretratezza strutturale rispetto al Settentrione, parimenti il comparto insulare tutto subisce un ritardo inaccettabile rispetto all’intero sistema Paese.

Il “Ponte”

Talché la stessa battaglia fatta nei confronti del Ponte ha un tedioso “sapore” che rimanda fin troppo da parte di qualcuno al paventato rilancio del Mezzogiorno. A ciò che esso rappresenta come intercettore di mercati lontani, specialmente provenienti dall’estremo Oriente, riconfigurando interamente il tracciato strategico delle grandi “autostrade del mare”, il ruolo della Sicilia, dei porti, degli Interporti e in generale dell’economia meridionale.

Tali problemi, oltre che essere di difficile soluzione, si propongono sempre in netta contrapposizione con quelle scelte che il mercato globale oggi impone di compiere, pena l’esclusione e la marginalizzazione dei diversi settori.

In tal senso, quindi, vista la particolare configurazione della penisola, constatata ad esempio la posizione del macrosistema meridionale nel suo generale contesto geografico (sia terrestre che marittimo jonico-adriatico), è giocoforza riconsiderare l’infrastrutturazione della rete dei trasporti locali come esigenza primaria a carattere nazionale.

Molti convegni, zero iniziative

Il dibattito aperto in questi ultimi anni sul tema della mobilità e dei trasporti e dello sviluppo territoriale è stato molto articolato sul piano teorico, ma poco incisivo sul piano della reale e concreta politica di attuazione delle decisioni.  Molti convegni, zero iniziative. E su questo come su altri punti l’Italia è in forte ritardo da troppi anni.

È dagli anni Ottanta che il Paese non riesce a varare un piano organico di interventi capace di migliorare la mobilità di persone e merci nelle grandi aree urbane, dimenticando il delicato rapporto tra centri urbani e periferie, tra tessuto storico urbano e portualità industriale, nel riequilibrare il sistema modale Ferro-Strada sulle grandi direttrici nazionali collegate ai porti e agli aeroporti (in particolare per  il traffico merci e turistico), nel riorganizzare la portualità marittima e l’aeroportualità anche attraverso nuovi “city airport” per le isole medio piccole ove è attivabile e/o potenziabile l’afflusso turistico e commerciale, nel mettere in sicurezza il sistema territoriale, correggendo il differenziale negativo nei confronti degli altri Paesi, nonchè tra Nord e Sud e, soprattutto, nella concorrenzialità tra le Regioni italiane in termini di una inaccettabile competitività. 

Obiettivi

Nonostante il solo formale impegno degli ultimi Governi per migliorare la situazione, restano ancora due fondamentali punti da dibattere nelle sedi istituzionali: come spendere le risorse disponibili e per quali obiettivi. Ormai è ampia l’assonanza di orientamenti sull’opportunità di puntare verso un consistente programma di sviluppo delle infrastrutture (Piano Mattei), soprattutto nelle Grandi Reti (trasporti, telecomunicazioni, energia, ecc.): condizione indispensabile per far riprendere al Paese il cammino di un sano sviluppo del reddito e dell’occupazione con conseguenti effetti vantaggiosi sulla produttività del Sistema Paese.

Esso è strettamente dipendente da un imponente programma di sviluppo infrastrutturale di reti e nodi intermodali sul territorio nazionale. Restano in ogni caso aperte le corrette valutazioni politiche per assegnare le giuste priorità a quelli che sono i progetti strategici, ovvero quei progetti capaci di modificare sostanzialmente l’inserimento del Paese nella macrorete dei grandi Corridoi europei e transeuropei, guardando con occhio attento al Bacino mediterraneo e alle sue enormi potenzialità, dove il Meridione deve giuocare interamente il ruolo di attore principale.

Lo sforzo programmatico da attuare con la massima urgenza, vista anche la crisi della Tunisia e la drammatica situazione della Libia, nasce dalla duplice esigenza di un riequilibrio socio-economico del territorio nazionale (tra Nord e Sud), della sua «manutenzione» e di un miglioramento dei livelli di competitività del suo assetto trasportistico.

LIntergruppo parlamentare

Su questi concetti non si insisterà mai abbastanza in quanto ciò che apparentemente può sembrare un problema di infrastrutturazione locale ha poi, proprio in virtù delle relazioni sistemiche, inevitabilmente una sua immediata ripercussione nel quadro organico della rete in generale determinando un innalzamento del grado complessivo di funzionalità del macrosistema.

Ma tale quadro deve essere l’ispiratore della grande politica economica, in quanto è tutt’uno con l’organizzazione del territorio, perché, nell’aspra competizione dell’Italia con i partner europei, il fattore vincente sarà sempre più la produttività e la funzionalità del sistema-paese.

E ciò su cui si potrà contare per vincere la sfida in atto da tempo, sarà l’effettiva capacità di rinnovamento strategico del sistema urbanistico, territoriale, dei trasporti e della logistica, atto unico di supporto per consentire l’accesso ai grandi mercati internazionali nel più breve tempo possibile ed al costo più basso. L’interpretazione e la prefigurazione del futuro attiene ai compiti della politica e del management i quali debbono organizzare scenari credibili per sostenere, domani, il confronto con la realtà in evoluzione. Se ciò non avviene, il mercato sarà sempre comunque in anticipo, servendosi proprio di questo «gap» per avvantaggiarsi e per escludere concorrenze indesiderate (che siano internazionali o semplicemente nazionali e locali), cinicamente perpetuando posizioni di privilegio monopolistico.

Questi importanti argomenti sul tavolo del Governo, affinché non muovano tutti verso le più disparate direzioni, necessitano però di una forte concentrazione di analisi delle singole e differenti problematiche e lo sforzo politico e tecnico dell’Intergruppo parlamentare deve ricomporre tutti questi argomenti in un criterio politico di riferimento condiviso che, scavalcando pure la visione strettamente politico concorrenziale, prefiguri una prospettiva sul possibile scenario futuro che s’intende raggiungere per il territorio italiano tra sostenibilità e sviluppo e uguaglianza di diritti di territori e popolazioni. La cassetta degli attrezzi c’è. Adesso servono gli Operai.    

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