Il microcredito: promuovere crescita sostenibile ed inclusiva. Uno dei nodi stretti delle crisi economiche e finanziarie, l’accesso al credito.
di Erminia Mazzoni
Microcredito: il sistema economico
In un sistema economico, formato in prevalenza da piccole e piccolissime imprese, il mercato che vacilla comporta inevitabilmente una contrazione del flusso domanda-offerta. La produzione, sottoposta alle incertezze connesse al mutamento della domanda, è spinta a reagire naturalmente. Riducendo l’offerta e portando ad esaurimento le scorte. Simili scossoni hanno effetti su approvvigionamento di materie prime e lavoro e la ripresa successiva è più lenta della risalita della domanda. In quanto ricostituire i fattori della produzione necessita di risorse adeguate.
L’indebitamento ciclico della vita della produzione, che si manifesta nelle sfasature tra uscite per costi ed entrate, in tali fasi si cronicizza. Per evitare l’innescarsi di tale spirale, l’impresa avrebbe bisogno di immissioni di liquidità. Da conseguire a costi e con tempi ridotti. Ma si crea un circolo vizioso: l’impresa si indebita e rallenta la produzione. Di conseguenza risulta, stando alle regole del sistema finanziario, meno affidabile o addirittura non bancabile.
Microfinanza e Microcredito nella sfida del mercato globale
In questo quadro si definisce il ruolo fondamentale della microfinanza e del microcredito. E’ da questi bisogni, infatti, valutati nella prospettiva delle nuove e diverse sfide del mercato globale, che il mondo occidentale ha mutuato l’esperienza del microcredito. Dai Paesi più poveri, incoraggiato dai dati confortanti sulle minime sofferenze e gli alti tassi di rimborso dei prestiti. Lo schema è stato adattato al differente contesto socio culturale e alle esigenze di una economia di mercato rivolta alla produzione e al profitto. Innestando in essa il seme del valore sociale della produzione.
Il sistema bancario tradizionale non poteva e non può essere l’interlocutore giusto. La piccola dimensione delle operazioni finanziarie, commissionate dalle piccole e piccolissime imprese, non consente di ottenere margini di profitto sufficienti a sostenere i costi del sistema. Nonchè a coprire il maggior rischio di default legato alla mancanza di informazioni circa il profilo di rischio dei potenziali prenditori
La Rete Europea del Microcredito e l’esperienza italiana: l’Ente Nazionale Microcredito
La creazione di una Rete Europea del Microcredito, formata da enti pubblici e/o privati no profit, ha rafforzato le iniziative e ha accelerato la diffusione del Microcredito. In Italia è entrata a far parte di questo esercito l’Ente Nazionale Microcredito, un ente pubblico non economico, istituito con legge 24.12.07 n. 244, art. 2, commi 185/186/187. Iincardinato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Esso esercita le proprie funzioni istituzionali, in materia di microcredito e microfinanza, a livello nazionale e internazionale. In applicazione della Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2 luglio 2010 e del successivo Comma 4-bis, Articolo 8 della Legge 12 luglio 2011, n. 106. Successivamente, con legge n. 214 del 22 dicembre 2011, art. 39, comma 7-bis, una quota delle disponibilità finanziarie del Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese è stata riservata a interventi di garanzia in favore del microcredito. Da destinare alla microimprenditorialità.
L’Ente non è un intermediario finanziario abilitato all’esercizio del credito e, pertanto, non eroga fondi in linea diretta. Ma crea le condizioni per favorire l’accesso al credito da parte dei soggetti target – micro-piccole imprese, liberi professionisti e soggetti a rischio esclusione sociale. Svolgendo attività di informazione, supporto, formazione, consulenza tecnica e tutoring in favore dei promotori e degli operatori territoriali di microcredito. Con la facoltà di stipulare convenzioni con soggetti pubblici e privati per alimentare le risorse della quota del Fondo riservata al microcredito.
Nel fronteggiare crisi straordinarie o cicliche, ci si è resi conto, anche nel ricco ovest, che la peculiarità della dimensione imprenditoriale italiana ed anche europea – il 97% delle imprese sono Micro-Piccole – avesse bisogno di politiche e strumenti funzionali ad evitare lo stallo.
La Microfinanza, interprete di una visione della finanza e espressione di un insieme di strumenti, tra i quali il Microcredito, si è rivelato l’approccio giusto.
La finanza etica come nuovo traguardo
La visione è quella dell’economia sociale di mercato, all’interno della quale il principio della libertà dell’iniziativa imprenditoriale si combina con una economia che abbia una indicazione morale e sociale oltre che del profitto.
Il filone è quello della “finanza etica”, nel quale l’investimento delle risorse viene ponderato sulla base dei fattori tradizionali di rischio e rendimento. Nonchè di quelli innovativi della natura dell’attività economica finanziata e del suo carattere sociale.
Il microcredito assume dunque la caratterizzazione inclusiva, acquisendo quella parte di tessuto socio-economico rappresentata dai più poveri e da coloro che non hanno possibilità di offrire, in cambio del prestito, garanzie reali.
Le modalità di funzionamento del microcredito innescano un meccanismo virtuoso capace di assorbire nel mercato risorse umane e produttive, altrimenti inattive, realizzando così un significativo abbattimento dei costi sociali. Ecco perché investire nel microcredito risulta essere un modo buono di impiegare il denaro.
Le leve del microcredito
La formula più efficace per capire quali siano le leve positive del microcredito, è quella sintetizzata, in suo scritto, da Raimondello Orsini (Uni Bologna):
“1) La garanzia è immateriale ed è basata sulla fiducia.
2) Chiedere il rimborso (senza chiedere un collateral) significa credere nella capacità di restituzione.
3) Selezionare i beneficiari comporta anche selezionare chi può con maggiori probabilità restituire.
4) Stipulare un contratto implica l’inserimento in una transazione di mercato.
5) Ricevere un prestito anziché un dono modifica la percezione di sé del povero e dell’obbligazione morale di cui è investito.”
Per queste connotazioni specifiche, il microcredito viene inserito tra gli strumenti di politica attiva per l’inclusione finanziaria e sociale. Grazie alla promozione della microimprenditorialità e dell’autoimpiego, entrando a pieno titolo nella dimensione europea della politica di coesione. In un primo momento con uno Strumento, il Progress, e un Programma, l’EaSI, che camminano parallelamente all’Agenda 2014/20, e nella attuale programmazione, organicamente inserito nel FSEPlus.
L’Unione Europea mette a disposizione fondi e garanzie, diretti a intermediari finanziari certificati come MFI (MicroFinace Institutions) e consente alle programmazioni nazionali e regionali di introdurre misure analoghe. A tal fine il Regolamento (UE) n. 1296/2013 del Parlamento definisce, all’articolo 2, il concetto di Microfinanza, ricomprendendo in essa “le garanzie, il microcredito, l’equity e il quasi-equity, abbinati a servizi di accompagnamento per lo sviluppo delle imprese, ad esempio, sotto forma di consulenza, formazione e mentoring individuali, estesi a persone e a microimprese che hanno difficoltà di accesso al credito per attività professionali e/o generatrici di reddito”.
Mentre all’art.23 il regolamento individua gli obiettivi operativi dell’asse occupazione e innovazione sociale nel FSE+ (Strand EaSI), quali: il sostegno allo “sviluppo dell’ecosistema di mercato,..alla creazione di reti a livello di Unione e al dialogo con e tra i pertinenti portatori di interessi nei settori di intervento stabiliti all’articolo 4, paragrafo 1…”.
Microcredito: sviluppo tramite educazione finanziaria e servizi alle imprese
In questi 10 anni circa dal suo esordio sulla scena europea, il microcredito si è fatto strada grazie ai numeri crescenti di soggetti target raggiunti e di strat up professionali e imprenditoriali sostenute. Ma i risultati, sul piano occupazionale e della produzione, potrebbero essere superiori se, anche a valere sulle risorse del PNRR, Governo e Regioni investissero di più sui servizi. Di accompagnamento alle imprese, di consulenza, di educazione finanziaria e digitale e di formazione e informazione.
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