Roma, Conferenza Internazionale sulle Migrazioni, in corso alla Farnesina. Giorgia Meloni auspica ad un dialogo proficuo tra Europa e Mediterraneo. Presente anche la Presidente Ue Ursula von der Leyen.
di Elisabetta di Fraia
Giorgia Meloni: “Contrastare le migrazioni illegali”
“Quello che inauguriamo oggi è soprattutto un dialogo tra pari, basato sul reciproco rispetto perché tra Europa e Mediterraneo. Non può esserci un rapporto competitivo o conflittuale, perché gli interessi sono molto più convergenti di quanto noi stessi riconosciamo”. Queste, le parole con cui la Presidente Giorgia Meloni ha aperto la Conferenza Internazionale su Sviluppo e Migrazioni, in corso alla Farnesina.
La Meloni ha ribadito che il rapporto con i Paesi di provenienza dei migranti deve essere paritario, non predatorio. Deve essere fondato sul rispetto della sovranità di ciascuno e sulla condivisione di responsabilità a tutela della legalità. Ha poi continuato, ribadendo che, nonostante l’Italia e l’Europa abbiano bisogno dell’immigrazione, non è possibile consentire ingressi illegali nei territori europei. Auspicando così ad un impegno comune e più collaborazione per contrastare la rete dei trafficanti che gestiscono le migrazioni illegali.
Ursula von der Leyen: “Distruggere il modello di business dei trafficanti”
Alle parole della Presidente Meloni fanno eco quelle della Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. La quale promette l’apertura di nuovi percorsi legali tra i due continenti, in modo da creare un’alternativa reale e sicura ai pericolosi viaggi in mare.
“In Ue – ha dichiarato la Presidente – stiamo lavorando per promuovere il reinsediamento e l’ammissione umanitaria. Dobbiamo unire le forze per smantellare il modello di business crudele e illegale dei criminali e sensibilizzare le persone sulle bugie che i trafficanti diffondono. Vogliamo che il nostro accordo con la Tunisia sia un modello. Adottando un approccio pragmatico basato sulla condivisione di interessi e valori comuni. Vogliamo trovare soluzioni su misura per le realtà locali. Apparteniamo tutti ad una regione comune, siamo collegati dal Mediterraneo.” Tutto questo per fermare lo sfruttamento della sofferenza umana da parte delle reti criminali e prevenire la tragica perdita di vite umane.
Conferenza sulle Migrazioni: una risposta al conflitto Libia – Tunisia
Kufra, Libia sud-orientale, è a tutti gli effetti una fossa comune. Lungo le piste desertiche verso il Sudan, tra sassi e sabbia, sono stati rinvenuti i resti di almeno 20 migranti seviziati e gettati nelle fosse. È quanto emerge dal dossier consegnato il 21 luglio ai vertici ONU dalla Commissione indipendente delle Nazioni Unite sui diritti umani in Libia. I Paesi coinvolti nelle relazioni con la Libia, a cominciare dall’Italia, ne sono stati informati. Ma nessuna denuncia ferma la consegna di motovedette e l’addestramento dei guardacoste, che gli esperti Onu accusano di essere lo strumento essenziale per il mercato degli esseri umani.
Da quanto si legge nel dossier: “La filiera del contrabbando di uomini coinvolge istituzioni e criminalità. Un sistema integrato che da una parte finge di assecondare le richieste europee per fermare i flussi migratori, e dall’altro lo alimenta. Alzando il prezzo che le cancellerie devono versare ai trafficanti, attraverso i loro prestanome nelle istituzioni. Sono stati trovati ragionevoli motivi per ritenere che il personale di alto livello della Guardia Costiera libica, dell’Apparato di Supporto alla Stabilità e della Direzione per la Lotta alla Guardia costiera libica e alla migrazione illegale, sia colluso con trafficanti e contrabbandieri. Che sarebbero collegati a gruppi di miliziani, nel contesto dell’intercettazione e della privazione della libertà dei migranti.”
Un quadro desolante, a cui si aggiunge la decisione di Tripoli di schierare pattuglie di sicurezza al confine con la Tunisia. Per impedire che uomini, donne e bambini non autorizzati, provenienti dalla Tunisia, possano sconfinare entrando in Libia. Una situazione che rende ancora più disperate le condizioni, già difficili, in cui sono costretti a sopravvivere centinaia di migranti. Prima ammassati e poi abbandonati dalla polizia tunisina nel deserto, senza cibo, né acqua. Il paradosso è che sia la Tunisia che la Libia, ricevono mezzi e finanziamenti dall’Unione europea per bloccare i migranti. Che tentano di arrivare in Europa attraverso il Mediterraneo, ma che ora rischiano di restare abbandonati nella terra di nessuno. Che divide i due stati africani, sorvegliati a vista dai militari, schierati ai rispettivi confini.
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