Autonomia Differenziata, la discussione al meeting di Rimini sulle riforme istituzionali

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Ieri sera 24 agosto, nell’ambito del Meeting di Rimini, in collaborazione con l’”Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà” presieduto da Maurizio Lupi, si è tenuto un’interessantissima tavola rotonda dal titolo “Le riforme istituzionali”, con riguardo ai due principali temi che animano l’attuale dibattito politico nel Paese: l’”Autonomia differenziata” e “Il Presidenzialismo”.

In rappresentanza dei diversi schieramenti di maggioranza e di opposizione, sono intervenuti: Massimiliano Romeo (Capogruppo al Senato della Repubblica, Lega Salvini Premier – Partito Sardo d’Azione), Francesco Boccia (Senatore, Capogruppo del  Partito Democratico – Italia Democratica e Progressista, Responsabile Autonomie Territoriali ed Enti Locali, Partito Democratico), Maria Elena Boschi (Deputato di Italia Viva), Tommaso Foti (Capogruppo alla Camera dei Deputati, Fratelli d’Italia), Maurizio Lupi (Presidente Intergruppo Parlamentare per la Sussidiarietà), Nazario Pagano (Deputato al Parlamento Italiano, Presidente della I° Commissione Affari Istituzionali, Forza Italia – Berlusconi Presidente – Ppe), Stefano Patuanelli (Senatore, Presidente del gruppo MoVimento 5 Stelle). A moderare l’incontro Paolo Del Debbio, Giornalista, Conduttore tv e docente di filosofia alla Iulm.

L’introduzione dei lavori è stata affidata al padrone di casa, Giorgio Vittadini, Presidente Fondazione per la Sussidiarietà, che ha avuto il compito anche di chiudere i lavori, protrattisi fino a tarda sera.

In un appassionato ma equilibrato confronto, organizzato con due rapidi giri di tavolo, i protagonisti sono stati chiamati da Del Nebbio a chiarire la posizione dei rispettivi partiti, rispetto ai due grandi temi in discussione e che verranno all’esame delle Camere a partire dal prossimo mese di settembre.

Dopo la relazione introduttiva di Giorgio Vittadini che, richiamando il tema dell’autonomia differenziata, ha evidenziato la necessità di garantire la coesione del Paese, nonché il ruolo attivo del terzo settore, che da sempre svolge un ruolo importante a presidio dei valori della solidarietà e tutela dei ceti meno abbienti e delle aree più fragili. Vittadini ha invitato i presenti a considerare la diversità come una risorsa, tra un’Italia del nord, più mitteleuropea e con una propria specificità,  e un  Mezzogiorno che si protrae al centro del Mediterraneo, che potrebbe, a sua volta, costituire un formidabile volano di sviluppo economico per l’intero Paese.

Gli interventi dei protagonisti sull’autonomia differenziata

Del Nebbio ha girato subito la parola a Massimiliano Romeo sul ddl Carderoli relativo all’Autonomia differenziata,  il quale, ricordando che questo progetto prende le mosse e completa la grande riforma del Titolo  V° della Costituzione votata dalla sinistra  e passata a colpi di maggioranza nel 2001,  ha invitato tutti a superare ogni pregiudizio e forma di contrapposizione tra Nord e Sud, sottolineando che la coesione territoriale sarà, comunque, garantita dal meccanismo dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi) che saranno garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale e dal fondo perequativo straordinario, concepito proprio per evitare che le regioni più povere possano non essere più in grado di garantire sevizi  di livello adeguato ai propri cittadini. Quest’ultimo potrebbe essere finanziato dai residui dei fondi delle politiche di coesione (del 2014 e 2020) e di quelli strutturali delle programmazioni precedenti non spesi dalle stesse regioni meridionali e dell’ultima programmazione 2021-2026.

A seguire Francesco Boccia del partito democratico che, ricordando come nel 2001 non fosse in Parlamento, in quanto all’epoca professore universitario, ha, invece, sottolineato come, a differenza di quanto da Romeo affermato, l’autonomia differenziata sarebbe già stata attuata nel nostro Paese, fatta eccezione per il comma 3 dell’art.116 Cost., che costituisce il vero nocciolo della questione. In ogni caso, riconosce Boccia, fu un errore quello della sinistra di approvare una riforma istituzionale a colpi di maggioranza. L’impostazione del ddl Calderoli, secondo l’esponente del partito democratico, è sbagliata, perché non risponde alle esigenze di riequilibrio socioeconomico fra le diverse aree del Paese; non solo fra Nord e Sud, ma anche fra quelle ricche (che sono anche al Sud) e quelle più marginali e interne, quest’ultime anche al Nord.  Come limiti tecnici della riforma, Boccia intravede il richiamato meccanismo dei LEP e del fondo perequativo. Per i LEP, il Senatore PD ha messo in risalto come il Parlamento venga in questo modo ed ancora una volta, di fatto, scavalcato dal Governo, in quanto il compito di individuare i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi viene affidato ad una Commissione tecnica;  alle Camere, al più, sarà chiesto di ratificare, a colpi di maggioranza o di fiducia, decisioni già assunte in altra sede.

Boccia ha chiesto, invece, alla maggioranza che “…i LEP vengano discussi e approvati dal Parlamento e non ratificati da una Commissione tecnica, notificati al Parlamento e approvati dal governo”.  In ordine al fondo perequativo, Boccia ha, inoltre, sottolineato come, al momento, nel ddl Calderoli non ve ne sia alcuna traccia, con l’effetto che non opera, quindi, alcun meccanismo di solidarietà e perequazione fra territori diversi. La perequazione attuale non funziona perché occorre, di volta in volta, coinvolgere la Conferenza Stato Regioni e la procedura, evidenzia Boccia, non ha fin qui dimostrato di funzionare. Il fatto poi, che si devolvano alle regioni anche materie come l’energia e le grandi infrastrutture, secondo l’esponente del partito democratico, è davvero una cosa priva di senso, antieconomica e contro gli interessi nazionali.

Stefano Patuanelli , Senatore, Presidente del gruppo MoVimento 5 Stelle, è ritornato a evidenziare quelli che, a suo giudizio, rimangono i rischi connessi alla approvazione del ddl Calderoli, così com’è oggi concepito, senza che i LEP  vengano stabiliti  direttamente dal Parlamento e senza l’annunciato fondo perequativo che, invece, non appare previsto nel testo del disegno di legge. Le risorse del fondo perequativo, per le regioni che non sono in grado di garantire i c.d. LEP, si chiede Patuanelli “… chi le deve garantire? Le deve garantire lo Stato, noi diciamo di si…. Non è che saremo costretti a chiedere a quelle regioni di aumentare la fiscalità regionale? Questo è il grande rischio… il percorso dei LEP non è un percorso che vede il Parlamento al centro, perché c’è una commissione tecnica che li definirà e il Parlamento ne sarà semplicemente notiziato …”.

Compulsato sul punto dal moderatore Del Nebbio, Romeo è stato chiamato a replicare, precisando che il Parlamento sarà sicuramente coinvolto a discutere dei LEP, una volta conosciutane dalla Commissione la misura e le risorse da metterci su;  per quanto concerne il fondo perequativo di aver fatto in precedenza   riferimento solo a quello “ordinario”, dovendo prevedere l’intervento di un fondo “straordinario”.

E’ stata, quindi la volta di Maria Elena Boschi di Italia Viva che, ricordando come nel 2001 fosse ancora una studentessa, pur essendo il proprio partito a favore dell’autonomia differenziata, sebbene preferisca parlare di “regionalismo cooperativo”, si è detta anch’ella perplessa sull’impostazione complessiva della riforma data dal Governo. Innanzitutto, secondo l’esponente di Italia Viva, “.. sono troppe le materie che, a Costituzione vigente, si dovrebbero devolvere alle regioni… e poi il Parlamento è esautorato sul ddl Calderoli da qualsiasi ruolo… e non solo sui LEP… Se viene attuata così l’autonomia differenziata , non c’è un problema per il Mezzogiorno, ma per il Paese …avremo 21 sistemi diversi … L’autonomia differenziata, così com’è , non aiuta a semplificare la burocrazia che è uno dei problemi irrisolti … Abbiamo poi un tema di tenuta del Paese per quanto riguarda l’istruzione, la sanità …Noi avevamo proposto un Senato delle Regioni … Poi c’è il tema delle risorse … forse ci sarà un fondo ( ma adesso non c’è) e forse dovrà rimanere inalterata quella che è l’attuale attribuzione alle regioni  che già c’è , e come si fa ?… Infine, questo (l’autonomia differenziata) sarebbe un contratto a termine della durata di 10 anni, come un contratto di affitto, se c’è il tacito onsenso di andare avanti lo si fa, oppure si risolve … Ma come si fa?…”.   Così com’è, mancherebbero, quindi,   meccanismi di concreta garanzia per i territori più fragili, che, comunque, con la previsione di un’apposita Commissione di tecnici prevista per la definizione  dei LEP, si  scavalca di fatto il ruolo del Parlamento. Anche il meccanismo del fondo perequativo non c’è nel ddl Calderoli e, comunque, non si chiarisce come lo Stato potrà trovare le risorse per finanziarlo.

Sulle criticità segnalate dagli esponenti della minoranza,  è intervenuto Tommaso Foti di Fratelli d’Italia che, innanzitutto, ha voluto  ricordare come nel 2001 fosse in Parlamento  ad esprimere voto contrario alla riforma del Titolo V°, passata con 4 voti di scarto alla Camera,  e che nell’accordo firmato il   28 febbraio 2018  (solo 4 giorni prima delle elezioni del 4 marzo  2018), l’allora  Governo Gentiloni, nella persona del sottosegretario Gianclaudio Bressa, del Partito Democratico, firmò a Palazzo Chigi una pre-intesa sulla cosiddetta “autonomia differenziata” tra il Governo e la Regione Emilia-Romagna, presieduta dal governatore Bonaccini per dare attuazione all’articolo 116 comma 3 della Costituzione. (In realtà Foti non ha, parimenti, ricordato che in quella stessa occasione furono firmate analoghe  intese dal Veneto con Zaia e dalla Lombardia con Maroni). Oggi quella riforma dell’autonomia  voluta dalla sinistra, ha detto Foti,  è arrivata a sistema  con il ddl Calderoli che rimane solo un disegno di legge che il Parlamento sarà chiamato ad esaminare. Circa la definizione dei LEP, l’esponente di fratelli d’Italia si è detto disponibile ad un maggiore coinvolgimento del Parlamento, anche utilizzando, in luogo del decreto legge, lo strumento del decreto  legislativo.

Nazario Pagano, nella qualità di presidente della I° Commissione della Camera “Affari Costituzionali”, si è detto  soddisfatto del lavoro fin qui svolto in Commissione e fiducioso che, nella discussione in Aula,  il Parlamento possa essere pienamente coinvolto. Pagano si è anche compiaciuto di come lo stesso Romeo abbia riconosciuto la necessità di prevedere un fondo perequativo, oltreché la volontà di coinvolgere a pieno titolo il Parlamento nella discussione sui LEP. Il Presidente  della Commissione Affari Costituzionali ha poi  segnalato che, forse, la previsione di devoluzione di 23 materie dallo Stato alle regioni possa essere un po’ eccessivo, rispetto all’interesse nazionale; del resto, ha ricordato  come lo stesso Calderoli in una recente intervista abbia pubblicamente  riconosciuto che “…non è dettò che le materie da delegare debbano essere per forza 23, ha parlato, invece,  di 15  … Io, penso che sia importante ridurre il numero delle materie;  passare  da 23 a 15 forse è più giusto, perché significherebbe rimanerne alcune in capo allo Stato …”.

Maurizio Lupi, come presidente dell’Intergruppo parlamentare “Sussidiarietà”, sul tema dell’Autonomia differenziata e sui livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi,  ha sottolineato la necessità di procedere senza pregiudizi di sorta, partendo dal chiedersi se in questi 20 anni le cose siano andate meglio o peggio, rispetto alle attese. Lupi: “Perché si parla di LEP ? perché stiamo parlando della possibilità di costruire un modello  nuovo ed efficiente   in cui le risposte ai cittadini e ai diritti possa essere più efficiente ed efficace e la libertà di ogni cittadino possa esprimersi al meglio … Troviamo gli elementi giusti per fare un passo in avanti, senza pregiudizi. Se parliamo di LEP dobbiamo parlare anche di altre cose . Io nel 2001  votai a favore di quella riforma costituzionale perché, per la prima volta, si introduceva nella Costituzione un principio di sussidiarietà, non solo verticale ma anche orizzontale… questa significa: tutto il mondo del terzo settore. Questo (il terzo settore)  come viene  oggi valorizzato ? Con quali risorse?…   Il tema poi è l’efficienza della Pubblica Amministrazione. Come ci organizziamo su questo?  Lupi, quindi, ha messo nuovamente l’accento, come fatto in precedenza da Vittadini, sulla necessità di garantire la  vera sussidiarietà  e la coesione  in un Paese dove, senza il terzo settore,  in questi anni (e la stagione della pandemia l’ha ulteriormente evidenziato) non si sarebbe potuta garantire  la giusta solidarietà a favore dei ceti meno abbienti e delle  aree più fragili.

Il Presidenzialismo trasformato nell’elezione diretta del presidente del Consiglio

A questo punto, l’abile moderatore Del Nebbio, riuscito nel non facile compito di far sviscerare con chiarezza e concretezza un tema complesso come quello dell’Autonomia differenziata, rendendolo comprensibile all’opinione pubblica, ha introdotto il secondo tema delle riforme istituzionali: quello del “Presidenzialismo”.

 Anche su questo,  la discussione è stata pacata e proficua, tanto da chiarire subito che, in realtà, oggi non si parla più di presidenzialismo ma di premierato, atteso che si è rinunziato a considerare nella riforma la possibilità di coinvolgere la figura del Presidente della Repubblica. Invero, tutti gli intervenuti si sono detti d’accordo sulla necessità, non più rinviabile, di garantire una migliore governabilità del Paese, non essendo più accettabile nell’interesse nazionale, ma anche agli occhi della comunità europea ed internazionale, vedere alternarsi – durante la stessa legislatura – governi diversi che si succedono, benché  non più in linea neppure con le indicazioni date originariamente dal corpo elettorale. L’elezione diretta del Presidente del Consiglio, pur con alcune sfumature da parte degli esponenti presenti del partito democratico, di Italia viva e del Movimento 5 stelle, non ha trovato forti contrapposizioni, a condizione – però come da questi sottolineato – di trovare i giusti meccanismi di pesi e contrappesi che, del resto, caratterizzano l’intera architettura costituzionale.

Sul punto, Boccia, auspicando che davvero con questa riforma non si metta più in discussione la figura ed il ruolo (come organo costituzionale) del Presidente della Repubblica, si è, altresì augurato che il Presidenzialismo (o meglio: l’elezione diretta del Presidente del Consiglio)  non diventi, come a volte a suo giudizio apparso, occasione di scambio politico, tra Fratelli d’Italia e la Lega, con la riforma dell’autonomia differenziata. La Boschi, invece, vista la condivisione del tema, ha invitato da subito anche le altre forze politiche a convergere sul disegno di legge approntato proprio da Italia Viva per l’elezione diretta del Presidente del Consiglio.

A chiudere i lavori, Giorgio Vittadini, felice di constare che il metodo del Meeting e il clima di armonia che contraddistingue da sempre la manifestazione di Comunione e Liberazione, abbia favorito una discussione franca, chiara ed efficace sui grandi temi delle riforme istituzionali.

Effettivamente, se le discussioni su temi, anche delicati e di forte contrapposizione, si facessero, come accaduto ieri a Rimini al Meeting, con gli stessi metodi e la stessa concretezza, probabilmente l’opinione pubblica ne sarebbe più coinvolta e anche la voglia di partecipare, in occasione del voto, ne beneficerebbe.

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