Denis Mukwege: Figlie ferite dell’Africa, la sua battaglia

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Denis Mukwege

Denis Mukwege: Figlie ferite dell’Africa, è un libro struggente che non racconta soltanto una vita straordinaria ma la sofferenza di un intero popolo.

di Lucio Righetti

Gli eventi spesso si sommano e si combinano generando connessioni e interazioni altrimenti slegate, se non ci fosse un nostro intimo lavorio a tesserne la rete. Stamane avevo terminato un libro, divorato – come spesso mi accade quando la tematica mi appassiona – in poche ore di lettura, interrotta solo dal sonno ristoratore. Una serie di eventi in coincidenza con il libro appena letto, “Figlie ferite dell’Africa”, di Denis Mukwege, premio Nobel per la pace nel 2018, mi hanno spinto ad una riflessione.

Il libro

Chi non legge di altre storie, storie vissute ai vari angoli del mondo, storie soprattutto vere, si priva della possibilità di viaggiare curiosamente, di informarsi su ciò che avviene al di fuori delle quattro mura domestiche di questo piccolissimo paese al mondo che è l’Italia, vive probabilmente un’esistenza ridotta ed orfana di verità.
Denis Mukwege vive. Vive una vita intensa e pericolosa, una vita soprattutto soddisfacente, dedita alla vita. Il suo racconto è coinvolgente e dipinge con tratti educati ma forti, la sua storia, la sua scelta di come trascorrere il suo tempo su questo pianeta. Anche se con descrizioni talvolta crude, le sue parole però scolpiscono e cesellano i modi di pensare e di essere della sua persona, del paese e della società che lo circonda. Attraverso la sua penna tratteggia un periodo di grandi sconvolgimenti epocali, politici e civili nel Congo, che evidenziano dolorosamente quanta differenza ci sia tra noi. I nostri standard di vita, di aspirazioni e di sicurezza sono ciò che ci differenzia da quelle popolazioni. Balza agli occhi la “fortuna” di noi occidentali che viviamo in una società che, nonostante tutti i suoi difetti e perennemente perfettibile, abbiamo il dovere di preservare e migliorare.

Questo è il messaggio che io ho recepito. Alla chiusura dell’ultima pagina, dopo aver speso qualche lacrima e provato a far scivolare l’orrore che mi aveva suscitato.

Denis Mukwege
Denis Mukwege: Figlie ferite dell’Africa

Denis Mukwege: Figlie ferite dell’Africa, una battaglia combattuta in nome di un popolo intero

Subito dopo sono uscito per qualche commissione.
La domenica, con le panetterie del quartiere chiuse, io acquisto in un piccolo supermercato che ha reparto boulangerie di prodotti freschi e fragranti proprio all’ingresso. Entro e, munito della mia prenotazione elettronica, mi predispongo diligentemente in fila per procedere all’acquisto. Intanto osservo la scena davanti a me: due signore avanti con gli anni.

Una delle due interroga la banconista sulla qualità del pane di Altamura e intanto interloquisce con loro un giovanotto, più alto di me che, mentre parla, ne approfitta e, saltando la fila, si approvvigiona del pane. Io guardo muto tutta la scena, però mi infastidiscono due cose: lo spreco di un sistema elettronico per non ottenere il rispetto della fila, in senso lato di un diritto, la superficialità dell’addetta verso la sua azienda e quella parte di clientela che si adegua a quel sistema. Con rispetto e seraficità però esplico alla commessa, che arrossisce, le mie considerazioni:

“Io sarei il 32, ma non voglio polemizzare. Semplicemente se c’è un sistema o lo si rispetta o lo si disattiva”. Intanto un ragazzo poco dietro inizia a sbuffare denotando insofferenza, mentre il giovane sgargiante, ascoltando da lontano, ma non troppo, le mie rimostranze ritorna con il numero in mano, scusandosi e dicendo che non era sua intenzione scavalcare la fila.

Io mi schernisco, dicendogli che non era per il minuto più o meno ma per il principio e l’inutilità, altrimenti, del sistema e il ragazzo di cui sopra, quello insofferente: “Ma quante chiacchiere! Queste sono solo chiacchiere! Fate solo chiacchiere!”. Decido di chiuderla lì, ricordandogli i principi inderogabili della civile convivenza, il rispetto e l’educazione. Mi allontano pensando al Congo, ai Tutsi ed agli Hutu, alle uccisioni a colpi di machete, alla soppressione di qualsiasi diritto.
Tu, ragazzo che mal sopporti l’attesa e l’educazione in Congo dovresti andare. E ovviamente anch’io!

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