L’Iran è sconvolto, ormai da giorni, da una pesante rivolta che segue le tracce di quella di tre anni prima. Una protesta che ha trovato una cassa di risonanza anche nella street art.
di Anita Amato
La street art offre il proprio sostegno al popolo ed alle donne iraniane. Un altro, ennesimo, segnale di vicinanza a chi rischia la propria vita combattendo per i diritti. L’arte, anche quella di strada appunto, prende come riferimento la donna come simbolo della rivolta.
Facciamo un passo indietro. Per capire cosa sta accadendo in Iran bisogna conoscere le regole di questo Paese.
In Iran c’è una democrazia tradizionale. Esiste il Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran (che in questo momento è Ebrahim Raisi) eletto a suffragio universale, Il Presidente della Repubblica, però, è soltanto la seconda carica dello Stato iraniano ed è una figura quasi soltanto di rappresentanza. Il vero potere viene concentrato nelle mani della Guida suprema: l’ayatollah Ali Khamenei, che rappresenta sia una guida spirituale che la massima carica politica.
È lui la Guida Suprema, a detenere il potere legislativo. Per questo motivo le leggi in Iran sono particolarmente “dure” nei confronti delle donne: le ragazze devono indossare il velo, non possono cantare, andare in bici, nuotare, entrare negli stadi, divorziare o lasciare il Paese a meno che non lo decida un uomo della famiglia o il marito. Se il marito (o il papà o il fratello) decidono che non devono studiare o lavorare, non lo possono fare.
È per questi motivi che, da qualche anno, le donne iraniane provano ad opporsi a queste regole supportate anche da diversi uomini progressisti.
Già tre anni fa scoppiò una protesta diffusa, ma l’esercito uccise migliaia di persone per fermare la rivolta e bloccarono Internet in modo che la gente non potesse usare i social per diffondere nel mondo le immagini delle manifestazioni contro la Guida suprema.
Oggi che ancora una volta le iraniane sono in piazza appoggiate da gran parte dell’opinione pubblica. Dobbiamo chiederci se in questi anni avremmo potuto fare qualcosa di sostanzioso per loro e per le donne degli altri paesi, non pochi, in cui la condizione femminile è ancora molto arretrata.
Iran, la condizione delle donne ha esasperato la rivolta
Dicono che le donne a volte esagerano, però è solo quando si esagera che gli altri ci ascoltano. Il voto non ce lo dettero, forse, perché esagerammo? In Iran si può pensare di poter intravedere l’alba di un cambiamento importante, qualcuno oserebbe storico, che tutto il mondo guarda con estrema attenzione. Da questa rivolta un elemento emerge più di altri: per queste donne la felicità si chiama libertà, non potere.
Le donne iraniane hanno deciso di togliere il velo, di tagliarsi i capelli, di riconquistare la “libertà”.
Rischiano la prigione, la tortura, la vita, eppure sono migliaia per le vie di molte città.
Sta succedendo quella che si chiama una rivoluzione. La libertà non è occidentale né orientale, la libertà è globale, è mondiale.
Le donne sono il motore del cambiamento.
La lotta delle donne iraniane è anche la nostra.
Unite al grido “Donne, Vita, Libertà” “Woman, Life, Freedom”.
Per la libertà delle donne iraniane, e per quelle afgane, per tutte le donne oppresse.