L’Unrwa apre un’indagine interna contro possibili collaborazionisti di Hamas

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L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha dichiarato di aver aperto un’indagine su diversi membri dello staff sospettati di essere coinvolti negli attacchi di Hamas del 7 ottobre in Israele e di aver interrotto i rapporti con questi soggetti. La vicenda riguarderebbe 12 operatori. Il commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini avrebbe rescisso immediatamente i contratti dei membri accusati da Israele e ha avviato un’indagine interna. L’Agenzia dell’Onu è partner dell’Ue sul campo dal 1971, Borrell ha dichiarato che “Valuteremo passi da compiere”.
La vicenda si riflette sulla Corte dell’Aia che ha appena deciso in via cautelare circa il massacro del 7 ottobre e la reazione di Israele, peraltro non accertando in via definitiva alcun reato di Israele, determina un grave scandalo, mette definitivamente in luce la carenza di serietà e imparzialità delle cosiddette Corti internazionali, in ampia parte condizionate politicamente dall’Onu, quando non dall’Europa o dalla Nato; problema già emerso quantomeno in relazione alla Corte internazionale per l’ex Jugoslavia, che è giunta a tenere in carcere il capo di stato Milosevic, a lasciarlo morire impedendogli di potersi curare fuori dal carcere, quando poi non ha potuto in nessuna maniera attribuire a lui nessuno dei reati circa i quali era stata formata e chiamata a decidere.
La Corte dell’Aia infatti ha ora ascoltato lo stesso organismo il cui comportamento ora emerge poter essere inquinato da criminali terroristi, funzionari del quale avrebbero partecipato allo stesso accadimento gravissimo di terrorismo che ha determinato la reazione di Israele oggetto della Corte e della causa, e ne ha citato e condiviso le opinioni e valutazioni circa gli accadimenti nella Striscia di Gaza al fine di decidere la controversia proposta presso di essa dalla Repubblica sudafricana contro Israele, nella decisione ora effettivamente emanata essa ne ha riportato e fatte proprie affermazioni e valutazioni (v. in particolare il punto 69 della decisione).
La Repubblica di Sudafrica ha adito la Corte affermando che ciò che sta accadendo a Gaza, l’operazione e le attività militari che Israele sta conducendo nella Striscia di Gaza, iniziate dopo un orribile massacro di 1200 israeliani attuato da quella Hamas che gestisce il governo del territorio della stessa striscia e ne ha il controllo (o perlomeno ne aveva il controllo prima di iniziare questa assurda, sciagurata e sanguinaria, pur se molto breve, invasione di Israele), avrebbero le caratteristiche proprie individuate quali tipiche del genocidio nella convenzione internazionale contro il genocidio; affermando che lo avrebbero non i comportamenti di Hamas e del suo governo ma quelli di Israele.
La Repubblica di Sudafrica ha chiesto quindi che sia condannata Israele e che sia ordinata l’interruzione delle operazioni militari israeliani in Gaza.
La Corte ha ritenuto che alcune delle cose che stanno accadendo in Gaza potrebbero configurare teoricamente alcune delle caratteristiche del genocidio, Ha al contempo affermato che essa non sarebbe tenuta a verificare se queste configurino effettivamente genocidio o no per potere decidere ed emanare provvedimento cautelare mirante a prevenire il rischio che ciò accada, non ha condannato Israele ma lo ha invitato ad evitare che si verifichino effettivamente violazioni della convenzione.
Ha quindi rammentato che entrambe le parti sono tenute al rispetto delle norme umanitario, dei diritti umani, ma non ha condannato Hamas, pur se lo invitato a rilasciare gli ostaggi da essa rapiti il 7 ottobre e da essa ancora detiene senza contizioni (punto 85).
Quanto accaduto, l’accettazione della Corte della sua giurisdizione nel caso e l’invito ad uno stato sovrano a adottar specifici comportamenti prima di accettare che si siano verificati reati, e la contestuale mancata condanna di una invasione e del massacro di cittadini in uno stato riconosciuto espressamente dall’Onu, certi e non contestati, appaiono già di per sé dimostrazione della carenza totale di giuridicità e giustizia di cosiddetta Corte, del suo essere strumento politico.
L’adozione nella decisione di opinioni manifestate da un organismo che è evidentemente privo di garanzie di terzietà la squalifica definitivamente.
È come se un giudice penale italiano avesse assunto decisioni cautelari circa la legittimità o meno della difesa di un cittadino aggredito da un criminale assumendo come valide le opinioni del complice del criminale stesso, o quando meno di un soggetto non terzo rispetto al crimine, ed assumendole non come una fatto da accertare in contraddittorio e da acquisire solo dopo aver provato la sua credibilità e veridicità, ma come se fosse un accertamento, un fatto dotato di certezza fino a prova contraria prodotto dall’organismo proposto alla tutela della pubblica sicurezza.
È tempo che di questi organismi internazionali che dovrebbero dare giustizia venga fatto una indispensabile pulizia.

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