L’Italia a 30 all’ora: ecco alcune perplessità

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Italia 30 all'ora

Negli ultimi mesi in Italia vi è stata una corsa dei comuni ad assumere provvedimenti che limitano a 30 km all’ora la velocità veicolare in ampia parte del territorio comunale, se non in tutto questo; il motivo ufficiale dichiarato era di abbattere le emissioni, l’inquinamento, e di ricercare il massimo della sicurezza. Molti comuni, però, per primi i più piccoli, probabilmente intendevano ricercare soprattutto il massimo incasso ottenibile mediante le sanzioni collegate. 

Secondo la Repubblica del 22.1.2024 Già sessanta Comuni in Italia vanno a 30 all’ora. Ai nastri di partenza anche le grandi città.

Un comportamento contrario alle leggi che regolano la materia, ma prima ancora ad ogni principio di libertà e alla stessa unificazione del territorio nazionale, all’interesse di avere un paese vivente e connesso

Correttamente è intervenuto dunque il ministero delle infrastrutture, competente e tenuto anche al controllo dell’esecuzione delle norme riguardanti la viabilità nazionale, comprese quelle del codice della strada, e che dispone anche di poteri di sostituzione rispetto ai provvedimenti comunali contrari a queste leggi. Con una direttiva data il 1 Febbraio 2024 inviata anche a tutti i comuni, tramite l’Anci, firmata dal vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini, questi ha disposto che eventuali “limiti derogatori” al limite massimo di velocità di 50km/h “devono essere perimetrati in relazione a strade o tratti di strada tassativamente individuati, nonché giustificati laddove sussistano particolari condizioni che giustificano l’imposizione di limiti diversi“, ad esempio, in base al “tasso di incidentalità”, alla presenza di ospedali, scuole, asili, centri sportivi o ad “esigenze temporanee” legate a “flussi turistici stagionali o eventi di carattere straordinario“.  Il limite dei 30 km/h nelle città non viene vietato ma la direttiva fissa alcuni principi, criteri e limiti ben precisi. Così, la deroga sul limite dei 50 km/h sarà possibile solo su “strade o tratti di strada tassativamente individuati, laddove sussistano particolari condizioni che giustificano l’imposizione di limiti diversi“.

Secondo quanto affermato dallo stesso ministro l’intervento è stato necessario perché “Pensare di estendere i 30 all’ora, le Ztl, a interi luoghi cittadini non aiuta né la sicurezza né la decarbonizzazione. È semplicemente complicare la vita a gente che vuole lavorare. … Ben vengano le riduzioni di velocità e gli autovelox laddove c’è un motivo, ‘mal vengano’ gli autovelox che qualcuno mette per fare cassa sulla pelle degli automobilisti“.

verso le città dei 15minuti – Dopo la città ingorgo, la città immobile – ideologia ed ecologismo radicale – uno dei sacramenti di una assurda religione dell’apocalisse

Effettivamente diverse amministrazioni delle più grandi città italiane stavano adottando provvedimenti illiberali, quali l’ampiamento abnorme delle Zone a Traffico Limitato e di altrettanto enormi zone con limite di velocità a 30 kmh, mentre alcune dichiaravano di voler pervenire a realizzare zone che globalmente arrivino a realizzare la c.d. ‘città di 15 minuti’, dividendo di fatto il territorio in piccole enclave separate. È evidente che lo vorrebbero fare per rendere sempre meno agevole ai cittadini l‘uso di sistemi di trasporto privati, aumentandone limiti e costi e anche provvedendo e applicando sanzioni esagerate, che violano anche il principio di proporzionalità, fondato sull’art. 49, par. 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, ribadito da diverse direttive e dotato di effetto diretto nell’ordinamento degli Stati membri[i].

Non per caso, lo vorrebbero fare dopo che con l’esperienza naturata in relazione al Covid hanno accertato che i cittadini non reagiscono nemmeno quando viene loro impedito di seppellire i loro cari, vengono rinchiusi nelle loro abitazioni e impediti nelle loro attività di lavoro; lo vorrebbero fare poiché ritengono evidentemente di poter disporre ogni altra violazione e limitazione delle libertà che dovrebbero essere tutelate dalla Costituzione, contando forse sul fatto che le stesse libertà già non sono state riconosciute e men che mai tutelate da una Corte costituzionale che per questo alcuni considerano la peggiore finora esistita in Italia, tale da legittimare i dubbi circa l’istituto stesso già sollevati fin da Vittorio Emanuele Orlando.

Lo vorrebbero fare, e lo stanno facendo, infatti, limitando sempre più la libertà di circolazione, una delle libertà principali riconosciute e garantite dalla nostra Costituzione, in particolare all’art. 16[ii], e dalle norme fondamentali dell’Unione europea[iii].

Lo stanno facendo su singoli ambiti territoriali relativamente piccoli (ma grandi a Roma), cercando però di estendersi in quelli e di divenire modello per tutte le città, nell’insieme, quindi, l’intero paese, e creando al contempo limiti specifici a tipi di veicoli, che riguardano però in questo momento la stragrande maggioranza dei sistemi di trasporto privato adottati dai cittadini, soprattutto dei meno ricchi.

Di fatto reiterano trasgressioni dei diritti di libertà, ciascuna non meno grave perché in realtà viene progressivamente così attuata la violazione totale, in un disegno globale.

Così lo ha fatto per primo il sindaco di Milano, eletto solo col voto del 24,1% degli aventi diritto al voto, che ha già inventato la città-ingorgo, creando un grande numero di piste ciclabili idonee a costruire un ostacolo per chi si sposta nella città per lavoro; egli ed alcuni altri sindaci del Pd, tra i quali quello di Bologna e quello di Roma, avrebbero ora voluto disporre che in ampie parti delle loro città si potesse viaggiare solo ad una velocità massima di 30 chilometri all’ora. Il Sindaco di Bologna ha seguito e ribadito questa posizione, affermando che la Città 30 è una misura necessaria per migliorare la sicurezza stradale e ridurre l’inquinamento, mentre naturalmente non è vero. Il Sindaco di Roma, eletto solo col voto del 24,49% degli aventi diritto ai voti, che amministra il più grande comune d’Italia (grande quanto altre nove grandi città italiane, che, con i suoi 129.000 ettari, amministra un territorio grande come quello di Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari, Catania e Palermo messi insieme) con la capitale, nella quale vi sono solo tre linee metropolitane per 75 stazioni in 60 chilometri, spesso in parte non ben funzionanti, dopo aver deliberato la ZTL più grande del mondo, più grande di quella di Londra (che dispone di 11 linee metropolitane, con 272 stazioni, che coprono 408 chilometri), nel 2023 ha dichiarato l’intenzione di far arrivare gradualmente al 70% delle strade romane con il limite a 30 all’ora. Lo fa con la stessa serietà e credibilità con la quale da ministro dichiarava, in maniera parimenti del tutto irrazionale e contraria alla scienza, che «Noi sappiamo che se non riduciamo le emissioni e non le portiamo a zero, quelle nette, al 2050, noi rischiamo l’estinzione della vita sulla Terra [iv], e con la quale ora dispone ordinanze di divieto della circolazione veicolare privata nella ‘Fascia verde’ anche per più giorni, pur se non vi è il superamento dei valori limite per le concentrazioni di inquinanti atmosferici ma, per lui e i suoi, ‘il rischio’ che ciò accada[v]. Di fatto persegue così anche quel suo progetto della c.d. “Città dei 15 minuti”, un concetto urbano residenziale in cui la maggior parte delle necessità quotidiane dei residenti può essere soddisfatta spostandosi a piedi o in bicicletta direttamente dalle proprie abitazioni, che mira a creare complessi, quartieri, in realtà ‘compound’ completi, tra i quali non intervengano diffusione o fusione di micro-comunità; progetto che nel 2021 aveva inserito tra gli obiettivi strategici del suo programma come sindaco. Lo fa senza temere di stravolgere una città che ha oltre 2500 anni, unicum sociale prima ed oltre che storico ed artistico, finora cresciuta con l’insieme dei cittadini, senza fratture territoriali interne.

Lo fa mentre attualmente in tutta Italia i chilometri di strade in cui si impedisce di superare i 30 all’ora si stimano in circa2.700, e quando l’insieme delle strade del Comune di Roma (che, va ribadito, ha solo 3 linee metropolitane in esercizio, per 60 km) ha una lunghezza di circa 5.500 chilometri. Se si attuerà il suo progetto potranno quindi essere 3.850 km quelli nei quali si applicherà il divieto di superate i 30 all’ora, il 30% in più di quelli di tutto il resto d’Italia.

Noterò altrove più analiticamente come e perché questi provvedimenti comunali sono contrari alle norme vigenti, ai principi di libertà e responsabilità individuale, e privi di ogni ragionevole bilanciamento tra diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, perché quindi sia bene che sia stata emanata la direttiva ministeriale che giustamente tende a riportare la situazione nell’ambito della legge e dei principi costituzionali.

Qui invece, facendo particolare riferimento al caso più evidente, che si determina a Roma, cerco di esprimere per quali motivi gli stessi provvedimenti sono totalmente privi di qualsiasi razionalità, di base scientifica, e sono invece ideologici, viziati di un ecologismo radicale dannosissimo per la società e per l’economia, di eccesso di regolamentazione che viola il principio di libertà e produce anomia, infine che sono espressione delle dannosissime sciocchezze, irrazionali e contrarie a scienza, basate sulla demonizzazione assurda della CO2, sul credenze antiscentifiche ridicole quali l’ecological footprint eil Man-Made Climate Change.

Perché la città a 30 kmh è un’idea assurda, dannosa, ideologica

La velocità media del traffico nel centro di Roma nell’anno scorso è stata di circa 20 km/h, la velocità di un maratoneta di medio livello. Perché, allora, è assurdo, dannoso e soltanto ideologico proprio particolarmente in questa città prevedere di diminuire il limite di velocità veicolare da 50 km all’ora a 30 all’ora?

La prima immediata risposta è che la attuale velocità di 20 kmh in realtà non riguarda molte delle strade e dei luoghi di Roma, in particolare quelli semi periferici, cui invece si vorrebbe applicare il limite, dal momento che lo si vorrebbe applicare al 75% delle strade di Roma. Strade e luoghi nei quali limitare la velocità a 30 all’ora creerebbe soltanto ostacoli e rischi. Luoghi nei quali finora si può arrivare fino a 50 all’ora in modo che si forma la media indicata, cosicché ridurre la velocità anche in questi comporterebbe una ulteriore diminuzione della velocità media che probabilmente non sarebbe sbagliato valutare tra i 5 e i 10 km ora. Se finora vi è un limite di legge a 50 all’ora, peraltro reso più alto fino a 70 kmh in alcuni strade che hanno caratteristiche particolari previste per legge, è evidente che se la si fa scendere praticamente in tutta la città diminuirà la velocità media effettiva; poiché in una buona parte della città comunque la velocità è già inferiore, la velocità media globale non diminuirà di tutti i 20 km/h riguardanti la diminuzione generale, ma lo farà probabilmente di circa 10 km/h medi. Cosicché, la circolazione nella città, già ormai sgradevole per la sua lentezza, soprattutto per chi lavori e possa avere fretta, diverrebbe insopportabile.

Le statistiche negative. L’aumento di morti a Parigi

Le statistiche finora attuate in relazione alle zone nelle quali sono già stati apposti i limiti a 30 kmh peraltro non hanno dato risultati tali da giustificare questa ennesima limitazione di libertà.

Così, una ricerca effettuata dal giornale Le Parisien in relazione alle ‘zone 30’ di Parigi, su basi e dati ufficiali, mostra che, mentre sono diminuiti gli incidenti di scarsa rilevanza, i morti sembra addirittura aumentati del 38%. Si ritiene che ciò si possa spiegare con la diminuzione di attenzione nei guidatori e in ciclisti e pedoni, questi probabilmente ingannati anche dai comportamenti diversi che si applicano nelle molte strade a velocità limitata rispetto a quelli che si verificano in quelle che tali non sono. La percezione di falsa sicurezza causa infatti disattenzione, che è una delle prime cause di incidenti. Se in una strada in cui si può tranquillamente andare ai 70 km/h si pone il limite dei 30 km/h, forse controllato con autovelox, esso potrà venir rispettato, ma sarà come andare “a passo d’uomo” per chi sta guidando, che spesso si sentirà autorizzato a parlare al telefono, o a guardare l’infotainment dell’auto o il panorama, se non a girarsi a parlare con gli altri occupanti, nell’errata presunzione che non possa accadere nulla di pericoloso. Lo stesso potrà accadere a pedoni e ciclisti.

Forse per questo anche gli altri incidenti non sembra diminuiscano in modo definitivo. Secondo una ricerca effettuata su dati ufficiali del Department for Transport (DfT) dal 2015 al 2018 vi sarebbe stato un aumento di incidenti nelle zone a 20 miglia per ora del 140%. Si potrebbe pensare che la diminuzione iniziale sia dovuta al mantenimento iniziale delle abitudini e attenzioni già maturati in precedenza e che ciò diminuisca in relazione alla durata di mantenimento della diminuzione della velocità,

A 30 kmh si producono più emissioni nocive che a 50 kmh Per le vetture a benzina, il minimo delle emissioni si registra attorno ai 50 km/h, mentre per i Diesel intorno ai 70 km/h.-

Questi provvedimenti appaiono inutili ed anzi dannosi, poi, perché determinano addirittura l’aumento e insieme la minore dispersione delle emissioni.

L’Istituto dei Motori del CNR ha effettuato diverse ricerche sulle emissioni dei veicoli a diverse velocità, in particolare a 30 km/h e a 50 km/h, che sono i limiti più comuni nelle aree urbane. Per le vetture a benzina, il minimo delle emissioni si registra attorno ai 50 km/h, mentre per i Diesel intorno ai 70 km/h

Questo era già stato rilevato in Francia nel 2021 dal Cerema, ente pubblico di ricerca posto sotto la supervisione del Ministero della Transizione Ecologica.

Già solo per questo la riduzione obbligatoria di velocità comporta un aumento, e non quella diminuzione di emissioni che pure si racconta essere il motivo principale per l’adozione di queste provvedimenti.

L’aumento di emissioni in relazione ai maggiori tempi alla velocità e gli spazi percorsi

È ovvio, poi, che se le auto rimarranno col motore acceso per molto più tempo, peraltro quasi senza muoversi e con un minimo raffreddamento dovuto dalla velocità, le emissioni aumenteranno non solo per la minore efficienza del regime di rotazione dei motori, ma anche per il maggior periodo di accensione, dal momento che il tempo di viaggio è, ovviamente, un altro fattore che influenza la quantità delle emissioni inquinanti dei veicoli. Secondo il Rapporto Mobilità 2019 di Roma Mobilità, nel 2018 la distanza media percorsa in auto dai residenti era di 8,6 km, mentre quella dei pendolari era di 19,1 km4. Globalmente le distanze percorse sarebbero di 23.095.607,2 km. Considerando una velocità media di 20 km/h ciò comporta 1.254.789,36 ore di produzione di emissioni Una diminuzione di velocità, anche solo di 5 kmh (e non dei 10 che si calcolerebbe applicando le medie attuali alle nuovi limiti) comporterebbe anche solo per questo un incremento delle emissioni di circa un quarto.

La non dispersione delle emissioni a velocità bassa in ambito umano compatto

Se le auto andranno più piano le emissioni si solleveranno meno verso l’alto e non si disperderanno rapidamente, saranno esalate e permarranno in un contesto veicolare meno rarefatto, in un’aria meno smossa, in modo che guidatori e passeggeri quasi non si allontaneranno dal punto di produzione; esse saranno quindi respirate da chi si troverà praticamente fermo esattamente dove esse vengano prodotte.

PM 10

Anche il PM10, il biossido di azoto, fa parte di quelle emissioni che, come già rilevato, la diminuzione della velocità rispetto ai 50 kmh fa semmai aumentare.

Vale la pena, comunque, di rilevare l’esagerazione del rischio ad esso attribuito attuata per creare timori e ordinare blocchi del traffico nella città, che a loro volta consolidano i timori dei cittadini. Secondo quanto generalmente noto il biossido di azoto è un inquinante atmosferico che ha un odore pungente e può provocare irritazione oculare, nasale o a carico della gola e tosse, che può avere effetti negativi sulla salute umana e sull’ambiente qualora superi di molto i valori di riferimento, prudenzialmente individuati a livello nazionale: alterazioni della funzionalità respiratoria si possono verificare in soggetti sensibili, quali bambini, persone asmatiche o affette da bronchite cronica. Una sintomatologia precoce a carico delle prime vie aeree in soggetti con patologia polmonare può manifestarsi a partire da concentrazioni pari a 0,2 mg/m3, essendo il rapporto tra mg e µg di 1000 a 1, quindi, pari a 200 µg/m3

Il valore limite medio annuale previsto dalle norme per il PM10 è di 40 µg/m³, mentre il valore limite giornaliero è di 50 µg/m³ da non superare per più di 35 volte in un anno. Secondo i dati ufficiali forniti dal Sistema nazionale protezione ambiente, nel 2022 il valore limite annuale è stato rispettato in tutte le stazioni di monitoraggio del territorio italiano, con una media nazionale di 19 µg/m³1. Questo dato conferma la tendenza dei precedenti cinque anni, in cui si è verificato il sostanziale rispetto di tale limite su tutto il territorio nazionale.

Per quanto riguarda Roma, la media annua di PM10 nel 2022 è stata di 28 µg/m³, inferiore al valore limite.

Non vi è quindi un rischio immediato e grave che legittimi interventi radicali.

Sui tempi e sulla lunghezza delle frenate

Alcuni sostenitori dei 30 kmh propongono dati e valutazioni sbagliati anche circa un dato fondamentale nella guida e per la sicurezza di questa: ridurre da 50 a 30 km all’ora la velocità sarebbe fondamentale perché diminuirebbe in maniera enorme ed utilissima lo spazio di frenata di emergenza, che essi calcolano, presumendo strada asciutta e pneumatici in buono stato, utilizzando la funziona velocità/10 X velocità/10 = m; cosicché, ad es.: a 50 kmh, 25 m; a 30 kmh, 9 m.

Dimenticano innanzitutto che, come si insegna anche nei corsi base di guida, esistono due tipi di frenata, quella normale e l’arresto di emergenza, e che in quest’ultima naturalmente si preme il pedale con molta forza, aumentando così la potenza di frenatura e riducendone lo spazio; così che in quel caso per  calcolare lo spazio di frenatura di emergenza nelle stesse condizione generalmente (ignorando prudenzialmente le possibilità massime date oggi dai sistemi più avanzati di frenata) si divide la prima per due; cosicché il tempo di frenata normalmente considerato per un’auto che viaggi a 50 chilometri allora si riduce a 12,5 m , quello per un’auto che viaggia a 30 km all’ora a 4,5 m. Ma perché vi sia una diminuzione così radicale della frenata, dello spazio di arresto, si deve avere una immediata reazione e una minima stabilizzazione della frenata, possibili anche tramite i sistemi rammentati; cosicché, se è presumibile che 25 m possano divenire prossimi a 12,5, ben più difficilmente sembra che i 9 m previsti per la velocità di 30 kmh possano ridursi a 4 metri e mezzo. [vi]

In ogni caso appare evidente come la velocità di 50 km all’ora e la spazio di frenata correlato, ritenuti adeguati per le strade di città già nel 1959, in una situazione nella quale le auto, le gomme, i sistemi di frenata, gli asfalti stessi erano completamente diversi e enormemente meno sicuri, oggi danno una tranquillità e protezione maggiore di alcune decine, se non centinaia, di volte[vii]; ed infatti , nonostante il continuo aumento del traffico stradale italiano, gli incidenti gravi dal 2001 al 2022 sono più che dimezzati, in particolare il numero di morti è passato da circa 7000 a circa 3000, senza che si sia dovuto immobilizzare la città[viii].

‘sentire gli uccellini’

Il sindaco di Bologna, in un momento di lirismo, pare infine abbia parlato della bellezza di “tornare a sentire gli uccellini”. Per quanto noto, e già notato in un bell’articolo di Guido da Londriano[ix], il calo delle emissioni sonore passando dal limite dei 50 km/h ai 30 km/h è pari a 3 db.  Una conversazione emette 60 db, il traffico normale è pari a 85 db. Non si sentono gli uccellini, con il limite dei 30 km/h, li si può immaginare e sentire semmai un bel pezzo di musica che li ricordi, come Il canto del rosignolo, di Stravinski, o il Flauto magico.

Il sindaco, anche se non lo merita, se l’auto e lo stereo sono buoni li può sentire bene anche in autostrada, a 130 kmh.

Velocità media a 10 kmh – Un grave danno economico diretto

Un altro motivo importante di critica riguarda il gravissimo danno economico che così si determina. Come si sa, la velocità di trasporto è un fattore molto importante per l’economia, perché influisce sulla produttività, sulla competitività, sulla distribuzione e sul consumo di beni e servizi. In generale, maggiore è la velocità di trasporto, maggiore è l’efficienza economica, perché si riducono i tempi, e quindi i costi, di trasferimento, si aumenta la domanda e l’offerta, si favorisce la specializzazione e il commercio, si amplia il mercato potenziale. Come la velocità aumenta, aumenta quindi la ricchezza e il benessere sociale; è per questo che ogni soggetto ed ente pubblico dovrebbe preoccuparsi semmai ad aumentarla.

Mentre diminuirla oltre l’indispensabile causa un grave danno all’economia.

Uno studio che ha cercato di valutare l’impatto economico della riduzione della velocità veicolare condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, che ha analizzato il caso della città di Milano, che ha circa 1,4 milioni di abitanti, ha stimato che la riduzione della velocità da 50 km/h a 30 km/h nelle aree urbane di Milano avrebbe portato a una diminuzione del prodotto interno lordo (PIL) annuale della città di circa lo 0,2% nel breve periodo (370 milioni ca.) e dello 0,4% (740 milioni ca.) nel lungo periodo. Mentre il calcolo mi sembra ottimistico, pare comunque che i danni si prolunghino nel tempo aumentando, e che il danno possa essere ancora maggiore, in misura percentuale, in una città meno economicamente ricca e più grande, come Roma, e si proietti soprattutto nelle zone in cui la limitazione si determina direttamente, a partire dal centro modificando così anche la struttura economico sociale della città, alterandone caratteri finora consolidat.

L’eccesso di regolamentazione – la violazione del principio di libertà – l’abuso di leggi che produce anomia

Anche a questo proposito, come in molti altri casi, sarebbe indispensabile peraltro prima ancora aprire un serio dibattito sul tema delle leggi e della libertà, su come ormai, quantomeno nel sistema italiano, ma in realtà in quasi tutto il c.d. sistema occidentale, si stiano ormai regolando tutti i più minimi dettagli della vita dell’uomo, sottraendogli ogni minimo spazio di autonomia, di libertà e di responsabilità individuali, e come lo si sta facendo con piccoli ma continui passi, sempre più ponendo limiti sempre più stretti. Un passaggio continuo, riguardante quasi ogni attività che a suo tempo era ambito di libertà, piccolo o grande, attuato creando in maniera negativa quell’iter che viene definito finestra di Overton, passando da una ipotesi di limitazione che inizialmente è inconcepibile (unthinkable), poi estrema (radical), poi accettabile (acceptable), quindi ragionevole (sensible), diffusa (popular), infine legalizzata (policy). Un iter che deve spaventare, anche perché si verifica ormai in troppi casi nei quali si determina una limitazione di libertà. Un iter che, come nel caso della rana bollita, attribuito a Chomsky, tende anche a farci reagire solo dopo che la limitazione dei diritti è accaduta e noi non riusciamo più a impedirla, e nemmeno ad impedire che accada ed aumenti ancora.

Nel nostro paese negli ultimi anni troppe regole, quasi sempre troppo vincolanti, sono rese oggetto di una enorme produzione legislativa, che aumenta costantemente ed è sempre più caratterizzata da inarrestabilità e inflessibilità. Norme internazionali, europee, statali, regionali, tante norme e così connesse, intrecciate, che è sempre più difficile capire chi ha il potere di imporle, infine, come notava Cassese, chi ‘governa il mondo’[x], e ancor prima chi impone ciò che il singolo cittadino deve, o almeno può, fare nello specifico territorio, chi veramente può decidere su di esso, sulla sua vita. Una  proliferazione normativa posta nel segno della severità, espressione dell’idea che il diritto debba proprio regolamentare ogni aspetto delle nostre vite e prevedere sanzioni sempre più dure per le violazioni; cosicché troppo spesso vengono emanate sanzioni che superano il principio di proporzionalità del trattamento sanzionatorio, principio cardine le cui fonti sono sia interne (artt. 3 e 27 Cost.), sia europee, che nell’ordinamento europeo è stabilito da singole direttive e a livello generale fondato sull’art. 49, paragrafo 3, della Carta; principio che peraltro è dotato di effetto diretto nell’ordinamento degli Stati membri (Grande Sezione della Corte di giustizia (NE), in causa C-205/20, depositata il 8 marzo 2022).

Un fenomeno enorme e grave, in cui l’eccesso di regolamentazione diventa altrettanto problematica quanto l’assenza di norme, che, provocando un avvicinamento a una sorta di anomia, indebolisce la stessa esistenza, forza e legittimità del diritto; così che la «verbosa esteriorità della legge» si sta sostituendo alla «silenziosa sacralità del diritto» e L’eccesso di norme e parole … indebolisce la forza del diritto[xi]. Un fenomeno che facendo perdere il significato stesso, e l’importanza, della legge, che fa sì che Corruptissima re publica plurimae leges[xii], che la Repubblica, lo Stato, sia corrotto dalle troppe leggi.

Le dannosissime sciocchezze, irrazionali e contrarie a scienza: la demonizzazione della CO2, l’ecological footprint, il Man-Made Climate Change

Come accade ormai sempre più spesso, anche in questi casi, vi è chi, avendo compresa la forza politica e di comunicazione della paura, diffonde terrori immaginari, urlando di una scienza che scienza non è, ma ideologia e propaganda; lo fa diffondendo paure enormemente aumentate per imporre soluzioni che tali non sono, comportamenti illiberali, inutili, dannosi, che rendono difficile la vita dei cittadini; lo fa per seguire il suo ecologismo radicale errato, contrario alla scienza, che è in realtà  un culto insensato e sinistro, e per acquisire o mantenere con questo il potere. Predica così un culto in ampia parte fondato sui resti di un pensiero malthusiano già decrepito nel 1798, sui principi e dati fasulli del Club di Roma (per i quali le energie fossili dovrebbero già essere finite), sulla demonizzazione della CO2, fonte di vita, sullo pseudo concetto di impronta ecologica, di ecological footprint, una mera narrazione priva di senso, fatta su calcoli che ignorano l’attuale stato delle scienze, della produzione e l’uso dell’energia e dell’agricoltura, che “misconosce tutte le acquisizioni del progresso tecnico[xiii],  e sulla assurda ipotesi che il clima non sia oggetto di forze solare e geologiche immense, in tutti i sensi universali, ma dal comportamento dell’uomo, quando invece il Man-Made Climate Change Does not Exist![xiv].

Un culto che è fatto di una serie di tristi falsi mantra che formano, più che una teoria, un racconto antiscientifico, come da tempo denunciato reiteratamente da più premi Nobel, grandi scienziati e studiosi[xv]; una triste, cupa religione[xvi] di un catastrofismo infantile[xvii] del quale non per caso è stato, ed in parte è ancora, santocchia l’adolescente Greta Thumberg[xviii], che per troppi è una fede[xix]; una fede basata e sviluppata su ragioni che non mirano, e non portano, alla finalità dichiarata, ragioni fatte in realtà di potenti interessi finanziari, di desideri di status e potere; una fede seguita anche, e soprattutto, da ingenui incolti spinti da un malinteso, deviato desiderio di trascendenza[xx]. Una triste religione, rigettata dai pensanti, prima di tutto dai governanti degli stati più importanti: dalla Cina, che la ritiene gestita da forze straniere che vogliono danneggiare lo sviluppo economico cinese e ha arrestato la unica cinese che voleva rappresentarla; da molti politici e media indiani, che la considerano semplicemente un sistema per interferire negli affari interni dell’India; dal presidente della Russia Putin, che ritiene essa voglia non consentire ai paesi in corso di sviluppo di raggiungere la stessa ricchezza già raggiunto nei paesi occidentali (e indica specificamente la Svezia di Greta); dall’allora presidente degli USA Trump, per il quale Greta ha la serietà scientifica delle antiche chiromanti pazze, ed è da tener lontana, perché per abbracciare le possibilità di domani, dobbiamo respingere i perenni profeti di sventura e le loro predizioni dell’apocalisse, lontani dalla realtà[xxi].

Questa triste religione però, purtroppo, da parte di una consistente parte delle élite che governano l’Europa, è il tentativo di dare un “supplemento d’anima”, per dirla con Bergson, o una “anima” vera e propria, al progetto di unificazione[xxii], mentre, ancor peggio, al contempo è forse anche ormai un tentativo di recuperare significato e consenso da parte della stessa chiesa cattolica, che pare accettare per questo anche il rischio che vengano sottovalutati, se non scordati, elementi fondamentali della dottrina cattolica.

Dobbiamo rigettare dunque anche questi provvedimenti, le ZTL mostruose, la immobile città dei 30 kmh, come la città dei 15 minuti che divide, anche per liberare noi ed altri da questa che non è religione, ma un rozzo insieme di incolte fanatiche superstizioni, e per cacciare le loro cupe non vere credenze


[i] La Grande Sezione della Corte di giustizia (NE, in causa C-205/20) depositata il 8 marzo 2022 ha affermato il principio secondo cui il criterio di proporzionalità della sanzione  è dotato di effetto diretto nell’ordinamento degli Stati membri.

[ii] Art. 16 della Costituzione: Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche

[iii] Articolo 3, paragrafo 2, del trattato sull’Unione europea; articolo 21 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE); titoli IV e V TFUE; articolo 45 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

[iv] Nella trasmissione Mezz’ora in più su Rai3, il 29 settembre 2019.

[v] https://www.comune.roma.it/web/it/informazione-di-servizio.page?contentId=IDS1143582

[vi] Se si adoperasse invece altra formula sovente applicata quale S= v^/152 si avrebbero rispettivamente per la velocità di 50 km all’ora 16,44 metri, per la velocità di 30 km all’ora 5,9 m. La formula S = v^2/152 è una formula approssimata per calcolare lo spazio di frenatura di un veicolo in metri, dove v è la velocità in km/h. Questa formula si basa sul principio fisico che lo spazio di frenatura è proporzionale al quadrato della velocità e inversamente proporzionale alla decelerazione e al coefficiente di attrito tra le ruote e la strada. La formula tiene conto di una decelerazione media di 9,8 m/s^2 (l’accelerazione di gravità terrestre) e di un coefficiente di attrito medio di 0,8 (per una strada asciutta e ruvida)1. Questi valori possono variare in base alle condizioni reali del veicolo, della strada e del conducente

[vii] Da allora le auto sono diventate altre, enormemente  più sicure per i guidatori, per i passeggeri e per gli altri,  grazie a diversi fattori, tra i quali riguardano più direttamente, per pedoni e ciclisti: l’inserimento dei vetri di sicurezza, che evitano la frammentazione e la proiezione di schegge in caso di rottura, proteggendo gli occupanti, eventuali investiti e soccorritori; lo sviluppo delle gomme, il miglioramento dei disegni e l’aumento delle sezioni di queste, che influenzano la tenuta di strada e la frenata; lo studio e l’elaborazione di sospensioni e ammortizzatori, che assorbono le irregolarità del terreno, mantengono il contatto tra le ruote e la strada, e contribuiscono alla stabilità e al comfort del veicolo e alla frenata; l’adozione dei sistemi di frenatura avanzati, di freni a disco, anche multidisco, e di pinze e di pasticche migliori, che aumentano l’efficienza e l’affidabilità dei freni, migliorando la frenata; la creazione e l’inserimento di sistemi anti bloccaggio (ABS), che evitano il bloccaggio delle ruote in frenata, mantenendo il controllo dello sterzo e riducendo la distanza di arresto; l’evoluzione dell’ABS, che ha integrato altre funzioni come il ripartitore elettronico di frenata (EBD), che regola la pressione dei freni tra le ruote anteriori e posteriori, e il sistema di assistenza alla frenata di emergenza (BAS), che rileva la rapidità della frenata e ne aumenta la potenza (anni ’90); la diffusione dei sensori e delle telecamere, che hanno ampliato la percezione e la visione del conducente, segnalando ostacoli, distanze, angoli ciechi, limiti di velocità e altre informazioni utili alla guida (anni 2000); la creazione dei sistemi di assistenza alla guida, che hanno integrato i sensori e le telecamere con l’intelligenza artificiale, offrendo mantenimento della corsia, regolazione della velocità, soprattutto funzioni di frenata automatica (anni 2010).

[viii] ISTAT, Interventi in materia di sicurezza stradale e delega per la revisione del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) 22 novembre 2023, https://documenti.camera.it/leg19/documentiAcquisiti/COM09/Audizioni/leg19.com09.Audizioni.Memoria.PUBBLICO.ideGes.24478.23-11-2023-15-54-02.831.pdf

[ix] https://scenarieconomici.it/limite-dei-30-km-h-un-breve-ragionamento-e-qualche-dato/

[x] Sabino Cassese, Chi governa il mondo, Il Mulino, 2013, così nella presentazione dell’editore: Gli Stati sono ancora i protagonisti della scena mondiale? Oppure sono ormai sostituiti dalle migliaia di organizzazioni internazionali nate negli ultimi anni? Se gli Stati si indeboliscono, cosa accade alla democrazia che in essi si è sviluppata? Qual è la sorte del diritto, che siamo abituati a ricondurre all’idea di Stato-nazione? L’autore cerca, per queste domande, risposte che tengano conto dell’odierna fase di passaggio, in cui l’erosione della sovranità si accompagna con il controllo degli Stati sui regimi regolatori ultrastatali, l’affermazione di standard globali con il potere ultimo di applicarli rimasto nelle mani dei governi nazionali, lo sviluppo di norme e procedure internazionali con il crescente ruolo delle amministrazioni statali e del loro diritto.

[xi] Niccolò Nisivoccia, L’eccesso di norme e parole che indebolisce la forza del diritto – Il Sole 24 ORE, 3 giugno 2021

[xii] Tacito, Annales, Libro III, 27)

[xiii] Piers Corbyn, Man-Made Climate Change Does not Exist! https://readingunidebating.wordpress.com/

[xx] Sylvie Brunel, docente alla Sorbona, in Développement durable, ha messo in discussione il concetto stesso di impronta ecologica, chiarendo come il calcolo che ne è alla base”misconosce tutte le acquisizioni del progresso tecnico, riposa su delle basi altamente discutibili, la cui caratteristica è di penalizzare sistematicamente tutte le attività legate alla modernità“. Inoltre, “quando un dato non entra nel suo sistema di calcolo, l’impronta ecologica non ne tiene conto, molto semplicemente. Pensiamo all’energia nucleare: impossibile calcolare il numero di ettari bioriproduttivi necessari per compensare l’energia nucleare. Dunque non se ne tiene conto!“. V. anche i suoi successivi “Toutes ces idées qui nous gâchent la vie. Alimentation, climat, santé, progrès, écologie…“, e “Et si l’empreinte écologique était complètement bidon…

In Does the shoe fit? Real versus imagined ecological footprints Linus Blomqvist , Barry W. Brook, Erle C. Ellis, Peter M. Kareiva, Ted Nordhaus e Michael Shellenberger, lo qualificano: L’impronta ecologica ha tanto valore scientifico quanto l’astrologia, la frenologia e le teorie della terra piatta. È tempo di trattare l’impronta ecologica come la teoria pseudoscientifica che è.

[xiv] Piers Corbyn, https://readingunidebating.wordpress.com/

[xv] Già da Ivar Giaever, Nobel per la Fisica nel 1973, che si è dimesso dall’American Physical Society per la sua eterodossia: “Va bene discutere se la massa del protone cambia nel tempo ma le prove del riscaldamento globale sarebbero incontrovertibili? E’ una nuova religione”, e che dichiara: “A mio parere, non esiste una vera crisi climatica. C’è, tuttavia, un problema molto reale nel fornire uno standard di vita dignitoso alla numerosa popolazione mondiale e una crisi energetica associata. Quest’ultimo viene inutilmente esacerbato da quella che, a mio avviso, è una scienza del clima errata. … La narrativa popolare sul cambiamento climatico riflette una pericolosa corruzione della scienza che minaccia l’economia mondiale e il benessere di miliardi di persone. La fuorviante scienza del clima si è trasformata in una massiccia pseudoscienza giornalistica scioccante. A sua volta, la pseudoscienza è diventata un capro espiatorio per un’ampia varietà di altri mali non correlati”. Da John Clauser, premio Nobel per la Fisica 2022: <<I fatti sono che negli ultimi 100 anni abbiamo misurato le temperature e queste sono salite di 0,8°C mentre tutto è migliorato nel mondo. Come possono dire che stiamo peggiorando la situazione se non abbiamo prove? Viviamo più a lungo, con una salute migliore, è praticamente migliorato tutto. Direi che il riscaldamento globale è fondamentalmente un non-problema. Basta lasciarlo fare da solo e si prenderà cura di sé. … Diventa difficile per me capire il motivo per cui quasi tutti i governi in Europa, ad eccezione del governo polacco, sono preoccupati per il riscaldamento globale. Questa è soltanto una questione politica. …Finora abbiamo lasciato un mondo più in forma rispetto a quando siamo arrivati, e questo continueremo a farlo con una sola eccezione, dobbiamo smettere con gli enormi sprechi, con questo voglio dire che enormi quantità di denaro sono sprecati per la questione del riscaldamento globale. Dobbiamo farlo, altrimenti faremo un passo indietro. La gente pensa che sia sostenibile, ma non lo è.>> Dal padre della elettrodinamica quantistica, Freeman Dyson, che lamentò che “Se non sei d’accordo con l’opinione della maggioranza sul riscaldamento globale, sei un nemico della scienza.  … Esiste una religione laica in tutto il mondo che possiamo chiamare ambientalismo”, che denunciò anche come sia stato (e come è) “irresponsabile manipolare l’opinione pubblica e attizzare il timore di un’imminente catastrofe climatica tra la popolazione”. In un appello alla ragione di cinquecento scienziati, inclusi sessantadue premi Nobel (tra i quali Manfred Eigen, Jean-Marie Lehn e Christian B. Anfinsen, tutti Nobel per la Chimica, Philip Anderson, Nobel per la Fisica, i Nobel per la Medicina Julius Axelrod, Baruj Benacerraf e Rita Levi Montalcini, Nobel 1986) già nel 1992. Ne la ’European Climate Declaration’  inviata all’Onu, firmata finora da più di 1600 scienziati, tra cui altri premi Nobel, e uomini di cultura: “There is no climate emergency. Climate science should be less political, while climate policies should be more scientific. Scientists should openly address uncertainties and exaggerations in their predictions of global warming, while politicians should dispassionately count the real costs as well as the imagined benefits of their policy measures (https://clintel.org/wp-content/uploads/2023/02/WCD-version-02182311035.pdf). Da Antonio Zichichi: “L’inquinamento esiste, è dannoso, e chiama in causa l’operato dell’uomo. Ma attribuire alla responsabilità umana il surriscaldamento globale è un’enormità senza alcun fondamento: puro inquinamento culturale. L’azione dell’uomo incide sul clima per non più del dieci per cento. Al novanta per cento, il cambiamento climatico è governato da fenomeni naturali dei quali, ad oggi, gli scienziati non conoscono e non possono conoscere le possibili evoluzioni future. Ma io sono ottimista. In nome di quale ragione si pretende di descrivere i futuri scenari della Terra e le terapie per salvarla, se ancora i meccanismi che sorreggono il motore climatico sono inconoscibili? Divinazioni ! Perché molti scienziati concordano sul riscaldamento globale dovuto all’attività umana? Perché hanno costruito modelli matematici buoni alla bisogna. Ricorrono a troppi parametri liberi, arbitrari. Alterano i calcoli con delle supposizioni per fare in modo che i risultati diano loro ragione. Ma il metodo scientifico è un’altra cosa”. Il Mattino”, 2017. Da altri premi Nobel, come Kary Banks Mullis, premio per la chimica del 1993, che affermava che le teorie sul cambiamento climatico sarebbero state promulgate come una forma di racket da parte di ambientalisti, agenzie governative e scienziati che tentano di preservare le loro carriere e guadagnare denaro, che la climatologia sarebbe ‘a joke’ (V. Conferenza <<Climatology is ‘a joke>> https://www.youtube.com/watch?v=Y1FnWFlDvxE). Da Carlo Rubbia, Nobel per la fisica 1984, Bakerian Medal and Lecture – Royal Society, Global Energy Prize for Conventional Energy, Dirac Medal, che, rilevata la naturale variabilità del clima, della temperatura, propone il cambiamento del sistema energetico con trasformazione del gas naturale senza CO2. www.youtube.com/watch?v=THSeL2QkvYo

Poche voci della vera scienza affermano invece circa le questioni climatiche quanto è purtroppo ormai stato acriticamente accettato dalla politica, mentre, soprattutto, non sono mostrate prove scientifiche condivise che dimostrino che l’uso dei combustibili fossili determini un danno determinante all’ambiente mentre ancora da più parti, da altri studiosi ed accademici si sostiene che è documentato che non esiste alcuna correlazione tra l’aumento della anidride carbonica e le fasi climatiche registrate nello stesso intervallo di tempo dall’inizio del periodo industriale (1980) a oggi, che anzi si può così affermare che «La Natura, non l’attività dell’Uomo, governa il clima» (Singer et al. 2008). (Uberto Crescenti, Contributo delle scienze geologiche alla conoscenza delle variazioni climatiche del passato, in  AA.VV..  Dialoghi sul clima, a cura di Alberto Prestininzi, Rubbettino Editore. Edizione del Kindle, 2022).

[xvi]L’ambientalismo ideologico è una pseudo religione che provoca effetti negativi sulla natura stessa. Studi scientifici internazionali dimostrano che per ogni 100 chilowattora di energia verde è necessario immettere altri 100 chilowattora di energia fossile. Ed è per questo che a finanziare la cosiddetta energia pulita sono proprio i petrolieri. Hanno capito che la transizione ecologica farà aumentare la produzione dal fossile e dal nucleare. L’energia verde oggi non è affatto rinnovabile perché, la solare e l’eolica sono inquinanti. L’elettrico è costoso, i bonus statali sono soldi dei cittadini. Produrre batterie è un processo altamente inquinante e il loro smaltimento lo è ancor di più”. Roberto Vannacci “Il coraggio vince”, 2024

[xvii]L’ambiente è la nuova religione laica che s’innalza, almeno in Europa, sulle macerie di un mondo miscredente, una religione che a sua volta andrebbe sottoposta a critica, per stanare questa malattia infantile che la corrode e la scredita: il catastrofismo”, spiega Pascal Bruckner

[xviii] Fernando Savater, Corriere della Sera 23 settembre 2019, commento al discorso di Greta Thunberg all’ONU: «Greta è una santocchia. Non ha detto niente di nuovo, niente di intelligente, niente di utile. Ha solo fatto una scenata emotiva, che non serve a niente. È una bambina viziata che vuole imporre la sua visione del mondo agli altri. Non ha nessuna competenza scientifica, politica o morale. È solo una marionetta manipolata da interessi occulti. Non mi piace, non mi convince, non mi commuove».

[xix] “Non è solo Greta. Ci sono santoni, diavoli ed eretici, giorni sacri e tabù alimentari, torve profezie e un’idea di salvezza. L’ambientalismo ora ha tutto per funzionare come la fede del Terzo millennio”. Giulio Meotti, L’ecologismo, una religione occidentale, il foglio, 9 settembre 2019, ove cita Michael Crichton, L’ambientalismo è una religione 15 settembre 2003.

[xx]Cosa c’è davvero dietro l’ascesa dell’ambientalismo apocalittico? Ci sono potenti interessi finanziari. Ci sono desideri di status e potere. Ma soprattutto c’è un desiderio di trascendenza tra le persone presumibilmente laiche. Questo impulso spirituale può essere naturale e sano. Ma predicando la paura senza amore e la colpa senza redenzione, la nuova religione non riesce a soddisfare i nostri più profondi bisogni psicologici ed esistenziali.” In una presentazione di Michael Shellenberger, Apocalypse Never. Why Environmental Alarmism Hurts Us All.

[xxi] Word Economic Forum, Davos, 21 gennaio 2020: But to embrace the possibilities of tomorrow, we must reject the perennial prophets of doom and their predictions of the apocalypse. They are the heirs of yesterday’s foolish fortune-tellers — and I have them and you have them, and we all have them, and they want to see us do badly, but we don’t let that happen.

[xxii] Corrado Ocone, Ecologia, una nuova religione per l’Europa, ove conclude: Sarebbe interessante ripercorrere la storia del progetto europeo proprio in quest’ottica della “filosofia” di fondo che lo ha via via sostenuto, nelle varie sue evoluzioni e svolte. Qui ovviamente non si può che accennare al discorso, che ovviamente si colloca ad un livello che potremmo definire, con Norberto Bobbio (e quindi in senso avalutativo, almeno in prima istanza) “ideologico”. E che concerne le idee comuni, il modo di pensare, la cultura teorica e pratica, di politici, burocrati, ispiratori intellettuali, dell’europeismo.

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