Antonello Di Pinto e il viaggio dell’anima: Caravaggio. Il Portale per Arrivare a Dio tra i candidati al Premio Campiello

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Di Stefano Colucci 

Esistono uomini che attraversano la storia come meteore ardenti, incendiando il tempo con la loro inquietudine. Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, fu uno di questi: un errante, un dannato, un genio, un uomo assetato di assoluto. Nel suo romanzo Caravaggio. Il Portale per Arrivare a Dio, Antonello Di Pinto non si limita a raccontarne le gesta, ma ne risveglia lo spirito, ne percorre le ombre, facendoci affacciare su un abisso dove il peccato e la santità danzano in un eterno duello.

Ma Di Pinto non è solo un narratore: è lui stesso un esploratore dell’ignoto, capace di riportare alla luce ciò che il tempo aveva inghiottito. È stato lui a scoprire il Caravaggio di Madrid, un’opera che rischiava di rimanere nell’oblio e che oggi brilla nuovamente nel firmamento dell’arte. Un gesto che lo rende, a tutti gli effetti, un “supereroe” dell’arte, capace di strappare la bellezza dall’oscurità.

Ora, questo viaggio metafisico, questa immersione nella carne e nello spirito di un’anima dilaniata, è stato accolto tra i candidati al Premio Campiello, un segno che le storie destinate a durare sono quelle che scavano nel cuore dell’uomo, fino a raggiungere l’invisibile.

L’arte come varco verso l’infinito

Di Pinto non ci restituisce Caravaggio con i colori della nostalgia. Il suo Caravaggio è un uomo che lotta con Dio sulla tela, che scompone la luce come un alchimista, che dipinge come se la verità potesse essere intrappolata nel chiaroscuro, come se il pennello fosse una lama affilata destinata a combattere e squarciare l’oscurità.

Ogni pennellata è un grido. Il pittore non cerca la bellezza fine a sé stessa, ma la bellezza redenta dal dolore. Le sue madonne hanno il volto delle prostitute, i suoi santi portano le rughe della miseria, la sua luce nasce dalle profondità dell’ombra.

Eppure, in questa lotta con il destino, in questa ricerca ossessiva di qualcosa che si sottrae, si nasconde il vero mistero: può l’arte diventare un portale per arrivare a Dio?

Luce e ombra, peccato e redenzione

Di Pinto, con una scrittura che sembra cesellata dal vento e dalla pietra, dipinge un Caravaggio tormentato, diviso tra il bisogno di espiare e il furore di vivere. Un uomo che non si inginocchia davanti ai dogmi, ma che cerca Dio tra le macerie dell’esistenza, tra il sangue e il marmo delle chiese.

Il romanzo è un viaggio attraverso la sua psiche, un percorso iniziatico dove l’arte diventa un atto di fede e il peccato un’ombra necessaria per far brillare la luce.

L’amore, il dolore, la violenza, la solitudine: tutto si mescola in un vortice in cui il lettore si perde, risucchiato da una prosa che ha il sapore di un’epifania, di un sogno febbrile, di una visione caravaggesca.

Verso il Premio Campiello: un riconoscimento al genio e all’abisso

L’inserimento di Caravaggio. Il Portale per Arrivare a Dio tra i candidati al Premio Campiello non è solo un tributo a un romanzo, ma la conferma che la letteratura può ancora essere un ponte verso il mistero.

Come Caravaggio trasformò il buio in splendore, Antonello Di Pinto trasforma la parola in un’eco che risuona oltre il tempo, portandoci in un luogo dove l’arte e la fede si sfiorano in un istante di assoluta, struggente bellezza.

contributo esterno

1 commento

  1. Ringrazio Stefano Colucci per la passione con la quale ha scritto, l’amore per l’arte come linguaggio universale che unisce popoli e accorcia distanze temporali. Mai come oggi Caravaggio diventa contemporaneo, cosicchè il tempo diventa un fremito insignificante. Antonello Di Pinto

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