Nel borgo è presente l’unico museo in Italia dedicato al musicista Ruggero Leoncavallo, ove visse a cavallo dell’unità d’Italia
Di Anna Maria Ventura
Stiamo vivendo tempi di violenti guerre e assistendo impotenti e attoniti alla morte atroce di esseri umani falcidiati dalle bombe e alla violenza inaudita esercitata su donne e bambini inermi, al crollo di città, che riempiono di macerie la storia. Quella stessa storia che, dopo avere insanguinato di avvenimenti atroci il secolo scorso, sembrava destinata a narrare solo le magnifiche sorti di una umanità votata al progresso e di una civiltà evoluta, in grado di donare benessere e sicurezza ai popoli. Invece il fragore delle bombe ci riporta indietro e rinnova il pericolo di un nuovo conflitto mondiale.
Ed ecco farsi strada un bisogno quasi spasmodico, ma del tutto umano, di esorcizzare le immagini di morte, che ad ogni ora del giorno e della notte, i mass media ci propongono, con immagini di bellezza viva e reale. Non per crearci una membrana che ci renda insensibili allo strazio e al dolore del mondo, non sarebbe giusto sottrarsi alla consapevolezza della storia, che , nostro malgrado, ci sta travolgendo, né alla pietà, o alla condivisione della tragedie, che stanno vivendo migliaia di nostri fratelli. Ma si ha bisogno di una boccata di ossigeno, di bellezza, appunto, che dia sollievo allo spirito, trasmettendoci sensazioni positive. E di bellezza, per fortuna, trabocca la nostra Calabria.
Siamo circondati di bellezza noi Calabresi, viviamo immersi in paesaggi naturali unici al mondo, fra cielo e mare, monti e pianure, boschi dai colori cangianti, secondo le stagioni, laghi e corsi d’acqua, che sgorgano da ere lontane. Respiriamo bellezza attraverso arte, cultura e storia millenaria, impressa nei meravigliosi borghi incastonati fra il verde dei prati e l’azzurro del cielo, oppure arroccati sulle pendici di montagne e colline, o aperti verso il mare come conghiglie. Questi luoghi spesso dimenticati, una volta raggiunti, ci appaiono circondati da un’atmosfera sospesa nel tempo, quasi onirica.
Andare per borghi fa bene agli occhi, al cuore e all’anima. Nascosti al turismo di massa, oggi rappresentano la magia a portata di mano, la vacanza desiderata e possibile per fare il pieno di bellezza, da portare dentro l’anima, come prezioso talismano. Raggiungere i meravigliosi borghi di Calabria, non è solo scoperta di un luogo fisico, ma avventura dello spirito, che riempie di significati un giorno qualunque, trasportando il visitatote in una dimensione di sospensione, leggerezza e libertà dalla quotidianità, modificando, nel tempo di una giornata, la percezione del mondo e di se stessi. Sono luoghi in cui si conservano identità, saperi e mestieri: un patrimonio materiale e immateriale di tradizioni e di storia unico al mondo.
Dei borghi di Calabria, uno fra i più belli e interessanti è Montalto Uffugo, nella provincia cosentina. Originaria Aufugum di epoca romana, di cui si trova traccia nelle Storie di Tito Livio, la cittadinasi estende su un vasto territorio collinare, a pochi chilometri da Cosenza. Fu distrutta prima dai Visigoti di Alarico nel 410 d.C., poi da scorrerie dei Saraceni nel IX secolo. Ricostruita nello stesso luogo con la denominazione di Mons Altis fu un importante presidio militare normanno, con un castello e varie torri di guardia. Furono proprio i Normanni a favorire l’arrivo di comunità ebraiche e valdesi.
Il Centro Storico è ricco di antichi edifici in stile spagnoleggiante, con bei portali lavorati. Conserva vicoli antichi e palazzi signorili. Nel suo cuore persistono i resti di una bottega ebraica risalente al XV secolo, con le entrate originarie murate. Una comunità di ebrei provenienti dalla Spagna e dalla Sicilia, infatti, si era stabilita a Montalto a metà del Quattrocento, avviando un fiorente mercato della seta, del velluto e della lana, che trasformò il paese in un importante polo commerciale. Grande interesse artistico e storico suscitano le chiese, tra cui Il Duomo, considerato tra i migliori esempi di barocco in Calabria e dedicato a Santa Maria della Serra, titolo che deriverebbe dalla pregevole statua lignea della Madonna (sec. XIV-XV), ritenuta miracolosa. La Chiesa della Madonna della Serra fu eretta agli inizi del XIII secolo e consacrata il 1° agosto 1227. L’edificio fu eretto su una preesistente chiesa basiliana, in sostituzione della chiesa di Santa Maria Maggiore, andata distrutta a seguito del catastrofico terremoto che colpì l’area cosentina nel 1184. Interessante la Chiesa dell’Annunziata, detta anche di San Francesco di Paola, del quale custodisce un ritratto su tavola e il relativo convento, edificati nel Cinquecento, la cui facciata presenta un pregevole portale in pietra di Montalto. Artisticamente interessanti anche la Chiesa di San Domenico, edificata a metà Quattrocento e ricostruita nel Settecento, la Chiesa dei Cappuccini o di Sant’Antonio, realizzata nel Settecento, e la bella Chiesa del Carmine, seicentesca con rimaneggiamenti del secolo successivo.
Altra perla di Montalto è il Museo Ruggero Leoncavallo, inserito nella stupenda cornice storica del complesso domenicano del XV sec. Il Museo è l’unico in Italia completamente dedicato al musicista Leoncavallo, che proprio in questa cittadina visse la sua infanzia tra il 1860 e il 1868. Il museo raccoglie testimonianze e oggetti del compositore di Pagliacci, Mattinata, Zaza, I Medici e tante altre composizioni, esattamente nel luogo dove il 5 marzo 1865, il piccolo Ruggero fu testimone di un tragico episodio. Un museo nel museo, con richiami storico-culturali che si diramano in tutte le direzioni, dalla storia alla cultura del territorio, dalle ricche corrispondenze con i reali del mondo alle semplici ma antiche usanze dei popoli della Arberia. Il complesso domenicano ospita anche una scuola di liuteria, frequentata da sei allievi. Viene insegnata l’antica arte della costruzione a mano degli strumenti a corda, quali violini, mandolini, chitarre.
Personaggio identitario di Montalto è dunque il musicista Ruggero Leoncavallo, la cui opera più importante è “Pagliacci”, che nasce da un fatto di cronaca avvenuto appunto in paese. La vicenda s’intreccia con un segmento della stessa biografia dell’Autore, allora bambino e fu di tale impatto da stimolare, diversi anni dopo, il suo immaginario d’artista.
Nativo di Napoli, Leoncavallo si era trasferito con la famiglia a Montalto Uffugo, dove suo padre fu chiamato a ricoprire l’ufficio di Pretore. Le fonti riportano che, a quel tempo nel borgo calabrese ci fu un fatto di sangue di matrice passionale. La vicenda avvenne il 5 marzo 1865, come risulta dalle carte giudiziarie che parlano di “atti a carico del detenuto Luigi D’Alessandro fu Domenico di anni 25 (…) e del detenuto Giovanni D’Alessandro fu Domenico di anni 31”, entrambi “calzolai in Montalto. Imputati di assassinio premeditato con agguato, commesso con armi insidiose la sera del 5 marzo 1865 in Montalto, in persona di Gaetano Scavello.” Nell’opera troviamo un omicidio, quello compiuto dall’attore girovago Canio ai danni della moglie Nedda e del suo amante Silvio, un contadino del luogo, che interverrà cercando di difendere la donna. L’omicidio avviene sulla scena di uno spettacolo che il caso volle tratti proprio di una vicenda di tradimento. Finzione e realtà si confondono in modo drammatico: gli altri attori della compagnia, attoniti per l’orrore, non intervengono a fermare la furia omicida di Canio e anche il pubblico comprende troppo tardi che ciò che sta vedendo non è più finzione e cerca invano di fermare Canio. La versione reale della vicenda, diversa nei fatti eppur analoga nel far perno intorno al sentimento di una incontrollabile gelosia, riguardò abbastanza da vicino la famiglia Leoncavallo: la vittima, Gaetano Scavello, era stato infatti assunto da Vincenzo Leoncavallo (padre del musicista) come domestico, affinché badasse a Ruggero, che all’epoca aveva appena otto anni. Scavello si era innamorato di una ragazza del paese, di cui era a sua volta innamorato anche il calzolaio Luigi D’Alessandro, che per gelosia uccise il rivale, all’uscita da uno spettacolo teatrale.
E’ veramente sorprendente il legame fra Ruggero Leoncavallo e il borgo di Montalto Uffugo, creatosi per un gioco del destino. Come è sorprendente constatare l’emozione e la suggestione che suscitano alla vista luoghi vicinissimi alla città in cui si vive, se solo si osservano con occhi che sappiano guadare. Questo significa che la nostra Calabria non finisce mai di stupirci per la storia e la bellezza dei tanti suoi borghi.