La politica italiana sembra aver perso il suo vero scopo, trasformandosi in un mestiere più che in una missione. I partiti, ormai privi di un reale contatto con la popolazione, continuano a riproporre gli stessi volti e le stesse strategie, nonostante il malcontento diffuso. Chi un tempo avrebbe dovuto essere allontanato dalla scena pubblica, oggi riemerge con qualche ruga in più, ma con lo stesso atteggiamento opportunistico, alimentando un sistema che appare sempre più distante dai cittadini.
Le promesse elettorali si ripetono ciclicamente: diritti civili, lavoro, welfare, sanità pubblica. Parole d’ordine che sembrano essere usate più come slogan di facciata che come reali impegni programmatici. Mentre si assiste a questo teatrino politico, la popolazione affronta una pressione economica e sociale crescente, con un costo della vita sempre più insostenibile e servizi essenziali che mostrano segni di cedimento.
Il Sud Italia, da sempre penalizzato, continua a pagare il prezzo più alto. L’inefficienza delle istituzioni e la mancanza di investimenti concreti hanno reso ancora più evidente il divario con il resto del Paese. Di fronte a questa situazione, sorge spontanea una domanda: siamo davvero arrivati al capolinea? Oppure esiste ancora una possibilità di riscatto, lontana da slogan vuoti e da una politica autoreferenziale?