Crisi d’impresa, un nuovo Seminario “ I nuovi organi di gestione delle procedure”

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Gli ordini professionali degli avvocati e dei commercialisti a convegno a Napoli su “I nuovi organi di gestione delle procedure” nella crisi d’impresa.

di Giovanni Barretta

Ieri pomeriggio a Napoli, nella spettacolare location della Basilica di Pietrasanta – Museo dell’Acqua, organizzato dagli ordini professionali dei Dottori Commercialisti e degli Avvocati, dall’Istituto Vendite Giudiziarie e dalla locale sezione dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti, con il patrocinio della nostra testata, media partner dell’iniziativa, si è tenuto un interessante seminario sulla crisi d’impresa dal titolo: I nuovi organi di gestione delle procedure”.

Tema centraledel seminario: le novità introdotte dal nuovo Codice della Crisi dell’impresa e dell’Insolvenza (CCII), che ha riformato radicalmente la legge (del 1942) del fallimento, che si aggiorna anche nel nome, assumendo quello di “liquidazione giudiziale”, introducendo nuovi istituti, procedure e modalità per affrontare più efficacemente e tempestivamente la crisi e le incertezze che dominano l’attuale scenario economico del Paese. Tra gli obiettivi a base della riforma, vi è stata, evidentemente, la necessità di individuare forme di risanamento e risoluzione della crisi, che consentano innanzitutto di preservare la continuità aziendale.

Tale esigenza diventa la premessa per conservare il tessuto imprenditoriale esistente, salvaguardare i livelli occupazionali e garantire, al contempo, il miglior soddisfacimento dei creditori. Lo spirito che impronta l’intera architettura del Codice della Crisi dell’impresa e dell’Insolvenza sta nell’esigenza, richiesta oggi con chiarezza dal legislatore, di agire con “tempestività ed “adeguatezza”.

Per salvare o risanare l’impresa occorre, infatti, intervenire con immediatezza ed in modo giusto ed efficace; non sono più ammessi ritardi, in un mondo, quello dell’economia reale, che procede con ritmi frenetici, per effetto di una competitività sempre più aggressiva e  oramai di portata  globale .

Dopo i saluti istituzionali di rito, il seminario è entrato nel vivo, articolandosi in due diverse sessioni di lavoro, entrambe moderate dal Dott. Michele Monteleone (Presidente del Collegio Esecuzioni e Fallimenti presso il Tribunale di Benevento). 

Crisi d’impresa, un nuovo Seminario “ I nuovi organi di gestione delle procedure”

La prima è stata dedicata ad analizzare l’istituto della Composizione Negoziata della Crisi, la figura dell’esperto, la procedura del concordato semplificato e il ruolo dell’ausiliario; sono intervenuti  il Dott. Sandro Pettinato (Vice Segretario Generale Unioncamere), la Dott.ssa Maria Lucetta Russotto (professore aggregato presso l’Università di Firenze e Vicepresidente della Fondazione Nazionale Commercialisti del CNDCEC-ADR e Crisi) la dott.ssa Patrizia Riva  (professore associato presso l’Università del Piemonte Orientale) e la Dott.ssa Livia De Gennaro (Giudice delegato del Tribunale di Napoli).

La seconda sessione ha approfondito, invece, le questioni poste da “il nuovo concordato preventivo, il risanamento nella continuità aziendale, le decisioni sulla continuità dell’attività d’impresa a vantaggio della procedura di liquidazione, il liquidatore giudiziale”. Su questi temi si sono avvicendati in un animato dibattito alcuni tra i più noti esperti e giuristi della materia: l’Avv. Giuseppe Fauceglia (professore ordinario presso l’Università di Bologna), l’Avv. Francesco Fimmanò (professore ordinario presso l’Università delle Camere di Commercio. Universitas Mercatorum”), l’Avv. Antonio Pio Morcone (avvocato del foro di Benevento) e il Dott. Matteo De Lise (Presidente dell’Unione Giovani Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili UNGDCEC).

Gli interventi dei protagonisti: la Dr.ssa Russotto

Nella prima sessione dei lavori la Dott.ssa Russotto ha ricordato ai partecipanti che, a partire dal 15 novembre 2021, con il DL n. 118/2021 è stato  introdotto un nuovo strumento per prevenire e affrontare situazioni di crisi delle imprese: la Composizione Negoziata.

L’esimia relatrice si è poi soffermata sull’estensione del cram down ( che rappresenta un’omologazione forzata della proposta di soddisfacimento dei creditori)  al nuovo percorso per la composizione negoziata,  al ruolo dell’Esperto , che dovrebbe avere specifiche competenze in materia di risanamento aziendale ed ai contenuti del piano di risanamento, che non deve avere il carattere di un business plan o  di un “libro dei sogni”, ma piuttosto di uno strumento capace di prospettare soluzioni concrete per uscire dalla crisi.

Gli adeguati assetti organizzativi: il vero banco di prova

Sempre nella prima sessione dei lavori è stata la volta della Dott.ssa Patrizia Riva che ha affrontato il tema degli adeguati assetti organizzativi e delle conseguenze pratiche, anche dal punto di vista delle responsabilità che ne derivano, nel caso in cui non vengano correttamente implementati ed adottati; tanto più, qualora l’azienda si ritrovi sottoposta ad una delle procedure previste dal codice della Crisi.

Il Presidente Monteleone auspica una cultura nuova per approcciare la crisi d’impresa

Il Presidente Monteleone, forte della sua più recente esperienza anche in materia di esecuzioni immobiliari, non limitandosi al ruolo di mero moderatore del dibattito, è intervenuto sul punto, invocando la necessità di un deciso cambio di passo e d’approccio nell’ambito della crisi d’impresa. Il magistrato del Tribunale sannita ha richiamato con forza il principio di “solidarietà sociale”, che dovrebbe ispirare tutti i diversi attori della crisi coinvolti in una negoziazione.

Anche i creditori sono in questo senso chiamati a dare prova di sano realismo, guardando alle effettive possibilità di poter recuperare il proprio credito, tenendo conto dell’offerta del debitore, coniugandole, soprattutto per quelli oggetto di cessione, con il loro valore d’acquisto sul mercato, che avviene generalmente a percentuali anche irrisorie.

Il ruolo delle misure protettive e cautelari

A seguire il pregevole intervento della Dott.ssa De Gennaro, Giudice Delegato presso il Tribunale di Napoli che ha analizzato approfonditamente le misure protettive e cautelari di cui agli artt.18, 19 e 20 del CCII . La centralità ha evidenziato il giudice napoletano, questa volta è rimessa all’impresa e non più al Tribunale che, invece, interviene, nell’ipotesi contemplata dall’art.22 solo in due casi specifici:

1) per l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili.

2) per il trasferimento dell’azienda o uno o più dei suoi rami.

Tuttavia, anche in questo caso si tratterebbe di un controllo da parte del Tribunale che rimane piuttosto blando, il quale è tenuto ad intervenire solo davanti ad una richiesta formulata con specifica istanza da parte dell’imprenditore. Non si tratta, quindi, nel caso delle misure protettive e cautelari, di un intervento che si attua in modo automatico. Lo scopo è la protezione del patrimonio dell’azienda dalle azioni esecutive/cautelari poste dai creditori.

Spetta, però, all’imprenditore indicare il perimetro che si intende proteggere. Le misure, infatti, possono essere limitate a determinate iniziative intraprese dai creditori o a determinati creditori o categorie di creditori. Il Tribunale, una volta compulsato, è poi chiamato ad intervenire quasi nell’immediatezza, non oltre 10 giorni dalla richiesta e le misure non possono protrarsi complessivamente oltre gli otto mesi.

Crisi d’impresa ed il concordato liquidatorio: uno strumento sempre più marginale

Nella seconda sessione dei lavori il professor Giuseppe Fauceglia, richiamandomagistralmente il dibattito giurisprudenziale e dottrinale in materia, ha analizzato il Concordato liquidatorio, strumento che ha ritenuto non sufficientemente valorizzato, ed  a torto,  dal legislatore della crisi.

Il ruolo del Giudice: vero motore della procedura e mediatore delle istanze sociali

A seguire l’intervento pirotecnico del professore Francesco Fimmanò che, prima di tutto, si è posto la domanda se, con il Codice della crisi, il concordato, non solo quello liquidatorio, abbia ancora significato ed utilità.

L’esimio studioso si è poi soffermato sul ruolo che il Giudice svolge in questo complesso ambito; oltre alla funzione giurisdizionale che gli appartiene naturalmente, questi, infatti, dovrebbe porsi come un vero e proprio mediatore delle istanze sociali: solo se il Giudice esercita bene questo ruolo, le procedure, soprattutto quelle di concordato, possono trovare la speranza di essere definite positivamente. Fimmanò ricorda, del resto, che oggi solo 4 concordati su 100, in media, vengono definiti ed eseguiti positivamente.

Il vero tema di queste procedure e della loro sorte, secondo l’ordinario napoletano, sta, quindi, nel ruolo e nella competenza del Giudice, questione che, però, mette anche in luce problemi di trattamento non uniforme dei casi aziendali trattati tra le diverse realtà territoriali e circoscrizioni dei tribunali.

C’è ancora troppa sperequazione fra le valutazioni che i tribunali italiani compiono in materia di crisi d’impresa; ciascuno opera a suo modo e con diversa efficacia. Così le sorti di una procedura e di un’impresa dipendono anche dal caso fortuito, dalla circoscrizione di riferimento dell’impresa e sono rimesse troppo spesso alla capacità del singolo magistrato di ricercare ed applicare soluzioni efficaci alla crisi.

Spazi sempre più ridotti per il concordato nella crisi d’impresa

Secondo Fimmanò, comunque, all’attualità non vi sarebbe più spazio, come nel passato, per le procedure di concordato e ciò per una serie di ragioni.

La logica che ispira il CCII, che vede nell’azienda in liquidazione giudiziale la possibilità di una prosecuzione, è davvero importante. Ma bisogna fare un passo in avanti e capire che le aziende, prima di entrare in una crisi sempre meno reversibile, si possano anche mettere sul mercato e vendere a qualunque interessato, e, senza riserve, pure al concorrente diretto. Oggi ci sono gli strumenti per farlo ricorda l’avvocato partenopeo.

Lo spazio per il “Concordato” si riduce, anche per quelli in continuità diretta, perché, oltre i tre anni di previsioni di piano, non c’è uno scenario che possa dirsi veramente attendibile; la procedura allora dovrebbe durare meno.  Gli interessanti stimoli di riflessione offerti da Fimmanò hanno animato il dibattito del forum napoletano e coinvolto tutti gli altri relatori.

La posizione dei Giovani Commercialisti sulla crisi d’impresa

C’è stato poi l’atteso intervento di Matteo De Lise, Presidente dell’Unione Nazionale Giovani Dottori Commercialisti, il quale, richiamando l’analisi del prof. Fimmanò, è ripartito dalla considerazione di un dato di fatto: la vita media delle aziende italiane negli anni 50 era di 70 anni, mentre oggi è di 12.

Il Presidente dei Giovani Dottori Commercialisti ha posto poi in evidenza il diverso dato che si riscontra sul territorio, da Nord a Sud del Paese, in ordine alle ragioni che inducono le imprese a ricorrere allo strumento della Composizione Negoziata. Al Nord questa procedura viene normalmente applicata quando c’è ancora un’effettiva possibilità di salvataggio dell’impresa. Al Sud, invece, il ricorso alla composizione negoziata è spesso interpretato in senso dilatorio. Per affrontare le sfide del nostro tempo, secondo De Lise, è imprescindibile giungere ad un vero cambiamento culturale per professionisti ed imprenditori.

La liquidazione giudiziale che soppianta il “fallimento”

A chiudere i lavori, l’intervento di Antonio Pio Morcone, avvocato del foro di Benevento, che ha analizzato alcuni aspetti particolari della procedura della liquidazione giudiziale, che ha preso il posto del fallimento.  Secondo Morcone con la liquidazione giudiziale il Codice della crisi si sarebbe limitato ad una mera rivisitazione della vecchia disciplina del fallimento. Il legislatore così ha perso l’occasione di meglio qualificare il ruolo del curatore. Molte problematiche che si ponevano in precedenza non hanno, infatti, trovato soluzione nel Codice della crisi. Morcone ha poi focalizzato la sua attenzione sull’art.115 CCII, concernente le azioni del liquidatore giudiziale in caso di cessione dei beni.  

L’intervista alla Dott.ssa Patrizia Riva: il Sindaco vero protagonista degli adeguati assetti organizzativi

A margine del convegno abbiamo intervistato la Dott.ssa Riva, una delle protagoniste del forum partenopeo, alla quale abbiamo chiesto che cosa debbano, concretamente, fare le imprese per adeguare i propri assetti organizzativi, amministrativi e contabili, che sono stati declinati già dal 2019 nel novellato art.2086, 2° comma del Codice civile. In particolare, abbiamo chiesto a Riva se, a suo avviso, sia più giusto ed adeguato per un’impresa prevedere nei propri assetti organizzativi la nomina di un sindaco o di un revisore.

(Patrizia Riva): Nelle imprese di dimensioni piccole e medie, e quindi microimprese, organizzate sotto forma di srl che abbiano una dimensione rilevante, con limiti dimensionali previsti dal nuovo codice e, quindi, i 4 milioni di attivo e di fatturato e il numero di dipendenti superiore alla soglia, si pone il problema di scegliere fra il revisore o il sindaco.

Il consiglio da dare alle imprese, affinché possano definirsi rispettose della norma e, quindi, “adeguate”, è  quello di nominare un Sindaco e non un revisore. Questo perché solo nel momento in cui è istituito un sindaco, anche unico, e magari a questo sia demandata anche la revisione legale, ci si può definire coerenti, adeguati e complaint. In questo modo, c’è qualcuno che può essere considerato responsabile della costruzione di adeguati assetti, che ha il potere di richiedere che questi (assetti) vengano istituiti.

Così abbiamo qualcuno nell’impresa che fa da sentinella e può mandare un segnale, come dice la norma, nel caso in cui ci siano delle criticità. Non avere il sindaco potrebbe essere interpretato, ex post, come inadeguatezza degli assetti e, quindi, comportare maggiori responsabilità per gli amministratori. Di questo ormai si dibatte continuamente in tutti gli incontri sul tema anche con pubblici ministeri, magistrati e professionisti”.

Le risposte e gli stimoli che vengono dal forum napoletano appaiono davvero concreti e si muovono tutti nella stessa direzione. Si apre, dunque, una nuova stagione per la gestione della crisi d’impresa in cui non sono ammessi più ritardi, inefficienze e distrazioni. Tutti gli operatori del settore (compresi i magistrati) sono chiamati ad assumere maggiori responsabilità, affinché una procedura, concepita per gestire e forse anche uscire da una crisi, possa raggiungere i suoi obiettivi. Tempestività, adeguatezza, efficienza, efficacia e competenza saranno, quindi, le nuove parole d’ordine.

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