Europee: tra veti e proposte arriva la riforma elettorale in UE

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Foto di Frederic Köberl su Unsplash

Il Parlamento europeo spinge per una maggiore democraticità delle Istituzioni Ue: dal diritto di voto ai sedicenni, alle liste transnazionali per le prossime elezioni europee. Il Consiglio, rappresentato dai governi nazionali, fa muro. La chiave di una possibile soluzione nel dossier sulla redistribuzione dei seggi post-Brexit

di Paolo D’Aleo

Nella primavera del prossimo anno, i cittadini dell’UE saranno chiamati al voto per il rinnovo del Parlamento europeo.

L’assemblea parlamentare con sede a Strasburgo, è composta da 705 membri, esercita la funzione legislativa insieme al Consiglio dell’Ue che rappresenta i governi nazionali.

Tuttavia, l’Europarlamento nonostante sia ad oggi l’unica Istituzione europea ad essere legittimata democraticamente dagli elettori dei 27 paesi membri, continua a non avere un peso decisivo rispetto al Consiglio e alla Commissione. In diverse occasioni, il Parlamento ha adottato delle iniziative che non sono state recepite dal Consiglio, essendo il Consiglio stesso espressione dei governi nazionali e dei loro interessi “sovranisti”.

Un tentativo di innovare: liste transnazionali per le Europee

Un caso emblematico si sta registrando sulla riforma della legislazione elettorale a livello europeo.

I fatti: il 3 maggio 2022, in plenaria, il Parlamento europeo ha adottato il rapporto predisposto dall’europarlamentare socialista spagnolo, Domenec Ruiz Deveza, con l’intento di ravvivare la partecipazione e introdurre regole comuni per le elezioni su scala continentale.

Tra le proposte: una data unica per la consultazione, il diritto di voto per i sedicenni, una soglia di sbarramento nazionale al 3,5%, a differenza del 4% in vigore in Italia.

Ma la proposta più innovativa è, senza dubbio, la creazione di liste transnazionali composte da 28 seggi. Per gli elettori si tratterebbe di avere due schede: una scheda per la circoscrizione nazionale e un’altra per la circoscrizione europea con la possibilità di votare gli “Spitzenkandidaten”, i leaders dei partiti europei candidati capilista alla Presidenza della Commissione.

Eppure, l’iniziativa del Parlamento è stata rifiutata dal Consiglio, come gia’ avvenuto per le elezioni del 2019, facendo nuovamente prevalere  la dimensione dell’ostruzionismo e di una politica del veto.

La questione non è chiusa

Il Parlamento europeo è chiamato a pronunciarsi anche sul dossier, collegato alla riforma elettorale, relativo alla redistribuzione dei seggi vacanti post Brexit.

 Ma, in conseguenza del diniego da parte del Consiglio sulla riforma complessiva, l’assemblea si è rifiutata di avanzare una proposta rispetto ai seggi rimasti scoperti fino a quando non si troverà un accordo generale.

La situazione è complicata, ma l’iniziativa legislativa del Parlamento va nella giusta direzione.

 Se, dalla trattativa con il Consiglio Ue, verranno confermati gli elementi più innovativi, l’Unione europea potrà compiere dei passi in avanti  sul piano democratico.

Nello stesso tempo, le liste transnazionali potranno spingere i partiti nazionali ad una dimensione più europea e ad una maggiore presa di responsabilità.  

Un quadro politico più europeo

A questo proposito, pensiamo a quanto possa essere benefica una riorganizzazione del caotico quadro politico italiano che rispecchi le grandi famiglie europee.

Una “europeizzazione” dei partiti italiani: una sinistra autenticamente socialdemocratica che si riconosce nel Pse, un fronte moderato parte della famiglia del popolarismo europeo, un’area liberaldemocratica e le altre formazioni politiche che occupano gli estremi dell’emiciclo. Partiti che abbiano un quadro valoriale di riferimento che permetta al cittadino di trovare il bandolo della matassa, di orientarsi e riscoprire il senso di una comunità europea ancora troppo flebile.

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