Famiglie omogenitoriali: quando i giudici anticipano la politica

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di Pasquale Tarricone

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 9216/2025 sulle carte d’identità dei minori appartenenti a famiglie omogenitoriali rappresenta l’ennesimo episodio di un fenomeno ormai consolidato nel panorama giuridico italiano: la magistratura che colma i vuoti lasciati dalla politica nell’adeguamento del diritto ai cambiamenti sociali e culturali in atto nel Paese.

Il caso emblematico delle carte d’identità

Con la pronuncia depositata l’8 aprile 2025, la I Sezione Civile della Suprema Corte ha stabilito che è legittimo riportare la dicitura “genitori” (anziché “padre” e “madre”) sulle Carte d’Identità Elettroniche dei minori con genitori dello stesso sesso, dichiarando illegittimo il decreto ministeriale del 31 gennaio 2019 che imponeva le diciture tradizionali.

Il caso ha preso avvio dal ricorso di una coppia di donne che aveva adottato un minore attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari (art. 44, lett. d, L. 184/1983). Sia il Tribunale di Roma che la Corte d’Appello avevano accolto le loro istanze, e ora la Cassazione ha definitivamente confermato la decisione.

Il diritto di fronte ai mutamenti sociali

La sentenza non è solo una questione burocratica di etichette su un documento. Rappresenta il riconoscimento giuridico di una realtà sociale in evoluzione, in cui il concetto tradizionale di famiglia si è arricchito di nuove conformazioni meritevoli di tutela.

“L’indicazione esclusiva di ‘padre’ e ‘madre'”, si legge nella sentenza, “non è rappresentativa di tutte le legittime conformazioni familiari e dei rapporti di filiazione”. Un documento ufficiale come la CIE non può “disattendere una realtà giuridica pienamente riconosciuta”.

La Corte ha privilegiato, come spesso accade, l’interesse superiore del minore, il cui diritto all’identità personale comprende anche il riconoscimento della sua realtà familiare. Imporre diciture non corrispondenti a questa realtà potrebbe creare problemi pratici nei controlli di frontiera e nell’identificazione, oltre a configurare potenziali discriminazioni.

Il dialogo con l’Europa

La decisione si inserisce in un contesto europeo sempre più attento alla tutela delle famiglie omogenitoriali. La Corte di Giustizia dell’UE, nella causa C-490/20 del 14 dicembre 2021, ha affermato il principio secondo cui gli Stati membri devono riconoscere lo status di genitorialità di due madri o due padri qualora tale status sia riconosciuto in un altro Stato membro.

L’Italia, ancora una volta, si adegua ai principi europei attraverso l’intervento della magistratura e non per iniziativa legislativa, evidenziando un ritardo del Parlamento nel recepire le istanze sociali emergenti e gli orientamenti sovranazionali.

Il contrasto tra evoluzione giurisprudenziale e immobilismo politico

Questo caso è emblematico di un fenomeno più ampio che caratterizza la società italiana contemporanea: da un lato un cambiamento culturale in rapida evoluzione, dall’altro una politica che fatica a tradurre questa evoluzione in norme giuridiche adeguate.

La magistratura, chiamata a risolvere casi concreti, si trova spesso a dover colmare le lacune normative applicando i principi costituzionali e sovranazionali in materia di diritti fondamentali. È accaduto in passato per le unioni civili (prima dell’intervento legislativo del 2016), per la rettificazione di sesso anagrafico, per il riconoscimento dei figli nati all’estero mediante gestazione per altri, e ora per i documenti d’identità.

Questo “attivismo giudiziario” è stato oggetto di critiche da parte di chi vi scorge un’invasione di campo rispetto alle prerogative del legislatore. Tuttavia, come evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, i giudici non possono esimersi dall’applicare i principi fondamentali dell’ordinamento quando sono chiamati a decidere su diritti costituzionalmente garantiti.

Le prospettive future

La sentenza della Cassazione impone ora al Ministero dell’Interno di adeguare i modelli per l’emissione delle CIE, inserendo la possibilità di indicare la dicitura “genitore” o formule equivalenti per i figli di coppie omogenitoriali.

Resta da vedere se questo intervento giurisprudenziale stimolerà un dibattito parlamentare e un intervento organico del legislatore sul tema del riconoscimento giuridico delle famiglie omogenitoriali, o se continuerà la tendenza a delegare alla magistratura l’adeguamento del diritto ai cambiamenti sociali.

Un equilibrio necessario

La dialettica tra evoluzione sociale, intervento giurisprudenziale e adeguamento legislativo rappresenta una costante nell’evoluzione degli ordinamenti democratici. Tuttavia, un sistema equilibrato richiede che il legislatore svolga pienamente il proprio ruolo di interprete delle istanze sociali, evitando che siano solo i giudici a dover colmare i vuoti normativi.

Il caso delle carte d’identità dei minori di famiglie omogenitoriali è l’ennesimo campanello d’allarme di una politica che spesso appare slegata dai cambiamenti culturali in atto nella società, costringendo la magistratura a farsi carico di questioni che meriterebbero un dibattito parlamentare approfondito e soluzioni normative organiche.

Nel frattempo, grazie all’intervento della Cassazione, si compie un altro piccolo passo verso il pieno riconoscimento dei diritti di tutti i minori e di tutte le famiglie presenti nel nostro Paese, indipendentemente dalla loro conformazione.

contributo esterno

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