FDI: Abrogazione reato di tortura, ragioni e conseguenze

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Fdi spinge per l’abrogazione del reato di tortura. Nuovo oggetto di scontri tra il governo della Meloni e l’opposizione riguarda il tema giustizia.

A presentare la proposta di legge che chiede l’abrogazione del reato di tortura previsto dagli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale, sono stati alcuni esponenti di Fratelli d’Italia. La prima firmataria è stata la deputata Imma Vietri, a seguire: Amich, Cangiano, Cerreto, Chiesa, Ciaburro, Iaia, La Porta, Longi, Maiorano, Michelotti e Tremaglia.

Vediamo le ragioni a sostegno della proposta nel dettaglio, perché spaventa e indigna l’opposizione e le eventuali conseguenze.

L’attesa approvazione della legge contro la tortura e come nasce

L’approvazione della legge che regola il reato di tortura risale al 2017. In seguito ai drammatici fatti del G8 di Genova del 2001: l’Italia nel 2015, fu sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per la mancanza di adeguate ed efficaci misure di prevenzione e repressione delle condotte di tortura, contrarie all’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Qualificando le violenze commesse in quei giorni dalle forze di polizia contro i manifestati come tortura.

La strada verso l’approvazione fu lunga e tortuosa. Quest’ultima fu attesa con sofferenza in particolare da persone come Ilaria Cucchi, senatrice di Sinistra Italiana-Alleanza Verde, che si è appellata al Presidente Mattarella in merito alla proposta di Fdi. Questo è un fatto gravissimo», afferma Cucchi.

«Sostenere che la tortura in Italia non esista è una bugia. Far finta di niente e voltarsi dall’altra parte è già questa una violazione dei diritti umani». Ha poi ricordato come «più di un giudice, prima dell’introduzione di questa legge, si è trovato a non poter procedere poichè non esisteva». 

A lei, sorella di Stefano Cucchi, morto a seguito di un pestaggio avvenuto in carcere, e ad altri come lei in cerca di giustizia mostriamo la nostra solidarietà.

Cancellare il reato di tortura potrebbe avere delle conseguenze molto gravi, sostiene poi il Partito democratico. Secondo Fratelli d’Italia, invece, è necessario per garantire ordine e sicurezza.

FDI: “Tutela dell’onorabilità delle forze di polizia, ordine e sicurezza

Lo scopo dell’abolizione sarebbe quello di favorire la repressione della criminalità, senza limitare in modo eccessivo l’attività delle Forze dell’ordine. Le argomentazioni del partito a riguardo sono le seguenti:

  1. La norma rischia di limitare il libero svolgimento del lavoro di agenti e pubblici ufficiali.
  2. Rappresenta un rischio concreto in quanto scoraggia le forze dell’ordine dallo svolgere le loro attività di eventuale repressione o prevenzione dei reati.
  3. C’è il rischio che possano finire “nelle maglie del reato in esame comportamenti estranei al suo ambito d’applicazione classico, tra cui un rigoroso uso della forza da parte della polizia, durante un arresto o in operazioni di ordine pubblico”. Si teme che il legittimo uso dei mezzi di coercizione fisica rientri nelle forme di reato previste dalla legge.
  4. Le pene previste sono sproporzionate rispetto alle condotte che vengono punite come: percosse, lesioni, minacce, tortura.

Per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio il fatto è punibile con la reclusione da 5 a 12 anni. Sono previste inoltre delle aggravanti che fanno aumentare la pena:

-se le condotte sono state ripetute

-in misura delle conseguenze riportate dalla vittima e in caso di morte, è prevista anche la condanna all’ergastolo

L’articolo 613 del Codice penale è espressamente dedicato ai pubblici ufficiali e punisce l’istigazione al reato di tortura. Quindi colui che incita a commettere questo reato un altro pubblico ufficiale è punibile con la reclusione da 6 mesi a 3 anni.

“Rischio che le forze dell’ordine debbano guardarsi loro dai delinquenti”

Si legge nella relazione di Fdi che l’obiettivo, però, non sarebbe quello di abrogare in toto il reato di tortura, ma l’aggiunta di una nuova aggravante comune proprio per adempiere agli obblighi di diritto internazionale ovvero la contestuale abrogazione delle fattispecie penali della tortura e dell’istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura previste dagli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale.

Quest’ultima confluirebbe nel campo delle aggravanti comuni, disciplinate dall’art. 61 codice penale, in cui si menziona anche “l’avere adoperato sevizie, o l’aver agito con crudeltà verso le persone”, oppure “l’aver commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio”

In sostanza, lasciare all’interno del nostro ordinamento il reato di tortura, ma non nell’attuale forma. In sintesi, consentire il fare un uso generico del reato, come sostenuto dai firmatari di Fratelli d’Italia.

Come riporta Adnkronos, Tommaso Foti ha dichiarato: “Non vi è volontà da parte di Fratelli d’Italia di abrogare il reato di tortura, ma di tipizzarlo in modo molto nitido così come è nelle convenzioni internazionali. E’ inoltre attuale il rischio che le forze dell’ordine debbano guardarsi loro dai delinquenti. Le stesse vanno invece rispettate e messe in condizione di fare il proprio lavoro. Questo non significa riservare immunità alcuna a chi dovesse sbagliare”.

Secondo Donato Capece invece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, “L’attuale formulazione del reato di tortura contravviene allo scopo della convenzione Onu del 1984. Mettendo a confronto la previsione della convenzione e quella del codice penale italiano emergono divergenze che ne hanno snaturato il fine, a vantaggio di una malcelata esigenza di soddisfare pressioni ideologiche del partito dell’antipolizia”

Casi di agenti accusati di tortura e vittime che desistono dal denunciare

Tuttavia come riporta l’Ansa, ci sono casi in cui Fdi ha richiesto un’encomio per coloro che svolgono adeguatamente il loro compito di repressione dei disordini, nel sangue. Ad aprile 2020 risale la polemica relativa al carcere di Santa Maria Capua Vetere. Occasione in cui il sottosegretario Delmastro Delle Vedove chiese un riconoscimento per le forze dell’ordine che si erano occupate di picchiare brutalmente i detenuti. 

E’ inoltre giunta notizia della sospensione di 23 agenti del carcere di Biella accusati dalla magistratura di tortura di Stato nei confronti di tre detenuti. Gli agenti sono stati sospesi anche poiché, sostiene la Procura, gli ordini del Vice Comandante “non potevano essere considerati legittimi, presentando plurimi contrasti con l’ordinamento penitenziario e con le circolari DAP. Per quanto provenienti da un superiore gerarchico, non presentavano il carattere dell’insindacabilità, trattandosi di ordini che comportavano l’integrazione di singole fattispecie di reato diverse dalla tortura”.

Aggiungendo: “appare indubbio che contenere su tutti gli arti un detenuto, denudarlo, aggredirlo, insultarlo e minacciarlo configuri un trattamento inumano e degradante.”

La cosa preoccupante è che solo uno dei detenuti ha deciso di agire per vie legali mentre gli altri, sfiduciati e impauriti da possibili conseguenze, in un primo tempo hanno scelto di non denunciare.

Il tgr riporta qui la situazione per intero: https://www.rainews.it/tgr/piemonte/articoli/2023/03/violenza-carcere-agenti-tortura-5c060232-f192-4399-8f8e-b1be4ccdb4e1.html#:~:text=La%20Procura%20ha%20sospeso%2023,Gli%20indagati%20erano%2028.

Soltanto il giorno dopo vede la luce la proposta di Fdi di cancellazione del reato.

Ennesima notizia di Marzo 2023 riguarda invece altri 10 agenti, che per gli stessi fatti furono in passato condannati in abbreviato il 17 febbraio del 2021. Per loro il Gup di Siena, aveva inflitto pene che vanno dai 2 anni e 3 mesi ai 2 anni e 8 mesi. In precedenza il gup aveva già condannato a quattro mesi di reclusione il medico dello stesso penitenziario, accusato di rifiuto di atti d’ufficio perché si sarebbe rifiutato di visitare e refertare il detenuto. L’avvocato Michele Passione, legale del Garante dei detenuti dichiara: ”Abbiamo sostenuto che il reato di tortura sia più grave quando è commesso dal pubblico ufficiale perché disegna un rapporto di potere che viene estorto tradendo la fiducia che ognuno deve avere nelle forze di polizia che sono nella massima composizione sane

Le conseguenze della possibile abrogazione del reato di tortura

E’ quindi comprensibile il motivo del grande impatto negativo che ha avuto la proposta di Fdi. Le umiliziani, i pesteggi, le morti che sono avvenute in carcere o durante svariate proteste, sono rimaste a lungo nell’ombra proprio a causa di un sistema che tutela fin troppo chi commette tali atrocità in nome dello “stato” o della propria “dignità” di forza dell’ordine e che in quanto tale merita rispetto. Sono indubbiamente delle premesse che spaventano

Dunque, le probabili conseguenze della cancellazione del reato di tortura sono:

  • Che il senso proprio del carcere e delle punizioni venga meno, ovvero quello rieducativo.
  • Che il diritto di azione delle forze dell’ordine non diventi altro che uno strumento di forte repressione.
  • Che i detenuti o i manifestanti che subiscono trattamenti violenti siano scoraggiati dal denunciare gli abusi subiti.
  • Che si avverta una sensazione di generale sfiducia nei confronti delle forze dell’ordine.
  • Che questa manovra di “tutela” delle forze armate, come dimostrato dai fatti, diventi uno strumento di tutela della violenza, un potere pericoloso nelle mani di chi già ricopre una posizione di “superiorità”, in quanto presunto garante della giustizia. Se a quest’ultimo viene permesso di agire in maniera anticostituzionale e di fare uso della violenza per condannarne presumibilmente altra si rischia più di un errore logico.

In conclusione, c’è chi ritiene che le forze armate debbano essere maggiormente tutelate, discutendo gli ambiti di applicazione della legge contro la tortura e c’è chi difende quest’ultima a spada tratta, sostenendone la fondamentale importanza guardando ad episodi accaduti in passato. Infine c’è chi sostiene che tra le due opinioni dovrebbe trovarsi una via di mezzo in cui sia agenti sia vittime di abusi possano ritenersi ugualmente tutelati, includendo un ripensamento dell’intero sistema di giustizia, ampiamente criticato.

In ogni caso,ricordiamo l’articolo 27 della costituzione italiana, che recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato, non è ammessa la pena di morte” è e resta priorità del governo difendere i diritti di ogni individuo e garantire la giustizia.

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