Great Resignation ovvero il fenomeno delle dimissioni di massa

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Great Resignation
Pixabay

Il fenomeno della Great Resignation, registrato ancor prima della pandemia da Covid, sta rivoluzionando il mondo del lavoro.

Con l’espressione inglese “Great Resignation” si indica il fenomeno, sempre più diffuso, delle “grandi dimissioni” anche dette “dimissioni di massa”: molte persone hanno deciso di ritirarsi dal mercato del lavoro, dimettendosi a fronte di una prospettiva di un nuovo impiego o un cambio di mansioni.

Tuttavia, non è sempre così e la realtà dei fatti impone una riflessione.

di Antonio Grieco

Nei primi nove mesi del 2022, in Italia sono state circa 1,6 milioni le dimissioni dal mondo del lavoro. Anche se le ragioni sono le più svariate, una buona parte dei lavoratori decide a un certo punto di licenziarsi, perché l’organizzazione del lavoro non consente di condurre una vita privata in armonia con le proprie aspirazioni e prospettive per il futuro.

Un sintomo del fatto che qualcosa non stia funzionando è proprio la Great Resignation, interpretata come un nuovo modo di concepire il lavoro. Oggi i numeri parlano chiaro: occorre invertire rotta e il modo migliore per poterlo fare è dare maggior importanza al valore umano nel mondo del lavoro e dell’economia. Bisogna trovare il giusto equilibro tra vita lavorativa e vita privata.

Analizzare e comprendere il fenomeno porterebbe vantaggi sia alle imprese sia ai lavoratori. Da una ricerca del Politecnico di Milano è emerso che 4 lavoratori su 10 hanno firmato le dimissioni senza avere un’altra offerta di lavoro, spinti dal malessere emotivo, provocato dalla mancanza di riconoscimenti di merito, e dal disagio di non sentirsi allineati ai valori dell’azienda nella quale operano.

Oggi i giovani ricercano offerte di lavoro che consentano di svolgere un’attività lavorativa a distanza, in modalità remoto o smart-working, lontano dai centri urbani dove il costo della vita è maggiore e di avere la possibilità di autogestire il proprio lavoro con più flessibilità. Insomma, quello che si ricerca attualmente è un maggior benessere personale connesso a prospettive di crescita professionale.

Una ricerca dell’Ispettorato del lavoro ha dimostrato che molte dimissioni sono legate alle difficoltà conciliative tra vita familiare e lavoro, che talvolta porta a una vera e propria rinuncia all’occupazione. A farne le spese sono perlopiù le donne: in Italia,  le lavoratrici dimissionarie con figli fino a tre anni hanno interessato il 77,4% dei casi contro il 22,6% rappresentato dagli uomini.

Secondo la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, la Great Resignation è diffusa soprattutto tra i laureati e i lavoratori qualificati (medici, ingegneri, geometri, operai specializzati), per la maggior parte appartenenti alle fasce più giovani di età.

Una strada percorribile per risolvere il problema è senza dubbio quella di valorizzare il fattore umano, favorire l’inclusione e il senso di appartenenza, dare risposte concrete ai giovani che entrano nel mondo del lavoro, promuovendo opportunità nel rispetto dei principi e dei diritti dei lavoratori.

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