Come ormai quotidianamente ci ricordano i media nazionali ampia parte della crisi europea è dovuta alla mancanza di base scientifica ed economica del cosiddetto Green Deal e nella sua errata e frettolosa programmazione.
È sempre più evidente che questa ipotetica ‘strategia di crescita’ scelta dalle precedenti commissioni europee in realtà non miri ad uno adeguato ed equilibrato sviluppo e, soprattutto, si basi su un di una ideologia iper ambientalista priva di qualsiasi fondamento scientifico serio: in particolare quasi tutti gli scienziati di livello negano che il clima, e soprattutto la temperatura, possano essere seriamente alterati da fenomeni umani, anche perché esso dipende dall’energia solare che perviene alla terra ogni giorno, che ha una forza calcolata (in joule) in un ordine superiore a 25 volte di tutta l’energia utilizzata al mondo in un anno, e quindi una forza maggiore di oltre 9000 volte rispetto all’energia che quotidianamente l’uomo produce, mentre una altra enorme parte degli effetti di riscaldamento derivano anche dalla attività geotermica e da altri importanti fenomeni naturali. Cosicché gli effetti dell’attività dell’uomo sono enormemente minori, quasi totalmente irrilevanti.
Ancor più carente di ogni fondamento è poi la guerra che si sta facendo alle auto a motore termico, dal momento che anche ove si riuscisse ad abbattere tutto il COdue prodotto in Europa l’effetto sarebbe di una quantità talmente inferiore rispetto a quello globale da non poter essere nemmeno seriamente calcolato (si parla di dimensioni inferiori allo 0,037%, v. gli studi di Mario Giaccio).
Rapporto Svimez del 2024, -100mila auto prodotte rispetto al 2023. Centrale il ruolo del Sud
Gli illogici ed incoerenti comportamenti europei, privi di concretezza, miranti alla transizione energetica, mentre insieme ai conflitti internazionali stanno causando un’esplosione dei costi energetici, rischiano peraltro di provocare la distruzione del sistema economico, che in ampia parte è costituito dai sistemi collegati alla produzione all’utilizzo dell’energia fossile, da una parte, e dal sistema dell’auto a motore termico, dall’altro; sistema, quest’ultimo, importantissimo in tutta Europa, storicamente in particolare in Germania, Francia ed Italia.
La guerra alle auto con motore termico è quindi una guerra totalmente folle; e lo è anche perché mancano gli impianti, le struttura e le linee che possano consentire un utilizzo di massa delle auto elettriche, soprattutto nel sud e nelle aree interna del paese: non solo manca la possibilità di posizionare ovunque punti di allaccio che consentirebbero la ricarica, ma manca addirittura la quantità di energia elettrica disponibile nei singoli territori che possa consentire una elevata diffusione di quel tipo di auto; di tal che se vi fossero molte più auto elettriche si potrebbero verificare frequenti e diffusi blackout con effetti gravi non solo per le auto ma anche per l’intero sistema elettrico e produttivo
Essa però è innanzitutto una guerra che distrugge il sistema della produzione dell’auto e connesso e l’enorme quantità di lavoro connessa.
In Germania, infatti, si stanno formando movimenti quasi radicali per la tutela di questo sistema, e si stanno già muovendo i sindacati dell’auto con scioperi di dimensioni e durata in quel paese mai prima visti dal dopoguerra; in Italia invece i sindacati del settore non stanno operando con adeguata energia, pure se il settore costituisce una importantissima percentuale del sistema economico.
Già una statistica del 2022 circa l’Italia affermava infatti che secondo una stima degli esperti del settore quindi tutti i comparti che per una qualche ragione ruotano attorno all’auto e affini rappresentano circa il 16% del Pil (20% secondo altre fonti). Prendendo in considerazione la stima più prudente del 16% il valore dell’auto e dell’indotto può arrivare a più di 280 miliardi di euro nel 2021: in Germania la percentuale di Pil, comprensiva dell’indotto, arriva al 36%. Per fare un confronto numerico, il Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, il Pnrr, vale 191,5 miliardi di euro mentre la legge di Bilancio 2022 è da 36,5 miliardi dei quali 23,3 di indebitamento netto.
La percentuale del 16% (inferiore a quella indicata in altre statistiche che pervengono al 20%) è confermata nell’autorevole rapporto Svimez del 2024, che al contempo indica come ormai la stragrande maggioranza della produzione sì posizioni nel sud Italia, fino a indicare così uno dei suoi titoli: l’automotive è al sud: nel 2024, il 90% della produzione nazionale di autoveicoli negli stabilimenti del sud. nel 2024 meno 100 mila auto sul 2023 (-25%). serve un piano di rilancio europeo, centrale il ruolo del sud
Serve un piano di rilancio europeo
Appare dunque evidente come una grave crisi del sistema possa essere disastroso per l’Italia in genere, ma più ancora per il Sud: essa fermerebbe del tutto il processo che si sta attuando per cercare di ridurre il distacco economico tra il nord del nostro paese e il sud. La valutazione degli effetti potenziali è anzi terrorizzante ove si considerino i risultati che si produrrebbero in relazione all’eventuale crisi di questo settore, col fenomeno di moltiplicatore per il quale ogni accadimento di crisi si auto moltiplica con gli effetti di caduta (v. al riguardo il noto saggio di Olivier Blanchard, Public Debt and Low Interest Rates, febbraio 2019).
Oltre al governo italiano e ai sindacati, dunque, sia il nostro Parlamento che quello europeo dovrebbero intervenire al più presto, quantomeno ai fini che rispetto allo sviluppo del sistema delle auto si autorizzino metodologia alternative all’elettrico e perché comunque si prevedano tempi più coerenti rispetto alla ristrutturazione di un sistema così ampio ed importante.
La sostanziale assenza di queste istituzioni rispetto a questo importante tema è una grave manifestazione della lontananza che esse hanno raggiunto dall’interesse pubblico, e in particolare dai veri problemi e dal vero interesse dei cittadini del Sud Italia.