Il femminicidio diventa reato. Un passo cruciale verso la lotta contro la violenza di genere

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da Freepik

Il 7 marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato un Disegno di Legge per l’introduzione nel codice penale del reato di femminicidio che, per la particolare urgenza del fenomeno criminologico, sarà punito con la pena dell’ergastolo. Il femminicidio, quindi non è più soltanto una parola usata per indicare la morte violenta di una donna in quanto tale, ma si appresta a diventare un reato specifico punito con il massimo della pena.

Cos’è il femminicidio

Il termine femminicidio nel linguaggio comune indica l’uccisione di una donna in base al genere, spesso legata a dinamiche di dominio e controllo. Un fenomeno criminale che affonda le sue radici in una cultura patriarcale alimentata da disuguaglianze di genere. In Italia, il termine femminicidio entra ufficialmente nel dibattito politico e legislativo solo nel 2013 quando viene riconosciuto come forma specifica di omicidio, fino ad allora l’uccisione di una donna in quanto tale veniva trattata semplicemente come omicidio, senza una distinzione giuridica che ne evidenziasse la gravità e la natura del crimine. 

L’introduzione del Codice Rosso

Nel 2013 viene compiuto un primo significativo passo avanti nel contrasto della violenza di genere con l’introduzione del Codice Rosso. Un intervento legislativo che ha modificato il sistema giuridico italiano per garantire una risposta più rapida ed efficace ai casi di violenza domestica e stalking. Il femminicidio diventa, così, una aggravante dell’omicidio al pari del contesto sociale e psicologico in cui il reato avviene. Inoltre, il Codice Rosso ha introdotto norme che accelerano le indagini e le procedure giudiziarie ma anche misure di protezione per le donne.

DDL Roccella, il femminicidio diventa reato autonomo

Con il ddl che porta il nome della ministra delle Pari Opportunità, il codice penale italiano conoscerà questa nuova fattispecie autonoma di reato che sarà punito con la pena massima dell’ergastolo.  È un intervento che agisce sul piano sanzionatorio per cercare di arginare un grave fenomeno criminale, l’uccisione di una donna in quanto tale. Una lunga scia di sangue che nel 2024 conta una donna uccisa ogni tre giorni e nel 2025 ha già 6 vittime. Ma non è solo nei confronti dei responsabili di femminicidi che il governo ha deciso di intervenire. Il ddl prevede aumenti di pena anche per i reati di maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn. Per le pratiche di mutilazioni degli organi genitali femminili e per chi provoca lesioni permanenti al viso, per l’omicidio preterintenzionale, l’interruzione di gravidanza non consensuale,per chi costringe con la forza una donna a compiere o subire abusi sessuali.

Gli Interventi sul piano Processuale

Il ddl limita anche l’accesso ai benefici penitenziari per coloro che compiono reati del codice rosso ed introduce il diritto per le vittime di essere avvisate anche dell’uscita dal carcere dell’autore condannato a seguito di concessione di misure premiali. Il testo legislativo interviene anche sul fronte processuale stabilendo che i Pm dovranno ascoltare direttamente le vittime senza delegare l’audizione alla polizia giudiziaria.

La posizione della Senatrice Valeria Valente

Il testo è stato accolto con favore dalla Senatrice Valente ex presidente della commissione d’inchiesta sul femminicidio nella XVIII legislatura che ha affermato: Il disegno di legge che introduce il reato di femminicidio è un testo dirompente e coraggioso, che avrà effetti sul piano culturale, prima ancora che su quello penale. Perché, finalmente, nomina un fenomeno nel Codice penale – quello delle donne uccise dagli uomini in quanto donne, nell’ambito di una storica sperequazione di potere –e aiuta i giudici a riconoscerlo. È ciò che abbiamo sempre chiesto.”

contributo esterno

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