Ieri mattina a Napoli presso la sede dell’Unione degli Industriali, organizzato dall’Associazione ex Parlamentari della Repubblica,con la partecipazione del Ministro per gli Affari Europei, il Sud le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, si è tenuto un interessante convegno dal titolo: “PNRR e Mezzogiorno: La sfida della coesione economicamente sostenibile”. L’incontro ha registrato la presenza un folto pubblico di rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali, giuristi, economisti ed imprenditori.
Leimotiv della giornata: il punto sulle politiche di coesione e lo stato di avanzamento del PNRR.
Dopo i saluti di rito da parte del presidente dell’Unione degli Industriali di Napoli, Costanzo Jannotti Pecci, che ha ringraziato il Ministro per la sua venuta a Napoli e per gli sforzi compiuti nella rimodulazione del PNRR per non perdere le risorse assegnate, l’apertura dei lavori è stata affidata all’On.le Avv. Erminia Mazzoni, Coordinatore della Campania dell’Associazione ex parlamentari.
L’intervento di Erminia Mazzoni
Oltre a moderare i lavori, l’ex parlamentare sannita ha lanciato subito sul tavolo le questioni più complesse e spinose, che attualmente animano il dibattito politico, circa gli obiettivi del PNRR, la dotazione finanziaria, lo stato di avanzamento del Piano ed il raccordo con le politiche di coesione e l’istituzione della ZES unica Mezzogiorno. Mazzoni ha invitato tutti a considerare il PNRR un’occasione straordinaria per il Paese nella consapevolezza, però, che lo strumento non si riveli un boomerang: “l’euforia iniziale, suscitata a seguito dell’erogazione da parte dell’Unione Europea della prima rata di 24 miliardi di euro, non ci deve far dimenticare che il piano prevede, comunque, un indebitamento per il nostro Paese di circa 121 miliardi, a fronte – grazie all’intervenuta rimodulazione dei fondi – di quasi 72 miliardi a fondo perduto” . Si tratta, quindi, per la parte più rilevante, di un debito che, comunque, dovremmo scontare, ha ricordato la Mazzoni, tenendo conto delle regole, benché recentemente rinnovate, del patto di stabilità: “…abbiamo, la necessità che questi interventi siano sostanzialmente produttivi, perché l’indebitamento previsto … regge solo se dalla realizzazione di questi investimenti noi otteniamo un indotto di ritorno che è posto a copertura di quella esposizione debitoria”. Sulla rimodulazione del PNRR operata dal Governo, anche con il definanziamento di alcuni interventi trasferiti sul Fondo di Sviluppo e Coesione (FSC) e sulle conseguenti polemiche suscitate, Erminia Mazzoni ha chiesto chiarimenti al Ministro Fitto, chiedendogli “… come verrà impostata questa riprogrammazione finanziaria, perché dall’architettura, in particolare del primo articolo del decreto legge n.19, non è dato capire esattamente come essa funzioni… … Altra cosa che occorre chiarire, riguarda la realizzazione dell’obiettivo strategico dell’inclusione, uno dei tre obiettivi strategici del piano, che si realizza attraverso tre obiettivi trasversali, che sono quelli del superamento del divario di genere e di quelli generazionali e territoriali e, quindi, per questa via, arriviamo al Mezzogiorno e alle risorse che qui dovrebbero andare, nella misura del 40%. La garanzia che questa quota di risorse vada effettivamente al Mezzogiorno non è facile, però, ricavarlo; la maggior parte degli esperti che hanno espresso opinioni su questo dato ha puntato il dito contro la competitività della messa a disposizione delle risorse. Quindi, abbiamo la necessità o di riservare una quota delle risorse solo al Mezzogiorno, ovvero di garantire, comunque, attraverso la redazione di bandi in maniera studiata, che ci sia un’uguaglianza dei punti di partenza; … se metto a bando un unico strumento di investimento per le imprese sul territorio nazionale è chiaro che ci saranno difficoltà; in alcune parti del Paese ci saranno soggetti più competitivi di altri e, difficilmente, quei bandi potranno risolversi con l’assegnazione delle risorse nella misura del 40% al Mezzogiorno e la restante parte al resto del Paese…“.
Il grido d’allarme del Presidente Giannola: il PNRR non ha una visione
A seguire l’intervento di Adriano Giannola, Presidente SVIMEZ, che è partito dalla questione dell’istituzione della ZES unica del Mezzogiorno, facendo notare come non vi sia alcuna novità di rilievo a tal riguardo, né alcuna specialità, essendo da sempre il Mezzogiorno, per definizione, una specialità in questo senso: “…La Cassa del Mezzogiorno è un elemento di zona unica speciale (è valso anche nel Veneto, nelle Marche, nel Lazio); dunque il fascino del nome non deve far pensare al di là del nome stesso…. Del resto, c’è sempre stata una specialità meridionale, unica…. Anche le otto Zes costituivano un arricchimento di una specialità che già esisteva… un detonatore per un meccanismo di crescita che il PNRR non prevede in alcun modo; questo non perché non l’abbia fatto l’Europa, ma perché non l’abbiamo fatto noi; ciò costituisce un grave difetto perché il Piano non ha un obiettivo … Basti pensare ai tassi di crescita; la situazione di essere più veloci della Germania, che non ha come noi duecento miliardi in più concessi dall’Europa, non ci fa certo rallegrare.
Secondo l’economista napoletano noi, al contrario della Germania, queste risorse ce l’abbiamo “… ma i tassi di crescita non sono cambiati: siamo sempre intorno allo 0,6%, 1,0%, invece, dovremmo crescere al 2,5% al 3% all’anno per dare un senso a questo dato storico del PNRR. Ad avviso di Giannola, manca una visione : “Non c’è un piano del PNRR , ma tante canne d’organo, tanti elementi indipendenti l’uno dall’altro …. senza un’idea precisa. Ad esempio, i porti sarebbero stati fondamentali per fare della Zes unica Mezzogiorno un acceleratore dello sviluppo nazionale … perché senza il Mezzogiorno l’Italia non esiste e noi oggi stiamo andando verso una direzione molto pericolosa, perché stiamo mettendo in capo la costruzione di due entità politicamente, strutturalmente e costituzionalmente diverse “.
Il riferimento alla riforma proposta dal ddl Calderoli per l’attuazione del modello dell’autonomia differenziata, che sta suscitando un acceso dibattito nel Paese, è apparso evidente.
A questo punto, il presidente di SVIMEZ è entrato nel merito del rapporto tra ZES e PNRR, evidenziandone i mancati raccordi: “Se la Zes unica non serve al Paese, non serve a niente e, per servire al Paese, deve crescere e rispondere ai problemi della Zes unica Mezzogiorno e cioè: l’emigrazione, il degrado demografico… … Oggi emigrare è un lusso; l’emigrazione di oggi non è più quella degli anni ’50. Il PNRR non ha fatto nulla per innescare un meccanismo di crescita. Non ha fatto nulla per i porti, per Napoli, Bari, Taranto e Gioia Tauro che costituisce il quadrilatero continentale che avrebbe dovuto divenire il fulcro per il rilancio di tutto il Paese e, quindi, essere oggetto di una programmazione precisa”. L’economista napoletano poi si è interrogato sull’efficacia degli incentivi previsti per la ZES, chiedendosi: “ … Ma oggi che cos’è la ZES ? La possibilità di ottenere una decontribuzione al 30%? In passato c’era la fiscalizzazione integrale degli oneri sociali, eppure questa misura non ha portato ad alcun risultato concreto … Non affidiamo alla decontribuzione grandi obiettivi! , ha avvertito Giannola. “L’altro incentivo previsto, quello del credito d’imposta, non costituisce una novità; c’è sempre stato…”.
La garanzia del 40% al Mezzogiorno
Infine, Giannola è ritornato sulla necessità di garantire che la quota delle risorse (40%) assegnate al Mezzogiorno vadano effettivamente su questo territorio, criticando aspramente la politica di attribuzione, promossa attraverso i bandi: “ C’è poi la questione del PNRR e delle risorse messe a bando sui diritti fondamentali (istruzione, sanità …). Quando i comuni del Sud non hanno la possibilità di partecipare decentemente ad un bando e poi lo perdono, mentre le risorse vanno verso i più attrezzati ed organizzati comuni del Nord, si determina una grave forma di discriminazione … Occorre che lo Stato si assuma le sue responsabilità, garantendo le risorse al Sud … I bandi non si devono prevedere per ciò che ha a che fare con i diritti fondamentali “.
A seguire gli interventi di Angelo Lancellotti, Presidente dell’ANCE e dell’ex Senatrice Anna Maria Carloni.
La posizione dell’ANCE Campania
In particolare, Angelo Lancellotti ha sottolineato come “lo sviluppo e il futuro del nostro Paese dipenda dallo sviluppo del Mezzogiorno”. Sulla scia di Giannola, Lancellotti ha evidenziato come istruzione, sanità, mobilità, diritto alla casa sono condizioni che nel Sud mancano e che “…generano quel fenomeno migratorio di lusso, perché oggi non puoi emigrare al Nord se lì non ha un buon lavoro, perché non puoi viverci lì; sta emigrando quel capitale umano, quelle coppie (tra 25 e 34 anni), altamente scolarizzato, con l’effetto di un depauperamento nel Mezzogiorno del capitale umano. Se non interveniamo immediatamente, la situazione diventerà irreversibile” .
La rimodulazione del PNRR, secondo Lancellotti, non è stata un’opzione, bensì una scelta obbligata, considerato lo stato di avanzamento dei progetti e le caratteristiche delle opere da realizzare ” …l’ANCE è d’accordo con la rimodulazione effettuata dal Governo, con il trasferimento di alcuni interventi sul Fondo di Sviluppo e Coesione, ma rimangono delle preoccupazioni, perché in Campania ancora non si firma l’Accordo di Coesione con tutte le conseguenze che ne derivano e i lavori rischiano di fermarsi”. Un’altra preoccupazione, conclude Lancellotti, è che quando si prendono le risorse dal Fondo di Sviluppo e Coesione (15,6 per far partire il PNRR , 5 per la rimodulazione), fondi che già appartengono per l’80% al Sud, “… è chiaro che stai togliendo dei fondi al Mezzogiorno e li stai spalmando nel resto d’ Italia. Non vorremmo che questa situazione, da emergenziale, diventi la normalità”.
L’intervento di Giovanni Zarro con il richiamo alle risorse sottratte al Sud
Tra gli interventi, anche quello di un altro ex parlamentare, Giovanni Zarro, che è partito dal sottolineare come la questione meridionale sia assai antica ma ancora oggi attuale, visto che il divario socio-economico fra Nord e Sud lungi dall’essere stato superato. Secondo Zarro, ciò è dipeso anche per l’ingiusta ripartizione delle risorse pubbliche, che da anni si registra su base territoriale tra Nord e Sud del Paese, come peraltro denunciato dall’EURISPES, nel suo 32° Rapporto Italia, secondo cui dal 2000 al 2017, la somma di risorse pubbliche sottratta al Mezzogiorno ammonta a più di 840 miliardi di euro.
La clausola del 34% e l’iniquità nella distribuzione delle risorse
Quello sollevato da Zarro è un tema che merita assoluta attenzione. Anche la nostra testata ha rilanciato più volte la questione, sia sulle proprie pagine, che organizzando eventi anche in ambito istituzionale, come recentemente avvenuto presso la sala stampa della Camera dei Deputati con l’intervento dell’Intergruppo parlamentare “Sud, Aree fragili e Isole minori”.
Nel Mezzogiorno risiede il 34% della popolazione italiana e, quindi, nella stessa percentuale dovrebbe avvenire il riparto tra Nord e Sud del Paese. Sicché, secondo i dati Eurispes, come certificato nel suo ‘32° Rapporto Italia’: “Se, della spesa pubblica totale, si considera la fetta che ogni anno il Sud avrebbe dovuto ricevere, corrispondente in percentuale alla sua popolazione, vien fuori che, complessivamente, dal 2000 al 2017, la somma sottrattagli ammonta a più di 840 miliardi di euro, netti (in media, circa 46,7 miliardi di euro, netti, l’anno toltigli)”.… la differenza di spesa pubblica fra Centro-Nord e Mezzogiorno, nel 2017, arriva ad assumere un valore di 3.358 euro pro capite. Il valore medio di tale differenza fra le due macro aree, per il periodo che va dal 2000 al 2017, è di circa 3.482 euro pro capite. In altre parole, un residente del Sud Italia riceve mediamente 3.482 euro in meno all’anno rispetto a uno del Centro-Nord”.
Da più parti nel Paese si chiede di applicare la semplice clausola del 34% nella ripartizione su base territoriale dei fondi pubblici in conto capitale; eppure, c’è una legge che oggi lo imporrebbe e che rimane completamente disattesa.
Dopo Zarro, l’intervento di Giuseppe Gargani, presidente dell’Associazione ex Parlamentari, che ha sottolineato l’importanza avuta in passato dalla Cassa del Mezzogiorno nell’attenuare i divari socio economici. Qualche risultato è stato ottenuto, secondo Gargani, ma adesso c’è la grande occasione, e da qui l’invito al Ministro, di far sì che al PNRR sia affidato il compito di gestire la seconda fase “…non più il rapporto tra Nord e Sud, ma il rapporto fra Nord Europa e il Sud del Mediterraneo”.
Le conclusioni del Ministro del Sud e del PNRR Raffaele Fitto
A chiudere i lavori dell’importante giornata napoletana di approfondimento sulle politiche di coesione e sul PNRR, il Ministro per gli Affari Europei, il Sud le politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto, che è partito dal considerare che è mancata finora nel Mezzogiorno la capacità di fare una sana autocritica. Le critiche al PNRR, secondo Fitto, sarebbero anche giuste in via di principio, ma andavano formulate almeno due anni prima; il Governo ha ereditato un piano non eseguibile e che, quindi, per salvare le risorse è stato necessario rimodularlo. Il Ministro ha, quindi, sottolineato come molti progetti non fossero realizzabili, in quanto non concepiti con i tempi, le regole di rendicontazione del PNRR e non avrebbero fatto raggiungere gli obiettivi prefissati, con l’effetto del sicuro taglio delle risorse già assegnate.
Pertanto, il Governo – ha detto Fitto – è stato costretto ad operare una profonda revisione del PNRR; se non si fosse fatto con queste modalità “oggi non staremo a parlare della terza rata, modificata ed incassata, della quarta rata, modificata ed incassata, della quinta in via di verifica in questo momento . E’ stato il rapporto di medio termine sul PNRR, fatto dalla Commissione Europea, a dire che l’Italia ha oggi la migliore performance sull’avanzamento del Piano”. Il Ministro ha annunciato che ci saranno tanti altri interventi da eseguire con molti altri decreti da emanare, oltre quello in corso di conversione in Parlamento, che non risolve tutti i problemi perché le misure sono tante e i progetti da realizzare migliaia. “C’è una straordinarietà del PNRR e c’è la necessità di coordinare il PNRR con gli altri fondi, come il FSC che è in corso di riorganizzazione, con altrettante riforme degli strumenti che stiamo attuando”. Ancora il Ministro del Sud ha evidenziato come il Governo si trovi a ad attuare un piano (il PNRR) “ ipotizzato come bellissimo da chi sapeva di non doverlo realizzare” ma che si è rivelato per lo più non eseguibile. “L’idea delle proroghe non mi appassiona, noi abbiamo un termine (giugno 2026) che intendiamo rispettare” aggiunge Fitto.
La Commissione Europea ha chiesto agli Stati membri, ricorda Fitto, di mettere in connessione la politica di coesione con il PNRR perché il rischio era “ che noi avremmo avuto contemporaneamente tre voci di finanziamento: Il PNRR, il FSC che sono fondi nazionali e i fondi europei della coesione con i cofinanziamenti; fonti che sarebbero andate in contrasto le une con le altre, senza alcun raccordo. Avere la possibilità di raccordare, dal punto di vista della tempistica, queste fonti fra loro che hanno diverse scadenze (il PNRR giugno 2026, i fondi europei della Coesione 31 dicembre 2029 , il Fondo di Sviluppo e Coesione ha delle scadenze che si possono adeguare rispetto alle esigenze) è una cosa molto utile, che consente di eseguire gli interventi, senza sovrapposizioni e senza perdere le risorse”.
Sulle polemiche riguardanti la mancata sottoscrizione degli Accordi di Coesione con alcune Regioni (tra cui la Campania), il Ministro Fitto ha voluto precisare che, su indicazione europea, il funzionamento dell’FSC è stato riformato, prevedendo un monitoraggio più attento e un cronoprogramma preciso, rispetto al passato quando le risorse venivano concesse senza alcun serio controllo. “Abbiamo così già sottoscritto 17 Accordi di Coesione con le Regioni e stiamo proseguendo con le altre, con un confronto costante … perché i programmi con la Sicilia, la Puglia e la Campania sono i più grandi”, aggiunge Fitto, e definire l’enorme quantità di risorse che li riguardano, rispetto alle altre Regioni, non è compito semplice.
In merito alle finalità del Piano, Ministro ha evidenziato che, rispetto alle 59 riforme richieste dall’Europa per il PNRR, il Governo italiano nella sua revisione, unico Paese a farlo, ha proposto 7 nuove ed ulteriori riforme, di cui 5 collegate al Repower, perché l’Italia ha più bisogno degli altri paesi di riformarsi per spendere rapidamente e bene le rilevanti risorse delle politiche di coesione.
La strategicità della ZES Unica Mezzogiorno e il Piano Mattei
Infine, sulla ZES Unica Mezzogiorno, il Ministro Fitto ha voluto rimarcare il fatto come il merito di averla costituita sia stato tutto di questo Governo che, silenziosamente, si è mosso sin dall’inizio per negoziare e poi ottenere dall’Europa questo importante risultato, mai ottenuto in precedenza. “Il vero obiettivo della ZES non può essere quello della contrapposizione locale ma di una visione globale”, avverte il Ministro, dovendo costituire la ZES un’occasione per attrarre nel centro del Mediterraneo grandi investimenti e che “rappresenta per la strategia del Governo una grande opportunità sul fronte internazionale per la realizzazione in Africa del Piano Mattei, non nell’interesse dell’Italia ma dell’intera Europa e così il Mezzogiorno può diventare, in chiave geopolitica, un’opportunità alternativa, rispetto agli scenari attuali con quanto sta avvenendo oggi con le guerre in corso e la conseguente crisi energetica”.