Immigrazione e denatalità: una trappola per la destra

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Immigrati

Lo dice anche il DEF, l’immigrazione può essere un fattore positivo che influenza la crescita nel nostro Paese, ma per il Governo di centro destra è un tema difficile da affrontare senza pregiudizi.

di Elisabetta Trenta

I buoni propositi e le parole sbagliate

A volte si usano parole sbagliate per giustificare obiettivi che sono giusti,

è così che la questione della necessità di incrementare le nascite è stata argomentata dal Ministro Lollobrigida come necessità di opporsi alla denatalità per evitare la sostituzione etnica degli italiani con gli immigrati. Grande polverone, le opposizioni insorgono e si parla per giorni solo di questo dimenticando che il tema principale è invece come l’Italia debba affrontare la trappola della diminuzione delle nascite. 

Anche la Presidente del Consiglio, nel dare lo stesso messaggio ha insistito solo su una parte della cura. In occasione della sua presenza al salone del mobile ha detto infatti: “Per creare manodopera non servono migranti, ma far lavorare di più le donne”.

Immigrazione e PIL

Lo sappiamo, per il governo i migranti sono proprio una sfida che vorrebbero non affrontare anche quando proprio il Documento di Economia e Finanza 2023, mentre sottolinea come l’invecchiamento della popolazione porti a una diminuzione della popolazione attiva e a un aumento della spesa previdenziale, assistenziale e sanitaria, evidenzia quanto, invece,  l’immigrazione abbia un impatto positivo sul rapporto debito PIL : “La transizione demografica – scrivono – è una delle sfide più rilevanti che l’Italia dovrà affrontare nel corso dei prossimi decenni. Assume particolare importanza valutare distintamente l’impatto delle principali determinanti dell’evoluzione demografica: i) il graduale aumento della speranza di vita alla nascita, di circa 2 anni nel 2070; ii) la progressiva riduzione del tasso di fertilità del 20 per cento a partire dal 2020; e iiia) e iiib) riduzione/aumento pari al 33 per cento del flusso netto di immigrati rispetto all’ipotesi di base”. 

La trappola della denatalità

Ciò che non si dice con abbastanza forza è che l’Italia ha pochissimo tempo per uscire dalla trappola della denatalità ed è necessario invertire la tendenza subito. Il numero delle nascite costantemente in decrescita dal 2008 significa non solo meno bambini, ma sempre meno donne e uomini in età fertile e sempre meno possibilità di mantenere il nostro livello di benessere, cosa che scoraggerà sempre di più le famiglie dall’idea di avere un bambino. 

Il record di nascite è costantemente negativo dal 2014; nel 2021 sono nati meno di 400.000 bambini e i dati di agosto 2022 mostravano già un 2% in meno rispetto all’anno precedente. 

Oggi il numero medio di bambini per donna (tasso di fertilità) è 1,25 e questo non permette il ricambio di una coppia che lascerebbe il tasso inalterato. La stessa situazione è presente, anche se in modo diverso, in tutti i paesi del nord del mondo, mentre nel sud si continuano a fare figli. 

Entro 40 anni si prevede che ci saranno 12 milioni di italiani in meno e la piramide demografica (il rapporto tra giovani e anziani) si rovescerà a favore degli anziani. Nel 2070 potremmo avere 145.000 ultracentenari, oggi sono 20.000. 

Non occorre essere degli esperti per capire quale riflesso avrà tutto questo sull’economia,  la sanità, le pensioni o la scuola. 

D’altra parte è noto che in tutte le economie che crescono il maggiore benessere, il miglioramento della sanità e l’allungamento della vita portino alla riduzione delle nascite. Infatti, nel passato si facevano più figli perché molti sarebbero morti, ed avere i figli per i genitori era un modo di sopravvivere alla vecchiaia. 

Insomma, è normale che lo sviluppo porti a tassi di natalità più bassi e questo succederà anche in Africa. Però quando si va oltre il confine del ricambio generazionale, le prospettive di sviluppo diventano negative.

L’importanza dell’attenzione alla demografia

Se esiste una relazione tra economia e demografia e qualità della vita, per quale ragione in paesi simili al nostro, come la Francia, si fanno più figli?

La spiegazione è semplice, da sempre in Francia c’è un’attenzione maggiore alla demografia, non tanto con riguardo al primo figlio, ma al secondo e al terzo perchè per mantenere l’equilibrio generazionale, se qualcuno fa un solo figlio qualcun altro deve farne tre.

Immigrazione e nuove nascite

I migranti possono fornire una boccata d’ossigeno alla riduzione demografica, perché temporaneamente la popolazione ringiovanisce, ma se restano qui, anche loro un giorno saranno ottantenni. Dal punto di vista nella natalità il contributo in termini di nascite da coppie di stranieri è indubbio: In italia oggi le nascite straniere sono 59.000, (80-90000 se solo uno dei 2 genitori è immigrato). Se però guardiamo i dati del 2012 scopriamo che in quell’anno, con una popolazione straniera minore in termini di quantità di stranieri,  i nati da migranti i nati erano 80.000 circa, dunque, in percentuale erano maggiori di oggi. La componente straniera, quindi, contribuisce a ridurre la denatalità ma risente, forse ancora di più di quella italiana, delle difficoltà che oggi hanno coloro che vogliono avere dei figli.

Agire su tutte le leve possibili per far aumentare le nascite

Nonostante le corrette indicazioni del DEF, che dicono che gli immigrati ci aiutano a migliorare l’economia, la vera sfida l’Italia la vincerà stimolando tutte insieme le diverse leve utili, fino ad oggi lasciate ai margini: 

  • Investire sull’occupazione dei giovani e far partire quelle politiche che consentano ai giovani di rendersi autonomi dalla famiglia di origine e formare la propria famiglia;
  • Favorire l’aumento dell’occupazione femminile mettendo in campo tutte quelle politiche che consentono alla donna di lavorare e, al contempo, di avere figli;
  • Favorire un’immigrazione integrata e inclusa nel nostro modello di sviluppo e che consenta di rafforzare anche la popolazione in età lavorativa e di contribuire alla natalità.  

Perseguire in maniera integrata questi obiettivi consente di rafforzare la forza lavoro e, almeno, di non ridurla troppo e intanto di aumentare le nascite per ridurre il rischio di squilibri futuri. 

Ed il PNRR ne offre l’opportunità. 

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