Quando si parla di Atletica si pensa sempre alle Olimpiadi e ai 100 metri, al più ai salti. Siamo insomma abituati a pensare che sia tutto lì, che Atletica significhi correre brevi distanze e saltare, e ci dimentichiamo, o spesso ignoriamo, che comprende invece una serie di discipline e specialità molto complesse e diverse tra loro, che richiedono non solo diversi tipi di allenamento ma anche diverse attitudini, peculiarità e qualità sia fisiche che mentali. Qualità che non sembrano però mancare ai nostri Azzurri.
Smaltiamo subito le notizie di cronaca di questo fine settimana: Sara Fantini ha vinto il bronzo nella Coppa Europa di lanci con 72,37 metri. Nadia Batocletti è ovviamente arrivata prima a Cassino nella gara di cross di 8 km, chiusa in 27’22”. Primo posto anche per Luca Alfieri, che chiude i 10 km di cross in 30’24”. La maratona invece è stata vinta sia al maschile che al femminile dagli atleti keniani Robert Ngeno in 2h07’35” e Betty Chepkwony in 2h26’16”. Buon piazzamento per Daniele Meucci e Ayse Burcin Sonmez, che conquistano entrambi l’ottavo posto rispettivamente con 2h12’44” e 2h45’39”.
Nessuno direbbe mai che chi lancia deve essere prima di tutto rapido o rapida con le gambe e che la potenza di un lancio non dipende prettamente dalla forza, ma dalla coordinazione e dalla precisione dell’atleta. Pochi si sono mai fermati a pensare che chi corre lunghe distanze difficilmente sarà un bravo o una brava centometrista e che chi fa salto in lungo o in alto non è detto sappia saltare gli ostacoli con altrettanta efficacia e che quasi certamente avrà buone probabilità di far cadere un testimone durante una staffetta.
La bravura di Nadia Batocletti, quello che la rende una grande atleta, quindi, non è solo quella di essere veloce sui 10.000 metri, ma anche di saper essere versatile, cioè di saper correre in varie condizioni meteorologiche e su varie tipologie di terreno. Le gare di cross sono particolarmente difficili perché vanno gestite soprattutto a livello tattico e tecnico. Non basta in sostanza saper correre veloce. La capacità di adattarsi il più velocemente possibile al cambio di terreno dipende dal saper padroneggiare correttamente la tecnica di corsa, ora rapida, ora ampia; e se su un campo di atletica la risposta del terreno è sicuramente elastica e uniforme, su quello dissestato e fangoso di un percorso di cross è imprevedibile. La corsa richiede quindi controllo, concentrazione e un dispendio di forze non indifferente. Sapere come modulare l’energia e la velocità durante tutto il percorso è una capacità fondamentale per chiudere una competizione al primo posto. Nadia in gara ha dimostrato non solo di saperlo fare, ma di saperlo fare bene, arrivando alla fine con abbastanza energia per uno sprint finale notevole: ha, come sempre, gestito la gara in modo impeccabile.
Sara Fantini ha conquistato il bronzo a Nicosia (Cipro). Dopo le Olimpiadi, che non le avevano reso giustizia, in questa stagione ha dato il massimo. Il successo a Rieti del 1° marzo con 70,81 metri l’ha vista poi migliorarsi fino a raggiungere il suo personal best a Cipro: 72,37 metri. Sara ha una capacità innata che la rende un’atleta d’eccellenza. La sua è una tecnica pulita, riesce a reiterare il lancio calibrando la forza con precisione e sa accompagnare, come si dovrebbe, la spinta del martello dai piedi, aiutata dalla rapidità di rotazione che permette allo strumento di acquisire una velocità tale da poter essere poi scagliato lontano e le consente di effettuare lanci ormai consolidati sopra i 70 metri.
Vincere una maratona come quella di Roma non è semplice, soprattutto se partecipano altri colossi come Ngeno, Kogo o Gebre. Con più di 50.000 partecipanti quest’anno, la maratona, insieme alla mezza e ai 10 km, è tra le gare che vedono ogni anno più adesioni. Un po’ perché il tempo minimo è relativamente alla portata di molti (parliamo di 6h30’ per arrivare al traguardo), un po’ perché correre, dopo camminare, è la cosa che forse ci viene più naturale. Oltre al massimo di gara, ci sono dei minimi da rispettare, i cosiddetti cancelli, che sono degli sbarramenti posizionati in vari punti della gara a un determinato km. Chi partecipa deve superarli entro un certo tempo, pena l’eliminazione dalla gara. Quelli della mezza maratona, ad esempio, sono posizionati a 10 km (da superare entro 1h40’) e a 15 km (da superare in 2h30’), tempi più che abbordabili. Questo consente a molte persone di cimentarsi in quella che è la gara che forse racchiude un po’ il senso stesso dello sport: l’attitudine alla resistenza, la costanza nell’allenamento e la gestione della gara.
Correre 42,195 km non è uno stress solo a livello fisico, ma anche mentale. Da un certo punto in poi si dice che “le gambe vanno da sole” e che è “la testa che dirige” e, se questo è vero per la maratona, lo è anche per tutte le altre discipline dell’Atletica. Non importa la fatica, non importa la stanchezza, importa solo arrivare al traguardo provando a migliorarsi. Senza mai desistere. Ed è esattamente quello che ci stanno dimostrando e che ci insegnano, gara dopo gara, i nostri Azzurri.
Il prossimo appuntamento è ai Mondiali Indoor in Cina, che vedrà gareggiare 11 uomini e 9 donne. Tra i più attesi: Fabbri, Furlani, Simonelli, Diaz, Carmassi, Dosso, Coiro, Molinarolo e Bruni.
Mentre al Consiglio Affari Esteri dell’Ue si discute del piano di appoggio militare all’Ucraina lanciato da Kallas, è attesa la telefonata tra Il Presidente Americano Donald Trump e Il Cremlino Putin per la possibilità di un cessate il fuoco tra Ucraina e Russia.
“Parleremo di terre. Parleremo di centrali elettriche” – ha così dichiarato Trump in merito alla conversazione che si terrà domani con Putin sulla fine della guerra : “vedremo se avremo qualcosa da annunciare” – ha aggiunto il presidente secondo quanto riportato da Cnn. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, ha a sua volta confermato la notizia ma non ha fornito maggiori dettagli in merito agli argomenti che verranno trattati durante la conversazione tra il presidente americano e quello russo.
Piano Kallas: fino a 40 miliari di euro per aiuti militari all’Ucraina, la coalizione di volenterosi e i Paesi oppositori all’iniziativa
L’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea Kaja Kallas ha presentato un piano per mobilitare fino a 40 miliardi di euro per sostenere militarmente l’Ucraina con l’invio di droni, jet da combattimento, missili e munizioni di artiglieria.
Un iniziativa duramente criticata da alcuni dei paesi europei come un programma che va “a favore della guerra”, così come sostenuto dall’Ungheria. Mentre per i paesi partecipanti all’iniziativa si parla di “coalizione dei volenterosi”. A Londra, più di 30 paesi sono propensi ad unirsi alla cosiddetta coalizione mentre Francia e Canada rimangono volenterosi, invece, di una pace duratura e pretenziosi di impegni chiari da parte della Russia in modo da garantire la sicurezza Europea.
Come annunciato dall’alto Rappresentante Kallas – “c’è un ampio sostegno politico”- all’iniziativa di maggiori aiuti militari ma vanno ancora delineati i dettagli.
L’Italia è il Paese del caffè per eccellenza. Un rito quotidiano, una pausa immancabile nella giornata, un gesto che va ben oltre il semplice consumo di una bevanda. Ma negli ultimi mesi il prezzo dell’espresso è aumentato in modo significativo, e le previsioni per il futuro non sono incoraggianti. In alcune città italiane, una tazzina al bar ha già superato 1,50€, con picchi che potrebbero toccare i 2€ nel prossimo futuro. Una situazione che fa discutere e che apre una domanda provocatoria: bere un caffè sarà presto un lusso per pochi?
Perché il caffè sta aumentando di prezzo?
L’aumento del prezzo del caffè è un fenomeno complesso e legato a molteplici fattori, sia globali che locali.
1. Il cambiamento climatico e la crisi della produzione
Uno dei motivi principali è legato ai cambiamenti climatici che stanno colpendo i Paesi produttori. Il Brasile, che è il maggior esportatore mondiale di caffè, ha subito forti siccità e gelate che hanno compromesso i raccolti. Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale del Caffè (ICO), le anomalie climatiche hanno ridotto la produzione brasiliana del 30% nell’ultimo anno.
Anche il Vietnam, secondo produttore mondiale e principale esportatore di caffè robusta, sta affrontando problemi simili. Le forti piogge e l’aumento delle temperature hanno reso più difficile la coltivazione, portando a un calo dell’offerta.
Secondo un rapporto della FAO, se le condizioni meteorologiche estreme continueranno a intensificarsi, nei prossimi anni potremmo assistere a un’ulteriore riduzione della produzione globale di caffè, con conseguente aumento dei prezzi.
2. L’aumento dei costi di trasporto e delle materie prime
Oltre ai problemi agricoli, anche il costo della logistica incide notevolmente. La crisi del trasporto marittimo, l’aumento del prezzo del carburante e le difficoltà legate alla scarsità di container hanno fatto lievitare i costi di trasporto del caffè.
Secondo un’indagine della Bloomberg, il costo del trasporto di un container di caffè dal Sud America all’Europa è aumentato del 400% rispetto al 2019. Questo significa che anche se la materia prima non aumentasse, il costo finale sarebbe comunque più elevato a causa delle spese logistiche.
Inoltre, l’inflazione e il rincaro dell’energia stanno pesando su tutta la filiera, dai costi di lavorazione e torrefazione fino ai costi di gestione dei bar, che si trovano costretti a ritoccare i prezzi per non andare in perdita.
I dati sui rincari del caffè in Italia
L’Unione Nazionale Consumatori ha segnalato che tra il 2021 e il 2024 il prezzo medio di una tazzina di espresso al bar è aumentato del 19%, passando da 1,03€ a 1,22€. Tuttavia, in alcune città i prezzi sono ancora più elevati.
Milano: il prezzo medio è di 1,50€, con punte di 2€ nei locali del centro.
Roma: in molte caffetterie il costo è salito a 1,30€-1,50€.
Napoli: storicamente più economica, mantiene una media di 1,10€-1,20€, ma con locali più esclusivi che arrivano a 1,50€.
Secondo Confcommercio, entro il 2025 il prezzo medio del caffè in Italia potrebbe toccare 1,50€ e in alcune città superare i 2€.
sta diventando un lusso?
L’aumento dei prezzi solleva una questione importante: il caffè rischia di trasformarsi in un bene di lusso?
Bere un espresso al bar è sempre stato un piccolo piacere accessibile a tutti, ma con questi rincari sta diventando una spesa sempre più pesante per le famiglie. In un contesto in cui il potere d’acquisto degli italiani è messo a dura prova dall’inflazione e dal caro-vita, anche una semplice tazzina può diventare un sacrificio.
Inoltre, il rischio è che si perda il valore sociale del caffè. In Italia, e in particolare a Napoli, il caffè è più di una bevanda: è un momento di condivisione, un simbolo di accoglienza e amicizia. Il celebre caffè sospeso, la tradizione partenopea di lasciare pagato un caffè per chi non può permetterselo, è l’emblema di questa cultura. Se i prezzi continueranno a salire, il rischio è che questa abitudine si affievolisca, alterando un aspetto fondamentale della nostra identità.
L’aumento del prezzo del caffè è il risultato di una combinazione di fattori globali e locali: crisi climatica, aumento dei costi di trasporto, inflazione e rincari nelle attività di ristorazione. Questi elementi stanno trasformando un’abitudine quotidiana in un piccolo lusso, con conseguenze sia economiche che culturali.
Se questa tendenza non verrà contenuta, potremmo trovarci di fronte a un paradosso: in Italia, patria dell’espresso, bere un caffè al bar potrebbe diventare un privilegio per pochi.
Si arricchisce di ulteriori opere a tema la mostra “La scelta di Adamo” di Rosella Cerra, Sonia Talarico e Tonino Iozzo. Dopo il successo dell’inaugurazione dell’Otto Marzo, il 22 si replica e si amplia l’esposizione. Gli eventi sono curati da AntonellaBeatrice Bongarzone, direttrice della Casa Museo Gullo e Giovanna Adamo, presidente della Associazione Arte Antichità e Passato Prossimo che li hanno patrocinati e sponsorizzati. Gli eventi si tengono presso il Laboratorio d’Arte di Rosella Cerra, in via Pirandello n. 7 a Lamezia Terme (CZ)
Dalla ricerca delle nostre origini, con un ritorno alla purezza dell’essere “bambini”, alla ricerca di una nuova spiritualità, attualizzata anche nella figura di Gioacchino da Fiore. Un percorso che ha portato l’Umanità dai giardini dell’Eden verso un futuro incerto e pieno di sofferenze. Questo quanto emerso dal dialogo svoltosi l’Otto marzo.
Il tema centrale del 22 marzo è “la materia ed il segno”. Quale è il messaggio, ancora da codificare, che l’umanità ha lanciato all’inizio del suo percorso? E quale è il ruolo dell’artista? Tramite la materia ed il segno l’artista delinea l’intuizione, la sensazione, cercando di interpretare il linguaggio primordiale. Ma sono anche gli strumenti attraverso i quali si cerca di trasmettere una idea, un concetto, ma anche un linguaggio rinnovato.
L’intervista al costituzionalista Andrea Patroni Griffi
Il tema che hanno affrontato i massimi giuristi, filosofi ed esperti di bioetica riuniti giovedì scorso a Benevento è uno di quelli che oramai da alcuni anni animano il dibattito pubblico, aprendo dilemmi bioetici e questioni giuridiche a cui occorre dare risposte concrete. Il progresso biomedico e biotecnologico, attraverso la cura di molte malattie un tempo mortali, ha certo reso possibile un prolungamento della vita, sebbene spesso – nei casi più gravi – attraverso macchinari e sistemi elettromedicali in grado di mantenere le funzioni vitali in modo artificiale.
In merito al “fine vita”, l’Italia è – però – ancora piuttosto indietro rispetto al panorama europeo. Le disposizioni di fine vita riguardano, infatti, le questioni irrisolte sull’ accanimento terapeutico, sulla sospensione delle cure o l’interruzione dei trattamenti sanitari, sull’eutanasia e sul testamento biologico, temi approfonditi e declinati in modo davvero plurale nel convegno di Benevento, articolatosi in due distinte sessioni.
Sulla necessità di una legge sul “fine vita” sono d’accordo Giuliano Amato, presidente emerito della Corte Costituzionale, Marco Cappato, dell’associazione Luca Coscioni, e monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, intervenuti a Benevento nel convegno annuale del CIRB, Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica; tuttavia, sui contenuti della legge le posizioni sono differenti.
Il Presidente emerito della Corte Costituzionale Giuliano Amato (intervenuto in collegamento da remoto)
Monsignor Paglia, lo ha detto con parole quanto mai chiare: «È bene che ci sia una legge», e che sia approvata con il più largo consenso possibile. Ma se l’auspicio per l’adozione di una legge statale sul fine vita, definita «costituzionalmente necessaria» nella sua introduzione dal direttore del CIRB Andrea Patroni Griffi, è condivisa dalla gran parte dei relatori, anche ad evitare che il mondo giudiziario si trovi abbandonato nelle situazioni incerte e delicate del fine vita, come sottolineato dalla presidente della Corte d’Appello di Napoli Maria Rosaria Covelli, sui contenuti da dare a questa legge i distinguo restano tra i diversi relatori intervenuti a Benevento.
Maria Rosaria Covelli (Presidente della Corte di Appello di Napoli)
Monsignor Paglia richiama la necessità della legge ad evitare «il rischio del far west»;Marco Cappato chiede, invece, di legalizzare l’eutanasia.
Monsignor Vincenzo Paglia (presidente della Pontificia Accademia per la Vita) che interviene ai lavori
Una possibile mediazione tra le due posizioni, in apparenza inconciliabili, viene invece dal “Dialogo sul suicidio medicalmente assistito”, documento elaborato dal Cortile dei Gentili, che è stato ampiamente richiamato durante il convegno dal Presidente Giuliano Amato, da Laura Palazzani, da Eugenio Mazzarella, ma anche da altri relatori.
Dal convegno è sembrato, in definitiva, emergere la necessità di superare ogni assolutizzazione del principio di “indisponibilità” della vita e dello stesso principio di autodeterminazione della persona nel fine vita, percorso ineludibile per addivenire a quel dialogo auspicato e necessario per l’adozione di una legge condivisa.
Il convegno annuale del Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica (CIRB), intitolato «Fine vita – Dilemmi bioetici e questioni giuridiche», si è tenuto giovedì 13 marzo presso l’Auditorium dell’Università degli Studi del Sannio, a Benevento.
Dopo i saluti istituzionali delle più alte cariche accademiche e civili, tra cui il Preside della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, Francesco Asti e i Rettori aderenti al CIRB: Gerardo Canfora (Università del Sannio), Luca Brunese (Università del Molise), Lucio d’Alessandro (Università Suor Orsola Benincasa), Antonio Garofalo (Università di Napoli “Parthenope”), il sindaco di Benevento Clemente Mastella, la presidente della Corte d’Appello di Napoli Maria Rosaria Covelli, l’Avv.Angela Abbamondi per il Coa di Beneventoe altre personalità, i lavori si sono aperti con l’introduzione del professor Andrea Patroni Griffi, direttore del CIRB, che ha anche coordinato la prima sessione.
Giuliano Amato, nel trattare gli aspetti costituzionali e bioetici del fine vita, ha sottolineato l’essenzialità dell’intervento del legislatore nazionale, anche a garanzia di uniformità, ad esempio, nella valutazione dei comitati etici. Monsignor Vincenzo Paglia ha illustrato il suo “Piccolo lessico sul fine vita”, sottolineandone la concretezza e il favore finora riscontrato tra gli addetti ai lavori.
Tra gli altri interventi, Laura Palazzani (Università LUMSA) che ha illustrato, con un approccio di tipo filosofico, il documento del Cortile dei Gentili.
Laura Palazzani (Università LUMSA)
E’ stata, quindi, la volta del già Ministro della Salute e presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, Renato Balduzzi, che ha discusso del ruolo del Servizio sanitario nel contesto del fine vita. A seguire, Eugenio Mazzarella (emerito di Filosofia teoretica alla Federico II) che ha riflettuto sulle disposizioni relative alla morte medicalmente assistita come espressione di «diritto mite»; mentre Lucio Romano (già senatore e componente Comitato Nazionale per la Bioetica) ha illustrato i diversi disegni di legge in materia depositati in Parlamento presso il Senato.
Lucio Romano (CNB)
Le conclusioni della prima sessione di lavori sono state svolte dall’esperto costituzionalista Lorenzo Chieffi (ordinario di diritto costituzionale e pubblico dell’Università della Campania L. Vanvitelli) che ha, sapientemente, ricostruito il quadro giuridico di riferimento, sottolineando il ruolo tenuto sul tema dalla Corte Costituzionale che, pur intervenendo in un ruolo di supplenza, non ha risolto, né poteva farlo, tutte le questioni che rimangono ancora aperte e che spetta al legislatore nazionale risolvere: «con una legge che garantisca la certezza del diritto».Chieffi si è soffermato su un primo caso di richiesta di suicidio assistito in Campania venuto alla sua attenzione che evidenzia non solo come non ci sia una legge che disciplini il da farsi («l’assenza assoluta non dico di una legge»), «ma neanche di un atto amministrativo» che possa essere assunto a tal riguardo come riferimento, in una situazione di caos generalizzato, in cui anche il ruolo ed i pareri delle ASL risultano spesso dissonanti fra loro, che evidenzia l’assoluta necessità di una legge. Secondo Lorenzo Chieffi, sicuramente,« le risposte non potranno venire da una legge regionale», ma solo lo Stato può intervenire in materia, per garantire in modo uniforme su tutto il territorio nazionale l’esercizio del diritto al suicidio assistito, naturalmente entro la cornice e il percorso indicati dalla Corte costituzionale.
Da sinistra: Renato Balduzzi (già Ministro della Salute e presidente dell’Associazione italiana dei costituzionalisti) e Lorenzo Chieffi (costituzionalista Università L.Vanvitelli)
La sessione pomeridiana è stata coordinata e conclusa dalla professoressa Antonella Tartaglia Polcini (ordinario di diritto privato dell’Università del Sannio). Il primo intervento del pomeriggio è stato quello del professor Claudio Buccelli (emerito di medicina legale dell’Università di Napoli Federico II) che, con una puntuale relazione, ha approfondito la tematica della “richiesta di morte nel rapporto di cura”. Alberto Maria Gambino (ordinario di diritto privato dell’Università Europea di Roma) si è occupato di “Consenso, libertà e circostanze”. Del confronto tra normative internazionali sulle decisioni di fine vita, ha parlato il professor Paolo Passaglia (ordinario di diritto pubblico dell’Università di Pisa); mentre del bilanciamento tra “autodeterminazione e tutela della vita” si è occupato il professor Vincenzo Verdicchio (ordinario di diritto privato dell’Università del Sannio). Si sono poi succeduti gli interventi di esperti di bioetica e diritto, tra cui ricordiamo quelli di Giuseppe Vacchiano ed Emilia Taglialatela.
Sulla destra, Vincenzo Verdicchiio (ordinario di diritto privato dell’Università del Sannio)
In chiusura dei lavori, Antonella Tartaglia Polcini ha posto l’accento sulla necessità di: «non lasciare da solo il Parlamento nella definizione di una legge chiara ed organica sul “fine vita”, ma di accompagnarlo in questo difficile compito, come del resto sembra aver fatto la stessa Corte costituzionale con le ricordate sue pronunce». L’auspicio finale della Tartaglia è che anche il contributo dato al delicato tema del “fine vita” da giornate di dibattito a più voci e approfondita riflessione, come avvenuto a Benevento, possa aiutare concretamente il legislatore a compiere le scelte più giuste e ponderate, nel rispetto della sacralità della vita e della persona, contemperando esigenze ed interessi diversi e, al contempo, salvaguardando la laicità dello Stato.
Antonella Tartaglia Polcini (ordinario di diritto privato dell’Università del Sannio)
L’intervista ad Andrea Patroni Griffi, costituzionalista e Direttore del CIRB
A margine del convegno di Benevento, per dar conto dell’esito dei lavori ed offrire ai nostri lettori un’analisi più approfondita della delicata questione del “fine vita”, abbiamo intervistato uno dei principali protagonisti ed organizzatori dell’evento, Andrea Patroni Griffi, costituzionalista e direttore del CIRB (Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica), rivolgendogli alcune (sei) precise domande:
Andrea Patroni Griffi, (costituzionalista e Direttore del CIRB)
Egregio direttore, quali sono le finalità e le attività del CIRB che lei dirige?
(Andrea Patroni Griffi): “Il CIRB, Centro Interuniversitario di Ricerca Bioetica, consorzia nove atenei ed è una sede di dibattito e produzione scientifica nel campo della ricerca in campo bioetico. Ciascuna università esprime tra i propri esperti nel settore dei componenti nel consiglio direttivo e nel comitato scientifico, così come i tanti ricercatori aderenti al CIRB. La prospettiva è quella di una bioetica declinata al plurale sia sotto il profilo culturale e delle sensibilità di ciascuno sia, soprattutto, dall’osservatorio scientifico di riferimento. Al CIRB il dibattitto bioetico è dunque sempre plurale e i giuristi, filosofi, medici, esperti del sapere tecnico presenti nel CIRB esprimono una molteplicità di vedute e di osservatori di cui si riesce spesso a fare sintesi comune”.
Come sappiamo, in Italia il quadro giuridico complessivo in ordine alla disciplina del “fine vita”, rimane ancora piuttosto incerto ed indefinito, atteso che rimane sostanzialmente ancorato a due leggi di riferimento, la L. n.38/2010 sull’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore e la L. n.219/2017 sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento. Tant’è che, ancora una volta, nel dare concreta risposta a casi specifici, è dovuta intervenire, esercitando ancora una volta un ruolo di supplenza, la Corte costituzionale con l’ordinanza n.207/2918 e le sentenze n. 242/2019 e n. 135/2024. Davanti all’immobilismo del Parlamento, più di recente, è intervenuta una legge regionale (in Toscana), benché non ancora promulgata, che comunque prova a tracciare un percorso operativo sul fine vita, muovendosi nel solco delle indicazioni e del decalogo contenuto nella sentenza della Corte 242/2019. Come costituzionalista, qual è la sua posizione in merito e, ancora, secondo lei può lasciarsi ad una legge regionale il compito di disciplinare una materia così delicata e di portata evidentemente generale come quella sul fine vita?
(Andrea Patroni Griffi): “Gli organi direttivi del CIRB unanimi hanno deciso di affrontare un tema delicato della bioetica classica, come il Fine vita, quale tema del convegno annuale 2025, perché era importante esserci, come centro interuniversitario di ricerca bioetica, come luogo plurale di dibattito scientifico bioetico, filosofico, giuridico, medico e dare il nostro contributo in materia, in un momento così delicato, dopo che alle decisioni della Corte costituzionale, ha continuato a fare seguito il perdurante silenzio del legislatore nazionale, che si scontra peraltro, con un certo attivismo di quello regionale.
Eppure, Fine vita, così come inizio vita, ritengo costituiscano ambiti di leggi costituzionalmente necessarie. Naturalmente anche ampia può essere la discrezionalità del legislatore nella disciplina da dettare (non sono infatti leggi a contenuto costituzionalmente vincolato); ma il legislatore non è neppure, di certo, onnipotente in materia, dovendosi sinanche individuare, talora, almeno frammenti di rime obbligate dalla Costituzione. E così ad esempio il divieto assoluto di suicidio assistito è incompatibile con la Costituzione; così come, per dire, nell’inizio vita, illegittimo era lo stesso originario divieto generale e assoluto di fecondazione eterologa, che infatti cadde dinanzi alla Corte costituzionale. Dunque, se abbiamo ambiti di leggi costituzionalmente necessarie si devono realizzare ragionevoli bilanciamenti dei diritti, doveri e interessi costituzionali in gioco. La legge sulle cure palliative e sulla terapia del dolore e la legge sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento sono buone leggi, della cui effettività (mi riferisco soprattutto alle cure palliative e terapia del dolore) pure potrebbe discutersi rispetto al profilo della realizzazione uniforme sul territorio, che dovrebbe impedire di discriminare sostanzialmente in questo ambito i cittadini a seconda dalla loro realtà regionale.
Sui contenuti della legge da adottare sul fine vita, deciderà il Parlamento, che è bene però comprenda che il vero dilemma da affrontare, una volta accantonato, nella corretta prospettiva della bioetica costituzionalmente orientata, un assolutistico, aprioristico principio di indisponibilità della vita, su cui poi “tagliare” a ogni possibilità di dialogo, è se tutto davvero si possa ridurre, dall’altro versante, al mero principio di autodeterminazione della persona. Io credo si debba rispondere di no anche in un approccio autenticamente liberale. Credo che la Corte costituzionale ha chiaramente indicato, ed è questa un’opera preziosissima svolta, la via da seguire nei ragionevoli bilanciamenti, che pongono una rete di protezione, un limitato e non assoluto campo di azione alla stessa autodeterminazione, alla libertà di scelta. Questo è vero soprattutto rispetto ai soggetti vulnerabili, quando la stessa scelta riguarderebbe, ad esempio, un soggetto depresso, o un malato cronico molto anziano che possa pensare di scegliere una tale via per levare il “disturbo”, se vogliamo brutalmente dirla così. Peraltro, teniamo conto che parliamo di questo fondamentale tema, in tempi, che non sono recenti, ma che perdurano da anni nel silenzio di tanti, di sostanziale forte affievolimento di risorse del servizio sanitario nazionale, che dovrebbe essere in grado, per dirne una, di assicurare davvero, come detto, adeguatecure palliative semmai, almeno questo, uniformemente in tutto il territorio nazionale”.
Al momento, giacciono in Senato ben 5 disegni di legge per la disciplina del fine vita, taluni dei quali recano norme che appaiono in qualche modo dissonanti rispetto alle indicazioni della Corte 242/2019. Cosa ne pensa?
(Andrea Patroni Griffi): “Il legislatore deve avere ben chiaro, che, rispetto al decalogo fissato dalla Corte, ha il dovere di disciplinare le procedure a garantire uniformità di disciplina, essendo intollerabile anche solo il pensiero in uno Stato unitario, che non è federale, avere diritti dei cittadini italiani di fronte alla morte diversi a seconda del luogo di residenza. Inoltre, il legislatore deve avere chiaro che non ha nessuna possibilità di andare indietro, per dirla chiaramente di “togliere” rispetto a quanto statuito dalla Corte. Sarebbero infatti incostituzionali passi indietro rispetto a quanto statuito dalla Consulta. Mentre semmai il Parlamento, trovando sintesi valoriale tra le diverse posizioni, può semmai “aggiungere”, senza però forzature. Dunque, pragmaticamente, se si può usare questo avverbio, e ribadendo nel quadro delineato ma oggetto di grande dibattito, l’importanza di garantire effettivamente il suicidio assistito almeno nelle ipotesi descritte dal giudice delle leggi, si tratta, nel minimo, di regolamentare nel dettaglio con una legge statale di fronte al decalogo offerto della Corte (malattia irreversibile, sofferenza intollerabile, dipendenza da trattamenti di sostegno vitale, ruolo del Comitato etico e così via). Tale decalogo lascia comunque inevitabilmente alcune zone grigie che è compito del legislatore chiarire. Senza nulla togliere, ripeto, a quanto in delicatissime “rime” ha statuito la Corte, occorre verificare anche cosa aggiungere, pur senza “squilibrare” i ragionevoli bilanciamenti”.
Il documento del “Cortile dei gentili” sul suicidio medicalmente assistito, cui oggi ha fatto ampio riferimento il Presidente emerito della Corte costituzionale , Giuliano Amato, e la filosofa Laura Palazzani, a suo giudizio, può costituire un utile viatico nell’indirizzare il legislatore a scrivere una norma finalmente chiara, completa e, in qualche modo, definitiva sul tema?
(Andrea Patroni Griffi): “Certo, è questa la\ ragione per la quale il CIRB ha scelto di invitare protagonisti del documento del Cortile dei Gentili come Giuliano Amato, Laura Palazzani e Eugenio Mazzarella. La prospettiva giusta e corretta è quella, in cui si fa sintesi tra posizioni che così cessano di essere assolutizzanti”.
Secondo lei, come oggi ha ricordato anche l’ex Senatore Lucio Romano, esiste un limite tra l’oggettività di un valore (come la vita e la salute) e la soggettività delle interpretazioni e delle rivendicazioni di singoli titolari?
(Andrea Patroni Griffi): “La legge morale vive nella coscienza individuale scrisse la Corte costituzionale in una storica sentenza, parafrasando Kant. In una bioetica costituzionalmente orientata e, quindi, per definizione laica, come da definizione che diede un Maestro come Francesco Casavola, le convinzioni etiche rilevano ma devono trovare sintesi comune nella sede rappresentativa per eccellenza, il Parlamento. Il Parlamento, quando non raggiunge un consenso valoriale nel campo della bioetica e opera con la mera regola di maggioranza, produce leggi costituzionalmente deboli come avvenne con la legge 40 del 2004, in materia di inizio vita, sulla fecondazione assistita, che infatti fu ripetutamente censurata dalla Corte costituzionale. Questo errore non deve ripetersi nel fine vita. E il legislatore ha anche il compito semplificato grazie alla Corte costituzionale, che ha fissato un chiaro decalogo da rispettare nella futura disciplina”.
Il convegno di Benevento sul fine vita ha riunito i massimi esperti nazionali della materia, accanto ad alti rappresentanti delle istituzioni, del mondo associativo, di quello cattolico, degli operatori sanitari e del diritto, come accademici, professionisti e magistrati, analizzando in modo assolutamente plurale i dilemmi bioetici che, inevitabilmente, si pongono e le questioni giuridiche ancora aperte. A suo giudizio, il dibattito che si è sviluppato a Benevento può effettivamente contribuire ad indirizzare il legislatore per addivenire finalmente ad una legge condivisa sul “fine vita”, come peraltro auspicato da Mons. Vincenzo Paglia?
(Andrea Patroni Griffi): “E’ proprio questo l’auspicio e che la posizione della necessità di una tale legge, pur nella differenza certo sui contenuti, sia stata condivisa dalla gran parte dei relatori, anche ad evitare che il mondo giudiziario si trovi abbandonato nelle situazioni incerte e delicate del fine vita, credo sia molto importante. Certo, restano i forti distinguo sui contenuti da dare a questa legge tra i diversi relatori. Monsignor Paglia ha richiamato la necessità della legge ad evitare un rischio di far west nel fine vita; Marco Cappato chiede invece di legalizzare l’eutanasia. Una possibile mediazione tra le due posizioni, in apparenza inconciliabili, credo venga proprio da iniziative come questo Convegno del CIRB o da documenti come il “Dialogo sul suicidio medicalmente assistito”, elaborato dal Cortile dei Gentili.
Dal convegno, ritengo, è sembrato, in definitiva, emergere la necessità di superare ogni assolutizzazione del principio di indisponibilità della vita e dello stesso mero principio di autodeterminazione della persona nel fine vita in ogni possibile situazione. Altrimenti non potendosi mai avere quel dialogo auspicato e necessario per l’adozione di una legge condivisa. La parola finale, comunque, non può essere certo quella di accademici e ricercatori, ma deve essere quella del Parlamento oppure, nel caso in cui si vada oltre il campo rimesso all’esercizio ragionevole della discrezionalità legislativa, sarà invece quella della Corte Costituzionale”.
Angela Abbamondi del COA di Benevento
Intanto, corre l’obbligo di precisare che il 14 marzo 2025, il giorno dopo il convegno CIRB di Benevento, è stata promulgata la legge di iniziativa popolare della Regione Toscana (n.5/2025) che, per prima in Italia, disciplina le modalità organizzative e i tempi per il suicidio medicalmente assistito.
Ancora una volta, l’Università degli Studi del Sannio con le sue molteplici iniziative di approfondimento e ricerca scientifica, anche su temi delicati come quello del “fine vita”, si conferma centro di formazione di eccellenza a livello nazionale, formidabile volano per lo sviluppo economico e sociale del territorio.
Gerardo Canfora (Rettore dell’Università del Sannio)
Carlos Augusto e Lautaro regalano all’Inter 3 punti fondamentali, se non decisivi, nella lotta scudetto. L’Atalanta conferma tutta la sua inesperienza con l’espulsione ingenua di Ederson.
L’Inter conferma la sua supremazia in campionato
L’Inter sbanca il Gewiss Stadium per 0 a 2. Il match è stato sbloccato al minuto 54’ da Carlos Augusto dagli sviluppi di un calcio d’angolo e poi chiuso da Lautaro Martinez al minuto 87’.
L’Atalanta ha confermato tutta la sua inesperienza per certi palcoscenici, con un’espulsione parecchio ingenua di Ederson al minuto 81’ quando il parziale recitava 0-1 per l’Inter e ancora una decina di minuti + recupero extra-large da giocare.
Il campo, invece, ci ha detto di una supremazia totale dell’Inter per quasi tutta la gara. Come sempre, il gioco di Gasperini si è rivelato inefficace contro l’armata guidata da Simone Inzaghi. Soltanto quest’anno, l’Inter ha trionfato 3 volte su 3 contro l’Atalanta con un parziale di 8-0.
Quello di oggi, era un turno potenzialmente sfavorevole all’Inter, con uno scontro diretto in trasferta contro la terza in classifica a -3, e con il Napoli chiamato a maramaldeggiare contro il Venezia penultimo in classifica.
Ma il campo ha detto tutt’altro. Il Napoli è caduto in casa del Venezia per 0-0, mentre l’Inter ha definitivamente stroncato i sogni scudetto dell’Atalanta con un 2-0 che non ammette repliche.
L’Inter allunga, a questo punto, a +3 dal Napoli e a +6 dall’Atalanta a 9 turni dalla fine del campionato.
La pratica scudetto non può dirsi conclusa, ma è sicuramente più vicina come mai accaduto quest’anno.
Il Napoli non bissa il successo ottenuto 7 giorni fa contro la Fiorentina. 0-0 contro il Venezia e i punti raccolti nelle ultime 7 sono soltanto 8.
Che brutto Napoli
Il Napoli è ufficialmente scoppiato. La squadra azzurra non riesce più a portare gli episodi dalla sua parte, come invece accadeva brillantemente nella prima metà di campionato.
E’ questa la grande differenza tra il girone d’andata e il Napoli delle ultime 7 gare. Gli azzurri avrebbero potuto vincere, ma anche perdere questa gara. Quindi al di là di qualche chance, come il palo di Raspadori o la zuccata di Lukaku a 1° tempo praticamente concluso, il pareggio può dirsi un risultato assolutamente giusto.
Ciò che maggiormente risalta all’occhio è la poca qualità degli azzurri negli ultimi 30 metri di campo. La cessione di Kvara e l’infortunio di Neres hanno definitivamente stroncato la stagione degli azzurri.
Il 3-5-2 non è il modulo giusto per questa squadra. Con buona pace per Raspadori, che ci mette sempre il massimo impegno in ogni gara.
Male anche Conte quest’oggi. Gara preparata male, ma come sempre anche gestione dei cambi assolutamente deficitaria. Il Napoli non avrà Bellingham, Mbappe e Rodrygo in panchina, ma qualcuno ci spiegasse il senso di non toccare nulla fino al 77° minuto per poi fare 4 cambi tutti insieme (soltanto Rrahmani-Jesus è stato un cambio forzato). 4 cambi, fatti tutti insieme, che hanno definitivamente sfaldato la squadra.
La chicca finale la serve Simeone che sciupa malamente un’occasione gigantesca a due minuti dalla fine. Il Cholito, che resterà per sempre nella storia del Napoli, è diventato ormai l’anti-gol fatto in persona. Un calciatore da salutare il prima possibile a fine stagione.
Con il pareggio odierno, il Napoli aggancia l’Inter a quota 61 e osserverà il match di stasera fra Atalanta e Inter con più di un rimorso. Se dovesse vincere l’Inter, il campionato potrà dirsi pressoché concluso. Il pareggio manterrebbe tutto inalterato, ma con l’Inter sempre più vicina al titolo, mentre la vittoria dell’Atalanta rimischierebbe tutte le carte in tavola.
Il derby campano della B1 è targato Vesuvio Oplonti: niente da fare per la Lu.Vo Barattoli Arzano che parte bene conquistando il primo parziale ma cede le armi nei successivi, malgrado il ritorno al timone della squadra di coach Antonio Piscopo.
Il 2025 parte decisamente male per Arzano, reduce dall’inizio dell’anno da 7 sconfitte, delle quali due al tie break con Volleyrò e Castellana Grotte e una sola vittoria contro il fanalino di coda del Girone D, Sirdeco Pescara Volley. Un dato che non rende giustizia alla storia societaria e ad un roster che annovera individualità di peso come Silvestro, Putignano, Suero, Gianfico e Aquino, giusto per fare qualche nome.
Arzano tenta subito l’allungo
Si sa, nei derby non conta la classifica. Arzano dunque, tenta subito l’allungo, anche se per diversi frangenti a regnare è l’equilibrio. Le padrone di casa partono un tantino contratte sebbene a gettare benzina sul fuoco ci pensa come al solito la premiata ditta Biscardi insieme a Gervasi e Vujko che cercano di frenare gli assalti della diagonale Silvestro-Putignano. Coach Alminni deve rinunciare anche per il derby all’esperta Mazzoni e sebbene Rendina porti sempre ottima energia nella squadra, Arzano la spunta per 21-25.
Il derby si infiamma: è Biscardi show
Il derby si infiamma, nelle fila dell’Arzano aleggia il nervosismo mentre l’Oplonti trova la quadra giusta ed è Biscardi show! Sul 13-10 dopo un muro di Laura Biscardi, coach Piscopo corre ai ripari, spende il primo time out e sul 16 pari si gioca al servizio il jolly D’Angiolella che piazza due ace di fila. Da lì in poi è battaglia a viso aperto tra rimonte e sorpassi. Il risultato rimane a tratti incerto, Gianfico regala con un out al servizio il 24 pari alle avversarie che si rivelerà fatale. Giada Biscardi non si fa certo pregare, assesta prima un delizioso lungo linea e, dopo un miracolo in difesa di capitan Lanari, chiude la disputa ai vantaggi sul 27-25.
Tutto da rifare per Arzano: la strada del derby si complica
Oplonti pareggia il conto, è tutto da rifare per Arzano: la strada del derby si complica. I primi scambi sorridono alle ospiti, che non hanno fatto i conti con il duo Bortolot-Vujko. La regista oplontina firma al servizio il primo sorpasso, Marianna Vujko si rende protagonista prima di una fast e poi di un monster block che vale il 10-9. Ad incrementare il vantaggio ci pensa Martina Pepe e successivamente l’opposto Biscardi con un secco mani-out. Putignano ci mette una pezza, per Suero non è giornata al servizio e neanche la carta D’Angiolella sembra più efficace. Eliana Rendina, tornata in campo, firma un’azione spettacolare recuperando una palla impossibile e il resto lo fanno le sorelle Biscardi che a turno si avvicendano e chiudono con un sonoro 25-16.
Arzano gioca le ultime carte ma il derby è targato Oplonti
Nel quarto set Arzano gioca le ultime carte tentando di portare il derby al quinto set, ma eccetto qualche fiammata della solita Putignano, in campo comanda Oplonti. L’atmosfera si fa rovente, il reparto offensivo di casa fa quello che vuole con le sue punte di diamante in stato di grazia. A nulla valgono i tentativi, Arzano sembra non avere più cartucce da sparare. Il quarto parziale finisce sul 25-11 e non ammette repliche. Una prova di grande carattere quella della Vesuvio Oplonti con Laura Biscardi MVP che si riscatta con orgoglio dal derby dell’andata quando fu costretta ad arrendersi al tie break. E sicuramente un grande spettacolo tra due società che stanno scrivendo pagine bellissime sulla pallavolo campana.
Gentili e Colella protagoniste a muro, una giornata e un orario insoliti, poco più di un’ora di gioco e anche la “pratica” Cambridge Academy Volley World viene sbrigata incassando la posta intera in palio: questa la sintesi della gara che si è tenuta ieri sera alle 20:30 presso il palazzetto di Vitulano e che ha visto la Volare Benevento vittoriosa per 3-0.
Gernone al via con un ottimo break che disorienta le avversarie
E’ Gaia Gernone ad esordire con un ottimo break che disorienta le avversarie. In pochi scambi le azzurre si vedono infliggere un sonoro 5-0 che costringe coach Solimene a chiamare il primo time out. I frutti non tardano ad arrivare, la Cambridge Academy VW si rimette in scia ma impatta contro una squadra che a cedere qualcosa non ci pensa affatto. La Volare Benevento mette la freccia e veleggia verso il primo traguardo, incassato con il punteggio di 25-18.
Gentili scatenata, malgrado Volley World provi a reagire
Una Gentili scatenata rende vana la reazione della Volley World che, come prevedibile, non si è fatta attendere, del resto si tratta di una squadra molto giovane ma con delle individualità interessanti. Nel secondo parziale, sembra regnare un maggiore equilibrio, complice anche un lieve calo di concentrazione delle ragazze di coach Palermo che sprecano qualcosa al servizio, senza tuttavia smarrire il bandolo della matassa. E’ testa a testa per qualche manciata di minuti, ma di fatto, sono le padrone di casa che dopo un venti pari che lasciava presagire un pronostico favorevole per le partenopee, ad affermarsi per il definitivo 25-22.
Gentili e Colella murano, la Volare piega senza appello Volley World
Gentili e Colella ci prendono gusto nel fondamentale a muro e non lasciano scampo alle malcapitate avversarie che soccombono pur provando una timida reazione per riaprire i giochi nel terzo set. La Volare mette in chiaro chi comanda in campo e dimostra di avere i mezzi e soprattutto la volontà di chiuderla subito. Volley World tenta l’assalto ma puntualmente le mani dell’esperta Gentili si rivelano una barriera invalicabile e se proprio qualche pallone passa, c’è Luraghi a fare buona guardia. A mettersi in proprio è pure Colella che quando non mura diventa una vera e propria spina nel fianco tra pallonetti e schiacciate ingovernabili. Il risultato non può che essere ancora dalla parte delle padrone di casa che incassano il match sul 25-19 e restano in vetta.
La Volare attesa per il big match della stagione
La Volare dopo questa netta vittoria, guarda al big match della stagione contro l’imbattuta Pozzuoli che andrà in scena il prossimo sabato. Coach Palermo appare soddisfatto della striscia positiva che le sue ragazze stanno mantenendo ma è consapevole che la prossima sarà una di quelle gare che valgono un intero campionato. In quella di andata furono le puteolane ad affermarsi al tie break in un momento in cui le atlete beneventane, a seguito di diversi infortuni, attraversavano una condizione alquanto critica. Al momento sono 5 le lunghezze di distacco tra le due squadre, ma Pozzuoli ha due gare in meno. Se da un lato è vero che i play off comunque vada restano un obiettivo ancora a portata di mano, è altrettanto vero che il dictat per capitan Barletta e compagne è quello di mantenere alta la concentrazione.
Lunedì 17 marzo alle 17.30 presso la Banca Stabiese in corso Vittorio Emanuele, 113 a Castellammare di Stabia, si presenta il libro di Mario Avagliano e Marco Palmieri “Italiani d’America”. L’appuntamento è organizzato da Rotary Club Castellammare di Stabia, Lions Club Castellammare di Stabia Host e Associazione Nessuno e Centomila. Saranno presenti per i saluti Carmen Matarazzo Presidente Rotary Club Castellammare di Stabia, Angelo Palmieri Presidente Lions di Castellammare di Stabia Host. Modera Paola de Simone Giornalista e Presidente Associazione Nessuno e Centomila. Intervengono Ciro Raia, Presidente Anpi Campania, Luigi Di Capua Docente Liceo Classico Plinio Seniore e l’autore Mario Avagliano. Lo United States Census Bureau, il censimento ufficiale del 2000 rivela che quasi 16 milioni di persone, ovvero il 5,6% di quelle residenti negli Stati Uniti, ha dichiarato di avere ascendenze italiane, rappresentando così il sesto gruppo etnico della nazione. Nel censimento del 2010 tale numero risulta aumentato a circa 17.250.000 ma secondo associazioni culturali italo-americane autorevoli, gli statunitensi che possiedono una qualche discendenza italiana nella loro famiglia sono stimati in circa 25-30 milioni di persone. “¬La vicenda dell’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti – si legge nella presentazione dell’opera – ha plasmato le storie di intere generazioni e di due nazioni. A partire da una ricca varietà di fonti – dalle lettere ai diari, dalle testimonianze ai documenti ufficiali – Mario Avagliano e Marco Palmieri indagano le motivazioni, le aspirazioni e le speranze che hanno accompagnato, tra il 1870 e il 1940, milioni di italiani nel loro viaggio verso il Nuovo Mondo. Dalle prime partenze alla grande emigrazione del Novecento, gli autori offrono una panoramica completa delle fasi storiche del fenomeno migratorio, analizzando le condizioni materiali dei viaggi, le reti sociali, il ruolo cruciale delle donne e il loro processo di emancipazione, le sfide dell’integrazione, i pregiudizi e i mutamenti nel tessuto sociale, economico e culturale di entrambi i paesi. La storia e le storie di quanti hanno fatto il grande balzo verso il sogno americano. E si fa fatica a non immaginare gli italiani che si esprimevano in quell’italiano dialettale misto a una parlata anglofona che non era né l’uno, né l’altro, ma era la lingua nata sul posto, una lingua di necessità quando erano arrivati lì con la classica valigia di cartone, viaggiando verso la “terra promessa” fino a sessanta giorni di navigazione per cercare e non sempre trovare una vita nuova.
Mario Avagliano, Marco Palmieri, giornalisti e studiosi di Storia contemporanea, hanno pubblicato, «Vincere e vinceremo! Gli italiani al fronte» (2014), «L’Italia di Salò» (2016), «1948. Gli italiani nell’anno della svolta» (2018, Premio Fiuggi Storia), «Dopoguerra. Gli italiani tra speranze e disillusioni» (2019), «I militari italiani nei lager nazisti» (20212), «Paisà, sciuscià e segnorine. Il Sud e Roma dallo sbarco in Sicilia al 25 aprile» (20222) e «Il dissenso al fascismo. Gli italiani che si ribellarono a Mussolini» (2022, Premio Emilio Lussu 2023 sezione Saggistica).