Nemmeno un primo tempo concluso per 2-0, con Sommer MVP, ha permesso all’Inter di portare i 3 punti a casa. I troppi impegni dei nerazzurri si fanno sentire e il Parma ne approfitta in 10 minuti di caos totale. Il Napoli può approfittarne, ma per riportarsi a -1 dovrà vincere a Bologna.
Cade l’Inter.
L’Inter cade rovinosamente in casa del Parma. Da 0-2 a 2-2. Il primo tempo era stato a tinte completamente nerazzurre, con le reti di Darmian (ex di turno) e di Thuram all’ultimissimo secondo dei primi 45’ minuti di gioco + recupero. Il francese è tornato in rete, dopo una lunga astinenza, con una ciabattata che si è infilata miracolosamente in porta.
Già nei primi 45’ minuti di gara, la retroguardia nerazzurra aveva mostrato dei piccoli cedimenti, ma Sommer era stato magistrale prima su Bonny e poi su Man.
Nel secondo tempo, invece, il crollo è stato totale. Con la complicità dei soliti cambi di Inzaghi che hanno depotenziato l’11 nerazzurro.
Fuori Bastoni (per precauzione), poi fuori DiMarco, Lautaro e Calhanoglu. Da qui è morta l’Inter.
Il Parma ne ha approfittato del caos nerazzurro, segnando l’1-2 con Bernabe al 60’ e il 2-2 con il neo-entrato Ondrejka al minuto 69’.
Il forcing finale dei nerazzurri è stato inutile, anzi, per poco non ha portato il Parma a segnare il 3-2 con Pellegrino.
L’Inter paga i tanti impegni ravvicinati. La mission nerazzurra, di competere su tutti e 3 i fronti è nobile, ma porta con sé anche i suoi imprevisti.
Il Napoli può approfittarne dello scivolone nerazzurro, mettendosi a -1 lunedì sera. Ma per farlo, dovrà battere il Bologna al Dall’Ara. Una partita non semplice, ma per gli uomini di Antonio Conte sarà il match clou del proprio campionato.
LUVO BARATTOLI ARZANO 3 UNITED VOLLEY POMEZIA 0 (25-20; 25-22; 25-21) Luvo Barattoli Arzano: De Siano 12, Piscopo V. (L), Aquino 8, Suero 11, Silvestro, Gianfico 8, Putignano 18. Non entrate: Russo, Di Domenico, D’Angiolella, Maresca, Piscopo F., Rulli, Sigismondo. All. Piscopo A. United Volley Pomezia: Felappi 12, Cinotti, Farelli 1, Licata, Frasca 6, Viglietti 11, Di Vincenzo, Liguori 8, Mazzoleni 8, Oggioni 1, Gay (L). Non entrate: De Matteis, Casini, Prati. All. Dagioni
Note. Durata set: 27’; 26’; 29’. Battute sbagliate: 9, Battute punto: 6, Muri punto: 7. Spettatori 300 circa. Importante successo della Luvo Barattoli Arzano che prosegue la striscia positiva piegando in tre set il temibile Pomezia. La squadra di casa ha usato le sue armi migliori per tenere a bada una formazione che nel corso della stagione ha dimostrato di poter competere con tutti i sestetti del girone.
La gara è stata a senso unico. La Luvo Barattoli ha messo in campo grinta e determinazione fin dai primi punti. Nel primo set Jazmin Suero ha trascinato le compagne verso una vittoria che, testati i valori in campo, è apparsa facile da raggiungere. Finisce 25-20.
Il secondo set è stato quello più equilibrato. Tutti i tentativi di fuga arzanesi sono stati recuperati dal Pomezia che resta in partita fino alla fine. Dal 21-17 parte l’allungo che conduce al 25-22 finale. Nell’intervallo c’è anche il tempo di applaudire le ragazze dell’Under 18 reduci dal doppio podio (primo e terzo posto) alla Final Four Territoriale.
Anche il terzo parziale si conclude con il Pomezia che prova a recuperare inutilmente il gap. Gianfico mette a segno la palla della vittoria. Con 18 punti è Nicol Putignano la migliore realizzatrice della serata.
Napoli festeggia 2500 anni di storia, e quale modo migliore per farlo se non con un gigantesco uovo di cioccolato? A firmare questa impresa titanica è Gay-Odin, la storica cioccolateria partenopea che ha trasformato l’arte dolciaria in un vero e proprio tributo alla città. Altro che colomba: qui si vola alto… e con 350 chilogrammi di cioccolato fondente!
L’occasione è tra le più nobili: rendere omaggio alla fondazione della città nell’ambito del progetto culturale “Napoli Millenaria”. L’opera, se così possiamo chiamarla (perché sì, è decisamente arte), è un colosso commestibile realizzato interamente a mano in tre settimane di lavoro. Scolpito con passione e maestria, l’uovo è decorato con colori naturali e pigmenti vegetali, e rappresenta Partenope – la mitica sirena da cui si narra sia nata Napoli – avvolta in un turbinio di simboli identitari: Totò, Pino Daniele, Diego Armando Maradona, la pizza e persino Castel dell’Ovo. Se vi sembra esagerato… beh, benvenuti a Napoli.
A firmare le decorazioni è l’artista Fabio Ceraso, che ha donato vita (e colore) a un capolavoro che mescola mitologia, cultura popolare e passione napoletana. Dove si può ammirare questa meraviglia? Nella storica sede Gay-Odin di via Vetriera, nel quartiere Chiaia, dove tutto ebbe inizio. E sì, se proprio volete portarlo a casa vostra – magari come centro tavola – sappiate che è in vendita. Il prezzo? 12.000 euro. Un investimento che farà sicuramente gola… e non solo in senso figurato.
Gay-Odin: il cioccolato che racconta Napoli da oltre un secolo
Dietro un uovo da 350 chili, c’è una storia lunga, dolce e profumata di cacao. Quella di Gay-Odin non è solo la vicenda di un’azienda, ma una favola d’amore, tenacia e arte artigianale che ha attraversato i secoli conquistando il cuore – e il palato – dei napoletani.
Tutto comincia nel 1894, ma le radici affondano ancora prima, quando Isidoro Odin, giovane piemontese con l’animo da pioniere, si trasferisce a Napoli. Prima di partire dalla Val Pellice, chiede in sposa Onorina Gay, figlia di un noto cioccolatiere. Onorina accetta e porta con sé un’eredità preziosa: la conoscenza dei segreti del cioccolato artigianale. Da quel momento, i due non si separano più, né nella vita né nel lavoro.
I primi passi li muovono per strada, vendendo dolciumi con un carretto. Ma presto aprono un piccolo laboratorio in via Chiaia, che diventerà un punto di riferimento per i golosi partenopei. Ed è proprio da quella bottega che parte l’ascesa del marchio Gay-Odin, destinato a diventare un’istituzione napoletana.
Negli anni ’20, la coppia apre la prima vera fabbrica alle spalle di via dei Mille, dotata per l’epoca di tecnologie d’avanguardia (una rarità assoluta nel sud Italia). È lì che nasce una delle creazioni iconiche della maison: il celebre “Tronchetto Foresta”, una composizione di sottili foglie di cioccolato fondente arrotolate a formare una corteccia, tanto bello da vedere quanto irresistibile da gustare. Ancora oggi, il Foresta è uno dei prodotti più richiesti, realizzato rigorosamente a mano come vuole la tradizione.
Nel 1922, la famiglia affida la progettazione della nuova sede in via Vetriera all’architetto Angelo Trevisan. Il risultato è un capolavoro in stile liberty che anticipa l’Art Nouveau napoletano. L’edificio non è solo un negozio, ma un salotto elegante in cui ogni dettaglio – dalle boiserie ai lampadari – racconta di un’epoca in cui il cioccolato era un lusso raffinato. Non a caso, nel 1993 la sede viene riconosciuta come Monumento Nazionale.
Negli anni ’60, l’eredità dell’azienda passa nelle mani di Giuseppe Maglietta e della moglie Marisa Del Vecchio, che proseguono con dedizione l’opera iniziata da Isidoro e Onorina. La tradizione si consolida, ma non si ferma: nuovi prodotti, nuovi punti vendita e un’espansione attenta e rispettosa del DNA artigianale.
Oggi, Gay-Odin è ancora un fiore all’occhiello della città. Con punti vendita sparsi tra Napoli e Roma, è meta obbligata per chi vuole regalarsi un momento di piacere autentico. Il catalogo è una sinfonia di tentazioni: praline, tavolette, cialde di gianduia a forma di ghianda, dragées, frutta candita ricoperta di cioccolato, spalmabili e perfino panettoni e colombe in edizione limitata. Tutti prodotti lavorati artigianalmente, con materie prime selezionate e senza fretta. Perché il cioccolato, come Napoli, non ama la fretta: va vissuto con lentezza e passione.
Tra i must-have, oltre al Foresta, ci sono le famose ghiande di gianduia, piccoli scrigni di dolcezza dal design originale, e i cremini al caffè, che raccontano con ogni morso l’abbraccio perfetto tra nord e sud. Ma anche le tavolette aromatizzate (al peperoncino, all’arancia, alla cannella) che parlano il linguaggio della sperimentazione senza mai tradire le radici.
Nel febbraio 2025, la storica bottega di via Chiaia 237 ha riaperto i battenti dopo un lungo restauro conservativo che ne ha restituito il fascino originale. Il negozio è tornato ad accogliere clienti e turisti con i suoi arredi in legno scuro, le vetrine scintillanti e quell’inconfondibile profumo che invade l’aria al solo aprire la porta. Entrare da Gay-Odin è un po’ come varcare una soglia fuori dal tempo: una coccola multisensoriale che rende Napoli ancora più dolce.
Un riconoscimento d’eccellenza per gli oli extravergine di oliva DOP, IGP, biologici e monovarietali
La città di Sorrento si prepara ad accogliere la nuova edizione del Premio Internazionale Sorrento Olio delle Sirene, un prestigioso riconoscimento dedicato alle eccellenze dell’olio extravergine di oliva. L’evento, organizzato da EWS (European Workshop Sorrento) in collaborazione con Coldiretti Campania e Oleum – Associazione Internazionale Assaggiatori Oli di Oliva, è patrocinato dal Comune di Sorrento e dalla Fondazione Sorrento e si svolgerà nel corso del 2025.
Obiettivi del Premio
Il Premio Internazionale Sorrento Olio delle Sirene nasce con l’intento di valorizzare e promuovere le migliori produzioni locali ed italiane di olio extravergine DOP, IGP, Biologico e Monovarietale; favorire il confronto con le produzioni internazionali per promuovere la cultura e la conoscenza dell’olio d’oliva a livello globale; rafforzare la presenza dell’olio extravergine italiano sui mercati nazionali ed esteri; sensibilizzare produttori e consumatori sull’importanza della qualità e della certificazione dei prodotti; diffondere i benefici dell’olio extravergine di oliva, elemento cardine della Dieta Mediterranea (patrimonio UNESCO), per la salute e il benessere. Un’opportunità imperdibile per celebrare l’eccellenza dell’olio extravergine di oliva e promuovere la cultura dell’alta qualità a livello internazionale. Durante la manifestazione, lungo Corso Italia a Sorrento, sarà allestito un villaggio dedicato ai prodotti tipici e allo street food contadino, in collaborazione con Coldiretti.
Struttura e Sezioni del Premio
Il concorso è aperto a oli extravergini di oliva italiani e internazionali e prevede diverse sezioni di premiazione:
1. Premio Internazionale Sorrento Olio delle Sirene – per oli extravergini DOP, IGP, Biologici e Monovarietali.
2. Premio Speciale Olio Internazionale – dedicato agli oli provenienti da paesi esteri.
3. Premio Speciale “Dono di Athena” – per oli prodotti da aziende a conduzione femminile.
4. Premio Speciale Campania – riservato al miglior olio extravergine campano.
5. Premio Speciale IGP Olio di Puglia – per valorizzare le eccellenze pugliesi nel settore oleario.
6. Premio Speciale Monocultivar Minucciola “Osvaldo Galano” – per gli oli prodotti nella Penisola Sorrentina.
7. Premio della Stampa – assegnato da una giuria di giornalisti specializzati.
8. Premio Best Packaging – per la migliore etichetta e presentazione del prodotto.
9. Premio Speciale “Gaetano Avallone” – assegnato all’olio con il punteggio più alto in assoluto.
Calendario del Premio
– 3 maggio 2025 – Chiusura delle iscrizioni e consegna dei campioni.
– 7-9 maggio 2025 – Selezioni finali presso la Fondazione Sorrento.
– 14 maggio 2025 – Conferenza stampa e proclamazione vincitori presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati a Roma.
– 20-21 maggio 2025 – Corso di avvicinamento all’olio per ristoratori e produttori.
– 23 maggio 2025 – Tavolo tecnico sull’IGP e valutazione del packaging.
– 24 maggio 2025 – Premiazione ufficiale presso il Comune di Sorrento e convegno sulla sana alimentazione.
Iscrizioni e Partecipazione
Le aziende interessate possono iscriversi entro il 3 maggio 2025 inviando la documentazione all’indirizzo ewssorrento@gmail.com. La quota di iscrizione è di 80 euro per ogni lotto presentato (gli oli esteri sono esentati dal pagamento).
Ieri pomeriggio a Roma, presso la Camera dei Deputati, la conferenza stampa di presentazione del convegno “Il futuro da proteggere: strategie e sfide per la tutela dei minori in Campania”, in programma per lunedì prossimo 7 aprile, alle ore 9:30, a Napoli presso l’Aula Nassirya della Regione Campania al Centro Direzionale Isola F13. Si tratta di un’iniziativa voluta fortemente dall’on.le Annarita Patriarca, deputato della Campania di Forza Italia, da sempre sensibile alle tematiche sociali più delicate. Un’iniziativa che mette al centro il tema della tutela dell’infanzia e dell’adolescenza, richiamando con forza l’urgenza di un’azione sinergica tra tutte le istituzioni coinvolte, nel rispetto dei diritti dei bambini e dei ragazzi.
Alla conferenza stampa sono intervenuti l’on. Alessandro Caramiello e l’on. Annarita Patriarca, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Intergruppo parlamentare “Sviluppo Sud, Aree Interne e Isole Minori”, promotori dell’iniziativa, insieme alla dott.ssa Sissj Flavia Pirozzi, Presidente del Consiglio Regionale dell’Ordine Assistenti Sociali della Campania, il dott. Giovanni Galano, Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza della Regione Campania, l’avv. Loredana Capocelli, Consigliera tesoriera Ordine Avvocati di Napoli, il prof. Marco Giordano, docente di Scienze del Servizio Sociale presso l’Università degli studi di Bari e la Consigliera Tesoriera dell’Ordine Assistenti Sociali della Campania, dott.ssa Anna Ansalone. A moderare l’incontro, è stato chiamato lo scrittore e giornalista Luca Antonio Pepe, direttore di CentroSud24. Durante gli interventi è stata ribadita la necessità di rafforzare la rete tra enti pubblici, professionisti del sociale e del sanitario, autorità giudiziarie e terzo settore, affinché ogni minore possa trovare risposte tempestive, integrate e personalizzate, indipendentemente dal contesto territoriale in cui vive. «La tutela dei minori non può essere una responsabilità frammentata – ha dichiarato la Presidente del CROAS Campania, Sissj Flavia Pirozzi – ma deve diventare un obiettivo comune, condiviso da tutte le istituzioni. Solo una rete forte, competente e coesa può garantire ai bambini e ai ragazzi campani il diritto a crescere in contesti sicuri, affettivi e favorevoli allo sviluppo».
Sissj Flavia Pirozzi, Presidente del Consiglio Regionale dell’Ordine Assistenti Sociali della Campania
L’intervento di Annarita Patriarca
A chiudere i lavori della giornata parlamentare, la stessa Annarita Patriarca che, nel ringraziare gli organizzatori dell’evento e, in particolare, Sissj Flavia Pirozzi, Presidente del Consiglio Regionale dell’Ordine Assistenti Sociali della Campania, ha sottolineato come iniziative di questo genere costituiscano: «una luce che si continua ad aprire su uno degli aspetti principali della nostra attività, che è quello di curare e garantire ai minori delle migliori condizioni di vita. Parliamo forse del tema che più ci tocca, più ci coinvolge – ha aggiunto il deputato campano – non solo per il ruolo che rivestiamo, ma anche come genitori. Sappiamo bene che quando parliamo di bambini, di minori, ci occupiamo della parte più importante della nostra società, non tanto perché questa sia la parte più delicata, ma perché è quella su cui dovremmo investire di più: i bambini, coloro che ci garantiranno il futuro».
Venendo alla iniziative politiche e del Governo per la tutela dei minori, Annarita Patriarca, deputato di Forza Italia alla Camera, ha evidenziato come: « il tema si pone come povertà educativa, che non è soltanto povertà economica, ma anche fragilità sociale. Gli interventi che dovremmo porre in atto sono molteplici e multidisciplinari, con un approccio integrato, dove occorre inserire delle figure essenziali di supporto per queste azioni». La vicepresidente dell’Intergruppo, a tal proposito, ha voluto rimarcare quanto fatto dal Governo, sia per quanto riguarda il contrasto della criminalità minorile che per la protezione dei minori, con il c.d. Decreto Caivano, intervenendo sotto due differenti profili: uno normativo, un altro materiale: « Perché molto spesso, dare il segnale con azioni pratiche e concrete serve di più di tante parole, di tante leggi. Su Caivano il Governo ci ha messo la faccia per far capire che si può cambiare l’ordine delle cose. Certo, si tratta di una sfida importante che nasce da un dramma enorme, che ha riguardato le nostre ragazzine, ma che riguarda una serie di tante altre situazioni di disagio che si ripetono non soltanto in quartieri difficili, come quello del Parco Verde, ma in tanti altri ambiti territoriali e non solo nella regione Campania; in tutto il nostro Paese esistono sacche di disagio enormi e il prezzo più grande lo pagano i bambini. Tutto quello che è il circuito di povertà, da quella educativa a quella materiale, che in passato gravava sulle persone più anziane, oggi è sempre più spesso scaricato sui bambini».
Sul piano operativo, la Patriarca non si è sottratta dal compito di indicare azioni ed iniziative precise da compiere: « Questo allora è l’intervento che bisogna fare ed in modo ancora più pregnante con azioni concrete: c’è bisogno innanzitutto di incentivare la presenza di psicologi nelle scuole, di avere più assistenti sociali attraverso l’intervento degli enti locali».
In merito, la Patriarca ha ricordato come il Governo Meloni abbia stanziato più di 300 milioni di euro per finanziare l’assunzione a tempo determinato di alcune figure, tra cui gli assistenti sociali: « si tratta di un dettaglio importante – ha detto – perché, senza la previsione e programmazione di queste figure, all’interno di tutti i livelli intermedi che si occupano di bambini, noi parleremo di aria fritta. Abbiamo, invece, bisogno di chi si occupa materialmente di bambini , costruendo percorsi ed offrendo alternative; non possiamo limitarci ad analizzare i problemi e scrivere norme; dobbiamo essere in grado, come politica e come società, di fornire rapide e valide alternative di recupero e di reinserimento dei minori ».
Annarita Patriarca
A conclusione della conferenza stampa, nel ringraziare Alessandro Caramiello, Presidente dell’Intergruppo e nel dare appuntamento al convegno di Napoli del 7 aprile, Annarita Patriarca ha voluto sottolineare che questi sono temi che non ammettono divisioni di sorta: «quello dei bambini è un tema, come tanti altri di carattere sociale, che non ammette di praticare l’appartenenza come motivo di divisione, bensì impone che l’obiettivo comune impegni tutte le forze, a prescindere da come si è collocati sul piano politico. E’ necessario, peraltro, un approccio differente nell’affrontare questioni delicate come quella della tutela dei minori: non si può scrivere soltanto una norma, ma bisogna prima ascoltare chi si confronta, quotidianamente, sul territorio con i problemi; se non manteniamo continuamente il contatto diretto con la realtà e con le problematiche, che noi siamo chiamati a normare, potremmo scrivere un testo anche all’apparenza meraviglioso, ma non efficace e, quindi, non in grado di dare le risposte che i cittadini richiedono».
La locandina del Convegno di Napoli del prossimo 7 aprile
Auspichiamo anche noi che il convegno di lunedì prossimo a Napoli (ore 9:30 Aula Nassirya – Centro Direzionale Isola F13 – Regione Campania) costituisca davvero l’occasione per proseguire questo percorso, con la partecipazione di esperti, rappresentanti istituzionali e professionisti, impegnati quotidianamente nei territori. L’obiettivo rimane quello di promuovere una visione integrata della presa in carico dei minori, capace di superare le barriere burocratiche e costruire reali percorsi di tutela e promozione del benessere.
La foto finale di gruppo dei protagonistiIl primo tavolo dei relatoriIl secondo tavolo dei relatori
La risoluzione delle problematiche legate alla trasformazione in Nazionale del Parco Regionale del Matese deve unire e non dividere. Questo il messaggio lanciato dalla Coldiretti Campania e rivolto a quanti lanciano accuse contro chi ha realmente a cuore la salvaguardia di tutte le componenti interessate: agricoltura, allevamento e semplici cittadini.
Suscita scalpore l’infelice uscita di Dino Rossi di Cospa Abruzzo che inventa tutta una serie di accuse infondate senza mai essere stato presente al percorso che ha portato alle notizie di questi giorni.
La Coldiretti Campania si chiede dove fosse, se esisteva, la Cospa Abruzzo, quando si è cominciato a discutere dell’opportunità di creare le linee guida di un Parco Nazionale istituito con legge dello Stato il 27 dicembre 2017. A quei tempi la Coldiretti era già al lavoro predisponendo documenti ed incontri con i Comuni e i soci interessati, chiamando al tavolo tutti gli esperti del settore per approntare le giuste tutele e sottolineando già a suo tempo le problematiche del passaggio.
Inoltre iI 31 gennaio 2020 le Coldiretti Campania e Molise in un incontro pubblico con la presenza di oltre 500 soci ed amministratori locali presentarono la proposta di regolamento per il Parco. Anche perché è opportuno ricordare alla Cospa Abruzzo (che oggi cerca pubblicità attraverso l’invio di un comunicato stampa) che la Federazione Campana aveva già vissuto la nascita del Parco Regionale del Matese fin dal 1993, anche se la sua entrata effettiva in funzione risale al 2002. In quegli anni aveva organizzato altre manifestazioni ed eventi per poter evitare che venissero adottate le forme di salvaguardia che poi, come evidenziato nell’ultimo intervento alla Camera Dei Deputati di qualche giorno fa, hanno provocato uno spopolamento dei Comuni e delle attività agricole del territorio.
Oggi i numeri parlano chiaro. A San Gregorio Matese siamo passati dai 50mila ovini del 2002 ai 4mila di oggi. Mentre l’impossibilità di avere una licenza edilizia per fare un caseificio aziendale ha spinto verso la partenza quelle persone che non hanno la possibilità di lavorare. Ha fatto nel 2020 un piano urbanistico per comprendere se era possibile superare le norme di salvaguardia nelle zone agricole non vincolate, senza avere risposte. La perdita di tutti questi abitanti è la conseguenza di questo immobilismo che ha privato il Parco Regionale del Matese del 13,87% degli abitanti che aveva in origine. Per questo invitiamo la Cospa Abruzzo ad informarsi prima di stilare comunicati e soprattutto a lavorare nel reale interesse di agricoltori, allevatori e cittadini della zona del Matese.Oggi i numeri parlano chiaro. A San Gregorio Matese siamo passati dai 50mila ovini del 2002 ai 4mila di oggi. Mentre l’impossibilità di avere una licenza edilizia per fare un caseificio aziendale ha spinto verso la partenza quelle persone che non hanno la possibilità di lavorare. Ha fatto nel 2020 un piano urbanistico per comprendere se era possibile superare le norme di salvaguardia nelle zone agricole non vincolate, senza avere risposte. La perdita di tutti questi abitanti è la conseguenza di questo immobilismo che ha privato il Parco Regionale del Matese del 13,87% degli abitanti che aveva in origine. Per questo invitiamo la Cospa Abruzzo ad informarsi prima di stilare comunicati e soprattutto a lavorare nel reale interesse di agricoltori, allevatori e cittadini della zona del Matese.
Uno spettacolo di canzoni, musica e ballo dove il ventenne interpreta brani di cantautori napoletani e classici della grande tradizione italiana. Sorpresa finale con l’inedito scritto insieme a Luca Barbato e Vincenzo D’Agostino autori di “Rossetto e caffè”
Ancora a teatro, ancora dal vivo. E ancora una volta con un repertorio che interpreta le grandi hit di autori napoletani come Eduardo De Crescenzo, Nino D’Angelo, Sal Da Vinci o Antonio Sorrentino,ma anche i classici della tradizione italiana e internazionale tra cui “Il mondo” o l’intramontabile e sempreverde “Volare”, ma nella versione di Dean Martin. Dopo il successo del live di dicembre torna sul palco Nello Longobardi, il giovane talento ventenne nella “sua” Ercolano. Stavolta ad andare in scena è il suo spettacolo “Che suonno”, in programma il 4 aprile al teatro Don Orione di Ercolano. Il sogno, a cui si ispira tutto lo spettacolo, è il suo quello di Nello Longobardi, di diventare un grande cantante e uomo di spettacolo, richiamato alla realtà dagli amici, da una voce femminile, che, continuamente, lo invita a non andare troppo lontano con la fantasia, a restare con i piedi per terra, a non sognare troppo. “Questo spettacolo, che mi rappresenta in pieno – evidenzia l’autore e interprete Nello Longobardi – è la perfetta sintesi di questo momento della mia vita. Sto studiando per perfezionarmi e tenermi sempre in allenamento, mentre la parte creativa di me spinge per emergere e devo tenerla a bada”. Sul palco la band composta da tastierista, batterista, bassista, chitarrista, violinista e sassofonista, un corpo di ballo, una fisarmonica e un pianoforte con cui Longobardi si accompagnerà in alcuni brani. L’attrice e voce narrante Tonia Ascione, coautrice dello spettacolo, che, come si legge nella presentazione dello spettacolo è “la voce della mia coscienza, che cerca di convincermi a smettere di sognare. Ma attraverso la musica, la mia voce e il racconto dei miei sogni, riuscirò a farle cambiare idea”. E poi gli amici, gli amici veri, anche nella vita Giuseppe Nobile e Giorgio Casolaro che “mi accompagneranno in questo viaggio onirico, sostenendomi e condividendo con me questo sogno fantastico”, la direzione musicale è invece affidata al maestro Antonio Oliviero. Le coreografie sono di Mariangela Poetini. Per Nello è il secondo appuntamento dopo lo spettacolo “Christmas in Naples”, una novità assoluta nel panorama discografico in un riuscitissimo mash up di brani classici di tradizione napoletana e hit internazionali. Due chicche completano il programma dello spettacolo. Sul finale infatti Nello eseguirà l’inedito composto insieme a Luca Barbato e Vincenzo D’Agostino, i quali hanno firmato, tra l’altro, “Rossetto e caffè” portata al successo da Sal Da Vinci. Sul palco infine salirà suonando e cantando con Longobardi Margherita Scognamiglio. “È partito tutto grazie a lei – afferma Longobardi – mi ha insegnato a sognare”.
Continuano le presentazioni del Calendario AIParC “La visione di Gioacchino da Fiore e le azioni consapevoli dell’uomo”. Continua a riscuotere successo un Calendario che di fatto è un saggio, impreziosito dal contributo di Georg Gottlod.
Il prossimo appuntamento è a Lamezia Terme per il 9 Aprile.
Nella Biblioteca di Spezzano Piccolo, borgo appartenente a Casali del Manco, il 31 Marzo, si è svolta la presentazione del Calendario AIParC Cosenza 2025 dedicato a Gioacchino Da Fiore, dal titolo “La visione di Gioacchino da Fiore e le azioni consapevoli dell’uomo”. L’evento è stato organizzato dall’Associazione AIParC Cosenza e dal Centro Internazionale di Studi Gioachimiti, con il patrocinio del Comune di Casali del Manco.
Al tavolo dei lavori erano presenti illustri ospiti: Monica Turco, Direttrice della Biblioteca, Arsenia De Donato, Vicesindaca di Casali del Manco, Tania Frisone Presidente AIParC Cosenza, Ada Giorno, autrice del calendario, Bianca Rende, consigliera del Comune di Cosenza e socia AIParC, Flaviano Garritano, studioso esperto degli ordini cistercense e florense, autore del libro “La Sambucina . Una grande abbazia nell’Europa Medievale”, Erminia Barca, scrittrice, Presidente dell’Associazione culturale “La Biblioteca” di Pedace e socia AIParc.
Ha coordinato i lavori Anna Maria Ventura, socia AIParC, che nella sua introduzione ha parlato dei Calendari di Nella.
Di Anna Maria Ventura
Ada Giorno, Tania Frisone e Anna Maria ventura
«I calendari sono diventati un tratto identitario dell’AIParC», ha detto la Ventura che ne ha curato la pubblicazione dal 2014, raccontando fatti, eventi, personaggi, che hanno segnato la storia e onorato la terra calabra. «I primi dieci sono detti “I calendari di Nella”, perché dal 2014 al 2024 sono stati scritti e curati da Nella Matta, socia storica, responsabile della Commissione Cultura. Donna di grande levatura intellettuale e morale, Docente e maestra di vita di infinite generazioni di allievi, impegnata in politica e nel mondo cattolico, studiosa e ricercatrice della storia calabra e di uomini e donne che l’hanno onorata, scrittrice di libri e saggi nei quali è impresso il suo amore per la libertà, la democrazia, la giustizia sociale, l’affermazione dei diritti, soprattutto delle donne».
Per il calendario di quest’anno Nella ha voluto cedere il testimone ad una giovane collega, che fa parte del mondo dell’AIParc, essendone socia, Ada Giorno, stimata ed appassionata Docente di storia e filosofia del Liceo “Giacchino da Fiore”. E, considerato il nuovo calendario, non poteva esserci una continuatrice migliore. Ada Giorno si è mossa nel solco già tracciato e, andando a ritroso nel tempo della storia, è giunta fino al Medioevo, dove ha trovato il Calabrese più famoso di tutti i tempi: “il calavrese abate Giovacchino di spirito profetico dotato” (Dante Alighieri, Paradiso,canto XII).”
Da tutti gli interventi è emerso che “La visione di Gioacchino da Fiore e le azioni consapevoli dell’uomo” più che un calendario è un vero libro, interamente opera dell’autrice, sia nella veste grafica che nel contenuto, tranne due pagine introduttive di Nella Matta e Tania Frisone e un contributo prezioso del Professor Georg Gottlob Ordinario di Informatica e Intelligenza artificiale dell’Unical. Il risultato è un piccolo capolavoro di immagini e parole, che collegano l’antico col mondo contemporaneo e mettono a confronto il pensiero messianico e salvifico del monaco medievale con quello scientifico e tecnologico di oggi.
La struttura del Calendario
È ammirevole e veramente efficace lo schema della narrazione. Ogni pagina è divisa a metà. A sinistra si trova un mese dell’anno con la successione dei giorni, a destra, di volta in volta i concetti fondanti del pensiero gioachimita, nella pagina successiva si trova l’altro mese con a fianco teorie, ma ancor di più riflessioni, di pensatori e scienziati che hanno portato avanti la scienza e la tecnica fino a generare l’intelligenza artificiale, con tutti gli interrogativi che pone. Ma soprattutto le considerazioni profonde, scaturite da un pensiero critico dell’autrice nel confrontare questi universi.
Il tutto come un racconto unico, che scorre su pagine curate nei particolari, i colori, che sanno di antico, i dipinti di artisti famosi, le citazioni, che riempiono gli spazi, ma con ordine e simmetria. Ci accompagnerà giorno dopo giorno questo piccolo capolavoro, mentre attraverseremo le stagioni dell’anno, ci condurrà verso la conoscenza e, al contempo, ci farà riflettere su come trovare soluzioni ai mali di questo mondo e ad una realtà distopica, che non lascia spazio all’utopia e ai sogni.
Seguiamo qualche pagina di questo prezioso calendario: la tecnologia è stata concepita per migliorare la condizione umana, ma molto spesso ha prodotto alienazione. La condizione contemporanea, caratterizzata dall’espansione delle intelligenze artificiali e dalla crescente dipendenza da sistemi automatizzati evidenzia il rischio che l’uomo si trovi disorientato in un mondo senza significato.
“…Gioacchino da Fiore, con la sua visione dell’umanità come parte integrante di un pensiero divino, offre un’alternativa alla perdita di identità. Il suo pensiero invita ad una riscoperta del valore intrinseco di ogni essere umano come partecipante attivo nel grande progetto di salvezza. La sua teologia trinitaria suggerisce una struttura relazionale che trascende il dominio della tecnica: ogni persona, in quanto riflesso della trinità, è chiamata a vivere una relazione di armonia e cooperazione con gli altri e con il creato. Riscoprire questa dimensione relazionale significa contrastare il rischio di una disumanizzazione provocata dall’automatizzazione, recuperando il senso profondo della nostra presenza nel mondo. La spiritualità gioachimita diventa quindi una risposta attuale alla crisi contemporanea, offrendo una prospettiva che unisce il progresso tecnologico alla consapevolezza etica e spirituale”.
E ancora in un’altra pagina Ada Giorno scrive: “…Gioacchino invita gli uomini a partecipare alla storia richiamandoli alla responsabilità. Egli esorta a superare superficialità e appartenenze simboliche per agire secondo i principi del bene comune. La libertà, nella sua visione, è inseparabile dalla responsabilità e ogni azione deve contribuire alla costruzione di una società più giusta e inclusiva”.
“In un mondo spesso dominato dalla logica del profitto e dalla competizione, Gioacchino da Fiore ci ricorda che il vero progresso umano si basa sull’amore, sul rispetto reciproco e sulla pace universale, valori imprescindibili per il futuro dell’umanità”.
Una pioggia di fragole spagnole ha invaso in questi giorni gli scaffali della grande distribuzione. In particolare un noto brand (con punti vendita in tutta Italia), pur in presenza di una importante produzione italiana in questo settore, ha deciso di fare rotta sulla penisola iberica per reperire il prodotto da posizionare sugli scaffali ad un prezzo più conveniente.
Coldiretti Campania lancia l’allarme: “I consumatori devono fare massima attenzione prima di mettere un cestino di fragole nel carrello. Se nella pubblicità affissa nei punti vendita o nei volantini si parla di fragole italiane allora nell’etichetta apposta sul prodotto ci deve essere scritta chiaramente la provenienza”.
La questione è tutta chiaramente economica. Ai produttori vengono offerti 1,20 euro al chilo, la grande distribuzione compra dagli intermediari a 2,40 euro al chilo e sullo scaffale il consumatore trova le fragole a 3,90 euro al chilo.
Mentre la grande distribuzione gioca al ribasso acquistando dalla Spagna, la merce italiana resta sulle piante. I coltivatori di fragole della Campania hanno il 70% della produzione da raccogliere. Una volta che questo prodotto arriverà su di un mercato già saturo di prodotto spagnolo, il prezzo crollerà ulteriormente con grave danno per le nostre aziende a chilometro zero.
Una situazione sulla quale occorre fare chiarezza serrando i controlli sulle pratiche di acquisto della grande distribuzione che mettono in crisi i piccoli produttori. Sono due le parti da tutelare: da un lato ci sono le aziende che programmano il ciclo produttivo in funzione degli ordini della gdo e dall’altro i consumatori che si aspettano di assaggiare fragole a chilometro zero ed invece si ritrovano con un prodotto che ha fatto una lunga strada prima di essere posto in vendita.
Hollywood piange una delle sue stelle più enigmatiche. Il celebre attore americano Val Kilmer è morto all’età di 65 anni a Los Angeles. A rendere nota la notizia la sua famiglia, citata dal New York Times. Secondo quanto dichiarato dalla figlia, Mercedes Kilmer, l’attore è deceduto a causa di complicazioni legate a una polmonite. Kilmer ha combattuto per anni contro gravi problemi di salute. Nel 2014 gli era stato diagnosticato un cancro alla gola, da cui era riuscito a guarire ma che lo aveva reso quasi completamente afono. Nonostante la malattia, nel 2022 tornò sul grande schermo nel sequel Top Gun: Maverick, dove l’intelligenza artificiale gli restituì la voce. Fu grazie all’insistenza del suo amico e co-protagonista Tom Cruise che poté prendere parte al film campione d’incassi, segnando un’ultima apparizione emozionante davanti al pubblico che lo aveva amato per decenni.
Val Kilmer: dagli esordi a Hollywood
Nato il 31 dicembre 1959 a Los Angeles, a Chatsworth nella San Fernando Valley in una famiglia dalla doppia anima. Suo padre lavorava nel settore immobiliare mentre sua madre aveva origini svedesi. Dopo il divorzio dei genitori quando aveva 9 anni, Kilmer rimase a vivere con il padre insieme ai suoi due fratelli. Fin da ragazzo mostrò una forte inclinazione per la recitazione, partecipando a recite scolastiche e apparendo in alcune pubblicità. La sua determinazione lo portò a entrare a soli 16 anni, nella prestigiosa Juilliard School di New York, una delle accademie di recitazione più rinomate al mondo. Qui affinò il suo talento e fece le prime esperienze sul palcoscenico, condividendo il cammino con altri futuri divi come Kevin Bacon e Sean Penn.
Il suo debutto professionale avvenne nel 1983 con la commedia off-Broadway The Slab Boys, accanto proprio a Bacon e Penn. In quello stesso periodo apparve in uno speciale televisivo della ABC, sulla guida in stato di ebbrezza. Qui recitò al fianco di una giovane Michelle Pfeiffer. Anni dopo Val Kilmer le dedicò un libro di poesie, diventato nel tempo un oggetto da collezione e venduto a oltre 400 dollari a copia.
L’ascesa al successo: tra scelte eccentriche e ruoli memorabili
Attore anticonformista, ha rifiutato ruoli in film che avrebbero potuto garantirgli fama immediata. Nel 1983 declinò un’offerta per I ragazzi della 56ª strada di Francis Ford Coppola perché era impegnato a teatro. Tre anni dopo disse no anche a David Lynch che gli aveva proposto una parte in Velluto blu. Il suo esordio cinematografico avvenne con Top Secret! (1984), una parodia dei film di spionaggio in cui interpretò una rockstar degli anni ’50. Dopo quell’eccentrico debutto decise di prendersi una pausa dalla recitazione e partì per un viaggio in solitaria attraverso l’Europa, zaino in spalla, senza dare notizie di sé per oltre un anno.
Al suo ritorno ottenne il ruolo che lo consacrò definitivamente, quello di Iceman il pilota rivale di Maverick in Top Gun (1986), accanto a Tom Cruise. Il film divenne un fenomeno globale e Kilmer si ritrovò catapultato nell’olimpo di Hollywood.
Ma fu nel 1991 che dimostrò tutta la sua versatilità interpretativa, vestendo i panni di Jim Morrison nel biopic The Doors di Oliver Stone. Per prepararsi al ruolo Kilmer trascorse un anno intero nei club del Sunset Strip, studiando ogni dettaglio del leggendario frontman della band. La sua interpretazione fu così convincente che persino i membri dei Doors ammisero di non riuscire a distinguere la sua voce da quella di Morrison, in alcune delle tracce registrate per il film.
Nel 1995 entrò nella leggenda del cinema supereroistico interpretando Bruce Wayne in Batman Forever, di Joel Schumacher. Tuttavia, dietro le quinte, la sua fama di attore difficile da gestire crebbe a dismisura. Il regista lo descrisse come “impossibile da sopportare” e dichiarò che non avrebbe mai più lavorato con lui.
Il mito dell’attore ribelle: tra genio e difficoltà personali
Al culmine della sua carriera, negli anni ’80, Kilmer guadagnava 6 milioni di dollari a film e frequentava star del calibro di Cher e Cindy Crawford. Tuttavia il suo carattere difficile, lo portò a scontrarsi con molti registi e colleghi. Ron Howard, che lo diresse nel dark fantasy Willow (1988), lo definì “infantile” e “insopportabile”. Dopo The Doors, Val Kilmer decise di ritirarsi per un periodo nella sua tenuta in New Mexico, dove allevava bufali e scriveva poesie. A causa di problemi economici, lo costrinsero a vendere la proprietà per saldare i debiti e pagare gli alimenti ai figli. Nonostante il declino della sua carriera negli anni 2000, continuò ad apparire in ruoli minori e cameo mantenendo sempre un’aura di mistero attorno alla sua figura. Nel 2020 pubblicò l’autobiografia I’m Your Huckleberry, il cui titolo riprende una celebre battuta pronunciata nel film Tombstone (1993), in cui interpretava il pistolero Doc Holliday.
Val Kilmer lasciò il segno anche nel mondo dell’arte. A Los Angeles, su Melrose Avenue, fondò il Kamp Kilmer, uno spazio a metà tra galleria d’arte e centro sociale dedicato a poeti, pittori, musicisti e registi emergenti. Era qui che spesso trascorreva le sue giornate, lontano dai riflettori di Hollywood.
Con la sua scomparsa si chiude un capitolo della storia del cinema. Val Kilmer non è stato solo un attore di talento ma un’icona ribelle che ha vissuto la sua carriera secondo le proprie regole. Difficile da gestire, imprevedibile ma indiscutibilmente magnetico.