mercoledì, Gennaio 8, 2025
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Luvo Barattoli Arzano, arriva la terribile capolista Fasano

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Luvo Barattoli Arzano in cerca di riscatto nel match interno con la capolista Pantaleo Podio Fasano. La sconfitta in casa del terribile Pomezia è stata analizzata con attenzione durante la settimana proprio per arrivare preparati nel migliore dei modi a questo big match.

“Dopo la sconfitta di sabato scorso, ci siamo rimboccate le maniche e abbiamo affrontato la settimana di allenamenti con grande impegno e determinazione. Come facciamo dopo ogni partita, che sia una vittoria o una sconfitta, abbiamo analizzato il match. Abbiamo focalizzato l’attenzione sugli errori commessi, per cercare di correggerli e migliorare. La sconfitta ci ha dato ulteriore motivazione per migliorare, spingendoci a lavorare con ancora più intensità per prepararci al meglio per la partita contro la capolista” spiega la palleggiatrice Marianna Silvestro.

🌟 La Pantaleo Podio Fasano arriva a questa gara con un impressionante bottino di 23 punti, frutto di otto vittorie e una sola sconfitta. La loro solidità e determinazione sono state evidenti in ogni partita, rendendo questa squadra una delle più temibili del campionato.

⚡ Dall’altro lato della rete trova la Luvo Barattoli Arzano attualmente in quarta posizione con 18 punti, ha collezionato sei vittorie e tre sconfitte. La squadra ha dimostrato di sapersi esaltare quando affronta avversari di alto livello, come nel caso di Fasano.

Questo storico confronto è un’opportunità per Arzano per continuare a dimostrare la propria forza e competitività, ma anche di crescita per giovani atlete come Marianna Silvestro alla prima stagione da titolare dopo aver fatto tutta la trafila nelle giovanili arzanesi: “Questa prima stagione da titolare rappresenta sicuramente una sfida più grande, ma anche un’opportunità di crescita. La responsabilità è aumentata, ma sento di poterla gestire. Nonostante ciò, anche se ci sono state alcune partite in cui l’esito non è stato completamente favorevole, credo che il nostro percorso stia andando nella direzione giusta. Abbiamo ancora molto da dare e, grazie agli allenamenti intensi e al lavoro di squadra con le mie compagne, sono convinta che possiamo raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi”.

Si gioca domani (sabato 14 dicembre 2024) al Palazzetto dello Sport Domenico Rea di Arzano. Fischio d’inizio alle ore 16, arbitri dell’incontro: Angela Di Bari e Gabriella Notaro. Una gara da non perdere.  Quest’incontro si preannuncia avvincente: le due squadre daranno il massimo per cercare la vittoria e regalare uno spettacolo entusiasmante al pubblico presente!

Siria, la fine di un’Era

Dopo 24 anni, il regime dittatoriale di Assad in Siria è crollato tra il 7 e l’8 dicembre 2024, dopo 11 giorni di offensiva militare guidata dai ribelli sunniti jihadisti di Ha’yat Tahrir al-Sham e sostenuta da Turchia e USA.

Le Radici del Regime di Assad

La famiglia Assad ha governato il paese attraverso un regime autoritario dinastico. Infatti, Bashar al-Assad è succeduto al padre, Hafez al-Assad, che aveva governato la Siria dal 1970. La Siria di Assad si è distinta fin da subito per una forte concentrazione di potere nelle mani di una ristretta élite, principalmente appartenente alla comunità alawita, una minoranza sciita. Durante gli anni, Assad è stato accusato di gravi violazioni dei diritti umani, repressione dell’opposizione politica e di utilizzare la guerra per mantenere il controllo.

Il conflitto siriano ha avuto inizio nel 2011, nell’ambito della Primavera Araba, quando centinaia di migliaia di siriani sono scesi in piazza chiedendo riforme politiche e maggiori libertà. La risposta del regime è stata violenta reprimendo i manifestanti, ricorrendo alla tortura il più delle volte. Questo ha dato il via a una guerra civile che, nel tempo, ha coinvolto numerosi attori regionali e internazionali, trasformando la Siria in un campo di battaglia globale.

Come si è arrivato a questo punto?

Fin dalla sua formazione di stato unitario avvenuta nel 1946, la Siria si è sempre rivelato un paese caratterizzato da una realtà molto fragile, soprattutto a causa della eterogeneità della sua popolazione divisa in svariate comunità politico-religiose. Il risultato di queste divisioni e di questa precarietà fu l’istituzione di una repubblica instabile che portò il Paese ad attraversare un lungo periodo caratterizzato da colpi di stato, declino economico e malcontento popolare.

Questa Era di instabilità si concluse il 13 novembre 1970 quando, nel corso di un atto militare, denominato “Rivoluzione Correttiva”, il generale dell’aviazione e ministro della difesa, Hafez al-Assad (padre di Bashar al-Assad), riuscì a conquistare il potere, instaurando un regime personale che sarebbe durato per i successivi trent’anni, fino al 2000.

La prima fase della guerra civile siriana scoppiò intorno al 2010, dopo un primo periodo di proteste, la situazione degenerò in una drammatica guerra civile che nel corso degli anni ha causato oltre 600.000 morti e milioni di sfollati interni e di profughi esterni. Inoltre, il conflitto è più volte uscito dai confini siriani, andando a coinvolgere l’Iraq e il Libano. In questa prospettiva si fecero strada in opposizione una vastità di forze estremiste che hanno poi portato alla caduta dell’ormai ex regime.

Scenari futuri

La caduta di Assad porterà inevitabilmente a un vuoto di potere, con un possibile risorgere di nuovi conflitti interni. La Siria potrebbe finire sotto il controllo di varie fazioni, ciascuna supportata da potenze esterne, e la riconciliazione tra le diverse comunità etniche e religiose potrebbe risultare estremamente difficile. Inoltre, la frammentazione territoriale potrebbe rendere la ricostruzione del paese un’impresa ardua.

Un altro scenario possibile può essere l’inizio di una nuova era di transizione, che potrebbe portare a un governo più inclusivo, rappresentativo e democratico. Tuttavia, le difficoltà economiche, le ferite profonde lasciate dalla guerra e la presenza di potenze straniere complicano questa prospettiva.

L’inizio di una nuova Siria pone sul tavolo nuovi punti di domanda su come le relazioni tra le principali potenze globali si evolveranno nei prossimi anni e di come gli equilibri tra le potenze regionali del Medio Oriente siano pronte a cambiare rapidamente al primo accenno di crisi. La caduta di Assad difatti non risolve automaticamente la crisi siriana, poiché il paese dovrà affrontare le difficili sfide della ricostruzione, della riconciliazione e della ricostituzione di un ordine stabile. La comunità internazionale sarà chiamata a svolgere un ruolo cruciale nel determinare quale futuro attende la Siria dopo la fine del regime di Bashar al-Assad.

Per le regioni del Mezzogiorno il 40%: di cosa, a chi, dove, perché e quando?

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Risorse disponibili e risorse allocabili: queste in un Fondo, potrà divenire una nuova Cassa per il Mezzogiorno?

Gli Agrumi di Poggioreale in vendita al Mercato di Campagna Amica

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Una giornata storica è stata celebrata al Mercato di Campagna Amica di Piazza Salerno al Centro Direzionale di Napoli, dove per la prima volta sono stati messi in vendita gli agrumi coltivati all’interno del Carcere di Poggioreale. Questo è il frutto tangibile del progetto “Agrumi in Libertà”, un’iniziativa che non solo promuove la qualità dei prodotti locali, ma offre anche ai detenuti una concreta opportunità di reinserimento sociale. Le arance, i limoni e i mandarini, freschi e saporiti, hanno trovato così un palcoscenico perfetto per raggiungere i consumatori, i quali hanno potuto sostenere un’importante causa mentre acquistavano prodotti di eccellenza. “Agrumi in libertà” rappresenta non solo un esempio di economia sostenibile, ma anche una storia di riscatto e speranza, in grado di trasformare la vita di chi ha sbagliato e di dare loro una seconda possibilità in un contesto sociale difficile.

Il progetto si è concretizzato grazie a un protocollo d’intesa siglato il 23 novembre 2023, sottoscritto da diverse istituzioni, tra cui il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e la Federazione regionale Coldiretti Campania. Questo accordo si prefigge l’obiettivo di valorizzare l’agricoltura penitenziaria, nonché di promuovere lo sviluppo di tenimenti agricoli all’interno degli istituti penitenziari della Campania. In particolare, il progetto mira a riqualificare l’area agricola della Casa Circondariale di Napoli “G. Salvia”, riconoscendo il valore ecologico e culturale delle attività agricole nei contesti carcerari.

La continuità dell’iniziativa “Agrumi in Libertà” è fondamentale, poiché coinvolge attivamente i detenuti nella raccolta e nella vendita degli agrumi. La collaborazione con Campagna Amica, il mercato a km 0 di Coldiretti, rende questa esperienza ancor più significativa, poiché promuove un modello di agricoltura sostenibile e a chilometri zero.

La riqualificazione degli spazi agricoli ha l’obiettivo di garantire un ambiente dignitoso e stimolante per i detenuti, facilitando il loro processo di reinserimento nella società. Creare uno spazio comune dedicato alla formazione e alla produzione agroalimentare è essenziale per promuovere interazioni positive tra detenuti e comunità esterna. Questo progetto non si limita a migliorare le condizioni di vita in carcere, ma aiuta anche a sostenere il benessere psicologico dei detenuti. Attraverso il lavoro e la cooperazione, si riducono tensioni e conflitti, aumentando il senso di responsabilità e il desiderio di collaborazione. Inoltre, i detenuti hanno l’opportunità di apprendere competenze pratiche legate alla coltivazione e alla gestione di una serra, arricchendo il loro bagaglio formativo e relazionale.

NINO ROTA vs ROTA: il 13 dicembre presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli un omaggio di Progetto Sonora al genio compositore

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Un concerto per celebrare la duplice anima di Nino Rota, quella del musicista classico e quella del compositore di colonne sonore: è “NINO ROTA versus ROTA”, la nuova proposta musicale di Progetto Sonora in collaborazione con il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, che vedrà la luce presso la Sala Scarlatti del Conservatorio, venerdì 13 dicembre 2024, alle ore 18.00. Interprete musicale il Sonora Chamber Ensemble, diretto da Giuseppe Galiano. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.

Nino Rota è stato un genio ineguagliabile, compositore classico colto e raffinato, e ideatore di indimenticabili colonne sonore che hanno lasciato un segno indelebile nell’immaginario collettivo mondiale. I suoi tratti distintivi erano la sua sensibilità melodica inconfondibile, la scrittura limpida e una vena narrativa capace di evocare emozioni profonde. Era capace di far convivere in un unico universo creativo la tradizione musicale europea e l’immediatezza comunicativa del cinema. L’itinerario musicale di “NINO ROTA versus ROTA” evidenzia come la sua produzione concertistica e quella cinematografica condividano una stessa matrice poetica.

Il viaggio musicale si apre con la “Piccola Offerta Musicale”, un gioiello cameristico del 1943 per quintetto di fiati, dedicato ad Alfredo Casella. Quest’opera, che si rifà alla tradizione bachiana, mostra la raffinatezza di Rota nel dialogo strumentale e la sua adesione al neoclassicismo. Segue una trascrizione per quintetto di fiati dei celebri “Cinque pezzi facili”, originariamente composti per flauto e pianoforte. Questo adattamento, realizzato dal giovane Francesco Attore del Conservatorio San Pietro a Majella, dà nuova vita a brani già amati, esaltandone la grazia e la semplicità che li rendono accessibili e universali.

La seconda parte del programma è dedicata al “Nonetto”, un’opera matura che esprime l’ampiezza del linguaggio compositivo di Rota, con una struttura articolata in cinque movimenti e una scrittura che unisce archi e fiati in un insieme di grande intensità espressiva. Il concerto si chiude con la “Suite ROTA”, un omaggio alle indimenticabili colonne sonore che hanno fatto di Nino Rota uno dei compositori più iconici del cinema. Nell’arrangiamento di Roberto Molinelli, temi tratti da capolavori come La StradaIl Padrino e Amarcord si intrecciano in una narrazione musicale che trascende i confini tra musica da concerto e musica cinematografica.

Congo: massima attenzione per una misteriosa epidemia

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La Repubblica Democratica del Congo è in stato di massima allerta a causa di una misteriosa epidemia che ha colpito la regione di Panzi, a circa 700 km a sud-est della capitale Kinshasa. Secondo il ministro della Difesa, Samuel-Roger Kamba, la situazione è critica. La malattia ha già causato un alto numero di vittime, si parla di almeno 70 morti in poco più di un mese. Le autorità sanitarie hanno descritto il fenomeno come un “evento sconosciuto di sanità pubblica”, alimentando timori per una possibile epidemia.

Congo: i numeri della tragedia e possibile trasmissione dell’epidemia

I primi casi si sono registrati alla fine di ottobre. Stando alle stime, i decessi sono stati almeno 27 nei presidi sanitari e ulteriori 44 nei villaggi, senza diagnosi ufficiale. Il tasso di mortalità appare preoccupante con circa un terzo degli oltre 370 contagiati, deceduti. La malattia ha colpito soprattutto giovani tra i 15 e i 18 anni mentre un quarto dei casi, riguarda bambini sotto i cinque anni. La situazione è particolarmente grave nella regione di Panzi, una delle più povere del paese, con infrastrutture sanitarie quasi inesistenti. La mancanza di accesso a cure mediche, acqua potabile e risorse alimentari ha aggravato la condizione di salute della popolazione locale. Il tasso di malnutrizione si attesta al 61%, uno dei più elevati del Congo. Già due anni fa la regione ha affrontato gravi epidemie, come quella di febbre tifoide.

La malattia potrebbe essere legata a una zoonosi, ossia un’infezione che ha fatto il “salto di specie” dagli animali agli esseri umani. Massimo Ciccozzi, ordinario di Epidemiologia al Campus Bio-Medico di Roma, ha evidenziato l’importanza di monitorare attentamente la situazione. In un’area come quella di Panzi, i contatti tra esseri umani e animali sono frequenti e aumentano il rischio di nuove infezioni.

Sintomi, caratteristiche della malattia e analisi degli esperti

Secondo i primi dati, i bambini sotto i cinque anni rappresentano il 40% dei casi colpiti dalla misteriosa malattia. I sintomi sono simili a quelli dell’influenza: febbre, mal di testa, tosse, difficoltà respiratorie e anemia. Gli esperti hanno stabilito che la malattia colpisce l’apparato respiratorio, escludendo il Covid-19 come causa.

Giovanni Rezza, professore di igiene e sanità pubblica presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, ha analizzato la situazione. La letalità della malattia è preoccupante, circa un terzo delle oltre 370 persone colpite hanno perso la vita. La situazione ricorda gli eventi legati alla febbre emorragica, nonostante i sintomi siano significativamente diversi. Effettuare diagnosi in queste aree è complicato. I campioni devono essere trasferiti ai laboratori di Kinshasa o a centri maggiormente attrezzati, con l’assistenza dell’OMS. La diagnosi rapida è fondamentale ma se si trattasse di un nuovo patogeno, potrebbero servire più tempo e risorse per identificare la malattia.

Reazioni internazionali e il caso di Lucca

Le autorità del Congo, in collaborazione con organismi internazionali, stanno attivamente verificando la situazione per rispondere in modo efficace a questo nuovo focolaio epidemico. Inoltre l’Italia ha alzato il livello di attenzione nei confronti della misteriosa malattia. Misure precauzionali sono state prese per i voli in arrivo dal Congo, dopo che si è verificato un caso sospetto in un paziente, rientrato dal paese africano con sintomi influenzali. Il caso è stato rilevato a Lucca. Un uomo di circa 50 anni ha mostrato sintomi influenzali simili a quelli di questa malattia. I suoi campioni sono stati prelevati e inviati all’Istituto Superiore di Sanità per ulteriori analisi.

Maria Rosaria Campitiello, capo del dipartimento della prevenzione e emergenze sanitarie del ministero della Salute, ha dichiarato che è in corso una sorveglianza attiva e un monitoraggio costante della situazione, per garantire la sicurezza. Francesco Vaia, direttore generale della prevenzione del ministero, ha sottolineato che non è il caso di creare allarmismi, nonostante l’attenzione rivolta alla questione.

Congo: rischi per il Paese e la salute pubblica

Ciccozzi ha avvertito che è fondamentale considerare la salute globale, specialmente con l’aumento della mobilità internazionale legato al Giubileo in Italia. Gli esperti invitano a un monitoraggio epidemiologico attento con l’invio di laboratori mobili, per facilitare la diagnosi. Inoltre insistono sulla necessità di una diagnosi rapida, per identificare il patogeno e impedire una potenziale epidemia su larga scala. Carlo Perno, responsabile di Microbiologia e diagnostica di immunologia presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma, ha suggerito l’uso di laboratori mobili internazionali per analizzare il patogeno in tempi brevi. Questi laboratori equipaggiati con strumenti avanzati e personale altamente qualificato, potrebbero garantire una diagnosi tempestiva. Finora, nonostante la rapidità della malattia e l’alta letalità, non sono emerse prove di una diffusione a livello internazionale.

Le ipotesi sul possibile agente patogeno, includono virus responsabili di febbri emorragiche come l’Ebola. Ma anche patologie respiratorie e batteriche come la meningite. Sebbene la diagnosi sia ancora incerta, la sintomatologia potrebbe suggerire una malattia respiratoria o una febbre emorragica. Tuttavia, poiché i casi sono limitati a una regione specifica, non c’è ancora alcun allarme globale sebbene le autorità sanitarie siano estremamente vigili.

Leggi anche: Francia: la crisi politica e le sfide per il futuro (centrosud24.com)

Quarant’anni di carriera: Peppe Di Franco al teatro Sannazaro il 12 dicembre

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di Valentina De Nigris

L’artista debutta nel 1984 al “TTC”, lo storico locale del quartiere Vomero come “Peppe Di Franco e la sua chitarra” e conclude il quarantennale della sua carriera sul palco della Fiera del levante di Bari come “Peppe Di Franco e i Pummarola Sound”.

A metà del suo percorso artistico viene raccomandato da Gigi d’Alessio nel programma RAI “I Raccomandati” dove partecipa e vince. Peppe Di Franco, nato e cresciuto a Napoli, dove tuttora risiede con la famiglia, pur esibendosi in tutta Italia nei più rinomati locali, non si stacca mai dalla sua città e qui giovedì 12 dicembre alle ore 20:30 si esibirà nel Teatro Sannazaro (Via Chiaia, 157 – NA) con la Band “I Pummarola Sound” per festeggiare i quarant’anni di carriera.

Anthemis: radici locali e innovazione musicale

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Gli Anthemis, una band emergente di Sant’Antimo, rappresentano un perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione. Composta da Antonio Ponticiello, Francesco Ciccarelli, Umberto Procida, Federico Procida e Dino Barretta, questa formazione porta avanti un progetto musicale giovane ma già maturo, in cui le radici rock si mescolano a influenze blues ed elettroniche. Ciò che li rende davvero speciali è il profondo legame con il loro territorio, che si riflette tanto nel nome quanto nei loro testi, ricchi di denuncia sociale e autenticità. Abbiamo avuto il piacere di intervistarli per scoprire non solo il percorso che li ha portati a distinguersi nel panorama musicale, ma anche il cuore pulsante del loro progetto: un messaggio di speranza, rinascita e condivisione. Dagli inizi come band cover al debutto con Sanremo Rock, fino alla recente finale al Roma Music Festival, gli Anthemis ci hanno raccontato la loro storia con la stessa energia e passione che mettono sul palco.

La nascita degli Anthemis

Qual è stato il momento decisivo o la scintilla che vi ha spinto a creare gli Anthemis e a condividere la vostra musica con il pubblico?

La nascita degli Anthemis è stata naturale, frutto di legami costruiti nel tempo. Ci conoscevamo già da anni, e alcuni di noi avevano suonato insieme in passato. Anche chi non aveva condiviso progetti veri e propri aveva costruito una stima reciproca e un’ottima conoscenza. Quando si è presentata l’occasione giusta, è stato tutto spontaneo.

Questa occasione è arrivata con il passaggio delle audizioni di Sanremo Rock. Partecipare al concorso è iniziato quasi come un gioco, una scommessa. Quando il nostro brano è stato apprezzato e abbiamo ricevuto il via libera, abbiamo capito che era necessario formare un gruppo. Ci siamo confrontati, ritrovati e unito le nostre esperienze. Così è nato il progetto Anthemis, il cui debutto è avvenuto proprio a Sanremo Rock.

Il nome Anthemis è molto particolare. Qual è il significato dietro questa scelta e cosa rappresenta per voi?

Il nome Anthemis racchiude il legame con le nostre radici. “Antemio” richiama la storia e il legame con il nostro santo patrono, mentre “Hemis” si ispira a un festival indiano che celebra cultura e arte per esorcizzare le negatività.

Questo nome rappresenta il nostro obiettivo: raccontare e valorizzare la ricchezza della nostra terra, troppo spesso associata a immagini negative. Con la nostra musica vogliamo trasmettere speranza e ribaltare questa percezione, raccontando una rinascita possibile.

Influenze musicali e creazione artistica

Quali sono state le vostre principali influenze musicali e in che modo vi hanno aiutato a definire il vostro stile?

Le nostre influenze musicali sono fondamentali e hanno plasmato il nostro stile in modo significativo. Siamo nati come una band cover, interpretando brani di gruppi storici come i Pink Floyd e i Doors, suonando il classico rock. Con l’ingresso di Umberto e Federico, abbiamo arricchito il nostro repertorio con elementi di blues, ampliando ulteriormente il nostro sound.

Ci piace pensare a noi come un’eco del classic rock italiano, ma con uno stile che cerca di andare oltre. Nel nostro progetto abbiamo fuso rock, blues ed elementi elettronici, una contaminazione che si percepisce chiaramente in brani come Gravità.

Portiamo con noi tutto il bagaglio delle nostre influenze musicali e cerchiamo di integrarlo nel modo migliore, creando una sintesi personale e originale. La contaminazione è il cuore del nostro stile, un dialogo continuo tra passato e presente.

Ritornando a Gravità, nei vostri testi affrontate spesso temi di denuncia sociale. Da dove nasce questa sensibilità e come riuscite a trasformarla in musica?

In realtà, non ci vuole molto: raccontiamo semplicemente il mondo che ci circonda e ciò che viviamo e respiriamo quotidianamente. Gravità è come una polaroid, uno scatto fedele di ciò che vedono i nostri occhi, una rappresentazione diretta e sincera della realtà.

Questo brano, in particolare, è nato in modo estremamente spontaneo, durante una notte di domenica, e successivamente è diventato davvero nostro grazie al contributo delle nostre diverse influenze musicali. Cerchiamo sempre di trasformare ciò che sentiamo in musica, mescolando emozioni, osservazioni e riflessioni per dare voce a ciò che ci colpisce di più. La sensibilità nasce dal voler dare un significato autentico alle nostre esperienze e condividerlo attraverso la nostra arte.

Traguardi e successi

Partecipare a Sanremo Rock è stato un traguardo importante. Qual è stato l’aspetto più emozionante di questa esperienza e cosa vi ha insegnato?

Sanremo Rock è stata un’esperienza straordinaria, che ci ha arricchito moltissimo, sia dal punto di vista musicale che umano. Ci ha permesso di crescere, incontrando tanti artisti e persone legate all’ambiente musicale, soprattutto rock. È stato il nostro trampolino di lancio, un’occasione preziosa per farci conoscere e per presentare il nostro brano Gravità al pubblico, con tutta l’emozione e l’adrenalina del debutto.

Dal punto di vista umano, è stata un’esperienza ancora più significativa. Non è stato solo un progetto musicale, ma un momento di condivisione autentica tra di noi come amici, oltre che come colleghi. È stata anche una grande valvola di sfogo, che ci ha dato l’opportunità di rimetterci in gioco e metterci alla prova. Sanremo Rock ci ha insegnato quanto sia importante credere in ciò che facciamo e trasmettere questo al cuore di chi ci ascolta.

È di queste settimane la notizia del vostro ingresso in finale al Roma Music Festival. Come vi siete sentiti quando l’avete saputo e qual è il messaggio che sperate di trasmettere con la vostra esibizione e con una possibile vittoria?

Per quanto riguarda la vittoria, da buoni campani facciamo tutti gli scongiuri! Ma seriamente, possiamo dire che c’è stata un’esplosione di gioia. Anthemis ha solo un anno di vita, e trovarci in finale è stato un momento di grande orgoglio e immensa emozione.

Partecipare a un festival come il Roma Music Festival è una soddisfazione enorme. È un melting pot di generi musicali e ci ha permesso di immergerci in una varietà di suoni e stili incredibile. Con la nostra esibizione vogliamo trasmettere tutta la passione che mettiamo nella nostra musica, insieme ai valori e all’energia di chi ci sostiene. Per noi, indipendentemente dal risultato, condividere emozioni attraverso la musica è già una vittoria.

Legame con il territorio

Quanto è importante per voi il legame con Sant’Antimo e in che modo questo influisce sulla vostra musica?

Il legame con Sant’Antimo non è semplicemente importante: è fondamentale. Lo portiamo nel nostro nome e lo ribadiamo ogni volta che ne abbiamo l’occasione. Rivendichiamo con orgoglio le nostre origini, perché per noi non è qualcosa di scontato. Quando ci chiedono da dove veniamo, rispondiamo con il cuore pieno di gioia: “Siamo di Sant’Antimo”. Non ci limitiamo a dire Napoli o provincia, ci teniamo a sottolineare con forza la nostra provenienza.

Sant’Antimo è alla base del nostro progetto. Non vogliamo insegnare nulla a nessuno, ma se possiamo anche solo in minima parte contribuire a risvegliare il senso di comunità e avvicinare le persone, giovani o meno giovani, alla musica, allora sentiamo di fare qualcosa di importante.

Il nostro paese si sta pian piano risvegliando, e crediamo che la musica possa essere un collante forte per unire le persone. Con le nostre note e i nostri messaggi, speriamo che Sant’Antimo possa riscoprire il valore della condivisione e sentirsi più unita. Per noi, questo legame non è solo un punto di partenza, ma il cuore pulsante del nostro percorso artistico.

Da parte della cittadinanza il supporto è enorme, cosa ne pensate?

Ci aspettavamo un po’ di campanilismo, ma l’affetto ricevuto ci ha piacevolmente sorpresi. È un sostegno che non diamo per scontato e che ci riempie di gratitudine. Speriamo di ricambiarlo organizzando qualcosa di speciale qui a Sant’Antimo, magari un live. Sarebbe un’occasione per raccontare non solo la nostra esperienza, ma anche quella della nostra comunità.

Il supporto dei nostri concittadini ci ha dato molto più di quanto immaginassimo. Vogliamo continuare a crescere con passione, restando fedeli alle nostre radici e ringraziando chi ci segue, soprattutto qui nel nostro paese.

Anthemis e il rapporto con il pubblico

Come vivete e quanto è importante il rapporto con i vostri fan?

Il rapporto con i nostri fan è fondamentale, soprattutto considerando che il nostro progetto è ancora giovane. Nonostante ciò, abbiamo raggiunto traguardi importanti in poco tempo. Per noi è essenziale vivere questa esperienza senza filtri e senza distanze: attraverso la musica vogliamo creare un legame diretto, senza barriere, diventando un tutt’uno con chi ci segue.

Siamo spesso colpiti e spiazzati dalla stima e dal consenso che riceviamo. Il contatto con i fan, sia sui social che per strada, ci riempie di gioia e ci motiva. Sentirci dire “è bello avere qualcosa di così speciale nel nostro paese” è un riconoscimento che ci emoziona profondamente. Allo stesso tempo, ci carica di responsabilità: vogliamo essere sempre all’altezza delle aspettative, restituendo l’energia e la passione che riceviamo. Per noi, i fan non sono solo un pubblico, ma parte integrante del nostro viaggio.

C’è stata un’esibizione che ricordate con particolare emozione? Cosa l’ha resa speciale?

Sì! Ogni esibizione per noi è unica, perché non prepariamo mai nulla a tavolino. L’energia che riceviamo dal pubblico la restituiamo moltiplicata per cento, senza filtri o barriere. Tuttavia, una che ci ha segnato particolarmente è stata la finale regionale del Sanremo Rock, tenutasi lo scorso luglio.

È stata un’esperienza speciale perché abbiamo suonato di fronte al mare. La giornata è stata ricca di emozioni: abbiamo fatto un bagno in mare prima di esibirci e, tra disguidi tecnici e magia della location, quell’evento è diventato indimenticabile.

La musica ha annullato ogni barriera. Abbiamo visto persone di tutte le età e provenienze unirsi, dal ragazzo di quindici anni alla signora di settant’anni, accomunate dalla stessa passione. In quel momento, le differenze non contavano: la musica era al centro e ci rendeva tutti uguali. È stato un autentico esempio dello spirito del rock.

Sogni e futuro

Qual è il sogno più grande che vorreste realizzare come band e cosa significherebbe per voi raggiungerlo?

Abbiamo tanti sogni, ma uno dei principali è condividere la nostra passione, la nostra musica e le nostre esperienze nel miglior modo possibile. Vogliamo portare avanti un messaggio di denuncia sociale che sia anche uno sprone positivo, un invito a riscoprire valori fondamentali come l’empatia e l’umanità. Crediamo che, tornando a essere “più umani tra gli umani”, si possa creare una società più unita e diventare persone migliori.

Essendo nati a Sant’Antimo, desideriamo ispirare le nuove generazioni ad avvicinarsi alla musica. La musica è un linguaggio universale, capace di connettere chiunque, senza barriere. Oggi notiamo una certa carenza di interesse verso gli strumenti musicali e speriamo che la nostra esperienza possa essere uno stimolo per riscoprire il valore di suonare e creare insieme.

Realizzare questi sogni significherebbe lasciare un segno non solo nel panorama musicale, ma anche nella vita di chi ci ascolta, diffondendo valori positivi attraverso la nostra arte.

Quale consiglio vorreste dare ai giovani artisti che stanno cercando di emergere nella scena musicale?

Il nostro consiglio principale è di crederci sempre e di studiare. Non basta conoscere il proprio strumento, è fondamentale costruirsi un ampio bagaglio musicale. Ascoltate e approfondite la musica a 360 gradi, risalendo anche agli anni ’60, un periodo ricco di innovazione e creatività. Non fermatevi agli ultimi 20 anni, ma esplorate generi trasversali. Non rinchiudetevi in un’unica etichetta o stile, ma lasciatevi contaminare da tutto ciò che può arricchirvi.

Inoltre, le istituzioni dovrebbero fare di più per avvicinare i giovani alla musica, e noi saremmo felici di contribuire a questo cambiamento. La musica richiede dedizione, studio e passione, ma può essere uno strumento potente per esprimersi e crescere.

Messaggi e valori di Anthemis

C’è un messaggio che vorreste lanciare?

La musica non ha pregiudizi. È un potente anti-invecchiamento per l’anima, una cura che può trasformare e arricchire chiunque l’ascolti. Ogni brano racconta qualcosa di diverso a chi lo vive: quello che lascia a me può essere completamente diverso da ciò che lascia a te, perché ognuno prende dalla musica ciò di cui ha più bisogno.

Questo è il suo potere: aiutare le persone a uscire da momenti difficili, a trovare conforto e forza. La musica è condivisione, ed è proprio attraverso questa condivisione che può diventare una vera medicina sociale. Quando è fatta con passione e autenticità, può unire, ispirare e creare legami che superano ogni barriera. È questo il messaggio che Anthemis vuole trasmettere: la musica ha il potere di migliorare il mondo, una nota alla volta.

Quando Roma sognava Woodstock: i 50 anni dei Festival Pop e Rock celebrati alla Discoteca di Stato

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di Fabrizio Abbate

Martedì 3 dicembre, l’Auditorium della Discoteca di Stato (ICBSA) ha ospitato un evento speciale per celebrare i 50 anni dei grandi concerti pop e rock che segnarono la storia musicale e culturale di Roma. Questi eventi iconici, svoltisi inizialmente alle Terme di Caracalla e successivamente a Villa Pamphili, furono organizzati da Giovanni Cipriani, ideatore e coordinatore generale, che ha donato per l’occasione un archivio documentario unico, contenente manifesti, locandine, fotografie e rassegne stampa.

Un tuffo negli anni della controcultura musicale

La cerimonia ha visto la partecipazione di alcuni protagonisti di quegli eventi, tra cui Fabrizio Abbate, Massimo Barra, Claudio Casalini, Dario Salvatori e molti altri. Introducendo la giornata, Cipriani ha condiviso aneddoti sulle difficoltà organizzative, come il celebre “palco volante” montato su un camion della Coca-Cola, e sulle mobilitazioni giovanili di quegli anni.

Abbate, oggi presidente del Salotto Enia dedicato all’intelligenza artificiale, ha ricordato come i festival non fossero solo concerti ma simboli di fermento culturale. I raduni musicali, supportati anche dalla trasmissione RAI Per voi giovani, rappresentarono una rivoluzione sociale e culturale, catalizzando temi come la pace, l’autogoverno e il decentramento urbano.

I festival: un viaggio nella memoria collettiva

I primi raduni, ispirati a Woodstock, furono un’esperienza unica per la capitale. Il debutto nel 1970 alle Terme di Caracalla vide protagonisti gruppi come New Trolls, Pooh e il cast italiano di Hair, e attirò oltre 30.000 giovani. Negli anni successivi, la partecipazione crebbe esponenzialmente, con 70.000 presenze nel 1971 e circa 120.000 a Villa Pamphili nel 1972. Tuttavia, l’edizione finale del 1974 si concluse sotto una pioggia torrenziale che costrinse gli organizzatori, tra cui David Zard, a interrompere il concerto, segnando simbolicamente la fine di un’epoca.

Il lascito culturale e sociale

I festival non furono solo eventi musicali ma un laboratorio di idee. Nascevano comitati per il voto ai diciottenni e si sviluppavano temi come il pluralismo e la giustizia sociale, anticipando fenomeni come le radio libere. Cipriani ha sottolineato come questi eventi abbiano gettato le basi per decenni di crescita italiana nel Made in Italy, nella moda e nel design, con un impatto che va ben oltre la musica.

L’evento alla Discoteca di Stato non è stato solo un’occasione per ricordare, ma un invito a riprendere quello spirito. Le esperienze condivise da Cipriani e dagli altri protagonisti ispirano a coltivare nuove forme di dialogo culturale, affinché l’eredità di quei giorni non vada perduta.

Fratelli d’Italia organizza l’evento “Atreju” ed è boom di adesioni

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Tutto pronto per una settimana di incontri, dibattiti, comizi, spettacoli nelle sale coperte, circondate dal “villaggio natalizio” dei “patrioti”

Una fila di casette in legno addobbate per vendere panini, regalare gadget, convincere i passanti a iscriversi ai fogli di partito, magari perfino a tesserarsi.

Intorno una pista di pattinaggio che doppia quella degli anni scorsi a Castel Sant’Angelo e rimarrà a disposizione degli avventori per una settimana

Atreju, va dicendo da settimane il capo dell’organizzazione di FdI Giovanni Donzelli, non è una festa di partito ma “di parte”.

Nel senso che da venticinque anni la destra si dà appuntamento qui. 

Eppure è il partito della premier a presenziare e presidiare metro a metro la spianata del Circo Massimo.

E guai a chi non si presenta.

Dai parlamentari che oggi hanno inaugurato il ciclopico albero di Natale a tutti i ministri del governo impegnati nei dibattiti sul palco, con la chiusura affidata come da tradizione alla Meloni

Ma chi è Atreju?

Chiariamo subito la domanda di partenza: Atreju è la manifestazione nazionale della fu Azione Giovani, la sezione giovanile di Alleanza Nazionale ora diventata Gioventù Nazionale dopo la nascita di Fratelli d’Italia.

La sua prima edizione risale al 1998 e a volerla e organizzarla all’epoca è stata proprio Giorgia Meloni, in quel periodo nel direttorio romano di Azione Giovani.

Negli ultimi anni – in concomitanza con l’exploit di Fratelli d’Italia – l’evento ha assunto sempre più rilevanza calamitando anche le attenzioni dei media.

L’edizione 2024 di Atreju è stata intitolata “La via italiana” e vedrà la presenza di Più di 378 ospiti e il susseguirsi di oltre 500 interventi.

Nutrita la schiera degli ospiti di “casa nostra”, con tutto il governo presente sul palco compresi gli altri leader della coalizione Maurizio Lupi, Matteo Salvini e Antonio Tajani

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