giovedì, Gennaio 9, 2025
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Fratelli d’Italia organizza l’evento “Atreju” ed è boom di adesioni

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Tutto pronto per una settimana di incontri, dibattiti, comizi, spettacoli nelle sale coperte, circondate dal “villaggio natalizio” dei “patrioti”

Una fila di casette in legno addobbate per vendere panini, regalare gadget, convincere i passanti a iscriversi ai fogli di partito, magari perfino a tesserarsi.

Intorno una pista di pattinaggio che doppia quella degli anni scorsi a Castel Sant’Angelo e rimarrà a disposizione degli avventori per una settimana

Atreju, va dicendo da settimane il capo dell’organizzazione di FdI Giovanni Donzelli, non è una festa di partito ma “di parte”.

Nel senso che da venticinque anni la destra si dà appuntamento qui. 

Eppure è il partito della premier a presenziare e presidiare metro a metro la spianata del Circo Massimo.

E guai a chi non si presenta.

Dai parlamentari che oggi hanno inaugurato il ciclopico albero di Natale a tutti i ministri del governo impegnati nei dibattiti sul palco, con la chiusura affidata come da tradizione alla Meloni

Ma chi è Atreju?

Chiariamo subito la domanda di partenza: Atreju è la manifestazione nazionale della fu Azione Giovani, la sezione giovanile di Alleanza Nazionale ora diventata Gioventù Nazionale dopo la nascita di Fratelli d’Italia.

La sua prima edizione risale al 1998 e a volerla e organizzarla all’epoca è stata proprio Giorgia Meloni, in quel periodo nel direttorio romano di Azione Giovani.

Negli ultimi anni – in concomitanza con l’exploit di Fratelli d’Italia – l’evento ha assunto sempre più rilevanza calamitando anche le attenzioni dei media.

L’edizione 2024 di Atreju è stata intitolata “La via italiana” e vedrà la presenza di Più di 378 ospiti e il susseguirsi di oltre 500 interventi.

Nutrita la schiera degli ospiti di “casa nostra”, con tutto il governo presente sul palco compresi gli altri leader della coalizione Maurizio Lupi, Matteo Salvini e Antonio Tajani

Leggi anche in questo link: https://www.centrosud24.com/la-crisi-di-stellantis-lintervista-a-gianluca-cantalamessa/

La crisi di Stellantis – L’intervista a Gianluca Cantalamessa

La crisi di Stellantis – che si ripercuote inevitabilmente su tutte le aziende del settore automotive,  che annunciano licenziamenti  a raffica e cassa integrazione –  appare sempre più grave, rischiando di diventare di sistema.

Il Governo è adesso  chiamato a scelte importanti per costringere l’azienda a sedersi  al tavolo con le parti sociali per  un nuovo piano  industriale che assicuri un  suo rilancio  effettivo, soprattutto per quanto riguarda la sua presenza in Italia.

Occorre un decisivo cambio di passo, facendo capire con chiarezza ai vertici aziendali che non potrà più basare, come – purtroppo – finora avvenuto, le proprie performance produttive, esclusivamente, su richiesta di aiuti e incentivi pubblici. Alla fine, a pagarne il conto, è stato sempre lo Stato italiano, con l’ulteriore beffa di dover assistere, per effetto di uno squilibrato processo di internazionalizzazione, ad una progressiva delocalizzazione produttiva verso altri paesi europei, in America, Africa ed Asia. Del resto, come sappiamo, la stessa testa di Stellantis – da tempo – non è più neppure in Italia. Nata dalla fusione tra i gruppi Fiat Chrysler Automobiles e PSA, la società ha – infatti – sede legale ad Amsterdam e controlla quattordici marchi automobilistici (Abarth, Alfa, Chrysler,Citroën, Dodge,DS, FIAT, Jeep, Lancia,Maserati, Opel, Peugeot,Ram Trucks, Vauxhall). Il gruppo ha siti produttivi, di proprietà o in joint venture, in ventinove Paesi situati tra Europa, America, Africa e Asia.

Le dimissioni di Tavares sono l’ultimo atto di una gestione si è rivelata fallimentare sul piano delle scelte gestionali operate che hanno accresciuto l’invenduto della produzione in Europa e negli Stati uniti e le tensioni con lavoratori e sindacati.

Si tratta, evidentemente, di una crisi di sistema che investe l’intero comparto automobilistico europeo. Tuttavia, quella di Stellantis, nel nostro paese appare ancora più delicata, atteso che il modello industriale italiano è stato in buona parte costruito proprio sull’automotive che, benché ridimensionato negli ultimi decenni, continua ad essere parte trainante di esso.

Qualche giorno fa la Transnova, azienda che lavora per il gruppo Stellantis, a cui non è stata rinnovata la commessa logistica, ha inviato la lettera di licenziamento collettivo per 97 lavoratori.  L’azienda ha spiegato la propria iniziativa precisando che non vi è una “soluzione alternativa“, come la cassa o solidarietà,  in quanto si tratta di “esuberi strutturali”, visto che opera in regime di “monocommittenza” con Stellantis e non ha altri cantieri a cui destinare la manodopera.

Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, intervenuto in TV (al Tg1 della Rai), ha annunciato di aver convocato per il 10 dicembre l’azienda, i sindacati e la stessa Stellantis per cercare una soluzione. Sempre il Ministro  ha, inoltre, annunciato di aver convocato un tavolo per il 17 dicembrein cui l’azienda ci presenti un piano assertivo, chiaro e sostenibile per rilanciare la produzione, gli investimenti nel nostro Paese , garantire tutti gli stabilimenti ed evitare ogni forma di licenziamento”, dicendosi sicuro di riportare l’Italia al centro della strategia di Stellantis.

Nell’occasione, Urso ha voluto precisare che per la grave crisi dell’automotive  l’Italia ha presentato in Europa un documento strategico, sottoscritto da sette paesi a cui hanno aderito altri otto, per invitare l’UE a rivedere quello che ha definito essere stata la “follia del green deal” che sta determinando la chiusura di molti stabilimenti con decine di migliaia di licenziamenti. Infatti, sono previsti tetti di produzione per le auto endotermiche in base ad un rapporto rispetto a quelle elettriche. Le aziende automobilistiche che – ha ricordato Urso – superano questo tetto di produzione dal 1 gennaio 2025 rischiano di pagare oltre 15 miliardi di euro di penalità.

L’intervista al Senatore  Gianluca Cantalamessa

Per approfondire il tema, abbiamo intervistato il Senatore leghista, Gianluca Cantalamessa, intervenuto l’altro giorno in Aula per spiegare con chiarezza quella che è la posizione della maggioranza sul tema e del cambio di strategia che la crisi di Stellantis impone.

Senatore Cantalamessa, quali sono le vere ragioni che – a suo avviso – hanno indotto l’amministratore delegato di Stellantis (Tavares) a rassegnare improvvisamente le dimissioni, mentre solo qualche settimana fa, era venuto in audizione in Parlamento per chiedere l’ennesimo aiuto pubblico a sostegno della politica industriale dell’azienda?

(Cantalamessa):E’ assolutamente da biasimare la prosopopea, insopportabile, dell’ex CEO di Stellantis, Tavares, che, in occasione delle audizioni tenute presso le due Commissioni Unite di “Attività produttive” di Camera e Senato, quindi di fronte al popolo italiano, ha mancato di ogni forma di rispetto,  non prendendo alcun impegno sul marchio Maserati, sul mantenimento dei posti di lavoro in Italia, sul piano industriale, non spiegando perché un gruppo  – che distribuisce miliardi di utili – spedisca  in Italia migliaia di dipendenti in cassa integrazione. Questa situazione diventa un combinato disposto pericoloso per il Paese”.

Lei che è anche membro della 9ª Commissione permanente (Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare), ci può dire quali sono le iniziative della Commissione sul punto e quelle prossime della maggioranza per evitare il rischio di migliaia di licenziamenti che si annunciano nel comparto automobilistico e dell’indotto?

(Cantalamessa):”Abbiamo chiesto l’audizione del presidente di Stellantis, John Elkann, in Commissione già da qualche settimana ma, finora, l’invito è stato declinato; ci sarà a breve un incontro con il ministro Urso  e speriamo che, questa volta, arrivino risposte concrete da un gruppo  che ha unito le eccellenze italiane dell’automotive, dal quale –  ripeto – ci aspettiamo proposte serie da mettere subito in campo, perché non permetteremo mai a chi ha fruito finora di una quantità enorme di aiuti e incentivi pubblici e del know how italiano nel settore automotive di poterne determinare la fine”.

Da che cosa, a suo avviso,  si origina la crisi di Stellantis e che ne pensa del green deal europeo esteso al settore automobilistico, che il Ministro Urso non ha esitato a definire una vera follia?

(Cantalamessa): “La crisi Stellantis si va ad innestare su una crisi di sistema del settore dell’automotive in Italia e in Europa  che ha delle responsabilità ben precise. Nel 2008 l’Europa produceva il 32% dei veicoli a livello mondiale, mentre la Cina solo il 4%; 16 anni dopo – nel 2024 – la situazione si è completamente ribaltata, con l’Europa che è scesa al 17%  della produzione nel settore, mentre la Cina è salita al 32%. Questo, evidentemente, ha determinato conseguenze importanti, in termini di competitività sui mercati, provocando seri danni all’industria automobilistica europea; basti pensare a due noti gruppi automobilistici (uno tedesco , l’altro svedese) che recentemente hanno annunciato per i prossimi anni il taglio di decine di migliaia di posti di lavoro. Se a questo aggiungiamo le politiche folli, del tipo “green deal”, che anche in questo caso hanno responsabilità ben precise in Europa (Parlamento e Commissione Europea), si comprende ancor di più la vicenda Stellantis”.

Per il tavolo del 17 dicembre prossimo, convocato al ministero delle Imprese e del Made in Italy, chiederete al Presidente Elkann di fornire rassicurazioni precise?

(Cantalamessa):“Assolutamente si. Chiederemo al presidente Elkann di rispondere con chiarezza e lealtà, sperando che non si ripeta quanto avvenuto qualche settimana fa con Tavares, e cioè di prendere impegni precisi sul mantenimento dei posti di lavoro in Italia, sul piano industriale, sul marchio Maserati e sulle reali prospettive e strategie future del gruppo”

Crede ancora che si possa continuare con il sistema degli aiuti pubblici, senza ricevere alcuna garanzia per impedire i processi di   delocalizzazione produttiva?

(Cantalamessa):Non credo che quella stagione potrà più ripetersi. Il Governo sarà vicino al gruppo per ricercare le soluzioni più efficaci per superare le attuali difficoltà ma a condizione che vi sia un piano di rilancio serio, che non vi siano licenziamenti in Italia e ulteriori processi di delocalizzazione produttiva”.

Lei, che tanto si è spende per rilanciare il made in Italy, come recentemente avvenuto anche con l’artigianato di alta gamma, non crede che occorra ricevere da Stellantis rassicurazioni precise anche sul mantenimento e sviluppo dei marchi propriamente  italiani come Fiat, Alfa Romeo, Lancia e Maserati?

(Cantalamessa): Certamente! Uno degli obiettivi primari della nostra azione di governo è rilanciare il “made in Italy”, per troppo tempo dimenticato, mentre noi lo abbiamo inserito anche nella nuova denominazione del ministero che si occupa della politica industriale. In questa direzione va, evidentemente, la nostra politica di sostenere tutto ciò che appartiene all’eccellenza produttiva italiana, come l’artigianato di alta gamma e, nel settore dell’automotive, la tutela dei marchi, come nel caso di Maserati”

Susamielli: biscotti natalizi della tradizione napoletana

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Esistono alcuni cibi e prodotti meno famosi e celebrati di altri, tra questi i Susamielli. Biscotti tipici della tradizione natalizia napoletana. La loro forma è ad S e la loro origine antichissima.

Da dove provengono i Susamielli

 I susamielli sono un dolce natalizio della tradizione napoletana, ricco di storia e simbolismo, le cui origini affondano nel passato più remoto. Il loro nome deriva dall’unione di due ingredienti protagonisti nella ricetta originaria: il sesamo (“sesamo” in napoletano) e il miele. Questi due elementi, fondamentali in molte culture gastronomiche del Mediterraneo, conferivano ai susamielli un sapore intenso e una consistenza unica.    Nel corso del tempo, la ricetta dei susamielli ha subito trasformazioni e arricchimenti, ma ha mantenuto una connotazione fortemente legata alla spiritualità e alle tradizioni locali. Durante il Seicento, erano noti anche come “sapienze”, un nome che richiama le Clarisse del Convento di Santa Maria della Sapienza a Napoli. Queste monache erano rinomate per la loro maestria nella preparazione dei susamielli, che venivano prodotti con cura artigianale e offerti come simbolo di ospitalità e devozione.

La prima testimonianza scritta della ricetta si trova nel celebre ricettario del 1788 del cuoco Vincenzo Corrado, uno dei principali esponenti della cucina napoletana dell’epoca. Qui, i susamielli sono descritti come “susamielli nobili”, un nome che ne sottolinea l’eleganza e la destinazione d’uso privilegiata. Anticamente, infatti, esistevano tre varianti principali dei susamielli, ciascuna destinata a una diversa classe sociale o categoria di persone.

Tipologie di Susamielli

Susamielli Nobili: Preparati con farina bianca di prima scelta e ingredienti pregiati, erano riservati alla nobiltà e alle famiglie abbienti. Il loro sapore raffinato e la consistenza morbida li rendevano un dolce esclusivo e ricercato.

Susamielli dello Zampognaro: Realizzati con farina grezza e ingredienti di recupero, venivano offerti agli zampognari, i musicisti ambulanti che annunciavano il Natale con le loro melodie tradizionali. Questi dolci rappresentavano un dono semplice ma significativo, un ringraziamento per l’atmosfera festiva che gli zampognari portavano nelle case.

Susamielli del Buon Cammino: Destinati ai preti e ai frati, questi dolci avevano un valore simbolico legato alla spiritualità e al pellegrinaggio. Erano un segno di augurio per un cammino sereno e prospero, spesso donati durante le festività natalizie.

La forma dei susamielli è un altro elemento caratteristico: un ovale leggermente allungato, simile alla lettera greca ω (omega), che secondo alcuni potrebbe simboleggiare l’eternità o la ciclicità della vita. Gli ingredienti utilizzati nella preparazione moderna includono mandorle, miele, spezie come cannella e chiodi di garofano, e una glassa di zucchero che conferisce ai dolci una lucentezza invitante. I susamielli non sono solo un dolce, ma un ponte tra passato e presente, un simbolo di unione tra cultura, fede e convivialità. Ogni morso racconta una storia di tradizioni tramandate di generazione in generazione, rievocando un Natale autentico e ricco di significati.

Ricetta dei Susamielli

Gli ingredienti per la preparazione dei Susamielli sono: Farina, Miele, Zucchero, Mandorle, Cannella in polvere, Chiodi di garofano, Noce moscata, Arance. Tutti ingredienti che ritroviamo nella preparazione di tanti dolci natalizi, come ad esempio i Roccocò.

Procedimento:

In una ciotola capiente, bisogna mescolare la farina con lo zucchero, le mandorle tritate, le scorze di arancia candite, la cannella e i chiodi di garofano. Successivamente sciogliere il miele in un pentolino con un po’ di acqua tiepida e unitelo agli ingredienti secchi. Aggiungere l’ammoniaca per dolci e lavorate il tutto fino a ottenere un impasto compatto e omogeneo. Dopodichè Prelevare piccole porzioni di impasto e modellarla forma di ovale leggermente allungato, creando una sorta di lettera S. Disporre i susamielli su una teglia foderata con carta forno, lasciando un po’ di spazio tra l’uno e l’altro. Cuocere in forno preriscaldato a 180°C per circa 15-20 minuti, finché i dolci risulteranno dorati. Lasciar raffreddare completamente prima di servirli. I susamielli si conservano a lungo in contenitori ermetici, mantenendo intatta la loro fragranza.

Questi biscotti non sono solo un dolce, ma un ponte tra passato e presente, un simbolo di unione tra cultura, fede e convivialità. Ogni morso racconta una storia di tradizioni tramandate di generazione in generazione, rievocando un Natale autentico e ricco di significati.

La Lazio sbanca il Maradona (per il terzo anno di fila) con una perla di Isaksen. Ennesima debacle interna per il Napoli di Conte

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Una gara da pari viene risolta dalla perla di Isaksen a 10 minuti dalla fine. Per il Napoli è la seconda sconfitta in 4 giorni contro la Lazio.

Baroni sale in cattedra

Il Napoli perde ancora una volta contro la Lazio. Una vera e propria bestia nera per gli azzurri, che per il terzo anno di fila perdono in casa contro i biancocelesti. Ed è una sconfitta che arriva 3 giorni dopo il 3 a 1 degli uomini di Baroni contro i partenopei in Coppa Italia.

Nemmeno con i titolarissimi Conte è stato capace di battere la Lazio. Gli azzurri se la sono giocata alla pari, ma il colpo da biliardo (su contropiede) di Isaksen ,che approfitta di una piccola leggerezza di Olivera, fa calare il sipario al Maradona.

Per il Napoli c’è da recriminare il non aver approfittato delle occasioni da rete (soprattutto nel primo tempo) di McTominay e Kvara.

L’imprecisione degli azzurri nell’ultimo passaggio è stato fatale per non scardinare il muro eretto da Baroni.

Ma la Lazio non è stata a li a guardare e quando ha potuto ha cercato di mettere in difficoltà la difesa azzurra.

Prima del gol di Isaksen, infatti, l’occasione da rete più pericolosa del secondo tempo è sempre a tinte biancocelesti con la traversa di Dele Bashiru.

Per il Napoli la fase offensiva resta una tragedia: 21 reti segnate in 15 partite. Numeri francamente imbarazzanti. Non si può pensare di non subire mai rete. Perché prima o poi può capitare una piccola distrazione in difesa o che l’avversario segni la rete della domenica.

Quella di stasera è una sconfitta che regala all’Atalanta la vetta in solitaria e riapre definitivamente i giochi anche in zona Champions. Finchè il Napoli non farà dei miglioramenti sensibili è meglio guardarsi le spalle.

E la scelta di rinunciare a cuor leggero alla Coppa Italia appare sempre più difficile da capire.

Contributo esterno.

Primo stop per la Volare al tie break contro Pozzuoli

Primo stop dopo 6 vittorie consecutive per la Volare Benevento che, nella gara contro Pozzuoli, rimonta di due set e si arrende al tie break dopo un match che ha tenuto col fiato sospeso il pubblico presente ieri pomeriggio al Palazzetto di Vitulano.

Senza dubbio nella settima di campionato, le luci della ribalta erano tutte incentrate sullo scontro diretto tra le due candidate alla lotteria dei play off. Al momento la classifica vede ancora la Volare in vetta con 19 punti, ma la compagine puteolana guidata da coach Confessore ha una gara in meno, avendo già scontato il turno di riposo dovuto al numero dispari di squadre dei due gironi di Serie C femminile di questa stagione.

La Volare parte bene ma Pozzuoli alza lo stop

Una partenza sprint quella delle padrone di casa, malgrado una panchina in condizioni di emergenza e due forti pedine a mezzo servizio. Nei primi scambi è subito 6-1 ma le nero-fucsia non ci stanno e reagiscono con determinazione portando il parziale sul filo dell’equilibrio. La partita si accende, più volte il primo arbitro si vede costretto a placare la veemenza del Pozzuoli al quale viene inferto anche un cartellino giallo. Le ospiti però non si lasciano intimorire e incassano i primi due set con il punteggio di 21-25, dopo aver compiuto una rimonta che ha dello straordinario nel secondo.

Prova di carattere per la Volare: rimonta di due set e porta il Pozzuoli al tie break

Lo stop dei primi due parziali non scoraggia la Volare che, malgrado il match sembra aver preso l’alta velocità per Pozzuoli, rimonta di due set con una grande prova di carattere. Le ragazze di coach Feleppa, riprendono infatti in mano le redini della gara mettendo in campo una prestazione corale nella quale spiccano soprattutto le prodezze del primo libero Alessia Luraghi, chiamata a fare gli straordinari per spegnere gli assalti di Di Spiezio, Stanzione e Coppola. Due set scintillanti in cui il Pozzuoli viene piegato per 25-17 e 25-15 rispettivamente. Il dispendio di energia presenta però un conto troppo salato alle padrone di casa che si vedono costrette a cedere l’onore delle armi a capitan Coppola e compagne per 11-15 nel quinto e definitivo set.

Qualche rimpianto e la voglia di superare la prossima insidia

Uno stop che era prevedibile, contro una squadra che ha dimostrato maggiore cinismo e concretezza ma che non deve scoraggiare l’ottimo cammino fin qui fatto dalla Volare che, malgrado abbia incassato un solo punto, rimane in piena corsa per i play off. L’obiettivo e l’auspicio è adesso quello di recuperare appieno le condizioni fisiche di alcuni importanti tasselli della formazione per affrontare al meglio la prossima insidia. Sabato prossimo infatti, le ragazze di coach Feleppa dovranno vedersela con l’Arzano, blasonata e sempre temibile avversaria, gara che per le beneventane sarà l’ultima del 2024, a causa del turno di riposo e lo stop del campionato per le festività natalizie.

Contributo esterno

Francia: la crisi politica e le sfide per il futuro

La Francia affronta una crisi politica senza precedenti. L’Assemblea Nazionale ha sfiduciato il governo del Primo Ministro Michel Barnier, con 331 voti favorevoli su 577. Un’alleanza inedita tra il Nuovo Fronte Popolare e il Rassemblement National ha espresso il profondo malcontento verso le politiche economiche e sociali del governo. Il Presidente Emmanuel Macron, escludendo ogni ipotesi di dimissioni, ha ribadito la sua intenzione di completare il mandato fino al 2027, definendo questa alleanza un “fronte antirepubblicano”. Attualmente, Macron consulta esponenti politici per scegliere un nuovo Primo Ministro e ricostruire un governo in grado di affrontare le sfide politiche ed economiche. Questa crisi mette alla prova la sua leadership e solleva dubbi sulla stabilità democratica della Francia e sul suo ruolo come pilastro nell’Unione Europea.

Crisi politica in Francia: la caduta del governo Barnier e le sue implicazioni

Il 4 dicembre 2024, l’Assemblea Nazionale francese ha sfiduciato il governo del Primo Ministro Michel Barnier con 331 voti su 577, segnando una svolta senza precedenti dal 1962. Un’inedita alleanza tra il Nuovo Fronte Popolare, simbolo della sinistra, e il Rassemblement National, forza di estrema destra, ha promosso la mozione, riflettendo un malcontento diffuso verso le politiche economiche e sociali dell’esecutivo, accusato di non affrontare le crescenti disuguaglianze e tensioni sociali.

Il contesto politico, segnato da una forte polarizzazione, vedeva il governo Barnier percepito come distante dai cittadini e incapace di proporre riforme incisive. L’esito della votazione ha messo in evidenza divisioni profonde all’interno del Parlamento, rivelando una spaccatura istituzionale che Macron dovrà affrontare con urgenza.

La caduta del governo ha costretto il Presidente Macron ad avviare consultazioni per scegliere un nuovo Primo Ministro e ricostruire una maggioranza parlamentare stabile.

Macron reagisce alla caduta del governo Barnier: nuove nomine e sfide politiche

In seguito alla storica sfiducia che ha portato alla caduta del governo Barnier, il Presidente Emmanuel Macron ha escluso categoricamente ogni ipotesi di dimissioni, dichiarando l’intenzione di completare il mandato fino al 2027. Nel suo intervento pubblico, ha criticato aspramente l’alleanza tra sinistra ed estrema destra che ha sostenuto la mozione, definendola un “fronte antirepubblicano” e avvertendo dei rischi per la stabilità democratica del Paese.

Subito dopo il voto, Macron ha avviato consultazioni urgenti con diversi esponenti politici per nominare un nuovo Primo Ministro e formare un governo capace di affrontare le sfide attuali. Tra i nomi in lizza figurano Sébastien Lecornu, Ministro della Difesa, e François Bayrou, leader centrista e suo stretto alleato.

Nel rivolgersi ai cittadini, Macron ha promesso una rapida formazione del nuovo esecutivo, ribadendo il suo impegno per garantire stabilità e continuità. Tuttavia, l’opposizione ha accolto la sua reazione con scetticismo, accusandolo di sottovalutare la gravità della crisi. Per evitare un prolungato stallo politico, Macron dovrà rafforzare i rapporti con il Parlamento e avanzare con il suo ambizioso programma di riforme.

Le conseguenze politiche della caduta del governo Barnier: sfide per Macron e impatti sull’Europa

La caduta del governo Barnier ha generato conseguenze politiche profonde che potrebbero incidere sulla stabilità della Francia a lungo termine. L’evento ha evidenziato la fragilità del rapporto tra Presidenza e Parlamento, mettendo in risalto le difficoltà del Presidente Emmanuel Macron nel mantenere una maggioranza stabile. L’inedita alleanza tra il Nuovo Fronte Popolare e il Rassemblement National, che ha sostenuto la mozione di sfiducia, segna una rottura senza precedenti nel panorama politico francese. Resta però incerto se questa coalizione rappresenti un’azione strategica temporanea o l’inizio di un’alleanza più duratura.

All’interno dell’Assemblea Nazionale, la crisi ha accentuato le divisioni tra i partiti, complicando ulteriormente la formazione di un governo. Macron si trova ora a dover ricostruire una maggioranza parlamentare in un contesto caratterizzato da una frammentazione politica e una crescente polarizzazione, con un’opposizione sempre più agguerrita. Sia la sinistra che l’estrema destra hanno intensificato le critiche, preparando il terreno per uno scontro diretto nelle prossime elezioni legislative.

A livello europeo, questa crisi ha sollevato dubbi sulla capacità della Francia di mantenere il suo ruolo di pilastro dell’Unione Europea. L’instabilità politica rischia di minare la fiducia internazionale e compromettere la posizione del Paese nei tavoli decisionali europei, aumentando l’incertezza sul futuro politico francese.

Impatto della crisi politica francese su economia e società: conseguenze e prospettive

La crisi politica in Francia ha avuto ripercussioni immediate sull’economia e sulla società, evidenziando le fragilità di un sistema già sotto pressione. Sul piano economico, i mercati finanziari non hanno subito crolli, ma gli investitori rimangono cauti di fronte all’incertezza politica. Settori chiave come l’industria e il turismo temono un rallentamento della ripresa economica post-pandemia, mentre la fiducia dei consumatori mostra segnali di indebolimento, soprattutto se la crisi dovesse protrarsi senza soluzioni rapide e stabili.

Dal punto di vista sociale, il distacco dei cittadini dalle istituzioni è sempre più evidente. Molti le percepiscono come incapaci di rispondere alle loro esigenze, aggravando il clima di sfiducia. Movimenti di protesta, già attivi su questioni come il caro vita e la riforma delle pensioni, potrebbero intensificarsi, alimentando tensioni e disuguaglianze sociali. La polarizzazione politica rischia di acuire ulteriormente queste fratture, aumentando il senso di insicurezza tra la popolazione.

A livello internazionale, l’instabilità politica solleva dubbi sulla credibilità economica della Francia come pilastro dell’Unione Europea. Il nuovo governo dovrà agire con urgenza per stabilizzare l’economia, ricostruire la fiducia dei cittadini e affrontare le crescenti tensioni sociali, evitando ripercussioni negative a lungo termine.

Crisi politica in Francia: sfide per Macron e futuro delle istituzioni democratiche

La crisi politica in Francia rappresenta un momento cruciale per il futuro del Paese, mettendo a dura prova la solidità delle sue istituzioni democratiche e la capacità di affrontare sfide complesse. La caduta del governo Barnier ha messo in luce una frammentazione politica e sociale profonda, alimentata dal malcontento di una popolazione che percepisce la classe dirigente come distante e inadeguata a rispondere alle loro esigenze.

Per il Presidente Macron, le sfide sono enormi: ricostruire un governo stabile, ristabilire la fiducia nelle istituzioni e guidare la Francia attraverso un contesto di crescente polarizzazione. A livello internazionale, questa instabilità rischia di compromettere il ruolo della Francia come pilastro dell’Unione Europea, con potenziali ripercussioni sulla sua credibilità economica e diplomatica.

Tuttavia, questa crisi non è solo una minaccia, ma anche un’opportunità per rinnovare il sistema politico francese, affrontare le disuguaglianze e ricostruire un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Il futuro della Francia dipenderà dalla capacità del nuovo governo di cogliere questa occasione per rafforzare la democrazia e costruire un Paese più unito, resiliente e stabile.

Siria: l’offensiva del 27 novembre e le sue conseguenze

La Siria è da oltre un decennio il fulcro di un conflitto che ha stravolto gli equilibri geopolitici del Medio Oriente. Gli eventi attuali rappresentano l’ennesimo capitolo di una crisi annunciata. Questo conflitto nasce da problemi politici, sociali e militari profondi. Dal 2011, anno dello scoppio della guerra civile, la Siria è divenuta teatro di battaglie per interessi regionali e globali. Attori come Russia, Stati Uniti, Iran, Turchia e vari gruppi armati si sono scontrati nel Paese. Comprendere l’attuale situazione richiede di ripercorrere un decennio di devastazione, interventi stranieri e una crisi umanitaria senza precedenti.

di Giorgio Aprile

La guerra civile in Siria: una cronologia del conflitto (2011-2023)

La guerra civile siriana iniziò nel 2011, durante le Primavere arabe, con rivolte popolari che attraversarono il mondo arabo. In Siria, i cittadini manifestarono chiedendo riforme democratiche al governo di Bashar al-Assad. Il regime rispose brutalmente, reprimendo le proteste nel sangue e provocando il malcontento. Questo portò alla nascita di fazioni armate anti-governative.

Tra i principali gruppi emersi ci furono il PKK curdo, l’HTS, l’Esercito Nazionale Siriano e le Forze Democratiche Siriane. Alcuni di questi gruppi ricevettero supporto dagli Stati Uniti e dalla Turchia. Assad trovò invece alleati in Hezbollah e negli Stati di Russia e Iran.

Gli attacchi chimici del regime contro i civili scatenarono una reazione internazionale. Alcuni ribelli, tra cui fazioni di matrice qaedista, si unirono all’ISIS guidato da Abu Bakr al-Baghdadi. Gli Stati Uniti guidarono una coalizione internazionale per contrastare lo Stato Islamico.

Dal 2015, l’intervento militare russo alterò l’equilibrio del conflitto. La Russia divenne la “nuova forza aerea di Assad”, conducendo bombardamenti a tappeto. L’Iran inviò il generale Qassem Soleimani per dirigere le operazioni clandestine.

Nello stesso anno, la crisi dei migranti siriani raggiunse il picco, con milioni di persone in fuga verso l’Europa attraverso la rotta turco-balcanica. Nel 2018, la Turchia invase il nord della Siria, controllato dai curdi, creando una zona “cuscinetto” per contenere flussi migratori e rischi terroristici.

Nel 2019, la coalizione guidata dagli Stati Uniti annunciò la sconfitta dell’ISIS. Il conflitto si attenuò, confinando le forze ribelli nel governatorato di Idlib. Nonostante questo, il costo della guerra era devastante: oltre 570 mila morti, 205 mila dispersi, 2,8 milioni di feriti e più di 10 milioni di profughi.

Gli eventi del 27 novembre: un nuovo capitolo del conflitto

Il 27 novembre 2023 ha segnato una svolta inaspettata nel conflitto siriano. I gruppi anti-governativi, approfittando della debolezza del regime di Assad, hanno lanciato un’offensiva fulminea nella regione di Idlib, guidati dall’HTS. Le forze governative siriane sono state travolte e costrette a ritirarsi verso Aleppo, che è stata abbandonata dopo appena 24 ore di combattimenti.

L’avanzata dei ribelli ha sorpreso non solo il governo siriano, ma anche i suoi alleati storici, Iran e Russia. Le forze russe, ritirandosi verso sud, hanno lasciato dietro di sé ingenti quantità di munizioni e persino un sistema missilistico terra-aria Pantsir. Dopo la conquista di Aleppo, i ribelli si sono diretti verso Hama, dove hanno incontrato una resistenza più organizzata da parte delle forze governative, che sono riuscite a difendere la città.

Il regime di Assad: un futuro incerto

Il regime di Bashar al-Assad si trova in una posizione sempre più precaria. La popolazione civile, duramente colpita da oltre un decennio di guerra, ha perso ogni fiducia nel governo. Inoltre, la dipendenza di Assad dai suoi alleati si è rivelata un punto debole: la Russia, impegnata nella guerra in Ucraina, e l’Iran, concentrato sul conflitto con Israele, hanno ridotto il loro sostegno.

Anche Hezbollah, che aveva garantito la stabilità territoriale per il regime, è stato ridimensionato dai recenti scontri con Israele, che hanno anche interrotto i rifornimenti militari iraniani. Nel frattempo, la Turchia, guidata da Erdoğan, punta a giocare un ruolo centrale in una Siria post-Assad. Ankara spera di facilitare il ritorno di circa 2 milioni di profughi nel nord della Siria e di limitare l’influenza iraniana nella regione.

In questo contesto, si vocifera che Assad possa aver trovato rifugio in Russia, mentre il futuro del Paese appare sempre più incerto.

L’Identitario celebra la napoletanità: “Premio Quotidiano l’Identitario”. L’8 dicembre Piazzetta del Grande Archivio centro storico di Napoli

Domenica 8 dicembre, alle ore 11:00, il Quotidiano L’Identitario è orgoglioso di annunciare la seconda edizione del “Premio Quotidiano l’Identitario”, un evento che celebra la napoletanità e i suoi protagonisti. Durante la cerimonia, saranno premiati artisti, attori, associazioni ed esponenti del mondo dell’arte che hanno contribuito a valorizzare l’identità culturale e sociale della nostra terra. Tra i premiati, spicca la presenza dell’attore Benedetto Casillo, una figura simbolo della cultura e della tradizione napoletana, che riceverà un riconoscimento speciale per il suo impegno e il suo straordinario contributo alla valorizzazione del territorio e soprattutto per la difesa del culto di Piedigrotta.
A seguire, alle ore 12:00, si terrà la tanto attesa Sagra del Ragù, un evento enogastronomico che unisce cultura, musica e tradizione culinaria, nella stessa piazza. 

Durante l’evento, il centro storico di Napoli si trasformerà in un palcoscenico a cielo aperto, animato da artisti popolari come Masaniello, Pulcinella, e gruppi musicali come Vento di Mare e l’Associazione Terra e Lavoro. Spettacoli di tammurriate, musica popolare, recitazioni e performance accompagneranno un viaggio tra i sapori tipici dello street food napoletano, rendendo omaggio a una tradizione che unisce gusto e identità. Un’occasione imperdibile per vivere il cuore della napoletanità. Vi aspettiamo numerosi per una giornata ricca di emozioni, cultura e buon cibo!

Oltre all’attore Benedetto Casillo, saranno premiati: Il foodblogger Amedeo Palumbo, l’artista di musica napoletana Fabrizio Mandara, i musicisti di Napulitanata, il giornalista Antonio Folle, Luca De Martino di Sii Turista della tua città, Federico Quagliuolo di Storie di Napoli, Yuri Buono giornalista, Davide Inda docente e arabista, Vittorio Scuotto del progetto Avurom, Stefano Bouché di Lupi del Sud, le donne dell’associazione Sud e Civiltà, il blogger Luca Makk, Lino Alfiero imprenditore.

Crisi in Corea del Sud: legge marziale e sfide per la democrazia

Il 3 dicembre 2024, la Corea del Sud ha vissuto una crisi politica senza precedenti. Il presidente Yoon Suk-yeol ha proclamato la legge marziale. Yoon ha giustificato la decisione sostenendo la necessità di proteggere il Paese da minacce interne ed esterne, tra cui quelle legate alla Corea del Nord. La legge marziale ha immediatamente suscitato proteste popolari e una ferma opposizione parlamentare. L’Assemblea Nazionale ha dichiarato il provvedimento illegittimo e ne ha votato la revoca. Costretto a ritirare la legge dopo sei ore, Yoon si è trovato accusato di abuso di potere. Sono seguite richieste di dimissioni. L’episodio ha messo a dura prova la stabilità democratica della Corea del Sud. Ha attirato l’attenzione internazionale e amplificato l’incertezza nella regione.

Crisi politica in Corea del Sud: polarizzazione interna e resilienza democratica sotto pressione

La Corea del Sud, una delle democrazie più consolidate dell’Asia, affronta da tempo un clima politico polarizzato e instabile. Il presidente Yoon Suk-yeol, eletto nel 2022, ha costruito la sua immagine politica puntando sulla sicurezza nazionale, spesso sfruttando le tensioni con la Corea del Nord per consolidare il consenso. Tuttavia, il suo governo è stato frequentemente criticato per un approccio autoritario e divisivo, alimentando un crescente malcontento tra i cittadini.

L’Assemblea Nazionale, controllata dall’opposizione, si è opposta a numerose iniziative presidenziali, accusando Yoon di abuso di potere e scarsa trasparenza. Questo confronto ha paralizzato il dialogo politico, esacerbando il clima di sfiducia verso le istituzioni. Le tensioni interne si sono sommate alle sfide geopolitiche, rendendo la stabilità democratica del Paese sempre più fragile.

La proclamazione della legge marziale ha segnato il punto di rottura, evidenziando la fragilità del rapporto tra governo e istituzioni democratiche. Tuttavia, la rapida reazione dell’Assemblea, che ha annullato il provvedimento, ha dimostrato la resilienza delle strutture democratiche del Paese.

Corea del Sud: legge marziale e revoca in 6 ore, crisi politica e resilienza democratica

Il 3 dicembre 2024, il presidente Yoon Suk-yeol ha proclamato la legge marziale, un evento che ha scosso la stabilità democratica della Corea del Sud. La decisione è stata motivata dalla necessità di affrontare presunte minacce interne ed esterne, con particolare riferimento al rischio di infiltrazioni nordcoreane e a tensioni interne definite dal presidente come “forze comuniste”. La misura prevedeva restrizioni severe, tra cui la sospensione delle libertà civili, il rafforzamento del controllo militare e un’espansione straordinaria dei poteri presidenziali.

La risposta è stata rapida e unanime. L’opposizione, che controlla l’Assemblea Nazionale, ha condannato il provvedimento come un abuso di potere e un attacco diretto alla democrazia. Parallelamente, migliaia di cittadini sono scesi in piazza, denunciando il rischio di una deriva autoritaria. Sotto la crescente pressione politica e sociale, l’Assemblea ha votato all’unanimità per revocare la legge marziale, costringendo Yoon Suk-yeol a ritirare il provvedimento dopo appena sei ore.

Reazioni internazionali alla crisi della legge marziale e le implicazioni geopolitiche

La proclamazione della legge marziale in Corea del Sud ha attirato l’attenzione della comunità internazionale, suscitando forti preoccupazioni per la stabilità democratica del Paese. Gli Stati Uniti, alleati storici di Seoul, hanno espresso immediata apprensione attraverso il vice portavoce del Dipartimento di Stato, Vedant Patel, il quale ha dichiarato: “Gli Stati Uniti si augurano che il voto del Parlamento contro la legge marziale in Corea del Sud sia rispettato”. Il segretario di Stato Antony Blinken ha aggiunto che Washington non era stata informata in anticipo della decisione del presidente Yoon Suk-yeol.

La Corea del Nord ha sfruttato l’episodio della legge marziale per criticare duramente il governo di Seoul, definendo l’evento una dimostrazione della “debolezza e del caos politico” del sistema democratico sudcoreano. I media ufficiali di Pyongyang hanno amplificato questa narrativa, utilizzando l’episodio per rafforzare la loro propaganda contro il Sud e i suoi alleati occidentali. Secondo le dichiarazioni diffuse dai canali statali nordcoreani, l’instabilità politica sarebbe la prova dell’inadeguatezza della leadership sudcoreana nel garantire sicurezza e ordine nel Paese.

Prospettive future per la Corea del Sud: democrazia alla prova dopo la crisi della legge marziale

La crisi politica scatenata dalla proclamazione e revoca della legge marziale rappresenta un punto di svolta per la Corea del Sud e la leadership del presidente Yoon Suk-yeol. Le richieste di dimissioni e la possibile procedura di impeachment indicano un evidente indebolimento della sua posizione politica. L’opposizione, forte del controllo sull’Assemblea Nazionale, potrebbe avviare ulteriori misure per limitare i poteri presidenziali, intensificando lo scontro istituzionale. Questa tensione rischia di portare a uno stallo politico che potrebbe rallentare l’azione governativa, aggravando le sfide interne.

Parallelamente, l’opinione pubblica appare sempre più mobilitata. Le proteste contro la legge marziale e il malcontento generale dimostrano una crescente consapevolezza civile, un aspetto che, se ben canalizzato, potrebbe portare a un rafforzamento della partecipazione democratica. Tuttavia, la fiducia nelle istituzioni è stata messa alla prova, e il governo dovrà lavorare duramente per ricostruirla, soprattutto dopo un episodio che ha sollevato dubbi sulla tenuta del sistema democratico.

A livello internazionale, la Corea del Sud deve affrontare il compito di rassicurare i suoi alleati, in particolare gli Stati Uniti, sull’integrità delle sue istituzioni democratiche. La crisi ha offerto un’opportunità alla Corea del Nord per rafforzare la sua propaganda, aumentando le tensioni geopolitiche regionali. Tuttavia, la rapida reazione dell’Assemblea Nazionale e il ritiro del provvedimento da parte del presidente dimostrano che le strutture democratiche sudcoreane, pur messe alla prova, sono in grado di reagire con fermezza.

In conclusione, questa crisi rappresenta un banco di prova cruciale per la democrazia sudcoreana. Il futuro dipenderà dalla capacità delle istituzioni di collaborare per superare le divisioni politiche, rafforzare la fiducia dei cittadini e preservare la stabilità di un Paese che riveste un ruolo fondamentale negli equilibri dell’Asia orientale.

L’Atalanta formato scudetto batte anche il Milan per 2-1

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L’Atalanta si regala la nona vittoria consecutiva in campionato con il gol di Lookman al minuto 87’ e vola momentaneamente in vetta.

La Dea è inarrestabile

L’Atalanta si regala per almeno 48h la vetta in solitaria. Un’altra serata da incorniciare per gli uomini di Gasperini che stendono il Milan sul fotofinish con una zuccata di Lookman dagli sviluppi di un calcio d’angolo. Grave disattenzione della retroguardia rossonera, che oltre ad aver salutato ogni tipo di sogno scudetto da almeno un mese, vede la qualificazione Champions come molto complicata da raggiungere a questo punto.

Eppure i rossoneri erano persino partiti abbastanza bene, con subito un’occasione per Pulisic dopo appena 30’’ secondi (americano poi costretto ad abbandonare il terreno di gioco dopo la mezz’ora per indurimento del polpaccio).

L’Atalanta ha sbloccato il match, sempre da palla ferma, con un colpo di testa di De Ketelaere, ma i rossoneri sono stati bravi a rispondere subito con la rete di Morata (grazie alla solita combinazione Leao-Theo).

Il secondo tempo è stato molto equilibrato, con Fonseca capace di imbrigliare gli uomini di Gasperini. Ma l’Atalanta di quest’anno ha un sapore differente rispetto agli anni precedenti ed è capace di vincere anche quando non le gira tutto bene.

Va dato merito a Gasperini soprattutto di non essere caduto in tentazione nel sostituire Lookman dopo un’ora di gioco, confermandogli la fiducia (poi ripagata con il gol).

Per l’Atalanta è un’altra serata magica che le regala la vetta. Per il Milan è un’altra debacle che la posiziona al settimo posto, sempre più distante dai 4 posti Champions. E adesso per Fonseca si fa davvero dura.

Contributo esterno.