Una platea gremita ha accolto ieri pomeriggio il noto giornalista conduttore di Report, Sigfrido Ranucci in occasione della presentazione del suo ultimo libro “La Scelta”. L’evento, organizzato dall’Associazione Altrabenevento, si è tenuto presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi Giustino Fortunato di Benevento.
Nato a Roma, una laurea in Lettere, dagli anni ’90 inizia il suo percorso in Rai come inviato e nel 2017 raccoglie un’eredità di quelle che “scottano”: la conduzione del noto programma Report. Amatissimo dalla gente, inviso a certi poteri, costretto a muoversi con la scorta. Questo in sintesi l’identikit di Sigfrido Ranucci che, attraverso la presentazione del suo ultimo libro dal titolo “La Scelta” si racconta a viso aperto, con l’umiltà e la semplicità di un uomo perbene, ad una platea calorosa che lo inonda di affetto.
Ranucci e le sue inchieste dal Fosforo bianco agli intrighi di Renzi
Affermare che Ranucci si è sempre mosso su terreni minati non è certo una metafora. Una delle inchieste più spinose è stata quella che lo portò a scoprire, dopo un lavoro minuzioso, l’utilizzo da parte dell’esercito statunitense del Fosforo bianco durante i combattimenti a Falluja. Un racconto di quelli che fa accapponare la pelle. Corpi sgretolati dai vestiti intatti mentre nel mondo aleggiava il mantra che gli USA fossero esportatori di pace e democrazia. E poi, dall’Iraq all’inchiesta denominata “Babbi e spie”, ovvero sui retroscena di quell’incontro di Renzi con lo 007 Mancini, ai tempi in cui minacciava di far cadere il Governo Conte un giorno si e l’altro pure. Vicenda che vide nell’occhio del ciclone persino la prof che, per un caso fortuito, si trovava sul posto e ne fece un video.
Nel suo racconto, un ricordo toccante per “Vedo Vedo”

Durante la presentazione Ranucci si lascia andare ai ricordi e con semplicità non scevra di commozione, ci parla del papà e di come prematuramente era venuto a mancare senza riuscire a vederlo debuttare alla conduzione di Report dopo aver raccolto l’eredità di Milena Gabanelli. Ma il suo pensiero va anche a Michele, anima vagabonda e fragile. Soprannominato “Vedo Vedo” per la sua abitudine di mettersi una mano sulla fronte mentre guardava per ore il mare di Torvaianica. Un incontro che nella mente del giornalista aveva impresso il concetto “di uno sguardo che è vano se non interroga”.
Dal Buconero a Tosi, il nodo spinoso della libertà di stampa in Italia
Il racconto del libro prosegue sulle vicende dello scandalo Parmalat, dei dipinti d’autore portati oltralpe e di come Ranucci ne venne a capo sull’affare Tosi, che gli costò diverse denunce prima ancora che il servizio andasse in onda. Un vero polveriere dal quale il giornalista ha dovuto difendersi per affermare verità che certi potenti non volevano fossero rivelate. Ma su tutte, emerge un dato allarmante: come e quanto sia limitata la libertà di stampa nel nostro Paese che alla memoria richiama tristemente i tanti provvedimenti “bavaglio” varati in questi ultimi anni. Tanti, troppi, i giornalisti che pagano ciò che in uno Stato civile dovrebbe valere encomi e non una scorta.
Ranucci e la speranza che prevalga il bene comune
Mentre i mass media ci raccontano dell’importanza (?) di dilapidare soldi in armi, viene spontaneo chiederci, e chiedere ad un giornalista come Ranucci, prendendo come spunto proprio il titolo del suo libro, quale scelta possano avere gli italiani, quelli comuni, per difendersi da una politica asservita all’elite finanziaria, distratta e assente sui diritti dei deboli e degli invisibili. “Io credo che l’unica scelta possibile sia quella di riappropriarsi del concetto del bene comune della collettività. Noi abbiamo perso di vista da tanto tempo questo concetto, ma per farlo dobbiamo essere consapevoli e liberamente informati. Io credo che la scelta giusta passi attraverso una giusta informazione.”
Parole condivisibili che però resteranno utopia fino a quando non vi saranno misure concrete che restituiscano al popolo italiano una sana informazione, priva degli interessi di signori in giacca e cravatta che decidono del nostro destino.
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