Ricomincio da me, la Dottoressa Tina Grassini ci racconta il progetto realizzato dalla sua associazione per aiutare le donne vittime di violenza.
Donne uccise da uomini perché donne. Questo è il femminicidio. Un neologismo coniato negli anni Novanta per qualificare gli omicidi basati sul genere, che vedono come vittima la donna “in quanto donna”. Circa 150 casi all’anno in Italia, un totale di circa 600 omicidi negli ultimi quattro anni. Un massacro a vedere i numeri. Significa che in Italia ogni due giorni viene uccisa una donna per mano di un uomo.
Una mattanza. Si tratta di un fenomeno strutturale e trasversale che coinvolge anche le nuove generazioni basti pensare cheil 41% dei maltrattanti ha tra i 18 e i 35 anni. Un dato allarmante che rivela come giovani adulti non rispettano la diversità di genere e quindi la libertà di autodeterminazione di una donna. Il patriarcato, quindi, sopravvive nelle famigliee quel cambio culturale di cui si parla tanto anche nelle scuole non riesce ad attecchire.
Abbiamo cercato di capire più a fondo il fenomeno ormai dilagante della violenza di genere, intervistando la Dottoressa Tina Grassini, counselor e mediatrice sistemico-relazionale che con l’associazione ‘Parla con me’ di cui è presidente cerca di aiutare le tante donne che subiscono abusi e finiscono nel tunnel di una relazione tossica e violenta.
Dottoressa come mai ha scelto di lavorare in questo ambito così complesso e delicato?
Ho scelto di diventare counselor e di diventare mediatrice sistemico-relazionale dopo aver svolto il mio tirocinio formativo nei centri antiviolenza. In quella occasione ho subito capito che le donne vittime di abusi e che terminavano il loro percorso nel centro antiviolenza avevano comunque bisogno di una guida anche fuori dalle mura del centro.
Ho deciso, quindi, di costituire l’associazione ‘Parla con me’ per continuare ancora a supportare, guidare le donne uscite ormai dal centro antiviolenza ma anche per offrire un sostegno a tutte le donne che hanno necessita di riappropriarsi della propria vita e dei propri spazi.
Ci parli del progetto ‘Ricomincio da me’.
Con l’associazione abbiamo nove anni fa ideato il progetto ‘Ricomincio da me’ destinato a qualsiasi donna abbia bisogno di aiuto. Non è un progetto che si occupa solo di donne vittime di violenza ma intende rivolgersi a qualsiasi donna, di qualsiasi età che intende iniziare un percorso di cambiamento e di consapevolezza, per relazionarsi in maniera autentica e sana con la collettività.
È destinato a tutte quelle donne coraggiose che anziché aspettare che il mondo intorno cambi diventano loro stesse motore di cambiamento. Il progetto è totalmente gratuito e gli incontri si tengono una volta alla settimana alle ore10 in via Concezione a Montecalvario, all’interno del palazzetto Urban.
Quali altre attività svolge l’associazione?
Come associazione siamo a disposizione tutti i giorni a tutte le ore per le donne che subiscono violenza fisica, sessuale, psicologica e che hanno immediato bisogno di protezione.
Quest’anno inizieremo percorsi di sostegno alla coppia e alla genitorialità che, in verità, dovrebbero essere seguiti dalle coppie fin dal momento in cui si decide di diventare genitori. Inizieremo anche un percorso nelle scuole per spigare a docenti ed alunni quali sono le dinamiche della violenza di genere e come intercettarne i campanelli d’allarme soprattutto tra i giovanissimi rispetto ai quali diventa prioritario iniziare a parlare di emozioni, sentimenti e delle paure che provano.
Alla luce degli ultimi fatti di cronaca, secondo lei quali sono le misure urgenti da mettere in atto per cercare di arginare questo fenomeno?
Il primo passo è l’informazione costante sulla massa, perché purtroppo la donna vittima di violenza fisica, sessuale, economica o psicologica viene, molto spesso colpevolizzata all’interno dei tribunali perché molto spesso i magistrati, gli avvocati, gli psicologi ed assistenti sociali non sono molto preparati loro malgrado nell’affrontare queste dinamiche violente.
È necessario, inoltre, che all’interno delle famiglie ritornino al centro le emozioni ed i sentimenti ma anche una costruttiva comunicazione perché solo così scompare quel modello di famiglia in cui genitori e figli sono entità separate che vivono all’interno di uno stesso spazio ma che non hanno nessun tipo di relazione tra loro.
Bisogna poi formare, specializzare tutte le varie figure professionali che interagiscono con le donne vittime di violenza, rinnovando i programmi ed i percorsi di formazione. Ritengo, inoltre, che sia prioritario inasprire le pene ed attuare percorsi di protezione per le donne. Qualsiasi donna uccisa per mano del proprio marito, compagno, amante si sarebbe potuta salvare se avesse incontrato persone competenti sul suo percorso e se fosse stata realmente protetta ed allontanata dal proprio carnefice.