“L’iconografia e le rappresentazioni dell’abate Gioacchino nel corso dei secoli” è stato il tema di un interessante e seguitissimo seminario svoltosi nell’ambito della Scuola di formazione gioachimita venerdì 14 marzo

Dopo l’introduzione del presidente del Centro Internazionale di Studi Gioachimiti prof Giuseppe Riccardo Succurro che si è soffermato in particolare sulle miniature medievali e sulle rappresentazioni di Gioacchino da Fiore nelle prime edizioni a stampa del Cinquecento, ha svolto una documentata ed apprezzata relazione l’architetto esimio del MIC Pasquale Lopetrone.


L’effigie dell’Abate di Fiore, pubblicata da Giacomo Greco nel 1612, contiene gli elementi essenziali relativi all’iconologia e all’iconografia dell’abate Gioacchino da Fiore
L’opera d’arte, per l’eccessivo approfondimento dei dettagli simbolici, va oltre quanto si percepisce nell’immediato in prima apparenza, comunicando, attraverso segni e codici semiotici multiplanari combinati, tutti i carismi del religioso prescelto e ispirato da Dio, la sua missione, l’impronta reale del soggetto ritratto e il suo corredo iconografico in forma aderente.
Anche l’analisi compositiva dell’effigie mette in luce un complesso sistema di segni codificati, organizzati specificatamente per trasmettere informazioni e attivare una interazione tra il mittente e il ricevente, al di là delle apparenze, per il tramite di un linguaggio cifrato. I codici dei segni definiscono “qualcosa che sta anche per qualcos’altro”, una espressione di un significato, una referenza presentata all’osservatore, affinché interpreti e comprenda il contenuto di una comunicazione complessa.
L’intensità iconografica e simbolica, che conforma la composizione comunicativa dell’effigie, non sembra però esser stata colta dalla maggior parte degli artisti che nel corso dei secoli hanno rappresentato in vari modi l’Abate di Fiore. Ciò ha generato un disorientamento paradigmatico per i temi figurativi aspecifici, proposti a corollario di personaggi anonimi, indicati come Gioacchino da Fiore solo perché accostati ai suoi luoghi o alle figure del Liber figurarum, sebbene non presentino alcunché del suo corredo iconografico.