Siria: l’offensiva del 27 novembre e le sue conseguenze

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La Siria è da oltre un decennio il fulcro di un conflitto che ha stravolto gli equilibri geopolitici del Medio Oriente. Gli eventi attuali rappresentano l’ennesimo capitolo di una crisi annunciata. Questo conflitto nasce da problemi politici, sociali e militari profondi. Dal 2011, anno dello scoppio della guerra civile, la Siria è divenuta teatro di battaglie per interessi regionali e globali. Attori come Russia, Stati Uniti, Iran, Turchia e vari gruppi armati si sono scontrati nel Paese. Comprendere l’attuale situazione richiede di ripercorrere un decennio di devastazione, interventi stranieri e una crisi umanitaria senza precedenti.

di Giorgio Aprile

La guerra civile in Siria: una cronologia del conflitto (2011-2023)

La guerra civile siriana iniziò nel 2011, durante le Primavere arabe, con rivolte popolari che attraversarono il mondo arabo. In Siria, i cittadini manifestarono chiedendo riforme democratiche al governo di Bashar al-Assad. Il regime rispose brutalmente, reprimendo le proteste nel sangue e provocando il malcontento. Questo portò alla nascita di fazioni armate anti-governative.

Tra i principali gruppi emersi ci furono il PKK curdo, l’HTS, l’Esercito Nazionale Siriano e le Forze Democratiche Siriane. Alcuni di questi gruppi ricevettero supporto dagli Stati Uniti e dalla Turchia. Assad trovò invece alleati in Hezbollah e negli Stati di Russia e Iran.

Gli attacchi chimici del regime contro i civili scatenarono una reazione internazionale. Alcuni ribelli, tra cui fazioni di matrice qaedista, si unirono all’ISIS guidato da Abu Bakr al-Baghdadi. Gli Stati Uniti guidarono una coalizione internazionale per contrastare lo Stato Islamico.

Dal 2015, l’intervento militare russo alterò l’equilibrio del conflitto. La Russia divenne la “nuova forza aerea di Assad”, conducendo bombardamenti a tappeto. L’Iran inviò il generale Qassem Soleimani per dirigere le operazioni clandestine.

Nello stesso anno, la crisi dei migranti siriani raggiunse il picco, con milioni di persone in fuga verso l’Europa attraverso la rotta turco-balcanica. Nel 2018, la Turchia invase il nord della Siria, controllato dai curdi, creando una zona “cuscinetto” per contenere flussi migratori e rischi terroristici.

Nel 2019, la coalizione guidata dagli Stati Uniti annunciò la sconfitta dell’ISIS. Il conflitto si attenuò, confinando le forze ribelli nel governatorato di Idlib. Nonostante questo, il costo della guerra era devastante: oltre 570 mila morti, 205 mila dispersi, 2,8 milioni di feriti e più di 10 milioni di profughi.

Gli eventi del 27 novembre: un nuovo capitolo del conflitto

Il 27 novembre 2023 ha segnato una svolta inaspettata nel conflitto siriano. I gruppi anti-governativi, approfittando della debolezza del regime di Assad, hanno lanciato un’offensiva fulminea nella regione di Idlib, guidati dall’HTS. Le forze governative siriane sono state travolte e costrette a ritirarsi verso Aleppo, che è stata abbandonata dopo appena 24 ore di combattimenti.

L’avanzata dei ribelli ha sorpreso non solo il governo siriano, ma anche i suoi alleati storici, Iran e Russia. Le forze russe, ritirandosi verso sud, hanno lasciato dietro di sé ingenti quantità di munizioni e persino un sistema missilistico terra-aria Pantsir. Dopo la conquista di Aleppo, i ribelli si sono diretti verso Hama, dove hanno incontrato una resistenza più organizzata da parte delle forze governative, che sono riuscite a difendere la città.

Il regime di Assad: un futuro incerto

Il regime di Bashar al-Assad si trova in una posizione sempre più precaria. La popolazione civile, duramente colpita da oltre un decennio di guerra, ha perso ogni fiducia nel governo. Inoltre, la dipendenza di Assad dai suoi alleati si è rivelata un punto debole: la Russia, impegnata nella guerra in Ucraina, e l’Iran, concentrato sul conflitto con Israele, hanno ridotto il loro sostegno.

Anche Hezbollah, che aveva garantito la stabilità territoriale per il regime, è stato ridimensionato dai recenti scontri con Israele, che hanno anche interrotto i rifornimenti militari iraniani. Nel frattempo, la Turchia, guidata da Erdoğan, punta a giocare un ruolo centrale in una Siria post-Assad. Ankara spera di facilitare il ritorno di circa 2 milioni di profughi nel nord della Siria e di limitare l’influenza iraniana nella regione.

In questo contesto, si vocifera che Assad possa aver trovato rifugio in Russia, mentre il futuro del Paese appare sempre più incerto.

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