I risultati delle elezioni amministrative di domenica scorsa in Spagna hanno provocato le dimissioni del Premier socialista Sanchez. Il dibattito si accende anche in Italia, ma le differenze sono sostanziali.
Spagna: le dimissioni del Presidente aprono un dibattito in Italia
Da sempre, Italia e Spagna, sono considerati Paesi vicini, uniti da una lunga storia e da tradizioni comuni. Domenica scorsa ha molto colpito la somiglianza dei risultati nelle elezioni locali.
In entrambi i casi si e’ registrata una decisa avanzata delle forze conservatrici e di destra. Escono a pezzi i partiti e i movimenti dell’area progressista.
La sconfitta della sinistra in Spagna, con la perdita di tante realta’ locali considerate roccaforti rosse, come ad esempio le citta’ di Siviglia, Valencia e Barcellona, ha portato alle dimissioni del Presidente del Gobierno, il socialista Pedro Sanchez.
Dimissioni irrevocabili, che implicano lo scioglimento del Parlamento ed elezioni politiche nazionali fissate per il 23 di luglio, anticipando di qualche mese la scadenza naturale della legislatura. Il tentativo di Sanchez e’ chiaro: ridurre il piu’ possibile le conseguenze di una probabile sconfitta, evitando guerre interne alla maggioranza e, in questo modo, privare di tempo prezioso le opposizioni del partito popolare e dell’estrema destra di Vox.
Di contro, nel nostro Paese, le elezioni comunali hanno visto prevalere, in maniera quasi del tutto omogenea, la coalizione di centrodestra. A seguito dei risultati, la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso la propria soddisfazione, seguita da numerosi commenti di esponenti della maggioranza parlamentare.
Il mito della chiarezza contro i giochi di palazzo
Nelle dichiarazioni di alcuni politici e analisti italiani si e’ messo in evidenza come in Spagna il premier Sachez, dopo la batosta nelle elezioni amministrative, abbia deciso di dimettersi ed andare ad elezioni anticipate, senza passare da consultazioni e governi tecnici o di unita’ nazionale, a cui noi siamo ormai abituati.
Dunque, i politici italiani sono alla costante ricerca del potere e del mantenimento della poltrona, scegliendo soluzioni governative pasticciate, mentre i politici spagnoli sono spinti da sentimenti di chiarezza nei confronti degli elettori? Sara’ proprio cosi? La risposta e’ No.
Il gioco delle similitudini tra Italia e Spagna termina quando si guarda ai rispettivi sistemi politici e istituzionali. Il premier Sanchez, preso atto della sconfitta, ha potuto rapidamente dare un corso elettorale alla crisi, in virtu’ dei poteri che gli sono concessi dalla Costituzione iberica.
Diversamente dall’Italia, dove le dimissioni del Presidente del Consiglio, avrebbero comportato l’apertura delle consultazioni, un ruolo di regia del Presidente della Repubblica e la ricerca di diverse soluzioni parlamentari per portare a conclusione la legislatura.
Le riforme istituzionali che contano: differenze tra Spagna e Italia
La forma di governo della Spagna e’ quello di un parlamentarismo razionalizzato, in cui il Presidente del Governo ha un ruolo potenziato, ben diverso da quello di primus inter pares italiano.
Infatti, il capo del governo iberico, a differenza del nostro presidente del consiglio, ha il potere di nominare i ministri e di farli dimettere, senza che questo comporti la crisi di governo, le consultazioni e un nuovo voto di fiducia.
Ma, senza dubbio, il potere piu’ importante in capo al Presidente del Gobierno e’ quello di sciogliere le Camere o uno di esse. Un potere che ha potuto esercitare Pedro Sanchez e che non e’ previsto nella Costituzione italiana. Questa e’ una importante differenza tra Italia e Spagna.
Il costituente spagnolo ha voluto dare una chiara primazia al Presidente del governo che e’ sempre il leader del partito di maggioranza, in un sistema che sembra ricalcare quello del Primo ministro inglese.
A bilanciamento dei poteri dell’esecutivo, il Congresso dei Deputati esprime il voto di fiducia al governo e puo’ utilizzare, anche se l’ultimo precedente risale al lontano 1987, l’istituto della sfiducia costruttiva con l’obbligo di indicare il nome del nuovo primo ministro.
In Italia vige un bicameralismo perfetto, con un ruolo non primario dell’esecutivo, seppure nella prassi degli ultimi decenni, tra decreti legge e voti di fiducia, la tendenza sostanziale e’ proprio quella di rafforzare il Governo.
Al tempo delle discussioni sulle riforme, in particolare sul presidenzialismo rilanciato dalla maggioranza di centrodestra, sarebbe necessario che il legislatore italiano tenga presente che l’architettura istituzionale parlamentare puo’ essere migliorata, razionalizzata con delle modifiche selettive e non stravolta, mutuando modelli presidenziali puri o di premierato che non esistono nei paesi europei. All’insegna di una dubbia “creativita’ costituzionale”.