Un 33enne e un proiettile: un altro numero in questa tombola di morte

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di Salvo Di Noto

Sembra di stare ad una tombola dove non si estraggono numeri, ma si sparano colpi.

Ogni settimana, a Napoli, sempre la stessa storia. Un bollettino di guerra che si aggiorna continuamente: omicidi, sparatorie, vite spezzate. Alcuni nomi già noti alle forze dell’ordine, altri sconosciuti alla giustizia ma conosciuti dalla gente per il loro lavoro, per la loro bontà. Ma alla fine, che cambia? Il sangue per strada c’è sempre, i palloncini bianchi nel cielo pure. Le madri che piangono ci sono, delle vittime e dei carnefici. Poi c’è qualcuno che dice: “c’era da aspettarselo” o peggio ancora, “era nel posto sbagliato al momento sbagliato”.

E intanto, le armi continuano a girare, le mani che sparano restano libere, il sistema della violenza si autoalimenta. Un giro che non si ferma mai, come se fosse una regola scritta, un codice d’onore distorto al punto da diventare disonore, utile solo a chi continua a uccidere.

E come nella tombola, più numeri hai, più alta è la vincita. Solo che qui, più spari fai, più diventi qualcuno agli occhi della malavita. Più ti fanno spazio, più il tuo nome pesa nei quartieri. E agli occhi di chi ama davvero la città diventi solo un’ombra, un altro nome da scrivere su un articolo di cronaca, un volto che si poteva salvare.

Oggi è toccato ad Antonio Esposito, un ragazzo di 33 anni. Un nome in più in questa guerra assurda. Un numero in più in questa tombola di morte.

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