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A Montecitorio la tavola rotonda su “Una strategia per lo sviluppo delle aree interne”

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Ieri pomeriggio a Roma, presso la Sala dei Gruppi della Camera dei Deputati, la tavola rotonda tra parlamentari e amministratori locali per “Una strategia per lo sviluppo delle aree interne”,  promossa dall’Intergruppo Parlamentare Sud, Aree fragili e Isole minori”, presieduto dall’On.le Alessandro Caramiello; si tratta di un’iniziativa bipartisan, nata circa un anno  fa in Parlamento e che vede già l’entusiastica adesione di 53  parlamentari, tra Deputati e Senatori degli opposti schieramenti, che  continua a destare  grande interesse e curiosità nel mondo politico.

Finalità dell’incontro, svoltosi nella prestigiosa sede parlamentare,  quella di illustrare al Paese e alla sua più alta rappresentanza politico-istituzionale  gli  scenari e le istanze che provengono dalle aree interne, che, sebbene occupino larga parte del territorio nazionale (il 60% circa della sua superficie), sono per lo più bistrattate o totalmente ignorate. Nel Mezzogiorno, poi,  soffrono maggiormente a causa di un divario socio-economico e di un evidente gap infrastrutturale che le relegano ad una progressiva marginalità, in qualche caso vero e proprio isolamento, non più accettabili.  L’effetto più evidente della crisi di queste aree è il gravissimo fenomeno dello spopolamento che le sta conducendo, inesorabilmente, alla scomparsa.

La qualificazione delle aree interne e la strategia SNAI

Le “aree interne sono quelle  porzioni di territorio caratterizzate sia da una significativa distanza dai principali centri di offerta di servizi (sanitari, istruzione, mobilità ecc.), ma anche da una disponibilità elevata di importanti risorse ambientali e culturali e  la prima individuazione è avvenuta  nel 2013 ad opera dell’Agenzia per la Coesione Territoriale con l’allora ministro Fabrizio Barca.  A quel tempo, l’Istat contava ancora 8.092 Comuni; in base a quei dati, il Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e coesione (DPS) ne faceva ricadere ben 4.261 (pari al 52,7%) nell’ambito delle Aree interne del Paese.

L’incontro di Roma è servito anche per fare il punto sulla Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI), una politica nazionale innovativa di sviluppo e coesione territoriale, avviata nel 2013,  che mira a contrastare la marginalizzazione ed i fenomeni di declino demografico propri delle aree interne del nostro Paese. Com’è noto, le  aree selezionate dalla SNAI riferite alla programmazione 2014-2020 sono state 72;  ne hanno fanno parte complessivamente 1.077 comuni per circa 2.072.718 di abitanti.   Il processo di selezione delle nuove Aree Interne si è concluso nel 2022. Sono state ammesse al cofinanziamento Nazionale SNAI 2021-2027 altre 43 nuove aree interne, a cui si aggiungono 13 coalizioni, qualificate come aree interne con finanziamento non nazionale, per un totale di 56 nuove aree, mentre sono state altresì confermate 67 delle 72 aree SNAI 2014-2020, alcune delle quali con una nuova perimetrazione.  Complessivamente, dunque, la SNAI per la programmazione 2021-2027 riguarda 124 Aree di progetto, che coinvolgono 1.904 Comuni, in cui vivono 4.570.731 abitanti.

I lavori della tavola rotonda

All’incontro presenti anche numerosi componenti del tavolo tecnico dell’Intergruppo, tra cui Elisabetta Trenta, già Ministro della Difesa nei precedenti Governi Conte e Draghi e l’On.le Enrica Alifano, componente dello stesso Ufficio di presidenza dell’Intergruppo che, peraltro, già in passato si è occupata del tema proponendo una legge per le aree interne.

Presente una folta schiera di Sindaci e Amministratori locali, oltre un centinaio, provenienti  principalmente dall’Abruzzo, dal Molise ma anche dalla Calabria e dalla Campania, con l’intento di rappresentare le proprie istanze per contribuire alla scrittura a più mani, partendo dal basso,  di una legge per le aree interne, in grado di rispondere alle esigenze delle comunità che lì risiedono  con atteggiamento di incredibile resilienza, nonostante le enormi difficoltà per la distanza dai centri e la mancanza o insufficienza di servizi pubblici essenziali.

Alla tavola rotonda, aperti dal presidente dell’Intergruppo parlamentare, Alessandro Caramiello,  e moderati da Luca Antonio Pepe, direttore di CentroSud24, per la parte politica ed istituzionale, hanno partecipato l’On.le Giuseppe Conte, già presidente del Consiglio dei Ministri,  l’On.le Giovanni Legnini, ex parlamentare ed ex vicepresidente del CSM e attuale  Commissario di Governo per Ischia, l’On.le Stefano Graziano, l’on.le Annarita Patriarca, segretario dell’Ufficio di presidenza dell’Intergruppo (collegata da remoto), Pino Aprile, giornalista e scrittore, nonché presidente onorario dell’Intergruppo. Le relazioni scientifiche sono state svolte dal prof. Guido Tortorella Esposito dell’UniSannio, dal Dr. Giovanni Barretta, economista e componente dell’Ufficio di presidenza dell’Intergruppo, dalla prof.ssa Roberta di Stefano ricercatrice presso l’Università Sapienza di Roma, dal prof. Giuseppe Sommario dell’Università Cattolica di Milano, dal Dr. Cristiano D’Angelo, dal Dott. Aniello Scafetta e dal Dr. Vincenzo Di Fiore, anch’egli membro del tavolo tecnico dell’Intergruppo.

Il giornalista Luca Antonio Pepe, moderatore dell’incontro ha introdotto i lavori con un’approfondita disamina sulla grave situazione economica che vivono ancora il Mezzogiorno e le aree interne, tra ritardi strutturali e socio economici, spopolamento, disoccupazione e gap infrastrutturali,  suscitando l’interessante discussione che ne è seguita e sollecitando amministratori pubblici e relatori intervenuti a formulare strategie e soluzioni concrete  per risolvere, una volte per tutte, le annose questioni che attanagliano  oramai da oltre un secolo le aree più fragili del Paese.

Nel dare il benvenuto a tutti i componenti del tavolo tecnico,  Luca Antonio Pepe ha voluto rappresentare alcuni esempi evidenti attraverso cui si manifestano le iniquità e i divari territoriali:  “…  un turista che si muove in treno da Trapani a Ragusa, che distano appena 300  km, impieghi circa 14 ore per completare il tragitto,  senza poter optare per  Italo o la Freccia, perché oggi al Sud si sviluppa solo il 12% dell’alta velocità nazionale, così come, del resto,  incontrerebbe difficoltà a muoversi in aereo, atteso che nel Centro-Sud abbiamo un aeroporto ogni 300 chilometri, mentre al Nord uno ogni 40 chilometri”. Il direttore di CentroSud24  ha sottolineato  che: “…oggi la classifica delle regioni a rischio povertà in Europa vede rispettivamente la Sicilia e la Campania, al primo e secondo posto, mentre, analizzando  il dato aggregato delle regioni meridionali, risulta che il Mezzogiorno risulta essere l’area più povera dell’unione Europea; in particolare, dal 2002 al 2017, oltre 2 milioni di cittadini hanno abbandonato il Sud, più della metà giovani, di cui il 33% laureati. Peggio di queste regioni c’è solo il Mayotte, che è un territorio francese in terra africana vicino al Madagascar”.  Pepe ha ricordato ancora che: “… per decenni lo Stato ha abbandonato il Mezzogiorno, senza capire che se non cresce questa parte del Paese è destinata a perire tutta l’Italia; questo vale anche per le isole minori e aree interne  del Paese che sono territori che vanno valorizzati e non dimenticati. Come avvenuto negli ultimi decenni. Queste aree geografiche non vanno inquadrate come un problema da risolvere, bensì come la sua soluzione, perché, solo se cresce il Mezzogiorno, cresce il Paese … …Come evidenzia anche la SVIMEZ, bisogna trasformare la questione meridionale in una grande occasione per favorire lo sviluppo dello stato Italiano…” .

La conseguenza della mancata equità è stata negli anni un’enorme sottrazione  di risorse al Mezzogiorno, ha voluto ricordare Luca Antonio Pepe,   confermato da tutti gli studi condotti dai più autorevoli ed accreditati  Istituti di ricerca, come l’Eurispes  che nel suo ‘32° Rapporto Italia’, calcola che, complessivamente, dal 2000 al 2017, a causa della mancata applicazione della clausola del 34% (la percentuale che indica la numerosità della popolazione delle 8 regioni meridionali), sarebbe stata sottratta al Mezzogiorno, in termini di trasferimenti in conto capitale,  una somma pari a  840 miliardi di euro, netti (in media, circa 46,7 miliardi di euro all’anno).

E’ stata la volta di Alessandro Caramiello, vero ispiratore ed instancabile  protagonista dell’iniziativa parlamentare,  che ha colto l’occasione per ricordare ai numerosi partecipanti ai lavori il ruolo e le attività più recenti dell’Intergruppo, concretizzatesi nell’ultimo anno con la presentazione di tre  distinte proposte di legge sul tema dei divari territoriali: sull’”Equità territoriale”, sulla “Tutela delle isole minori” e sull’”Emergenza Vesuvio”. Inoltre, ricorda Caramiello come l’Intergruppo abbia presentato nell’anno  ben 19 emendamenti alla legge di bilancio, con particolare riguardo alla ZES Unica Mezzogiorno, alla rimodulazione dei fondi  PNNR e al comparto  cultura ed istruzione, numerosi altri  al decreto milleproroghe, oltre diverse  interrogazioni parlamentari sempre sul tema dell’equità territoriale. Numerosi poi gli interventi e i dibattiti organizzati dall’Intergruppo sul ddl Calderoli, poi divenuta legge,  per l’autonomia differenziata, che continuerà – aggiunge il presidente – a sostegno dell’iniziativa referendaria.

Il Presidente Caramiello  ha evidenziato il grande lavoro svolto finora dall’Intergruppo, tutti indirizzati a riequilibrare il rapporto tra “centro e periferia” e a tutelare il Mezzogiorno e le aree fragili, come nel caso dei 4 emendamenti depositati in Parlamento in relazione all’istituzione della ZES Unica.

Caramiello si è detto fortemente convinto dell’enorme significato e del ruolo che questo soggetto istituzionale possa rappresentare per cambiare davvero la prospettiva di un Mezzogiorno che, nonostante le grandi potenzialità  che è in grado di esprimere, non è riuscito finora a colmare il divario socio economico, qui presente sin dall’Unità d’Italia. Ecco, quindi,  la necessità,  ha ricordato Caramiello, di incontrare i territori  e gli amministratori locali ed interloquire da vicino, sia con gli altri livelli istituzionali qui presenti, che con gli attori dello sviluppo locale.

L’obiettivo  della tavola rotonda– ha detto Caramiello –  è quello di  avviare un percorso unitario per scrivere una nuova legge per le aree interne a più mani, coinvolgendo direttamente  i Sindaci, le associazioni  e le comunità presenti in questi territori.

Infine, Alessandro Caramiello ha voluto ribadire con forza che è il Mezzogiorno la vera locomotiva  di crescita che, al contrario della narrazione finora rappresentata, è l’unica che può trainare davvero,  verso lo sviluppo,  l’intero Paese: “Un nuovo miracolo economico è possibile, a patto che quella locomotiva parta dal Sud e dalle aree fragili ed è proprio per questo motivo che è nato l’Intergruppo parlamentare”.

Dopo Caramiello l’intervento dell’On.le Annarita Patriarca, segretaria dell’Intergruppo e componente per FI della maggioranza, che, sebbene collegata da remoto, non ha voluto far mancare la propria partecipazione e condivisione dell’iniziativa. La Patriarca ha tenuto a precisare come il Governo sin dal suo insediamento abbia prestato grande attenzione al Sud e alle aree interne, intervenendo a più riprese con la rimodulazione dei fondi del PNRR per evitarne la dispersione, con la riforma dei fondi delle politiche di coesione e, con il decreto 124/2023, con l’istituzione della ZES Unica Mezzogiorno, coordinata da una Cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e da una riformulazione della stessa strategia della SNAI, anche in questo caso, con la previsione di un una nuova governance  affidata alla Cabina di Regia, sempre presso la Presidenza del Consiglio deiministri, chiamata ad approvare il «Piano strategico nazionale delle aree interne» (PSNAI), documento programmatico  nel quale sono individuati gli ambiti di intervento e le priorità strategiche cui destinare le risorse del bilancio dello Stato disponibili per le aree interne, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione, della mobilità e dei servizi socio–sanitari, tenendo conto delle previsioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e delle risorse europee destinate alle politiche di coesione.

A seguire l’intervento del deputato casertano, On.le Stefano Graziano del partito democratico, membro dell’Intergruppo, che ha ricordato  la necessità di cambiare approccio e fare sistema tra fascia costiera e aree interne, con una visione strategica, in grado davvero di far scoprire le bellezze e le enormi potenzialità turistiche, naturalistiche e culturali dei territori più interni e fragili della Campania, effettivamente isolati anche dal punto di vista dei collegamenti viari e ferroviari.  Quest’ultima – a suo dire – è una condizione non più inaccettabile che deve essere assolutamente affrontata e superata.

 Molto interessante e ricco di spunti di riflessione, l’intervento di Giovanni Legnini, Commissario di Governo per Ischia, che  ha insistito sulla necessità di un profondo cambio di approccio alla questione, dovendo incidere sulle cause strutturali che spingono tanti, soprattutto giovani qualificati,  ad abbandonare le aree interne. Ad avviso di Legnini, non c’è più tempo da perdere e bisogna subito dare adeguata risposta; c’è sicuramente il gap infrastrutturale da superare ma poi c’è anche la necessità di azionare la leva fiscale per favorire l’insediamento e la permanenza in quelle aree disagiate. Legnini cita, a titolo esemplificativo, il caso della scuola e dei criteri di organizzazione qui utilizzati, inspiegabilmente, allo stesso modo delle aree più ricche del Paese e per le grandi città.

Le relazioni degli esperti

Le relazioni scientifiche sono state aperte dalla prof.ssa Roberta Di Stefano, ricercatrice in statistica presso l’Università Sapienza di Roma, che, con un’approfondita disamina,  si è soffermata sulle dinamiche demografiche in atto nel Mezzogiorno e, in particolare, nelle sue aree interne, evidenziando la indifferibilità ad agire prontamente per non disperdere il capitale umano che ancora qui resiste. Gli scenari descritti analiticamente  dalla Di Stefano, benchè preoccupantiper i risultati emersi, hanno fatto capire chiaramente ai rappresentati istituzionali presenti all’incontro che gli effetti della crisi delle aree interne sono pesantissimi e  che occorre immediatamente agire su un fenomeno di  spopolamento che sembra davvero inarrestabile e tanto più grave perché in questi ultimi decenni riguarda  soprattutto l’abbandono della terra d’origine da parte di giovani qualificati e spesso laureati.

Interessante anche la relazione svolta dal prof. Giuseppe Sommario sulle cause e sulle dimensioni del fenomeno dell’emigrazione dal Mezzogiorno dal 1876 in poi, tanto grande ma – inspiegabilmente – ignorato da tutti, anche dalle ricostruzioni storiche.

A seguire le relazioni tecniche su una nuova prospettiva per l’utilizzo dell’enorme patrimonio agricolo in abbandono nelle aree interne, con la creazione di una banca della terra, da parte degli esperti Cristiano D’Angelo ed Aniello Scafetta.

E’ stata la volta di Giovanni Barretta, economista e componente dell’Ufficio di Presidenza dell’Intergruppo, che è partito dal fareun bilancio a consuntivo della strategia messa in campo dalla SNAI per il primo periodo di programmazione 2014-2020, da cui  – a suo avviso –  emerge un quadro della situazione assolutamente incerto e non entusiasmante, atteso che l’individuazione dei comuni da includere nella classificazione e i tempi di definizione di una strategia comune, prima di raggiungere l’APQ,  sono stati tanto lunghi da compromettere, in molti casi, il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Anche questa volta, gli strumenti messi in campo si sono rivelati, infatti, piuttosto complessi dal punto di vista procedurale, tanto che i progetti sono rimasti  per lo più affogati in pastoie burocratiche interminabili che ne hanno minato la possibilità di completamento o addirittura di esecuzione.

Secondo l’economista campano, visto il sostanziale fallimento della programmazione SNAI 2014-2020, con uno stato di realizzazione dei progetti e di utilizzo delle risorse davvero insufficiente,  per le aree interne si pone la necessità di ridiscutere la stessa impostazione della politica SNAI con anche quella della loro perimetrazione e classificazione, atteso che, dal 2013 (anno in cui fu varata dall’allora ministro per la coesione territoriale Fabrizio Barca) ad oggi, non ha dimostrato di funzionare e rispondere alle esigenze di questi territori. A titolo esemplificativo,  dal report della Regione Campania al 31/12/2022 –  ha detto Barretta – risulta che al 31 dicembre 2022, l’ammontare complessivo dei pagamenti è pari a circa 8 milioni di euro, di cui il 64% relativo ai 34 progetti in corso di attuazione a valere sulla Legge di Stabilità, mentre il restante 36% afferisce ai Fondi SIE.  La capacità di spesa, sebbene raddoppiata rispetto all’anno precedente, è pari solo al 9%. Per di più, aggiunge l’economista dell’Intergruppo,  in molti casi nelle regioni esistono aree classificate come  SNAI, che – però – non presentano particolari situazioni di sofferenza e ritardo socio-economico, mentre altre, davvero assai più marginali, che, a causa dell’insipienza dei locali amministratori, sono rimaste totalmente ed ingiustificatamente escluse da questa strategia e, quindi, dalla prospettiva di svilupparsi, fare rete, recuperare i divari ed agganciare i territori economicamente più forti e dinamici: “Questo è inaccettabile e, quindi, occorre ridiscutere completamente la strategia SNAI, proponendone una diversa, che parta dalla considerazione dei parametri e dei presupposti tecnici per la corretta ed oggettiva individuazione delle aree interne e fragili per poi dare concreta risposta alle esigenze di recupero dei ritardi accumulati.”.

Ad avviso di Giovanni Barretta: “Non è possibile invertire i trend demografici e lo spopolamento di questi territori se non se ne riconosce una loro specificità e specialità.   Non si può procedere , come il Governo nazionale sta facendo già da qualche decennio, ad un impoverimento dei servizi presenti sul  territorio attraverso il trasferimento di funzioni e strutture organizzative verso il centro, in nome dell’economicità di gestione e dell’efficienza amministrativa. La centralizzazione di servizi e funzioni, spostati verso i grandi centri, ha determinato  in questi territori un isolamento ed una loro marginalità ancora maggiori. Secondo l’economista campano, nell’organizzare i servizi pubblici, lo Stato non può usare gli stessi criteri in tutto il Paese; in questo modo, piuttosto che assicurare l’uniformità di trattamento (verso i cittadini e i territori) che si propone, determina – al contrario – gravi situazioni di iniquità ed ingiustizia sociale, visto che si registrano situazioni molto diverse su base territoriale, da Nord a Sud, dal Centro alle Periferie, dalla fascia costiera alle aree interne.

Neppure il Sud ha un’unica omogeneità economica e sociale, aggiunge Barretta,  in quanto vi sono anche qui aree ricche (in qualche caso capaci di competere con quelle del Nord del Paese) ed aree (fragili e interne e le isole minori) assolutamente escluse dai circuiti regionali e nazionali. Si pensi ai servizi legati all’istruzione, alla sanità e alla mobilità.Ad esempionon si può utilizzare per un piccolo comune e un’area interna lo stesso criterio del dimensionamento scolastico  valido per un grande centro  per organizzare il sistema di istruzione sul territorio: ”Sicuramente mantenere aperte le scuole  in piccoli comuni costerà di più allo Stato, piuttosto che trasferirli nelle città, ma questo condurrà inesorabilmente le famiglie, soprattutto giovani, ad abbandonare i piccoli comuni”.

Sul punto, Barretta ha ammonito i rappresentanti istituzionali presenti all’incontro, affermando che  si impone una nuova strategia che, anche a costo di rinunziare alle economie di scala e all’efficienza amministrativa, rimanga le strutture organizzative e le funzioni pubbliche sui territori: “Anzi, occorrerebbe già adesso riportare i centri di servizi pubblici e le funzioni sui territori, con un processo inverso rispetto al passato”.

Un altro strumento che l’economista dell’Intergruppo  ritiene necessario adottare per una nuova strategia delle aree interne è quello della leva fiscale: “Non è possibile, in altri termini,  che un piccolo imprenditore che opera in un’area fortemente disagiata, come un’area interna, lontana dai servizi e distante dai centri principali e con un mercato  di dimensione minima e una domanda esigua,   versi allo Stato le stesse imposte di un altro che, con la stessa iniziativa imprenditoriale, opera – invece – in un grande centro , dotato di tutti i servizi e con una domanda elevata che, a volte, non riesce neppure a fronteggiare. Quello che si propone per invertire la rotta e il destino delle aree interne e una fiscalità di vantaggio, concepita ad hoc per le aree interne, con una tassazione di favore che induca gli imprenditori  che vengono dal suo esterno ad investirvi e a quelli che ci sono di rimanervi. Si tratta di un’ipotesi assolutamente percorribile anche interpretando correttamente la disciplina comunitaria e le regole del Trattato europeo; basterebbe volerlo!”.

A seguire con le relazioni scientifiche, quella del prof. Guido Tortorella Esposito, professore associato dell’UniSannio per “Storia del pensiero economico”, che, partendo da  una precisa  ricostruzione storica dall’Unità d’Italia ad oggi, con l’autonomia differenziata,  ha svolto un magistrale intervento, evidenziando come i modelli attuali di economia politica utilizzati per governare i mercati  e i processi di crescita nazionali  siano, sostanzialmente,   caratterizzati dal fatto di prevedere una bassa coesione sociale  ed un alta competitività tra le aree. Quindi, l’elemento di criticità dell’approccio attuale al problema dei divari territoriali e del disegno di legge (oggi legge)  per l’autonomia differenziata non sta tanto, ad avviso del prof. Tortorella,   nel concetto di autonomia differenziata in assoluto, ma va, invece,  messo in relazione  al fatto che,  in un modello dove c’è forte competitività tra le aree è evidente che  valga il principio della  giustizia coincidente con l’utile del più forte. Secondo Tortorella: “Laddove sono presenti meccanismi caratterizzati da alta competitività ci può essere, tutt’al più,  crescita di ricchezza da parte di un’area, che è già forte,  che  usa correttamente  le regole del mercato e, quindi,  si muove rispettando la legge,  ma generando – al contempo – meccanismi speculativi. Vero è che si   muove usando  le regole del mercato,  ma lo fa trasferendo ricchezza dalla parte  meno competitiva a quella più competitiva e, quindi,  nel nostro caso, dal Sud verso il Nord e dalle aree interne alla fascia costiera. Seguendo questo ragionamento, se ad esempio  la legge Calderoli  fosse stata, invece,  concepita  in una logica di riduzione  del grado di competitività fra le aree e di contestuale innalzamento della coesione sociale, a livello nazionale, la valutazione sarebbe probabilmente  diversa “.  In questa direzione, l’economista napoletano ci ricorda come Gian Domenico Romagnosi (illustre giurista, filosofo ed economista italiano dell’800), quando  pensava a quale dovesse essere il compito dello Stato,  suggeriva di tenere basso il livello di competitività  tra le aree e, quindi, all’interno del Paese,  in  modo da aumentare la coesione sociale. Se quest’ultima aumenta, si accresce un interesse pubblico,  condiviso come interesse nazionale tra le diverse aree,  e, quindi, il prius dell’azione economica non è più la ricerca dell’utilità di una singola area, bensì dell’intero sistema nazionale, dove la crescita dell’utilità di una singola regione, poniamo  per esempio il Mezzogiorno e le aree interne, genera meccanismi di crescita che possono  fare da  volano anche per le regioni del Nord. Guido Tortorella Esposito conclude la sua analisi affermando che: ”Non è quindi un problema di modello, ma di approccio.  Se usiamo un approccio competitivo, si producono, ovviamente,  meccanismi di sperequazione; se, invece, scegliamo un approccio di coesione sociale, le aree fragili e le aree interne potrebbero diventare  volano non di crescita ma di sviluppo economico,  dove la crescita inizia a diventare anche fattore di sviluppo e, quindi, di miglioramento della condizione di vita  dei cittadini”.

Pino Aprile, nella qualità di Presidente onorario dell’Intergruppo,ha svolto un’analisi chiara, quanto mai cruda della questione meridionale e,  senza fare sconti di sorta a nessuno,  come del resto sta nel suo temperamento, ha  voluto innanzitutto rimarcare la circostanza della grande novità che l’Intergruppo “Sud, Aree interne e Isole minori” rappresenta nella storia italiana e nel panorama politico istituzionale. Dopo 163 anni dall’Unità d’Italia, ha ricordato ancora  il giornalista scrittore, la questione meridionale è pressoché  irrisolta, se non addirittura peggiorata. Le cause sono numerose e complesse e per lo più vanno ricercate nella distrazione della politica, compresa quella delle rappresentanze istituzionali dello stesso Mezzogiorno, talvolta neppure capaci di procedere seguendo un percorso condiviso, come – da ultimo – ha dimostrato il dibattito in corso sulla legge Calderoli dell’autonomia differenziata.  Pino Aprile rivolgendosi ai numerosi amministratori locali presenti ha aggiunto: ”Voi sindaci delle aree interne siete invisibili e non contate niente, eppure rappresentate la maggioranza dei Comuni italiani, la maggior parte del territorio e della popolazione nazionale e avete per la prima volta nella storia uno strumento, libero parlamentare per il Sud, le aree marginali e le piccole isole, per essere decisivi in Parlamento. Il vostro peso politico, quindi, dipende dalla vostra capacità di aggregazione  e sintesi sui problemi comuni, oltre le differenti coloriture partitiche. Ne avete possibilità e strumenti. Non era mai successo. Non riuscirci sarebbe vostra esclusiva responsabilità. Ma la vostra presenza qui oggi, così numerosa, testimonia della vostra volontà condivisa di riuscire. Forza, allora!”.

Molto interessante anche la relazione sulle comunità energetiche del Dr. Vincenzo Di Fiore, anch’egli membro del tavolo tecnico dell’Intergruppo.

L’intervento dell’ex premier Giuseppe Conte

Molto interessante l’intervento dell’On.le Giuseppe Conte in chiusura del dibattito che è scaturito dalla tavola rotonda. Conte ha parlato della scriteriata iniziativa leghista sull’autonomia differenziata, evidenziandone le illegittimità e contraddizioni, sia sul piano economico che su quello degli equilibri istituzionali stabiliti dalla Costituzione.  Si tratta – ha detto Conte – di un duro colpo inferto al Mezzogiorno e tanto più alle aree interne che occorre con forza contrastare.

Sulla rimodulazione dei fondi del PNRR operata dal Governo per evitarne il disimpegno, Conte si è mostrato assai perplesso, non essendovi al momento rassicurazioni che le risorse sottratte al mezzogiorno possano essere, comunque, riconfermate.

Secondo l’ex premier vi è l’assoluta  necessità che lo Stato adotti politiche perequative su base territoriale, anche utilizzando la fiscalità di vantaggio per le aree interne, oltre che recuperare l’attuale gap infrastrutturale presente; misure   che assicurino giustizia sociale e distributiva, offrendo  a tutti le stesse opportunità (anche alle bistrattate ed abbandonate aree interne). In questo modo, peraltro, si attuerebbe il principio di equità che è scritto nella nostra Costituzione all’art.3 comma 2 e che, soprattutto per le aree interne, non è stato mai declinato nei fatti.

Infine, Conte si è detto davvero felice di aver avuto la possibilità di incontrare gli amministratori locali convenuti a Roma, apprezzando la loro resilienza e  confermando loro tutto l’appoggio necessario per rispondere concretamente alle istanze che vengono da questi territori interessati da fenomeni di desertificazione sociale ed economica che sembrano inarrestabili. L’ex premier ha voluto ringraziare l’Intergruppo per l’enorme e prezioso lavoro finora svolto, confermando tutto il suo personale sostegno per addivenire alla scrittura di una nuova legge per la valorizzazione delle aree interne.

L’intervento dei Sindaci

Presente all’incontro di Roma in Parlamento una folta schiera di Sindaci e amministratori locali, oltre un centinaio, provenienti  principalmente dall’Abruzzo, dal Molise ma anche dalla Calabria e dalla Campania, con l’intento di rappresentare le proprie istanze per contribuire alla scrittura a più mani, partendo dal basso,  di una legge per le aree interne. Molti degli amministratori locali (Sindaci, Presidenti di Provincia , consiglieri regionali), appartenenti alla rete creata da Orazio Di Stefano, presidente dei sociologi d’Abruzzo, hanno preso la parola, tra cui il Sindaco di Dogliola, uno dei più piccoli comuni abruzzesi con circa 280 abitanti, e poi  quello di Capracotta, del presidente della Provincia di Campobasso Giuseppe Puchetti, dell’assessore regionale del Molise Gianluca Cefaratti, il presidente della Provincia di Isernia Daniele Saia,  e tanti altri.

Tra gli amministratori giunti a Roma con la fascia tricolore, ricordiamo quelli dei comuni di: Montorio nei Frentani (Cb), Casacalenda (Cb), Pietracatella (Cb), Montelongo (Cb), Spinete (Cb), San Martino in Pensilis (Cb), Macchia Valfortore (Cb), Riccia (Cb), Sant’Elia a Pianisi (Cb), Mafalda (Cb), San Felice del Molise (Cb), Morrone (Cb), Provvidenti (Cb), Palata (Cb), Aquaviva Collecroci (Cb), Monacilioni, Roccavivara (Cb), Tavenna (Cb), Trivento (Cb), Larino (Cb), San Giovanni in Galdo (Cb), Montenero di Bisaccia, Montemitro (Cb), Petrella Tifernina (Cb), Dogliola (Ch), Casacanditella (Ch), Casalincontrada, Castiglione M. Marino (Ch), Guilmi (Ch), Bomba (Ch),Montazzoli (Ch), Gissi (Ch), Tornareccio (Ch), Tufillo (Ch), Schiavi D’ Abruzzo (Ch), Casoli (Ch), Altino (Ch), Torricella Peligna (Ch), Montenerodomo (Ch),Gessopalena (Ch), San Buono (Ch), Fresagrandinaria (Ch), Fraine (Ch), Palmoli (Ch), Torrebruna (Ch), Celenza sul Trigno (Ch), Pizzoferrato (Ch), Roccamontepiano (Ch), Colledimezzo (Ch), Arielli (Ch), Archi (Ch), Roccascalegna (Ch), Poggiofiorito (Ch), Civitella Messer Raimondo  (Ch), Monteferrante (Ch), Frisa (Ch), San Giovanni Lipioni (Ch), Cupello (Ch), Palena (Ch), Scontrone (Aq), Villetta Barrea (Aq), Pettorano sul Gizio (Aq), Pescopennataro (Is), Cantalupo (Is), Castelverrino (Is), Pietrabbondante,  Fornelli (Is), Colli a Volturno (Is), Castel San Vincenzo (Is), Capracotta (Is), Macchiagodena (Is), Pizzone (Is), Agnone (Is), Castelfranci (Av), Montaguto (Av), Castellino del Biferno.

Al termine dei lavori, grazie all’instancabile lavoro del sociologo Orazio Di Stefano, è stato firmato un primo protocollo d’intesa, con un atto d’impegno di professionisti ed imprese,  per la costituzione di una “rete per censire e recuperare risorse nei comuni colpiti dallo spopolamento”.

Il prossimo appuntamento per scrivere la legge sulle aree interne

Prossimo appuntamento dell’intergruppo, ha ricordato in chiusura Alessandro Caramiello, Presidente dell’Intergruppo, in Molise, a settembre, per  avviare a conclusione la redazione di una legge organica per le aree interne,  capace di invertire i trend demografici in atto e, al contempo, valorizzare le enormi potenzialità ambientali, naturali, turistiche e storiche di questi bellissimi territori,  finora ingiustamente trascurati.

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