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Brasile, creato il Ministero per le popolazioni indigene

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Brasile

In Brasile avviene un cambio di rotta significativo. Il Presidente Lula ha istituito un nuovo Ministero e questo potrebbe cambiare anche la storia dell’Amazzonia.

di Enza Morlando

Una vera e propria inversione di marcia in Brasile. Il primo cambio di rotta tra il Presidente uscente, Jair Bolsonaro, e l’attuale Presidente, Luiz Inácio Lula da Silva, riguarda la creazione di un Ministero ad hoc per le popolazioni indigene. Una scelta in controtendenza rispetto ai quattro anni di governo Bolsonaro. Oltre ad aver portato alla deforestazione della foresta amazzonica, infatti, ha visto la riduzione dei diritti delle popolazioni indigene, permettendo così lo sfruttamento commerciale delle loro terre.

Le elezioni presidenziali brasiliane si sono tenute il 2 Ottobre 2022, con relativo ballottaggio del 30 Ottobre. Lula è stato il primo a vincere tre elezioni presidenziali in Brasile. Bolsonaro, invece, è diventato il primo Presidente in carica nella storia a non essere stato rieletto. Il mandato di Lula ha ufficialmente avuto inizio il 1° Gennaio 2023, data del suo giuramento come Presidente, svoltosi a Brasilia.

Il nuovo Ministero

La Ministra nominata dal Governo è la femminista ed attivista indigena Sônia Guajajara (48 anni), con alle spalle un lungo passato di lotte per le popolazioni locali. Nominata tra le 100 persone più influenti del 2022 secondo Time, prima donna indigena candidata alla vicepresidenza del paese nel 2018, vincitrice nel 2020 del premio “Letelier-Moffitt” per i diritti umani, attualmente alla guida dell’Associazione dei Popoli Indigeni del Brasile (APIB).

Il Ministero dell’Ambiente

Altra nomina rilevante, è stata quella dell’ambientalista e politica Marina Silva (64 anni) quale Ministra dell’Ambiente. Un incarico che aveva già ricoperto nel precedente governo Lula (2003-2008). É stata la senatrice più giovane della storia del Brasile e si è candidata varie volte alla presidenza del paese.

Sia Silva che Guajajara sono originarie della foresta amazzonica e la loro nomina, in ruoli così importanti, traccia chiaramente la linea politica di Lula. Il futuro del Brasile per i prossimi quattro anni ha una direzione visibile, che verterà sulla tutela ambientale e delle comunità indigene.

Legata alla questione ambientale vi è la lotta alla povertà. Altro punto cardine della politica di Lula, in quanto le devastazioni ambientali sono determinanti nel produrre povertà e disuguaglianze. D’altronde, lo stesso Lula, in campagna elettorale, aveva preannunciato queste volontà. Sull’Amazzonia il suo intervento durante la COP27 tenutasi a Sharm el-Sheikh nel novembre scorso ha tracciato un solco. “Non ci può essere sicurezza climatica per il Mondo senza un’Amazzonia protetta”, aveva detto il Presidente.

La Foresta amazzonica, polmone verde della Terra

Trascrivendo quanto riportato dal WWF, “La regione amazzonica custodisce la più vasta foresta pluviale al mondo e il più ricco sistema fluviale. Il Rio delle Amazzoni raccoglie quasi il 20% dell’acqua dolce che si trova sulla Terra, mentre la foresta condiziona e regola il clima dell’intero pianeta […]. Lo stato di salute di questa preziosa regione naturale è legato a doppio filo con quello del clima globale: la foresta pluviale immagazzina da 90 a 140 miliardi di tonnellate di CO2, e la sua continua distruzione provoca il rilascio nell’atmosfera di enormi quantità di questa sostanza, con conseguenze catastrofiche per l’ambiente. La foresta amazzonica è molto importante anche per la straordinaria varietà di specie animali che ospita.”

I quattro anni di gestione Bolsonaro

Secondo l’Istituto Brasiliano di Geografia Economica (IBGE), negli ultimi quattro anni la deforestazione è cresciuta del 73%. Un fenomeno strettamente legato alla diminuzione delle attività di controllo: negli anni del governo Bolsonaro, c’è stata una riduzione dell’83% delle sanzioni per l’abbattimento illegale degli alberi.

Attualmente, il Brasile è salito al sesto posto per emissioni complessive di gas serra. In nessun paese come il Brasile, la questione ambientale è tanto legata a quella agraria. La deforestazione, attuata tramite incendi, ha il solo obiettivo di estendere la frontiera agricola.

Si parla di un eccesso di agribusiness, volto a favorire gli agrari e settori collegati, a discapito però della sicurezza alimentare della popolazione, impoverita sempre più. In questi anni, con Bolsonaro, l’agribusiness ha battuto ogni record. In Amazzonia sono aumentate di gran lunga le superfici coltivate, così da ottenere un maggior rendimento agricolo destinato all’esportazione.

Quale futuro per l’Amazzonia?

Il 3 novembre scorso, la Corte Suprema del Brasile ha riattivato il Fondo Amazzonia, sabotato e congelato da Bolsonaro. L’ex Presidente pretendeva carta bianca su come gestire i 600 milioni di euro finanziati, sciogliendo il comitato volto a definire la destinazione delle risorse. Trattasi del più importante fondo per la protezione delle foreste, che ha l’obiettivo di contrastare la deforestazione dell’Amazzonia, dando sostegno ai progetti portati avanti da Ong, governi statali e municipali ed organi federali.

Finanziato da Norvegia e Germania, il fondo è stato costituito da Lula nel 2008 ed ha favorito una riduzione della deforestazione del 70%. Quel risultato fu poi reso vano con l’insediamento di Bolsonaro ma ora la storia può essere riscritta.

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