Lunedi 20 gennaio la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sull’autonomia differenziata. Tuttavia, la Corte ha dato parere favorevole sugli altri cinque quesiti: uno sulla cittadinanza e gli altri sul lavoro.
Cosa prevedono i quesiti approvati dalla Corte costituzionale
I cinque quesiti referendari ammessi dalla Corte costituzionali sono tutti di natura “abrogativa”, cioè per la modifica o la cancellazione di specifiche norme. Per raggiungere la validità bisognerà che più della metà degli aventi diritto più uno si rechino alle urne.
La prima richiesta referendaria è denominata “Cittadinanza italiana” e chiede un dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana. La proposta è stata presentata da +Europa, il cui leader Riccardo Magi ha espresso grande soddisfazione per la decisione della Corte.
Le altre proposte riguardano più o meno direttamente il Jobs Act, ovvero la legge sul lavoro introdotta nel 2015 dal governo di Matteo Renzi, e alcune norme approvate tra il 2008 e il 2021 sulla responsabilità solidale delle aziende committenti in caso di infortunio e malattia professionale dei lavoratori in appalto. In totale i quesiti sono quattro e prevedono l’abrogazione delle seguenti norme:
- Norme sui licenziamenti che consentono di non reintegrare un lavoratore licenziato in modo illegittimo se è stato assunto dopo il 2015;
- Limite all’indennità per i lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende;
- Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi;
- Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese
Tali referendum sono stati richiesti dalla CGIL e sono stati sostenuti di principali partiti d’opposizione, tra cui PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Azione e Italia Viva si sono detti contrari.
No al referendum sull’autonomia differenziata: e adesso?
“[..] Il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata, come tale, e in definitiva sull’art. 116, terzo comma, della Costituzione; il che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale.”
Questa è la motivazione della Corte costituzionale in merito all’inammissibilità del referendum sull’autonomia differenziata. Tale decisione ha infranto le speranze dei partiti e delle associazioni che avevano portato avanti la battaglia referendaria negli ultimi mesi.
Uno scenario lontano ma possibile per molti costituzionalisti che avevano posto dubbi fin da subito sull’ammissibilità del quesito e della sua proposta.
Dubbi che si erano per la maggior parte disciolti dopo che la Corte di cassazione aveva riconosciuto la validità del referendum e dopo che la stessa Corte costituzionale aveva dichiarato in parte illegittima la legge. Proprio su quest’ultimo punto le forze sostenitrici del quesito referendario non demordono, dichiarando che continueranno a portare avanti la battaglia contro la legge Calderoli.