di Paola Marone
La crisi del canale di Suez acuisce i problemi geopolitici già presenti,con i continui attacchi ai convogli commerciali da parte del gruppo armato yemenita degli Huthi e l’operazione anglo-americana contro queste azioni, rischia di mettere fortemente in crisi i principali porti dell’Adriatico.
Nel porto di Trieste, infatti, dal 28 dicembre non arrivano più navi portacontainer
Si rischia di avere carenza di materiali, in primis l’acciaio, e rincari dei costi che possono invertire la tendenza a ribasso dell’inflazione con ripercussioni nella realizzazione del PNRR. Federcostruzioni monitora con attenzione gli sviluppi e i possibili impatti sulla filiera.
Attraverso il canale di Suez di solito passa circa il 12% del commercio globale e il 9% di prodotti legati al petrolio.
La crisi nel Mar Rosso rischia di avere pesanti ricadute sulle supply chain internazionali e le forniture energetiche che potrebbero diventare più costose. Da Suez, infatti, transitano il 10% dei prodotti petroliferi raffinati, l’8% del gnl e il 5% del greggio. Per l’Italia da lì passa il 40% del nostro import-export marittimo per un totale di 154 miliardi di euro.
Crisi per il Made in Italy
Perdere questa rotta sarebbe un duro colpo non solo per i nostri porti – oltre a Trieste, potrebbero perdere traffico anche Genova, Gioia Tauro e La Spezia che sono i principali scali container e prodotti petroliferi – ma anche per gran parte del Made in Italy, dalla moda, all’alimentare, dalle automobili ai macchinari.
L’industria italiana ha bisogno infatti di materie prime, ferro e acciaio soprattutto, ma anche di prodotti elettronici, microchip in testa, se il commercio si ferma creando carenza di materie prime e i costi energetici salgono, le conseguenze già segnalate dai produttori e dai distributori della filiera potrebbero presto farsi sentire, anche sui consumatori.
Si segnalano già rilevanti ritardi nelle consegne. Federcostruzioni ha un ruolo fondamentale di traino per l’economia del paese con 600 miliardi di valore di produzione nel 2022 e tre milioni di occupati. Quindi vengono monitorate con costanza le ripercussioni sul comparto delle costruzioni e sull’economia di tale grave situazione in atto.