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Elezioni USA: Effetti su Wall Street, Crisi Tedesca e Sfide per l’UE nel Rapporto Draghi

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Il giorno dopo le elezioni degli Stati Uniti, l’effetto di queste si è manifestato anche con un movimento rialzista di Wall Street (Borse USA: S&P 500 +2,53%, NASDAQ Composite +2,95% e Dow Jones Industrial Average +3,57%), del Bitcoin e del dollaro, e un ribasso delle borse europee, con Madrid e Milano particolarmente colpite a causa dei timori sui dazi.

L’aumento del dollaro rispetto alle altre valute e del mercato azionario sembrava molto probabile, per non dire certo, di fronte all’elezione di un candidato i cui motti sono America First e Make America Great Again. Questo aumento era forse meno certo, pur se comunque probabile, considerando l’intero programma, che includeva una riduzione delle tasse, un incremento del debito pubblico con un aumento del deficit di 5.800 miliardi di dollari (contro un’ipotesi di 1.200 miliardi proposta dalla concorrente Kamala Harris), deregolamentazione e l’annullamento degli accordi di Parigi, con la conseguente rinuncia a perseguire la cosiddetta “neutralità climatica” e a imporre sanzioni e tasse connesse, come quelle compensative applicate dall’UE.

Parallelamente, la crisi in Germania, ex locomotiva dell’economia europea, dovuta in buona parte alle decisioni affrettate per realizzare una transizione ecologica irrazionale, ha portato al crollo del governo. Il cancelliere Olaf Scholz ha revocato l’incarico di ministro delle Finanze al (cosiddetto) liberale, in realtà ordo-neoliberista, Christian Lindner, che aveva stilato un programma comprendente tagli alle tasse e alle sovvenzioni sociali. Nel contempo, Saskia Esken, presidente dell’SPD, ha proposto una spesa straordinaria di 600 miliardi di euro per rilanciare l’economia. Il premier ha dichiarato: «Lindner ha infranto la mia fiducia troppe volte. Ha persino annullato unilateralmente l’accordo sul bilancio dopo che l’avevamo già concordato con lunghi negoziati. Non c’è alcuna base di fiducia per una ulteriore cooperazione. Un serio lavoro di governo non è possibile in queste condizioni. Sono obbligato a questo passo per evitare danni al Paese». Lindner, invece, ha affermato che il cancelliere gli avrebbe proposto di rimuovere il cosiddetto “freno all’indebitamento”, un vincolo di bilancio previsto dalla Costituzione tedesca. Tutti i ministri liberali si sono quindi dimessi, tranne Volker Wissing, ministro dei Trasporti, che è passato all’SPD. Il posto di Lindner è stato preso da Jörg Kukies, ex sottosegretario alla Cancelleria.

Infine, le difficoltà nel creare un sistema europeo condiviso sono emerse con le dichiarazioni del leader dei socialisti francesi Raphaël Glucksmann, che ha escluso la possibilità di consentire la vicepresidenza all’italiano Raffaele Fitto, in quanto membro dell’ERC, gruppo politico che non aveva partecipato all’accordo per la nomina della Commissione von der Leyen, pur avendola poi votata.

L’approccio di Donald Trump appare paradossalmente vicino a quanto emerge dal rapporto Draghi sulla produttività in Europa, anzi più estremo, nonostante la situazione della produttività americana sembri meno preoccupante rispetto a quella europea, un continente che da tempo appare come un anziano demotivato.

Il rapporto di Draghi evidenzia numerose carenze e ritardi che l’Unione Europea deve affrontare per migliorare la sua posizione globale. Nota che l’Europa è in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina in termini di innovazione tecnologica e digitale, a causa di investimenti insufficienti in ricerca e sviluppo e della mancanza di competenze adeguate. Sebbene la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio sia considerata essenziale, si sottolinea la necessità di bilanciare la decarbonizzazione con la competitività industriale. Draghi afferma che è cruciale rafforzare la sicurezza e ridurre le dipendenze esterne in settori strategici come energia e tecnologie avanzate, mobilitando sia risorse pubbliche che private su larga scala per colmare la carenza di finanziamenti adeguati. Propone inoltre di migliorare la governance dell’UE per accelerare il processo decisionale e l’efficacia delle politiche economiche e sociali.

Draghi scrive: «Si tratta di una sfida esistenziale. I valori fondamentali dell’Europa sono la prosperità, l’equità, la libertà, la pace e la democrazia in un ambiente sostenibile. L’UE esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non è più in grado di fornirli ai suoi cittadini – o se deve scambiare l’uno con l’altro – avrà perso la sua ragione d’essere». Questa è la vera posta in gioco per l’Europa, schiacciata nella competizione tra USA e Cina.

Il fabbisogno finanziario dell’UE per raggiungere i propri obiettivi è enorme, ma gli investimenti produttivi rimangono deboli nonostante l’ampio risparmio privato. Per centrare gli obiettivi indicati, sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui secondo le stime più recenti della Commissione, pari al 4,4-4,7% del PIL dell’UE nel 2023. Per fare un confronto, il Piano Marshall del periodo 1948-51 corrispondeva a investimenti pari all’1-2% del PIL dell’Unione.

Draghi sottolinea che l’emissione di bond europei potrebbe essere una soluzione per finanziare gli investimenti necessari a colmare il divario di innovazione e produttività all’interno dell’Unione Europea.

Sebbene sia probabile che gli Stati Uniti riescano a seguire gran parte del programma di Trump, le difficoltà tedesche e le divisioni interne all’UE pongono seri interrogativi sulla possibilità di attuare quanto suggerito nel rapporto Draghi, anche se ciò sarebbe assolutamente necessario. Per ora, sembra che il nostro paese, grazie al PNRR, stia cercando di seguire la direzione indicata da Draghi. Sarà cruciale vedere se il governo saprà limitare le dispersioni e le inefficienze degli interventi pubblici.

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