Cade il governo del primo ministro Michel Barnier: la mozione di censura presentata dalla sinistra all’opposizione è passata grazie ai voti del Rassemblement National, partito di Marine Le Pen.
Sinistra e destra contro Barnier
Nei giorni in cui il Parlamento Francese è chiamato a discutere e approvare la legge di bilancio 2025, giunge il colpo di scure contro il governo Barnier. Con 331 voti favorevoli su 574 termina, quindi, l’esperienza del governo di centrodestra, consumato dai dissapori tra le forze parlamentari proprio sulla legge di bilancio.
Difatti, il 2 dicembre il primo ministro francese aveva annunciato la decisione di forzare l’approvazione di una parte della legge di bilancio del 2025, ricorrendo all’articolo 49 comma 3 della costituzione francese, scavalcando l’Assemblea Nazionale. Una decisione contestata dai partiti dell’opposizione, i quali sono ricorsi all’unico strumento legislativo a loro diposizione: la mozione di sfiducia. Sono state presentate ben due mozioni, la prima da parte della sinistra e la seconda dal partito di Marine Le Pen.
Si apre una nuova fase per la Francia: Michel Barnier presenterà già da domani le sue dimissioni e quelle dei suoi ministri nelle mani del presidente Emmanuel Macron, che in questi giorni si trova in visita di stato in Arabia Saudita.
La fine di un governo «breve e mal voluto»
Il voto che si è tenuto il 4 dicembre segna l’ultima fase di un lungo processo che ha avuto inizio a luglio di quest’anno, dopo la dissoluzione del Parlamento da parte di Emmanuel Macron a seguito del disastroso risultato alle elezioni europee.
Le elezioni legislative anticipate si erano costituiti tre gruppi ben distinti: il primo formato da Review, partito di Emmanuel Macron che tentava di contenere i danni, il Rassemblement national di Marie Le Pen e il nuovo Fronte popolare che riuniva i partiti della sinistra francese risultato alla fine vincitore. Al termine delle lezioni tale divisione si è andata a cristallizzata anche in Parlamento creando fin da subito problemi nella realizzazione di un nuovo esecutivo.
Di fronte ad una situazione complessa dal punto di vista istituzionale Macron ha deciso di affidare la formazione del governo ad un esponente dalla passata coalizione di centro destra, ovvero Michel Barnier sostenuto dalla forza parlamentare macronista e un discusso appoggio esterno di Marine Le Pen.
Dopo solo tre mesi dalla formazione del governo l’appoggio esterno è venuto meno, criticando i bassi fondi stanziati da Barnier per la legge di bilancio.
Cosa succederà ora? In bilico anche l’Eliseo?
Dopo la votazione la prima necessità adesso sarà quella di trovare gli estremi per formare un nuovo governo, una questione tutt’altro che semplice da risolvere considerando la lunghezza che l’ultimo iter di formazione dell’ultimo esecutivo. Inoltre, il governo di Michel Barnier cade in un momento molto critico per la Francia, alle prese con l’approvazione della legge di bilancio per l’anno nuovo.
Si tratta di una crisi senza precedenti per la storia della Quinta Repubblica dalla sua nascita nel 1958. Molti analisti ipotizzano che la soluzione, se non l’unica percorribile, per risolvere la crisi politica che coinvolge tutta la Francia sia quella che prevede le dimissioni di Macron, un’ipotesi non del tutto realizzabile.
Ciò aprirebbe uno scenario ancora più complicato considerando la situazione di molte delle principali forze politiche anche fuori dal Parlamento. Il Nuovo Fronte popolare vincitore delle ultime elezioni legislative non è più compatto come lo era mesi fa: da un lato c’è l’aria più a destra del partito socialista che sarebbe disponibile a far sostenere e parte un governo con il blocco macronista, un’opzione che al resto della coalizione di centrosinistra francese, nello specifico a Mélenchon non è vista di buon occhio. La situazione risulta complicata anche per il partito di Marie Le Pen, alle prese non solo con una possibile sentenza da parte della Procura d’ineleggibilità della leader stessa per i prossimi cinque anni, ma anche con lo scandalo degli assistenti parlamentari al Parlamento europeo.
Un’elezione presidenziale anticipata è un’opzione che dovrà tenere conto sempre dell’urgenza di risolvere il problema della legge di bilancio, evitando uno showdown del paese intero.