Ciò che è successo lo scorso anno, relativamente allo scandalo plusvalenze, ha decretato la farsa definitiva. Il sistema calcio, non solo quello italiano, non è sostenibile.
Vale forse la pena partire dall’era Berlusconi per raccontare come il sistema calcio attuale, nato proprio in Italia, abbia iniziato un lento ed inesorabile declino. L’insostenibilità del sistema economico calcistico ormai è palese, e tutti, in un certo senso, la danno per scontata. Il rischio di iniziare a disquisire di aria fritta, raccontando ciò che accade come fosse una “novità” o una “notizia”, è dietro l’angolo.
Silvio Berlusconi, divenendo presidente del Milan nel 1986 iniziò ad usare il calcio e le televisioni come strumenti di diffusione di massa. Preparò in maniera scrupolosa la sua scesa in campo, in tutti i sensi. L’acquisizione del Milan lo rese simpatico, e gli attirò voti, soprattutto quando iniziò a drogare il calcio con vagonate di miliardi di lire per comprare grandi campioni. Fu anche fortunato e bravo a vincere tanto, ma aprì la strada ad un modello: il sistema calcio attuale, fatto di tifosi appassionati che per il calcio “combattevano” (e non vado oltre), di sprechi e stipendi faraonici e tanto altro.
Nel corso del tempo molti cercarono di imitarlo come ad esempio Massimo Moratti. Poi a tirar fuori i soldi iniziarono anche gli inglesi, e gli spagnoli li seguirono a ruota iniziando a creare un circolo vizioso. Un ciclo che non era sostenibile e che non poteva più essere alimentato.
L’Italia in svendita: il calcio italiano sotto il giogo degli arabi
All’inizio il calcio italiano, in crisi economica nera, iniziò con le tournée americane nella speranza di riuscire a convincere quel ricchissimo continente ad appassionarsi ad uno sport che non era nella loro tradizione per portare investimenti. Capitali che gli statunitensi avevano n abbondanza, ma talento calcistico poco e passione forse ancora meno. Gli americani non si sono fatti fregare: a loro piace guadagnare non investire per perdere soldi.
Così, pian piano, sono arrivati gli arabi. Loro si che sono interessati all’immagine ed hanno tanti soldi. Così, pian piano, l’Italia ha iniziato a divenire pioniera nel campo della svendita: si è iniziato con la SuperCoppa Italiana che ormai da anni non si gioca in Italia e che è divenuto addirittura un mini torneo. I club hanno bisogno di soldi, tutto coincide ma i tifosi così sono privi di andare allo stadio. A poco a poco, le masse si allontanano dal calcio e così anche gli introiti.
Restano le televisioni, sempre interessate ad accaparrarsi i diritti in esclusiva in barba all’Antitrust (istituzione sempre all’erta in mille campi tranne che, stranamente, in quello calcistico). Il sistema calcio ormai si basa solo ed esclusivamente sui diritti televisivi, eppure c’è chi dopo aver rinnovato l’esclusiva si scaglia contro le tv. Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, forse a ragione, ha iniziato una guerra contro Dazn, che però sa benissimo di non poter vincere.
Il calcio sottosopra: un sistema malato e non più sostenibile, deve iniziare una nuova era
Le squadre di calcio in Italia sono state costrette ad iniziare una nuova era. La pioniera, come spesso è accaduto nella storia del calcio italiano, è la Juventus. Suo malgrado, aggiungerei, visti i guai giudiziari ed economici. I fatti sono fatti: negli ultimi due anni la Juventus ha intrapreso un percorso votato ai giovani che sta producendo una serie di prospetti molto interessanti.
Basterà? Probabilmente no, soprattutto per risollevare la nazionale di calcio, altra nota veramente dolente ed a cui nessuno si interessa più.
La sostenibilità del calcio passa, in particolare, attraverso la sostenibilità economica. Si è andati oltre con tutto: prezzi di cartellini, stipendi di calciatori, manager, allenatori. Contratti faraonici e lunghissimi che a lungo andare gravano sulle casse delle società quasi tutte in dissesto. Benché molti vogliano appropriarsi indebitamente della bandiera del “bilancio in regola”, in realtà è tutto fumo negli occhi. Nel calcio attuale ci sono troppe partite (e ce ne saranno sempre di più a causa di una Fifa e di una Uefa scriteriate), questo porta ad avere rose ampissime e sempre più competitive: quindi ci vogliono ancora più soldi.
Non c’è scelta: o il calcio si riforma, si allinea, o nel giro di 5-10 anni le masse si stancheranno e gli affamati di quattrini saranno costretti ad andare a giocare in Arabia. Il calcio europeo è sull’orlo del baratro ed ha già un piede abbondantemente sospeso nel vuoto.