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Il diritto di fallire: il caso dei suicidi universitari

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Dopo l’ultimo tragico episodio di un giovane studente che ha compiuto il gesto estremo, l’Italia si trova ancora una volta ad affrontare il doloroso problema dei suicidi tra gli universitari. Questa triste realtà rappresenta una sfida importante per la società e richiede un’attenzione costante e un impegno collettivo per prevenire e affrontare il fenomeno.

Gli ultimi casi

Un giovane studente ventiduenne di economia si è suicidato a Palermo, lasciando un messaggio in cui menziona la parola “fallimento” e fa riferimento all’università.

A Milano, è stato riportato il suicidio di una studentessa diciannovenne, che ha lasciato un biglietto in cui si definisce un fallimento nella vita.

Un ragazzo di 29 anni della provincia di Pescara, iscritto all’università di Bologna nel mese di ottobre 2021, aveva invitato la sua famiglia a raggiungerlo per assistere alla discussione della sua tesi di laurea. Tuttavia, mentre i suoi genitori arrivavano in città, si è allontanato e successivamente è stato trovato morto dopo essersi gettato da un ponte. Non è stato in grado di completare tutti gli esami necessari per conseguire la laurea.

Il 6 aprile a Chieti, è stato trovato morto nel suo appartamento uno studente universitario di 29 anni dalla sorella. Secondo le prime indagini, sembra che il giovane si sia suicidato a causa delle difficoltà accademiche che stava affrontando.

La verità è che ogni anno in Italia si registrano centinaia di casi di suicidi tra i giovani. Queste storie rappresentano un forte richiamo all’attenzione della società sulla necessità di affrontare il fenomeno e di porre in atto azioni concrete per prevenirlo.

Le cause dei suicidi universitari

È importante sottolineare che il suicidio è un comportamento complesso e che le cause che portano a tale gesto possono essere molto personali e differire da persona a persona.

Tuttavia, esistono diverse cause che possono contribuire al rischio di suicidio. In un intervista a CasertaFocus, la Dott.ssa Kimberly Loffredo avrebbe sostenuto che i ragazzi possono essere spinti a compiere gesti disperati a causa di fattori legati all’ambiente familiare e universitario. La pressione per mentire sull’avanzamento degli studi può derivare da un ambiente familiare non comprensivo o da una sensazione di inadeguatezza nei confronti dei pari o familiari.

Altre cause possono ricercarsi nell’ansia della prospettiva del futuro post-laurea e nell’esaltazione di alcuni “super studenti” da parte dei media. Questo genera un’aspettativa di prestazione estremamente elevata e porta gli studenti a confrontarsi con un senso di inadeguatezza.

I dati dei suicidi

Secondo le indagini condotte dall’ISTAT nel 2019, in Italia si verificano circa 4.000 casi di suicidio all’anno, di cui circa 200 riguardano giovani sotto i 24 anni. Tra questi ultimi, un’elevata percentuale è costituita da studenti universitari.

La situazione si è aggravata a causa della pandemia, che ha amplificato le difficoltà già presenti tra i giovani. Nel 2021, sempre secondo l’ISTAT, 220.000 ragazzi tra i 14 e i 19 anni hanno dichiarato di essere insoddisfatti della propria vita e di vivere in una condizione di scarsa salute mentale.

Il diritto di fallire

Nonostante la società sembri imporre un ritmo frenetico che ci spinge a essere sempre competitivi e pronti ad affrontare qualsiasi sfida nel mondo del lavoro, è importante ricordare che ognuno di noi ha il “diritto di fallire”.

Non riuscire a superare un esame al primo tentativo non deve essere considerato un simbolo di fallimento, così come laurearsi dopo anni di fuoricorso non deve essere vista come una sconfitta.

Il “diritto di fallire” non dovrebbe essere poi limitato solo al contesto accademico o lavorativo, ma dovrebbe essere esteso alla vita in generale. Ognuno di noi può sbagliare, commettere errori o prendere decisioni sbagliate, ma è importante accettare queste esperienze come parte del nostro percorso di crescita e imparare da esse.

È essenziale tenere a mente che il percorso universitario è un percorso strettamente personale e non dovrebbe essere visto come una gara. Ognuno ha i propri tempi, e a volte l’importante è solo “ricordarsi di vivere”.

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