Lo stupro di Palermo è una pagina vergognosa, ma è altrettanto intollerabile la retorica che colpevolizza tutto il genere maschile. L’aggressività della scrittrice Valeria Fonte su Vanity Fair, giustificata sicuramente, è un altro canto d’odio.
Quando parliamo di “stupro” esattamente, di che cosa stiamo parlando? Valeria Fonte, scrittrice, lo ha spiegato con un video pubblicato sulla pagina Instagram di Vanity Fair. L’opinione della scrittrice è sicuramente rispettabile, fatta sia cose di buon senso ma anche di interpretazione che potrebbero essere definite “al limite”.
“Se lui si toglie il preservativo senza dirtelo, quello è stupro. Se lui ti fa bere e ti convince a fare sesso, quello è stupro”, si legge. Anche qua, come si faccia a togliere il preservativo durante un rapporto consensuale, senza che l’altra se ne accorga, è una fattispecie molto limitata. Ancor meno convincente è far ubriacare (si sarebbe potuto capire il drogare una persona) e l’unica cosa che potrebbe venire in mente per far “bere una persona senza il proprio consenso” sarebbe legarla ad una sedia e infilarle un imbuto in gola (ammesso che così facendo non la si affoghi).
Tralasciando queste considerazioni, che rappresentano la parte finale del video, bisogna dire che l’incipit proprio non convince. Il monologo della scrittrice è aggressivo verso la telecamera, intimidisce lo spettatore, ma non si limita a questo. Passa infatti, attraverso una logica che tira in ballo il “diritto a difendersi” ed “il paradosso della tolleranza di Popper” e colpevolizza non solo gli stupratori (com’è giusto, dato che, se dimostrato, avrebbero commesso un crimine orribile e vanno condannati sia socialmente che dalla giustizia) ma di tutto il genere maschile.
In 7 stuprano ma “tutti sono colpevoli”: una retorica intollerabile
Le parole di Valeria Fonte, nello specifico, sono state:
“Di tutte le vicende di Palermo mi rimane solo una considerazione da fare: qual è stata la reazione degli uomini alla notizia? Certo, erano tutti estremamente addolorati. Dicevano: ‘Fortunatamente non siamo tutti così’ e anche: ‘Chiediamo noi scusa per quella violenza’. Ci tenevano proprio. Ma se il giorno dopo chiedi loro se si sentono parte di quella che chiamiamo cultura dello stupro, ti dicono: ‘no’. E allora vi dirò una cosa se non vi sentite parte di una cultura chiamata dello stupro, di una cultura permeata in tutti gli ambiti della nostra società allora abbiamo due cose da dirci: La prima è che non potete esimervi in alcun modo da quella cultura, o perché siete persone che subiscono quelle dinamiche o perché siete persone che le mettono in atto. La seconda cosa da dirvi è una brutta notizia: probabilmente voi non lo sapete ma tra i vostri parenti, tra i vostri amici, c’è uno stupratore solo che lui non userà mai quella parola per descriversi ma dira sempre che ha fatto qualcos’altro”.
Ci sarebbe molto da dire su quanto appena letto. Iniziamo col dire che condannare il tutto per una parte è sempre sbagliato. Altrimenti, potremmo andare anche sul generico è sostenere che tutto il genere umano vada condannato. Un’affermazione sulla quale potremmo trovarci anche d’accordo visto che nello scorso secolo il genere umano è stato capace di atrocità indicibili (e c’entra anche e soprattutto il Fascismo in questo, beninteso).
Con ragionamenti come quello portato da Valeria Fonte sembra quasi che si voglia creare una parte sempre giusta, assolutamente immacolata, che si identifica con il genere femminile, ed una parte sempre e comunque in torto, il genere maschile, riducendo una questione molto complessa a mera guerra tra sessi. Una logica che, detto francamente, nel nuovo millennio sta venendo un po’ a noia (viziata da qualunquismo) e che andrebbe un attimo contestualizzata.
Lo stupro non è il male del nuovo millennio ma la terribile storia della natura umana
Ultimamente anche la cantante de La Rappresentante di Lista si era espressa contro lo stupro definendolo il “figlio sano del patriarcato”. Parole che si possono certamente sottoscrivere, perché lo stupro non è il male del nuovo millennio (quando si sentono frasi come “roba mai vista”, viene sinceramente da riflettere sulla memoria delle persone) ma la terribile storia della natura umana.
Non è un caso che la guerra come sia anche legata allo stupro (se già pensiamo ai Romani, sicuramente qualcosa ci viene in mente). Dunque, se vogliamo iniziare con le colpevolizzazioni di massa iniziamo anche da donne ricche che si sono fatte abbindolare, ed hanno finanziato uomini che poi grazie a loro sono divenuti feroci dittatori (non a caso si resta in casa nostra, vedere M. Sarfatti). O vogliamo forse colpevolizzare tutti i tedeschi per le follie del governo nazista? E’ chiaro che questa logica non funziona ed è intollerabile che ancora si parli in questi termini della questione.
In definitiva, Valeria Fonte su Vanity Fair ha espresso un’opinione che non può trovare d’accordo quanti si impegnano ogni giorno a cambiare le cose. Le donne ad oggi non sono tutte schiave degli uomini e gli uomini non sono tutti schiavi dei propri impulsi: ci sono donne che non devono niente ai propri uomini e donne che devono tutto ai propri uomini, ci sono uomini che non devono nulla alle proprie donne e uomini che devono tutto alle proprie donne.
Infine, esplodere di rabbia per un caso di cronaca eclatante va pure bene, perché è importante scuotere la coscienza collettiva, ma è anche giusto dare peso alle parole che si pronunciano. Stavolta, in tutta onestà, Valeria Fonte non ha convinto.