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L’autonomia differenziata che spacca il Paese: il grido d’allarme dalla Camera dei Deputati

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Ieri pomeriggio a Roma a Montecitorio presso la Sala Regina della Camera dei Deputati, organizzato dall’Interguppo Parlamentare “Sud, Aree fragili e Isole minori, si  è tenuta un’interessante conferenza dal titolo: “Autonomia differenziata: Quale futuro per il nostro Paese?”.

L’apertura dei lavori è stata affidata al Vicepresidente della Camera, On.Sergio Costa. A moderare l’incontro è stato chiamato il giornalista Luca Antonio Pepe, direttore di CentroSud24, che ha dato subito la parola al presidente dell’Intergruppo Sviluppo Sud, On. Alessandro Caramiello.

A seguire l’intervento di noti economisti e costituzionalisti italiani che hanno affrontato la complessa e spinosa questione dell’autonomia differenziata, tema caldo del dibattito politico, con il disegno di legge Calderoli 1655 già approvato dal Senato il 23 gennaio scorso e ora all’esame della Camera. L’incontro ha registrato la presenza di un folto pubblico, composto da parlamentari, rappresentanti delle istituzioni e della società civile, economisti e giuristi, che ha riempito la prestigiosa Sala della Regina; annunciata anche la partecipazione  del ex premier Giuseppe Conte, che, solo per un impegno istituzionale dell’ultim’ora, non è riuscito a partecipare ai lavori.

Il vicepresidente Sergio Costa, nel fare gli onori di casa, non si è limitato a rivolgere un semplice messaggio di saluto, entrando nel vivo delle questioni ed esprimendo tutta la propria contrarietà ad un progetto di riforma che, con la devoluzione alle Regioni della potestà legislativa ed amministrativa nelle materie indicate dall’art.117 della Costituzione, ha ritenuto  davvero  pericoloso, in quanto capace di spaccare il Paese.

La posizione dell’Intergruppo “Sviluppo Sud

A fargli eco, il presidente dell’Intergruppo, Alessandro Caramiello,  che è stato ancora più duro ed esplicito, denunciando come il progetto mini  le stesse fondamenta del Paese, diventando “la marchetta elettorale della Lega per ottenere qualche scranno in più alle prossime Europee. La cosa grave è che il comportamento del Centrodestra, che sta assecondando la deriva para-secessionista di un partito che sta di fatto spaccando in due il Paese, dividendo gli italiani in cittadini di serie A e di serie B” .  Il  progetto  – dice Caramiello – “…nasce da un percorso che parte nel 1991, fino ad arrivare alla proposta di oggi, che al Senato è già passata e ora è qui alla Camera. Noi cercheremo  di bloccarla in tutti i modi, … Avremmo anche voluto fare un lavoro comune con la maggioranza, al di là dei vessilli partitici o ideologici, ma il centrodestra si è sottratto al confronto”.

Richiamando i parlamentari eletti nel Mezzogiorno,  Caramiello ha poi aggiunto che questi  “dimenticano  che se non esiste il Sud, non esiste il Nord e nemmeno l’Italia. Un imprenditore che deve investire al Sud si troverà davanti anche a diverse burocrazie e avrà sempre più problemi. La Lega vuole unire l’Italia con il Ponte sullo Stretto, ma allo stesso tempo mira a distruggerla con l’autonomia”.

L’analisi di Luca Antonio Pepe su Autonomia differenziata, PNRR e Fondo di Sviluppo e Coesione

Prima della relazione degli economisti e giuristi convenuti a confronto,  ha voluto far sentire la sua voce anche il giornalista, Luca Antonio Pepe, Direttore di CentroSud24.

Secondo Pepe, “L’autonomia differenziata è lo strumento inventato dalle Regioni più ricche per tenersi quasi interamente l’importo delle tasse che spettano all’Italia intera. L’aspetto più grave, però, è che s’è deciso di accelerare l’autonomia nonostante il Sud fosse già in ginocchio. Il nostro direttore ha poi invitato i partecipanti a leggere la Relazione 2020 dell’Eurispes, in cui si rileva  come la i trasferimenti pubblici in conto capitale sottratti al Mezzogiorno dal 2000 al 2017 ammontino a più di 840 miliardi di euro”.

La cosa grave – aggiunge il direttore Luca Antonio Pepe – “ è che solo negli ultimi mesi, nel silenzio generale, sono stati depennati 16 miliardi di risorse destinati al Sud dal PNRR, quando poi secondo Bruxelles avremmo dovuto percepire il 65% delle risorse e ad oggi siamo ben sotto la soglia del 20%; nell’ultima legge di bilancio hanno sottratto ai comuni fragili diversi miliardi dal Fondo di Solidarietà Comunale;  sforbiciato 4 miliardi dal Fondo Perequativo Infrastrutturale destinato al Meridione”., Pepe sottolinea come: “ Una boccata d’ossigeno sarebbe potuta arrivare dalle risorse del Fondo di Sviluppo e Coesione, e cioè decine di miliardi destinati per l’80% al Meridione. Ma non è stato così, in quanto, analizzando lo stato di utilizzo di queste risorse, si evince un aspetto drammatico, e cioè che la percentuale dei pagamenti effettuati dallo Stato è ancora ferma all’1,6%. Quindi, nonostante abbiamo la disponibilità di una pioggia di miliardi di risorse per il Meridione, queste restano totalmente inutilizzate per incapacità governativa. Il giornalista Pepe conclude la sua analisi evidenziando che “ questo è lo stato da cui partiamo e l’autonomia differenziata rappresenterà la ghigliottina finale per un Sud ridotto sempre più ad avamposto coloniale”.

Il progetto dell’autonomia differenziata secondo  SVIMEZ

A seguire, l’intervento di Adriano Giannola, presidente SVIMEZ, che ha criticato fortemente l’architettura stessa del disegno di legge Calderoli, ritenuto in aperta violazione dei principi costituzionali, irrealizzabile come progetto politico e di riorganizzazione di funzioni ed insostenibile dal punto di vista finanziario, considerando che, solo per il finanziamento dei LEP,  occorrerebbero circa 80/100 miliardi di euro, una cifra enorme, tenuto conto  del permanere di una crisi economica strisciante nel nostro Paese che dura oramai da circa trent’anni. Giannola ha poi tirato dentro anche la questione della ZES unica del Mezzogiorno, considerata un grande inganno, in quanto “ per essa non vi è  alcuna novità di rilievo, né alcuna specialità, costituendo da sempre il Mezzogiorno, per definizione, una specialità in questo senso: “La Cassa del Mezzogiorno è un elemento di zona unica speciale …. Del resto, c’è sempre stata una specialità meridionale, unica…. Anche le otto Zes costituivano un arricchimento di una specialità che già esisteva… un detonatore per un meccanismo di crescita che il PNRR non prevede in alcun modo; questo non perché non l’abbia fatto l’Europa, ma perché non l’abbiamo fatto noi; ciò costituisce un grave difetto perché il Piano non ha una visione  … Basti pensare ai nostri attuali tassi di crescita intorno allo 0,6/0,7%; la situazione di essere più veloci della Germania (che viaggia intorno all0 0,3%), che però non ha ricevuto dall’Europa ,  come noi,  duecento miliardi in più, non ci fa certo rallegrare”.

Secondo il presidente di SVIMEZ manca una visione: “ noi, al contrario della Germania,dovremmo crescere al 2,5% al 3%  all’anno per dare un senso al PNRR. Non c’è un piano del PNRR, ad esempio, pe i porti che sarebbero stati fondamentali per fare della ZES unica Mezzogiorno un acceleratore dello sviluppo nazionale … perché senza il Mezzogiorno l’Italia non esiste e noi oggi stiamo andando verso una direzione molto pericolosa, perché stiamo mettendo in capo la costruzione di due entità politicamente, strutturalmente e costituzionalmente diverse “.

La posizione dei costituzionalisti

A seguire l’intervento dei costituzionalisti, Lorenzo Chieffi e Renato Briganti, che hanno sottolineato i numerosi profili di incostituzionalità contenuti nel disegno di legge Calderoli, auspicando – in caso di approvazione – l’intervento della Corte Costituzionale, visto che la possibilità di un successivo  referendum abrogativo  potrebbe essere compromessa dall’abile realizzazione dell’architettura del progetto normativo.  Il prof. Chieffi è anche tra coloro che sono stati auditi sul ddl Calderoli in seno alla 1° Commissione Affari Costituzionali della Camera, circostanza in cui ha aspramente criticato il testo normativo, tanto da suscitare le ire del Ministro Calderoli presente in Commissione.

Le analisi degli economisti

E’ stata la volta dell’economista Giovanni Barretta, vicedirettore di Centro Sud24, anch’egli invitato al ciclo di audizioni, tuttora in corso presso la 1° Commissione “Affari Costituzionali”della Camera, per analizzare l’articolato del ddl 1655 Calderoli, rappresentando  già in quella sede numerose criticità circa la sostenibilità finanziaria del progetto. Barretta ha ricordato come  analoghe perplessità siano state manifestate in Commissione anche dai più insigni costituzionalisti ed economisti interpellati, oltre che  da importanti istituzioni, enti ed associazioni, tra cui Banca d’Italia e Confindustria. Anche la Commissione Europea, ha ricordato l’economista “ è preoccupatissima  di lasciare alle Regioni più ricche l’enorme gettito fiscale che generano, circostanza che metterebbe in seria difficoltà il Tesoro nel far fronte al debito pubblico”.

Giovanni Barretta ha sottolineato come “anche un mediocre studente di economia comprenderebbe agevolmente che, per crescere, un Paese ha bisogno e deve far leva soprattutto sulle sue aree più deboli che, in quanto tali, hanno maggiori margini di innalzare i livelli di benessere per i cittadini. Del resto – ricorda Barretta “la Germania, quando dopo la caduta del Muro di Berlino ha attraversato la difficile fase della riunificazione, è partita insistendo proprio sullo sviluppo dell’Est, più arretrato, piuttosto che dell’Ovest, che poi ha finito col trainare l’intero Paese. Dunque, mentre la Germania è riuscita nella storica impresa di ridurre (in circa 10 anni) i divari interni fra la parte ovest e la parte est del Paese, l’Italia li ha visti quasi costantemente aumentare, a partire dalla sua unificazione” Dovremmo, invece, fare allo stesso modo- avverte l’economista – “puntando proprio sul nostro Mezzogiorno, che ha ampi margini di crescita (rispetto ad un Nord oramai saturo), per farne la locomotiva del Paese”.

Secondo l’economista campano, la questione preminente, che rischia di minare seriamente la coesione nazionale, piuttosto che nei LEP, sta proprio nel trasferimento di funzioni previsto dall’art.4 del ddl Calderoli e, soprattutto, per quelle a cui fa riferimento il secondo comma.  I LEP sarebbero soltanto un’arma di distrazione di massa.   

Barretta evidenzia, inoltre,  che l’applicazione dei LEP  sarebbe prevista solo in una seconda fase  e, quindi,  la questione potrebbe risultare anche marginale, rispetto a tutti gli altri interessi in gioco; per le Regioni del Nord,  i LEP già oggi sono garantiti, perciò alcunché a queste sarebbe sottratto; probabilmente, occorrerà da parte loro attendere che anche i territori  più fragili raggiungano gli stessi livelli.

Allora, secondo il vicedirettore della nostra testata, l’obiettivo principale della legge non sarebbero tanto i dibattuti LEP, bensì il trasferimento delle funzioni  –  di quelle che riguardano le infrastrutture strategiche, l’energia, l’industria, il commercio con l’estero, i rapporti con l’Europa, l’ambiente, la protezione civile – che, invece, con l’ approvazione del disegno di legge Calderoli, attraverso le  intese, sarà di rapida attuazione, almeno per quelle materie di cui al comma 2 dell’art.4.

Cosa ancor più grave, avverte Barretta, è che il trasferimento di funzioni  avverrebbe senza alcuna previsione economica circa la sua sostenibilità; procedere in questo modo, senza alcuna garanzia di finanziamento certo né per i LEP, né per il fondo di perequazione straordinario, significa fare un salto nel buio, compromettendo non solo il futuro del Mezzogiorno ma dell’intero Paese. Se tutte le autonomie regionali ne facessero richiesta, avremmo 21 diversi sistemi  autonomi di Stato-Regione, con una propria burocrazia  che, se potrà liberamente riorganizzarsi e ristrutturarsi, non potendo contare su alcuna economia di scala ed unitarietà d’indirizzo, avrà costi esorbitanti e, probabilmente, insostenibili per ciascuna autonomia territoriale, oltre a confliggere apertamente con i sistemi di  altre autonomie e con quella dello Stato centrale con cui dovranno necessariamente relazionarsi per la gestione di servizi comuni e per quelli (in pratica tutti) di portata  e dimensione sovraregionale (si pensi ai trasporti, alle reti di comunicazione, alle grandi infrastrutture, all’energia, all’ambiente, ecc.), che non possono essere confinati nell’ambito territoriale di una singola regione.

Il passo successivo delle Regioni-Stato, secondo l’economista Giovanni Barretta, create sin da subito con la procedura dell’art.4, 2 comma del ddl Calderoli, sarebbe quello delineato dalla stessa Costituzione all’art.117, 8 comma che, prevedendo la possibilità di creare “organi comuni”, aprirà, rapidamente e legittimamente, la strada ad intese con altre Regioni, con semplici leggi regionali senza l’intervento dello Stato, per realizzare organi comuni, come macro-regioni. “…In questi termini, sarà allora agevole e conveniente istituire  ambiti più vasti, costituiti da più regioni contermini,  caratterizzate da omogeneità economica e sociale, e, quindi, la concreta possibilità di una grande macro- regione del Nord (che qualcuno ancora oggi chiama il Grande Nord) con un nuovo modello di sviluppo industriale, non più articolato sulle linee del vecchio triangolo Milano/Torino /Genova, ma su quelle di un’area più vasta (forse un quadrilatero o un pentagono, che si spingerebbe ad est, fino a Tieste  e un po’ più a sud, forse fino a Firenze).

Secondo Barretta: “Come ci ricorda l’economista napoletano, Guido Tortorella Esposito, laddove sono presenti meccanismi caratterizzati da alta competitività ci può essere, tutt’al più,  crescita di ricchezza da parte di un’area, che è già forte,  che  usa correttamente  le regole del mercato e, quindi,  si muove rispettando la legge,  ma generando – al contempo – meccanismi speculativi. Seguendo questo ragionamento, se  il ddl in esame fosse stato, invece,  concepito  in una logica di riduzione  del grado di competitività fra le aree e di contestuale innalzamento della coesione sociale, a livello nazionale, la valutazione sarebbe probabilmente  diversa  ed anche il giudizio meno severo.”

“Non è quindi un problema di modello, ma di approccio”,  avverte l’economista campano.

“Se usiamo un approccio competitivo, l’autonomia differenziata produce, ovviamente,  meccanismi di sperequazione. Se invece, scegliamo un approccio di coesione sociale, e la norma viene migliorata per accrescere il meccanismo di coesione,  potrebbe anche diventare  volano non di crescita ma di sviluppo economico,  dove la crescita inizia a diventare anche fattore di sviluppo e, quindi, di miglioramento della condizione di vita  dei cittadini. Occorrerebbe evitare di procedere generando ulteriori meccanismi di sperequazione”. Infine, Barretta rivolge un suggerimento al legislatore che”è quello di mutare approccio, mirando ad accrescere la coesione sociale, piuttosto che la competitività fra le aree, come invece il ddl Calderoli cerca di fare”.

La parola è poi passata a  Pasquale Tridico, economista e già presidente dell’INPS, che ha svolto anch’egli un’approfondita disamina della questione, esprimendo la propria forte contrarietà al progetto dell’autonomia differenziata, ritenuto profondamente inadeguato dal punto di vista della sostenibilità finanziaria, senza – peraltro – tener conto in minima parte degli enormi costi che deriveranno dalla riorganizzazione delle funzioni, venendo in questo caso meno anche ogni forma di economia di scala.

La conclusione dei lavori

L’ultimo intervento programmato del pomeriggio a Montecitorio,  quello del giornalista scrittore Pino Aprile, presidente onorario dell’Intergruppo parlamentare “Sud, Aree fragili e Isole minori” ed ispiratore  di numerose iniziative, organizzate sia su giornali, sul web e anche nelle piazze,  contro il progetto dell’autonomia differenziata,  il quale  ha attaccato a testa bassa, con parole durissime, il Ministro Calderoli, ritenuto reo di aver voluto  riprendere il vecchio  disegno della Lega per  spaccare definitivamente il Paese.

Aprile ha rimarcato l’esaltazione degli egoismi che connota il disegno di legge Calderoli che ha il chiaro intento di dividere un Paese che, in realtà, non è stato mai unito, in quanto anche la narrata, proclamata ed osannata unificazione, conseguita 163 anni fa, andrebbe meglio riqualificata come semplice annessione, con la definitiva riduzione a colonia del Mezzogiorno, depauperato delle proprie ricchezze e asservito agli interessi del nascente Regno d’Italia a guida piemontese.

Le conclusioni sono state affidate all’ex presidente della Camera, Roberto Fico, che, nel congratularsi con i relatori per l’analisi approfondita svolta, ha anch’egli rivolto dure critiche al progetto di riforma, considerato  incostituzionale, antieconomico ed antistorico. Secondo Fico, infatti, tale prospettiva dal punto di vista strettamente economico e geopolitico, non è di alcuna utilità, neppure per le regioni più ricche, atteso che, già da tempo, nel mondo prevalgono i sistemi economici, rappresentati dai  grandi players che stabiliscono le regole del gioco, lo conducono ed  impongono di fatto condizioni di produzione, consumi, stili di vita e finanche assetti politici ed istituzionali “Si pensi come già l’Unione Europea, con i suoi 27 Stati-membri – abbia difficoltà ad interagire  efficacemente sugli scenari internazionali  con colossi, come gli stati Uniti, la Cina, la Russia, l’India. La stessa Italia ha difficoltà a farlo in Europa e nel mondo; per cui la prospettiva che, grazie all’autonomia differenziata, qualche macro-regione italiana si possa agganciare e stare alla pari con i grandi players mondiali, è davvero surreale”.

Terminate le audizioni in Commissione Affari Costituzionali, come annunciato dal vicepresidente della Camera, On. Sergio Costa, alla fine di questo mese  è stata calendarizzata  la discussione in aula e il voto finale sul ddl Calderoli. Il messaggio lanciato dalla Sala della Regina, che al contempo è anche un monito per i deputati del Mezzogiorno, è di prestare la massima attenzione su un disegno di legge che tutti gli intervenuti hanno considerato pericolosissimo per l’unità nazionale e la  tenuta della coesione sociale.

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