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LEP e Autonomia Differenziata: ecco cos’ha in mente la Lega

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LEP e Autonomia Differenziata sono le tematiche che più tengono banco in questi giorni nell’opinione pubblica. La Lega di Salvini ha il suo progetto.

Sulla definizione dei LEP sono troppo sicuri che ci saranno delle sorprese.

di Paolo Mandoliti

È sorprendente, e allo stesso tempo preoccupante che sia Luca Zaia (intervistato da radio Rai) che Riccardo Molinari (nella dichiarazione di voto alla legge di bilancio il 22 dicembre) appaiono sicuri che con la definizione dei LEP avremo delle sorprese: scopriremo, secondo il loro ragionamento, che qualche regione che non vuole l’autonomia (anzi la ostacola, chiaro il riferimento alle regioni del mezzogiorno), con il criterio della spesa storica ha “avuto di più” (testuale di Riccardo Molinari). Con la definizione dei LEP, e il conseguente finanziamento, le stesse regioni avranno di meno. Ecco il motivo per cui, specialmente al mezzogiorno, si ostacola la piena attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione.

Un ragionamento contorto. Atteso che con il criterio della spesa storica è stato certificato che 60 miliardi l’anno vengono sottratti agli enti locali del mezzogiorno a favore degli enti locali del centro nord (fonte Conti Pubblici Territoriali).

Un’ipotesi, quella della Lega, che, per definirla con un eufemismo, sarebbe alquanto fantasiosa. Atteso che 840 miliardi di euro dal 2000 al 2017 sono stati sottratti ai cittadini del Mezzogiorno a favore invece di quelli del centro-nord in termini di spesa pubblica (una media pro-capite di 3000 euro in meno l’anno).

Un ragionamento, quello leghista, che non cita, per esempio, il vincolo di legge del 34% che, nonostante sia legge, ancora nel 2020 (dati Conti pubblici Territoriali) non è attuato. E si mantiene, da anni, sotto il 28%.

Ma, secondo loro, la definizione, e il conseguente finanziamento, dei LEP, riserverà delle sorprese. E sono così sicuri nell’affermare ciò, che:

– o stanno bluffando

– oppure stanno organizzando l’ennesimo guazzabuglio normativo, tipo le famose variabili “dummy”, per sottrarre risorse al Mezzogiorno.

Ma cosa sono i LEP?

I Lep sono i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Questo perché riguardano diritti civili e sociali da tutelare per tutti i cittadini.

Lo Stato, da dettato costituzionale, ha il compito della loro definizione:

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (…) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” (Costituzione italiana, art. 117 c. 2, lett. m).

Oggi sono molti i settori in cui i Lep devono essere definiti, dai servizi sociali al trasporto locale. Ciò rappresenta una questione istituzionale di primaria importanza, perché significa che il dettato costituzionale resta inattuato su un punto dirimente. Il motivo è che dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni consegue necessariamente un aggravio di spesa per le casse dello stato.

Definire i Lep significa stabilire quali servizi e prestazioni devono essere offerte in tutto il paese, per garantire i diritti sociali e civili dei cittadini.

In concreto, significa che se lo stato definisce un livello essenziale delle prestazioni, poi deve anche garantire a Comuni, Province, città metropolitane e Regioni le risorse sufficienti per poterli erogare. In particolare a quelli meno dotati di risorse (ad esempio perché con bassa capacità fiscale).

Altrimenti solo i comuni con maggiori risorse proprie potrebbero essere in grado di garantire i servizi previsti dai Lep. Entrando di fatto contraddizione con il dettato costituzionale, in particolare con l’articolo 3 della Costituzione:

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Grazie quindi all’enunciazione della definizione dei LEP ed ai dettami costituzionali, possiamo affermare, senza timore di essere smentiti, che la determinazione dei LEP e il conseguente finanziamento, porterà ad una perequazione sicuramente vantaggiosa per quei territori che finora sono stati, grazie all’inapplicazione sistematica (attraverso meccanismi dummy) dell’art. 3 della Costituzione, svantaggiati (ricordiamo i 3000 euro in media pro-capite distribuiti in meno per anni ad un cittadino, per restare soltanto al vincolo del 34%).

Un esempio di perequazione: i diritti dell’infanzia.

Guardiamo agli asili nido. Ci accorgiamo che la diffusione del servizio Comune per Comune è fortemente eterogenea. In base ai dati Istat relativi al 2019, vi sono infatti comuni che superano ampiamente i 50 posti ogni 100 bambini. Altri invece dove il servizio non è presente o molto più limitato.

In Emilia Romagna, per esempio, l’89% dei comuni offrono il servizio, in Calabria soltanto il 22,8.

Appare, quindi, del tutto pacifico che (in questo caso)  l’individuazione di un Lep da garantire sull’intero territorio nazionale implichi la necessità di ridurre i divari sul territorio. Con risorse aggiuntive da riconoscere da parte dello stato. E quindi perequare a favore della Calabria con risorse aggiuntive.

Ma il ragionamento, per esempio, di Zaia e Molinari, va oltre questo semplice assunto. Seguendolo danno per scontato il contrario.

Ed ecco perché ci sorge il dubbio che hanno già pronto il loro piano B per arrivare all’autonomia differenziata, e quindi al federalismo fiscale (che porterà alla trattenuta nella regione del 90% della capacità fiscale per finanziare le 23 materie oggetto di autonomia) senza questo meccanismo perequativo che, dall’esempio fatto e dai dettami costituzionali vigenti, sicuramente porterebbe meno risorse a quelle regioni che spingono verso l’autonomia (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Piemonte).

Dubbio che si rafforza se pensiamo ai provvedimenti in materia contenuti nella legge di bilancio, e ci riferiamo alla “cabina di regia “ creata a palazzo Chigi per definire, entro un anno, i livelli essenziali delle prestazioni nelle materie che possono traslocare dal centro alle regioni con l’autonomia differenziata in base all’articolo 116, terzo comma della Costituzione. Pena il commissariamento della cabina di regia. Il governo commissaria sé stesso in un ambito così importante che può portare alla dissoluzione dello stato solidale pensato dai padri costituenti. Una materia così importante come quella dell’autonomia e del federalismo fiscale, potrebbe essere decisa da un commissario. Magari nominato dallo stesso Roberto Calderoli, che potrebbe interpretare in maniera distorta il meccanismo perequativo. Se per la definizione dei LEP abbiamo atteso oltre vent’anni, una volta definiti in maniera errata senza meccanismi perequativi, chissà quanto tempo ci vorrà poi per tornare indietro.

Per questo sull’argomento dobbiamo tenere aperti gli occhi, coinvolgendo il maggior numero di attori istituzionali, in particolare Sindaci e presidenti di Regioni, atteso, inoltre che, la materia è stata totalmente tolta dal dibattito parlamentare.

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