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Prigozhin è morto, cosa sarà della Wagner

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Prigozhin è morto, ha trovato un modo per sparire o è stato aiutato a sparire? Continuerà la sua vita in un paese amico della Russia sotto falso nome dopo un opportuno cambio di connotati? E se è morto, chi è stato? Facile dire Putin che, come un capo mafia, era obbligato a vendicarsi di uno dei suoi fidati diventato traditore, ma mi vengono in mente almeno altre due ipotesi alternative. 

Elucubrazioni a parte, per le quali non abbiamo risposte, questo attentato cambia le condizioni nel teatro africano, in Niger prima di tutto. 

L’ultimo discorso dall’Africa di Prigozhin

Ed è proprio dal Niger che qualche giorno fa Yevgeny Prigozhin aveva mandato il suo ultimo messaggio: “Stiamo lavorando. Temperatura +50°. Tutto ciò che amiamo. Il gruppo Wagner conduce attività di ricognizione e ricerca. Rende la Russia ancora più grande in tutti i continenti e l’Africa ancora più libera. Giustizia e felicità per i popoli africani. Incubo Isis, Al-Qaeda e altri gangster. Assumiamo veri eroi e continuiamo a svolgere i compiti che ci siamo prefissati”.

 Con la morte di Prigozhin per la Russia le cose si complicano anche in Africa ma Putin non poteva permettersi il dubbio che il capo della Wagner, curatrice dei suoi interessi nel continente, potesse essere un rivale. Ora abbiamo tre scenari per la Wagner: la sua dissoluzione, l’integrazione nelle forze armate o la sostituzione del capo. 

Cosa sarà della Wagner

La dissoluzione non è conveniente per la Russia che intende continuare la sua espansione in Africa, anche per dimostrare che la vicenda Ucraina non l’ha isolata, e per aggirare le sanzioni. 

La morte del capo, inoltre, rende ancora più difficile assorbire la Wagner tra le forze armate, visto che i suoi uomini erano fedeli a Prigozhin. Per questo stimo che la cosa più probabile sarà una sostituzione del comandante. 

Effetti sulla crisi in Niger

Cosa può succedere intanto in Niger dove la Russia sembra essere dietro al golpe luglio? Se l’Ecowas o la Francia volessero veramente attaccare i golpisti che il 26 agosto hanno deposto il Presidente Bazoum, amico dell’Occidente, sostituendolo con una giunta militare, questo sarebbe il momento giusto per farlo.  

Gli Stati Uniti però spingono per una soluzione diplomatica e anche l’Europa sostiene  le sole sanzioni.  

L’Italia e il Niger

Per l’Italia non è il momento di stare a guardare ed aspettare. Occorre un’intensa azione diplomatica anche perché un governo golpista nel paese hub dell’immigrazione è meglio di una nuova guerra e di uno stato fallito. Occorre realismo e prudenza. L’esplosione di una nuova guerra nel Sahel contribuirebbe a far crescere ancora di più gli sbarchi sulle nostre coste.

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